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Campagna contro la pena di morte! MORATORIA 2000
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        FRANCESCO  E  CHIARA  d'ASSISI
 

 

Concetti presi  dai "Fioretti di Santa Chiara" di Piero Bargellini.
  Siamo nel secolo XII: Chiara aveva diciott'anni. Francesco sui trenta. Chiara usciva da una famiglia nobile. Francesco era fuggito da una famiglia di mercanti. Ad Assisi le famiglie nobili si potevano contare sulle dita di una mano. C'erano i Compagnani.........i Fiumi, dai quali usciva Madonna Ortolana, madre di Chiara.     Per il padre si sa che si chiamava Favarone di Offreduzzo. Era morto, lasciando a casa 5 donne: la moglie Ortolana; le figlie Penenda, Chiara, Agnese, Beatrice, quasi tutte in età da marito. A quei tempi le donne andavano a nozze quasi bambine. Dopo i sedici anni, le madri cominciavano a temere per la sorte delle loro figlie. Sembravano già zitelle.     Di solito non erano le fanciulle a scegliersi lo sposo, ci pensavano i parenti. Qualcuna veniva promessa quando era ancora in culla. I parenti, nell'assortire le coppie dei fidanzati tenevano conto delle condizioni delle famiglie. Più volte anche a Chiara avevano parlato dei giovani nobile della città, ma la fanciulla aveva sempre lasciato cadere il discorso.     I mercanti appartenevano a un altro ceto di quello dei nobili. La loro fortuna era dovuta ai traffici. Se l'impresa andava bene, la fortuna era fatta e prendevano il nome di "grandi meracnti". Uno di essi era stato Pietro di Bernardone, che aveva battezzato il figlio Giovanni col nome di Francesco, cioè "francese", in ricordo dei suoi fortunati viaggi sui mercati della Francia.     Francesco era stato accolto nelle brigate dei giovani nobili, quasi a pari, fino al giorno in cui non aveva preferito la compagnia dei lebbrosi a quella dei gentiluomini.     Tutta Assisi parlava delle stravaganze di Francesco. Chiara era commossa. Aveva voluto sapere di lui, della sua vita. Aveva anche cercato di incontrarlo. Aveva parlato con lui, mentre tutti lo sfuggivano.     Francesco, fissandola come una stella, le aveva detto:     "Bisogna saper morire! ".     "Come "? domandò Chiara.     "Sulla croce, con Cristo".     E quando la Domenica delle Palme cominciò la passione di Gesù, Chiara, fin dal mattino, fra gli "Osanna" della Liturgia, aveva deciso di morire come le aveva consigliato Francesco.
Madonna Ortolana era vedova con quattro figlie nubili,ma non si poteva dir sola. Il fratello del marito e i cognati le erano molto vicino, soprattutto Monaldo.
    La loro famiglia era nobile e ricca, e quindi nobili e ricchi dovevano essere i fidanzati delle quattro ragazze.
Non c'erano ad Assisi fanciulle meglio guardate.
    Perciò quando Monaldo seppe che Chiara era fuggita (da Francesco), perse il lume degli occhi. Francesco, non contento di avere rubato a suo padre, ora rubava in casa di Favarone; dopo avere impoverito Bernardo, ora rovinava Chiara.
    Monaldo raccolse in armi tutto il parentado; non era ancora giorno e già il bosco della Porziuncola veniva battuto. Ma Francesco, dopo avere tagliato i biondi capelli a Chiara, l'aveva affidata alle monache di San Paolo. Un monastero femminle era una fortezza. Nessuno vi poteva entrare con la forza.
    Monaldo minacciò, ma poi visto che non otteneva nulla, cambiò tono, cercando di allettare la nipote. La fece riflettere su quanto dolore aveva arrecato alla madre, e su quali danni potevano ricadere sulle sorelle. Le promise perdono e grandi doni, e poi chiese di poterle parlare. Chiara acconsentì, ma scelse la Chiesa come luogo dell'incontro. Monaldo, i parenti e i servitori entrarono in Chiesa, lasciando fuori le armi.
    Si inginocchiarono davanti all'altare, facendosi il segno della croce; si rialzarono quando Chiara uscì dal coro.
    Ella salì rapidamente gli scalini e con la mano destra afferrò la bianca tovaglia dell'altare, gesto che per tutti coloro che subivano violenza, significava la richiesta alla Chiesa del diritto di asilo.
    "Come un bambino si sente sicuro se stringe nella sua mano la veste della mamma, così il fuggiasco e il perseguitato si sentiva, ed era veramente sicuro, se riusciva ad afferrare un lembo della Madre Chiesa, rappresentato dalla tovaglia bianca" (leggi nel Vangelo l'episodio della emorroissa).
        Nessuna forza avrebbe potuto strappare Chiara da quella bianca tovaglia. Monaldo e i parenti capirono il gesto eloquente di Chiara, ma attesero che almeno parlasse. Chiara con la sinistra si tolse di capo il panno nero e apparve  la devastazione dei suoi biondi capelli. Chiara, così scoperta, si guardo tutt'intorno come volesse farsi ammirare; quindi mise di nuovo il velo nero sulla fronte.
    Lasciò la presa della tovaglia dell'altare e scomparve nell'ombra del coro.
                                                                                                                                                      Continua..........     Il monastero femminile, dove Francesco aveva messo in serbo Chiara, era quello di San Paolo. Dopo pochi giorni la fece uscire di lì e la riportò nel monastero femminile di sant’Angelo di Panzo, sulle pendici del Subasio.            Ogni giorno Agnese l’andava a trovare. Una sera non fece più ritorno in famiglia e mandò a dire che anch’essa intendeva restare in convento.             Monaldo andò nuovamente sulle furie. Chiara aveva diciotto anni, Agnese ne aveva soltanto quindici e quindi si trovava ancora sotto la patria potestà. Andò a riprenderla con la scorta di servitori armati. A pugni e calci la condussero via, mentre Agnese gridava:” Aiutami, sorella Chiara “ ! Chiara non mosse dito. I rapitori presero via traverse, per luoghi selvaggi, pieni di pruni e di sassi. Spingevano a furia la fanciulla, che ad ogni pietra lasciava una traccia di sangue e ad ogni pruno un capello biondo. Dopo un lungo tragitto, Agnese cadde per terra ad opera della stanchezza e dei maltrattamenti. Monaldo ordinò che fosse presa di peso e trasportata a sacco.             Fecero allora per sollevarla, ma le braccia robuste dei portatori non ci riuscirono.             “ Costei ha mangiato ferro tutta la notte” dicevano, drizzandosi sulle reni indolenzite. In fatti il corpo di Agnese, più pesante del piombo, non si staccava dalla terra su cui giaceva. Monaldo, pieno di rabbia, si fece largo col pugno alzato per colpire la nipote, ma il braccio gli restò a mezz’aria paralizzato.             Monaldo urlava a causa del dolore che gli tormentava il braccio, e gli uomini del suo seguito si dispersero per la campagna. Anche Monaldo, sempre urlando, venne verso Assisi. Il corpo di Agnese rimase come morto, tra sterpi e pietre, abbandonato da tutti. Ed ecco Chiara uscire dal monastero.             Seguì per terra le tracce di sangue,si fece guidare dai capelli d’oro che luccicavano tra i pruni, e giunse così sul luogo ove giaceva la sorella Agnese. La prese pietosamente per mano e le disse: “Sta’ su, sorella mia Agnese. Andiamo a servire il nostro dolce sposo Gesù Cristo”.
E Agnese s’alzò da terra, pulita e fresca come se avesse dormito nel suo letto tutta la notte e ora si risvegliasse al primo chiarore dell’alba.
Di lì a poco Francesco tolse anche dal monastero di Sant’Angelo la sua seguace e la destinò alla clausura di San Damiano. Nella Chiesa quasi diruta di San Damiano, il Crocifisso aveva parlato a Francesco, dicendo: - Francesco, va e ripara la mia chiesa che è tutta guasta e vien meno. Il giovane aveva creduto che il comando valesse per le mura materiali. Le riparò perciò con pietre e calcina. Poi capì che il comando di Cristo valeva per altra cosa e Che la Chiesa era il corpo di Gesù agonizzante sulla Croce. Gettò ogni ricchezza, rinunziò ad ogni ambizione, si fece volontariamente umile e povero. Sposò, come egli diceva, Madonna Povertà. San Damiano era rimasto, anche restaurato dalle mani inesperte di San Francesco, un luogo povero. La Chiesa somigliava a quella di Santa Maria degli Angeli, piccola, oscura, con la volta a ogiva. Le costruzioni d’intorno potevano adattarsi a convento di piccole donne, e più che altro di “povere donne”. A San Damiano così nacque il Secondo Ordine Francescano, quello femminle, che fu chiamato delle “Povere Donne”. “Povere Donne” e basta, senza nessun altra denominazione. “Povere Donne” che vivevano di elemosina, mangiavano il pane accattato, e i più dei giorni digiunavano. Francesco aveva sposato volontariamente la povertà. Chiara volle essere la povertà stessa, la povertà in persona. In questo senso ella si unì a Francesco, nell’assoluta povertà, voluta, accettata, perseguita per amore del grande povero, Gesù. La Chiesa stessa, dominata dal grande Crocifisso, venne ornata da mazzi di fiori campestri. Dietro l’abside, il coro delle “Povere Donne”, fatto di tavole rozze, neppure piallate. Una finestra inferriata dava sulla Chiesa, e attraverso le sbarre di ferro, come recluse, le povere donne ricevevano la Comunione. Da un piccolo chiostro, retto da pilastri senza capitelli, si passava al refettorio basso e oscuro. Lì, ringraziando il Signore, le “Povere Donne” mangiavano quello che ricevevano in elemosina. Chiara preferiva i tozzarelli di pane. Un pane intero le sembrava una ricchezza troppo grande. Viveva di avanzi, chiedeva gli scarti.. Un’unica camerata, al piano superiore, accoglieva le “Povere Donne”. Uno stanzone nudo e freddo, sotto le travi del tetto. Per letto, un fascio di sarmenti. Per guanciale, un tronchetto di legno. Lenzuoli di canapa rustica e coperte di pezze imbastite. Piedi nudi in ogni stagione; testa rasa, coperta da un panno bianco e uno nero. Sotto le vesti, Chiara portava un cilicio, fatto di pelle di porco, con le setole contro la carne. In San Damiano Chiara volle il primato della povertà. Nulla era suo; ogni cosa prestata. Povertà volontaria, desiderata come il più ambito dei privilegi. Povertà lieta, festosa, ilare. Nessun lamento, nessun sospiro si levava da San Damiano. Chiara voleva essere la povertà stessa. Era dunque contenta di sé quanto più povera si faceva; era lieta del suo stato quanto più povera si sentiva.