l'arte del vetro e dintorni
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Angelo Cagnone: intelligenza critica e ragioni del cuore 
di Silvio Riolfo Marengo.

Rimanere fedele al proprio linguaggio, rispettando un modello iconografico consolidato e, al tempo stesso, rinnovarlo dall'interno. E' la triplice sfida che l'incontro con l'arte sacra propone ad ogni artista contemporaneo e che anche Angelo Cagnone ha affrontato con questo presepe, semplice in apparenza, ma, in realtà, ricco di echi culturali profondi e di soluzioni formali molto raffinate. Per garantirgli una solidità d'impianto, tanto più necessaria quanto più fragile è la sua materia costitutiva, egli ha costruito il presepe come un piccolo monumento saldando assieme tre lastre di vetro. La prima, disposta orizzontalmente, fornisce una solida base d'appoggio all'insieme e dà anche sostegno alle altre due lastre, opportunamente distanziate in verticale, come scenari prospettici entro i quali Cagnone mette in scena la notte magica della Natività, sfruttando appieno le proprietà del vetro: un mezzo espressivo particolarmente congeniale al suo stile pittorico, propenso a distendersi in ampie sequenze narrative, come gioco sapiente di "relazioni, metamorfosi e memoria" (così Luciano Caramel ha definito le opere di "Immagina", una grande personale che Cagnone ha aperto presso la galleria "Arte 92" di Milano dal 5 ottobre al 25 novembre di quest'anno). 
Del resto egli ha sempre operato per accostamenti e sovrapposizioni immergendo uomini, cose e paesaggi in tenebre profonde o esaltandoli con sciabolate di luce radente, in un confronto dialettico capace di attivare un'immaginazione, appunto, che spazia indifferentemente dal presente al passato e trova alimento in una fitta trama di emozioni culturali e di turbamenti esistenziali: ciò che Cagnone stesso, in occasione di una mostra alla Edward Totah Galleria di Londra, già nel 1980, aveva definito come il "pensiero" del quadro, deposito visibile del prima, del durante e del dopo, di cui la tela deve conservare tenacemente la memoria. 
Se proviamo a leggere il nostro presepe sulla scorta di questa dichiarazione di poetica, siamo naturalmente indotti a superare i limiti della sua struttura geometricamente scandita: l'oggetto in quanto tale si trasforma subito in racconto aperto, dialogante, disponibile alle suggestioni spazio-temporali più ardite. 
Osservando, per esempio, la pioggia di stelle incise sulla prima lastra, attraverso cui si intravvedono macchie di blu intenso e soffi d'oro diffusi in secondo piano, abbiamo la netta impressione di trovarci - in senso reale e simbolico - in una sorta di navicella spaziale sospesa tra l' esplosione luminosa del giorno e il manto cupo della notte o, se vogliamo, tra il nulla in cui galleggiano le costellazioni e l'espansa gloria divina.
Poichè, nell'esecuzione del suo lavoro, Cagnone è partito intenzionalmente da questo filtro di stelle, non mi pare azzardato pensare che egli abbia voluto proporci un viaggio terrestre e celeste insieme: ce lo conferma la scena della Natività che si legge in basso a destra sulla seconda lastra. La Madonna sdraiata e il Bambino che le viene porto dall'alto rimandano a momento fondamentale per l'iconografia dell'Occidente cristiano: la splendida Natività eseguita da Giotto, a Padova, tra il 1303 e il 1306, nella Cappella degli Scrovegni, della cui volta, ora la capiamo bene, sono citazione testuale anche le stelle della prima lastra. Ma perchè questo presepe di oggi e del futuro - vera e propria cellula memoriale in navigazione fra le stelle, dove fra pochi decenni dovrà svolgersi probabilmente il destino dell'uomo - viene retrodatato nello scrigno del tempo fino a proporre un omaggio così esplicito a Giotto? In altri termini, quale valore conserva l'insegnamento di Giotto alle soglie del terzo millennio? 
La risposta più semplice è che Cagnone abbia visto nella sua opera, vera e propria "summa" della cultura figurativa medievale, e fonte d'ispirazione anche per molti artisti del Rinascimento, un modello in grado di agire ancora oggi nel rinnovamento del linguaggio pittorico; nè va sottovalutato il fatto che Giotto - staccandosi dalla ieraticità bizantina - è stato il primo grande maestro a umanizzare la pittura ita- liana, calando sulla terra le storie del divino e raccogliendole - ancora una volta da antesignano (pensiamo, oltre che agli Scrovegni, alla Basilica di San Francesco ad Assisi} - in cicli narrativi che ancora oggi per molti artisti - e per Cagnone in primis - costituiscono un veicolo espressivo preferenziale, ricchi come sono di memorie vitali e di suggestioni che vanno oltre il tempo e lo spazio definito. 
Personalmente, nel presepe di Cagnone, ho colto anche una suggestione letteraria, legata sempre però all'onda del tempo e della memoria: l'eco dei "sovrumani silenzi" e della "profondissima quiete" leopardiani; qui, però, l'immaginazione non scaturisce dalla presenza di una siepe compatta e invalicabile, quanto piuttosto dalla cortina trasparente delle stelle. L' ostacolo è sostituito da un filtro: ed è proprio filtrando attraverso il vetro che le stelle rendono più o meno evidente, a seconda della posizione di chi guarda, la Natività giottesca: la scorge solo chi ha fede, si potrebbe dire, solo chi si immedesima totalmente nel suo mistero. E il vetro è la materia che, per le sue qualità intrinseche, meglio si presta ad attivare questo gioco, a svelare e a celare le immagini, attraverso l' alternarsi dell'ombra e della luce. Che 
Cagnone ne abbia portato al limite le possibilità espressive, tenendo conto della dimensione ridotta in cui ha dovuto operare, non si deve soltanto a una raffinata perizia tecnica. Da oltre quarant' anni egli risiede a Milano e vanta nel suo curriculum espositivo importanti mostre in Italia e all'estero, ma non ha mai dimenticato, io credo, l'imprinting originario che gli proviene da Altare, dove ha mosso i suoi primi passi a contatto con la lunga tradizione vetraria portatrice di una sapienza artistico-artigianale millenaria, già nota prima di Giotto. Il suo presepe è, sì, frutto dell'intelligenza critica, ma anche delle ragioni del cuore. 

La vita di Angelo Cagnone

 

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