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1996

 

BOZZA DI DOCUMENTO  preparatorio PER IL GRUPPO  

"SCUOLA – GIOVANI - LAVORO"

 

L'ARCA - CENTRO DI INIZIATIVA DEMOCRATICA

  1. Il quadro problematico generale

  2. I compiti della scuola “pubblica”

  3. Elementi di analisi del sistema formativo

  4. Le soluzioni e i provvedimenti legislativi proposti

  5.  L’Amministrazione periferica (regionale  e sub regionale)

Questo documento (a circolazione interna) si rifà  al ricco materiale del dicembre 1995, predisposto per la discussione del programma dell’Ulivo su Scuola e Formazione e che sta alla base delle tesi nn. 66 (“ La Scuola è la base di ogni ricchezza”) e 67 ( “Formazione professionale, educazione continua e partecipazione”) del programma generale dell’Ulivo.

L’intento è quello di poter disporre di un comune ed ordinato quadro di temi e problemi per avviare tra noi, e via via con gli altri, una discussione tendente ad elaborare una nostra posizione circa le prospettive di riforma del sistema e della sua architettura istituzionale e strutturale a scala nazionale e, nello steso tempo, ad articolare una nostra proposta di iniziativa politico-culturale a scala territoriale su ciò che deve e può essere richiesto non solo alla scuola del territorio barese ma al sistema formativo allargato (formazione professionale ed extrascuola inclusi).

1)   Il quadro problematico generale

Oggi, la risorsa fondamentale per lo sviluppo è sempre più immateriale, volatile ed inafferrabile, in quanto sempre più essa consiste di conoscenze scientifiche e delle loro applicazioni tecnologiche, di formazione continua del lavoratori e dirigenti, di nuove forme di organizzazione di impresa.

“ Le basi di conoscenza per partecipare in modo attivo al confronto competitivo  e alla collaborazione internazionale sono notevolmente cresciute. L’inadeguatezza di un apprendimento puramente accumulativi si fa sempre più palese “(pag.12). Le dinamiche di sviluppo del mondo del lavoro e della produzione impongono nuove esigenze: “ le competenze richieste dall’industria e dai servizi tendono ad elevarsi e ad aggregarsi. Le professionalità specifiche a loro volta vanno incontro ad una rapida obsolescenza” (pag.10).

La complessità e la dinamicità della società attuale, richiedono sempre di più un insieme di competenze critiche, interpretative, relazionale e progettuali.

Per questo le risorse più importanti oggi sono le risorse umane.

Le politiche delle risorse umane e le politiche economiche –continuiamo a far ricorso al materiale dell’Ulivo – sono strettamente interrelate tra loro”. Non si può operare soltanto sulle prime, ma operando sulle risorse umane è possibile allentare “i vincoli” posti dall’economia. Nella società attuale sono le stesse politiche delle risorse umane “a creare valore aggiunto” e ad aiutare “il settore produttivo dell’economia a funzionare e prosperare”(pag.10).

A creare la vera ricchezza di un paese sono le nuove generazioni ma – è questo il punto cruciale – i giovani sono una risorsa “autentica ed originale, solo se riescono ad attendere fino in fondo alla loro vocazione di persone e di cittadini”.

Quest’ultimo passaggio ci riporta ad un problema importante già evidenziato giustamente nel primo documento dell’originario gruppo di lavoro barese, al problema cioè “della necessità di tenere insieme la questione del sistema educativo nel nostro Paese con la questione del consolidamento, della ripresa e del rilancio del nostro sistema produttivo”, rimanendo tuttavia lontani “da ogni subalternità alla cultura dell’impresa come fine a se stessa e fuori da ogni fuorviante approccio economicistico” ( “Innovazione e formazione. Idee per la scuola che vogliamo”).

Occorre avviare “un forte impegno educativo” per una crescita delle nuove generazioni che si sostanzi di “valori positivi come il riconoscimento del merito, la serietà professionale, l’impegno individuale e l’onestà intellettuale”. Tutto ciò significa rendere l’istruzione un fondamentale diritto di cittadinanza, riconoscendo fra le sue funzioni quelle più compiutamente orientative ed educative accanto a quelle essenziali di formazione alle competenze.

E’ necessario, allora “mettere a punto un insieme di strutture e processi formativi che diano ai giovani l’opportunità di esprimere le loro energie latenti”, che aiutino ciascun giovane a raggiungere la propria maturità personale.

Dobbiamo parlare quindi di sistema formativo. Si deve cioè “ricondurre a sistema l’istruzione pubblica, l’università, la formazione professionale…ridare coerenza al complesso delle istituzioni preposte alla formazione”.

2)  I compiti della scuola “pubblica” 

Alla scuola compete la funzione di diffondere le conoscenze, ma essa non può più limitarsi alla pura trasmissione del sapere consolidato. Il che sta a significare che essa scuola, oltre a favorire l’acquisizione del patrimonio culturale del passato deve promuovere le doti personali della creatività, della duttilità,dell’intelligenza interpretativa, dell’autonomia associata alla responsabilità. Fine primario della scuola non è la preparazione di risorse specifiche per il mondo del lavoro, ma la formazione culturale dei giovani. anche se i due obiettivi si richiamano reciprocamente e non si escludono affatto (pag.17).

Alla scuola spetta la responsabilità di trasmettere alle giovani generazioni le regole della democrazia e della convivenza civile.

E’ nella scuola che i giovani possono imparare il senso della cittadinanza, della legalità, del dovere,dell’onestà. E’ nella scuola che i giovani possono capire  che la politica è l’arte del bene comune e non la pratica dell’intrallazzo. E’ nella scuola infine che i giovani possono imparare ad essere cittadini di un’Italia che vuole voltare pagina e riscoprire il senso profondo di qui valori che costituiscono il più solido fondamento per costruire un futuro di libertà.  Se la scuola deve trasmettere i valori necessari a creare un senso di identità e un senso di cittadinanza, bisogna che essa abbia contenuti e valori condivisi e condivisibili dagli insegnanti, dalle famiglie  e dai giovani. Questi valori non possono essere che quelli riconosciuti e tutelati dalla Costituzione. (pag.15).

La promozione di tutte queste qualità e capacità deve procedere in misura crescente e nella dimensione dell’istruzione di massa. Il che comporta l’urgenza di  elevare il livello di formazione di base, che permetta ai giovani di maturare uno spirito critico e di controllare quindi i cambiamenti (pag.12).

Ma quale scuola deve poter fare tutto questo?

La scuola pubblica di massa riqualificata intellettualmente e professionalmente. Una scuola cioè che accetta di muoversi entro il quadro di valori comuni anzidetti, educando al confronto, alla democrazia, alla convivenza multiculturale e multietnica. Una scuola gestita sia dallo Stato e da Enti locali sia da soggetti privati, religiosi e non (pag.15).

Il “ diritto di scelta” del cittadino è un diritto importante che deve trovare il modo di esprimersi concretamente. Occorre però evitare che esso si traduca nella creazione di nuove forme di dualismo scolastico. La radicale inadeguatezza del sistema attuale rischia fra l’altro di favorire tutto ciò, anche perché fornisce la base di appoggio a posizioni liberiste estreme, accompagnate tutt’al più da una politica di sostegno alle famiglie attraverso i cosiddetti “buoni scuola” o, ancora peggio, fornisce il pretesto per una pura e semplice distribuzione di risorse finanziarie alle scuole private. Il risultato sarebbe in ogni caso una disastrosa duplicazione di spese e l’aggravamento di disuguaglianze. L’idea portata avanti dalle forze di destra dei “buoni scuola”, con la netta sottrazione di risorse al sistema pubblico può effettivamente rendere molto probabile il rischio della privatizzazione della scuola.

L’istruzione è un bene di merito la cui fornitura non può essere lasciata al libero gioco della domanda e dell’offerta.

Il metodo del “buono scuola” appare allora improponibile anche perché in regime di valore legale dei titoli di studio si perverrebbe  a forme esasperate di “credenzialismo” nel senso che la gara tra le  scuole avverrebbe al ribasso e, così come avviene in economia, anche qui le scuole peggiori risulterebbero avvantaggiate a scapito delle scuole più serie.

Ciò non toglie spazio e vigore, tuttavia, alla prospettiva di riconoscere che il fondamentale servizio pubblico dell’istruzione potrebbe essere soddisfatto nelle forme della scuola statale e della scuola non statale.

Tutto ciò presuppone per lo Stato e i pubblici poteri l’obbligo di fissare gli obiettivi  e gli standard della formazione, di misurarli sulle esigenze di una società in continua evoluzione e trasformazione, di attrezzarsi a valutare l’efficacia del sistema e di intervenire per correggerne ritardi e storture, per perequare le disuguaglianze, per tentare di sanare le ingiustizie. Così il diritto di scelta , gli effetti positivi della competizione tra gli istituti scolastici, la differenziazione dell’offerta formativa, la definizione dei progetti di istituto e gli incentivi alla qualità e all’efficienza possono essere assicurati nell’ambito del sistema pubblico.

In questo quadro tutte le scuole non statali che volessero misurarsi con questa concezione potranno essere parte di un unico sistema pubblico. Un unico sistema formativo nel quale sarà possibile armonizzare gli sforzi dello Stato, degli Enti locali, del privato sociale e di tutti quegli operatori di mercato che hanno a cuore la formazione dei giovani e non interessi speculativi. Le scuole saranno chiamate , in competizione positiva fra loro, ad avvicinarsi agli standard e agli obiettivi fissati dalle leggi della Repubblica.  Tutte le scuole, in primo luogo quelle non statali,  saranno sottoposte al Sistema Nazionale di Valutazione e dovranno porsi all’altezza delle necessità del sistema pubblico della formazione.

Quanti non volessero sottoporsi in questa ottica, ma continuassero ad interpretare le proprie scuole come strumenti di una formazione di parte, rimarrebbero nella condizione di scuole “libere”, senza gli obblighi ma anche senza i diritti derivanti dall’esercitare una funzione pubblica.

Tra i diritti vi è sicuramente quello del sostegno dello Stato, che potrà avere a seconda dei casi, la forma della detassazione o delle convenzioni, delle misure finalizzate al diritto allo studio o altro. Quanto agli obblighi, essi riguardano anzitutto l’osservanza senza eccezioni  delle due fondamentali libertà dell’accesso per gli studenti e dell’insegnamento, mentre circa il reclutamento del personale non v’è dubbio: nel sistema pubblico della formazione si diventa insegnanti per concorso pubblico e sulla base degli stessi criteri (pag.65).

3)  Elementi di analisi del sistema formativo

Di fronte a questi obiettivi il sistema d’istruzione del nostro paese appare fortemente inadeguato.

nnanzitutto, il suo assetto attuale è caratterizzato da un accentuato centralismo per quanto riguarda sia la definizione del prodotto (programmi e percorsi didattici) sia l’organizzazione dei fattori della produzione (assenza di autonomia e di flessibilità di bilancio delle unità scolastiche, gestione delle risorse finanziarie e umane). Tale assetto genera oggi  inefficienza (non consente un adeguato controllo della spesa, sta a dimostrarlo il fatto che la spesa non si riduce pure in presenza del calo delle leve scolastiche), inefficacia (impedisce alle singole scuole di calibrare le proprie proposte in relazione alle risorse disponibili ed alle caratteristiche di contesto e ostacola la programmazione territoriale dell’offerta formativa) e iniquità (espulsione dal sistema dei più deboli).

Ma c’è di più, per la scuola italiana si configura addirittura una vera e propria situazione di emergenza

a)      Al confronto con gli altri paesi, il deficit d’istruzione italiano è assai preoccupante: gli analfabeti in senso stretto (senza calcolare cioè i senza titolo e gli analfabeti di ritorno) sono ancora il 3,5% della popolazione ; solo il 72% degli italiani fra i 25-64 ani ha completato al massimo la scuola dell’obbligo e soltanto il 6% ha un’istruzione a livello universitario (Francia 15%, Regno Unito 16%, Giappone e Germania 22%, U S A 36%).

b)      Il basso grado di scolarizzazione non riguarda le classi di età più elevata, ma continua a coinvolgere anche le nuove generazioni. Ciò significa che il deficit di istruzione non è pensabile si possa colmare soltanto grazie al ricambio generazionale. Ancora elevati sono oggi i tassi di abbandono, e quelli più generali di dispersione: tassi che sono la spia del fenomeno più vasto della crescente inefficacia della didattica tradizionale. Numerosi settori della scuola, al di là delle pur presenti isole di eccellenza, rimangono ancorati a modelli didattici ripetitivi, ingabbiati in orari rigidi e limitati al solo spazio mattutino, senza modalità di coinvolgimento attivo degli studenti, cioè con scarse e assenti esperienza pratiche, lezioni di gruppo, uso di nuove tecnologie. In questo quadro va richiamata la questione dell’uguaglianza delle opportunità. Attenuatasi per quanto riguarda le differenze di genere, questa questione rimane ancora aperta in riferimento alle zone di residenza, all’origine sociale e all’handicap ed ora anche alle disuguaglianze etniche che appaiono esalano sempre più esplosive e più difficili da affrontare. Le disuguaglianze di opportunità si traducono in alcune aree metropolitane del Sud in indici di evasione dell’obbligo scolastico molto alti, in evidente collegamento con fenomeni di marginalità sociale e lavorativa e anche di diffusione della delinquenza minorile.

c)      Dal punto di vista infrastrutturale vi sono aspetti positivi che non incidono negativamente sul deficit d’istruzione ( il rapporto alunni /insegnanti è tra i più bassi del mondo; la quota di spesa per l’istruzione sul PIL è in linea con gli altri paesi, ma negli ultimi tempi essa è diminuita dello 0,5-0,7 per cento) ed aspetti decisamente negativi (retribuzioni medie al di sotto della media europea; utilizzo inefficace e distribuzione inefficiente delle risorse disponibili;stato precario degli edifici quanto non addirittura di degrado; permangono situazioni di affitti onerosi; standard tecnici e delle attrezzature assai obsoleti).

Tutto ciò non può non determinare un senso di precarietà e di frustrazione tra i docenti e gli studenti. Studenti ed insegnanti vivono con grande disagio  la propria condizione in una scuola fortemente burocratizzata e incapace di offrire stimoli adeguati agli studenti e spazi per accrescere e valorizzare la propria professionalità agli insegnanti.

 

4) Le soluzioni e i provvedimenti legislativi proposti

Si dovrà prevedere un piano di interventi straordinari per l’istruzione e la formazione, un piano che si baserà su tre elementi cardine: l’educazione permanente,il diritto allo studio e al sapere come diritto di cittadinanza e l’uguaglianza di opportunità e che dovrà porsi l’obiettivo di ridurre gli attuali livelli di analfabetismo e di attuare pienamente gli artt. 3,33 e 34 della Costituzione:

- Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali: E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacolo ….( art.3);  

- L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione e istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi….(art.33);  

- La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno per otto ani è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi…(art.34).  

Per poter parlare di sistema formativo, per dare coerenza al complesso delle istituzioni preposte alla formazione ci vuole un’azione che produca un doppio effetto di coordinamento (eventualmente attraverso la creazione di un unico Ministero che comprenda le competenze della P.I.:, dell’Università e della Direzione generale della F.P. del Ministero del lavoro) e di decentramento (far leva su un elevato grado di autonomia delle strutture formative a livello locale, soprattutto provinciale e regionale).

Occorre definire inoltre una proposta di legge quadro del sistema scolastico e formativo riguardante:

la formazione di base: riforma (nuovi ordinamenti) della scuola per l’infanzia, estensione dell’obbligo a 10 anni, riordino dei cicli accentuandone il carattere progressivamente orientativo. Va ribadito che sede istituzionale dell’obbligo è la scuola;

riforma del triennio secondario con indirizzi propedeutici a professionalità definite o ai curricula universitari; è auspicabile che all’obbligo di istruzione a 10 ani per chi non intende proseguire gli studi possa far seguito il diritto alla formazione fino a 18 ani, in modo da assicurargli almeno una qualifica professionale di primo livello spendile sul mercato del lavoro;

formazione professionale di II livello, collegato al lavoro;

introduzione generalizzata di crediti formativi come condizione per l’educazione permanente;

definizione, in sede di riforma istituzionale, delle competenze di Stato e Regioni in materia di istruzione e di formazione, trasferendo alla Regioni poteri di coordinamento in materia di formazione professionale con delega alle Province e valorizzando la funzione di indirizzo e di controllo degli standard formativi del Ministero della P.I.;

istituzione di agenzie indipendenti e rafforzamento degli strumenti legislativi esistenti in ordine rispettivamente al sostegno e alla valutazione della qualità del sistema scolastico e formativo e alla razionalizzazione delle scuole.

 

L’aumento delle risorse deve divenire un volano al fine di garantire l’efficienza delle strutture esistenti e l’efficacia degli interventi, anche attraverso una remunerazione adeguata alla professionalità dei docenti. In tal senso, sarebbe opportuno spostare gli investimenti delle famiglie - attualmente destinati, oltre che al pagamento delle tasse scolastiche e di contributi aggiuntivi, all’acquisto di libri di testo – verso forme di contribuzione destinate al miglioramento delle attrezzature didattiche comprese quelle librarie da mettere a disposizione degli alunni e alla realizzazione di progetti innovativi (riguardanti la multimedialità, ecc.) . Eventuali altri investimenti pubblici ma anche privati (famiglie ed imprese) dovrebbero in sostanza contribuire alla realizzazione di obiettivi di qualificazione del servizio.

L’autonomia  della scuola è la condizione primaria perché un progetto del genere possa realizzarsi.

Non si tratta della semplice autonomia organizzativa ed amministrativa, ma essa deve coinvolgere la società civile con le sue risorse. Un’autonomia così intesa si realizza su tre livelli:

1)      autonomia a livello didattico: ha nel progetto educativo il suo strumento fondamentale. Esso è nello stesso tempo il manifesto dell’offerta formativa elaborato dalla scuola e il piano delle modalità con cui si intendono raggiungere gli obiettivi fissati, frutto della combinazione di standard qualitativi generali (centrali e regionali) e della  traduzione  in risposte educative delle esigenze della comunità locale e delle aspettative dei soggetti in formazione. La singola scuola va messa in grado di elaborare  il proprio progetto educativo, con la possibilità di approntare il servizio (orari,programmi,impegno ed utilizzazione dei docenti,corsi di recupero e di approfondimento, forme di cooperazione con altri soggetti formativi, attività extracurricolari) secondo le  effettive esigenze degli alunni e i bisogni socio-culturali del territorio. Ne deriva la possibilità della scuola di progettare curricula differenziati e di misurare quindi le conseguenti nuove forme di responsabilità dei docenti in termini di efficacia dell’intervento formativo;

2)      autonomia a livello del bilancio: l’unità scolastica è completamente responsabile

 nel gestire i trasferimenti dello Stato (contributo proporzionale al numero degli alunni ì, contributo per il pagamento della quota fissa delle retribuzioni del personale, contributo per perequare le condizioni di partenza dei diversi istituti;

nel reperire ulteriori entrate ( a livello regionale sono possibili interventi delle imprese e delle famiglie per progetti ben precisi e servizi ben definiti);

  nel gestire le spese, chiaramente con l’obbligo del pareggio di bilancio.

E’ il preside che gestisce l’Istituto con funzioni di dirigente;

3)   autonomia a livello di gestione del personale: ciascuna scuola ha ampi margini di    iniziativa  relativamente all’utilizzo della risorsa professionale e in sostanza alla gestione di una parte della retribuzione da collegarsi alla funzione svolta. 

In questo campo il Centro non scompare, esso piuttosto viene liberato da compiti di gestione per attendere a funzioni sue proprie di indirizzo,di controllo,di valutazione e di incentivazione. L’amministrazione centrale deve garantire unità di indirizzo, coerenza e continuità a tutto il sistema scolastico nazionale, essere di supporto e di sostegno al suo sviluppo quantitativo e qualitativo, operare interventi di riequilibrio e di compensazione a favore di situazioni ed aree deboli, attivare il Servizio Nazionale di Valutazione.

 

5)  L’Amministrazione periferica (regionale  e sub regionale)

Unità regionale di programmazione scolastica e formativa

 Distretti scolastici provinciali

 Istituzione di uffici scolastici regionali articolati in Direzioni regionali con compiti di coordinamento e di controllo degli Uffici scolastici provinciali e soppressione delle attuali Sovrintendenze scolastiche regionali

Gli Uffici scolastici provinciali hanno compiti di carattere gestionale/amministrativo per quanto riguarda gli organici del personale: la determinazione dei contingenti provinciali e l’attribuzione del personale alle scuole. Tutte le operazioni di reclutamento, utilizzazione, retribuzione, mobilità, riconversione, pensionamento del personale, vanno gestite a questo livello

Soppressione dei Consigli scolastici provinciali e dei Distretti scolastici ex famoso decreto 416 del 1974 (p.43).   

 Vanno inoltre previsti  provvedimenti urgenti:

-        per la formazione degli insegnanti, in applicazione del resto per quanto previsto dalla legge 341. Prevedere  percorsi di formazione in servizio corrispondenti agli effettivi bisogni dei docenti. ..In linea generale, il processo di aggiornamento deve tenere conto del fatto che nella prospettiva della riforma qui tratteggiata non solo vanno adeguate le conoscenze sul piano culturale e disciplinare ma vanno anche promosse e incentivate le nuove competenze richieste da un sistema incardinato sul principio dell’autonomia  (competenze riguardanti il coordinamento del lavoro interdisciplinare, l’attività di tutoraggio, lo studio dei bisogni educativi degli studenti,ecc.;

-        per l’edilizia scolastica soprattutto nel Mezzogiorno;

-       un programma di rinnovamento della didattica basato oltre che sul recupero della dimensione esperienzale e manipolativa anche sull’utilizzo corretto ed efficace delle nuove tecnologie informatiche,telematiche e multimediali.