Testualità
ed ipertestualità
Storia
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Definire e determinare il rapporto fra
testo ed ipertesto comporta addentrarsi, prima di tutto, in una serie di
problematiche che coinvolgono la definizione stessa del termine testo.
Nel campo della semiotica del testo il termine viene usato in varie accezioni,
semplificando si possono contrapporre una teoria "forte", che considera
il testo come una struttura rigidamente determinata e basata su elementi
formali fissi e ricorrenti, ed una teoria "debole", che allarga la nozione
di testo agli enunciati ed a tutte le occasioni di scambio comunicativo.
Pertanto in un'accezione ristretta il testo ha caratteristiche tali da
contrapporlo o, comunque, distinguerlo nettamente dall'ipertesto, visto
che la sequenzialità e la linearità del flusso narrativo
sono elementi formali-strutturali fondamentali nella costruzione isotopica
del testo, inteso, dunque, classicamente come un'unità di significazione
delimitata, resa omogenea dalla coerenza del topic, del tema trattato.
Se invece si accoglie un'accezione allargata di testo, come quella proposta
dalla teoria "debole", allora l'ipertestualità diviene una forma
di testualità ampliata ed arricchita.
Il rapporto testualità-ipertestualità
oscilla pertanto fra una posizione dicotomica, che vede i due termini contrapposti
in nome dell'omogeneità del testo, ed una posizione integrativa,
che considera l'ipertesto come un sottoinsieme del testo.
Un approccio di carattere integrativo ha il merito, però, di riconsiderare i legami fra testualità ed ipertestualità sulla base dei codici comuni e di una diversa visione della fruizione testuale, anche perchè, come afferma George Landow, "non si possono realmente giustapporre, opporre diametralmente, testo stampato ed ipertesto, o testo stampato e testo digitale e considerarli come bianco e nero, come due cose opposte, poiché esse si compenetrano" (Landow, 1993). D'altronde l'ipertesto è strutturato come insieme di frammenti e blocchi di testo, che hanno pur sempre una loro autonomia rispetto al disegno ipertestuale complessivo e mantengono codici strettamente "testuali"; inoltre la presupposta passività dell'utente nella fruizione testuale viene messa in discussione dai modelli semiotici, che rivalutano l'opera di interpretazione, codifica e decodifica di chi, in qualsiasi processo comunicativo, riceve un messaggio. Fra le teorie che si indirizzano ad una integrazione di testualità ed ipertestualità mi sembra molto interessante la posizione di Fausto Colombo, il quale sostiene un'idea di ipertesto come "percorso libero di esperienze". Per Colombo l'ipertestualità manifesta "la vera essenza della testualità: che è quella di una simulazione di esperienza. In altre parole, l'ipertesto accoglierebbe e porterebbe a compimento la funzione primordiale del testo (resa possibile in una prima fase dalla linearità della scrittura): creare una situazione percettiva e psicologica all'interno della quale il fruitore ritrova simulata una propria esperienza. Rispetto al testo tradizionale, l'ipertesto offrirebbe una maggior aderenza alla multidirezionalità propria di ogni vicenda umana... il paradosso dell'ipertesto consisterebbe dunque nel suo essere di fatto più vicino all'esperienza di quanto non lo sia il testo" (Bettetini e Colombo, 1996). Mi sembra comunque che il rapporto fra
testo ed ipertesto vada riconsiderato sulla base di una giusta integrazione
delle due posizioni succitate. L'ideale è un approccio all'ipertestualità
capace di sottolinearne certamente le novità sul piano strutturale,
della fruizione e della scrittura, ma che allo stesso tempo abbia ben presenti
le somiglianze e le convergenze con la testualità.
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