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    2000

Tra Cardinale e Lega ...

Come non reagire alle scomuniche del Cardinale Biffi e all'oltranzismo pseudo-religioso della Lega verso l'Islam?

Da sotto gli ombrelli di Lodi, da cristiani antimusulmani se nascono invettive e scintille crociate prendiamo atto che si disvela un'ignoranza storica mista a perbenismo, alimentato da soldi guadagnati al banco facile dei consumi e dal benessere, costruito ed accresciuto con la forza delle valigie di cartone legate a croce con lo spago dei figli del Sud!

Al Cardinale e ai leghisti, dimentichi della parola di s.Paolo che definiva stranieri in terra propria i credenti, vorrei ricordare quanto per l'Islam presente nel Mediterraneo e in Sicilia in particolare (si tratta ancora dell'Italia?), scriveva Michele Amari, l'illustre storico del dominio arabo nell'Isola: 

"La Sicilia era diventata dentro e fuori bizantina, e ammorbata dalla tisi di un impero in decadenza (ma si definiva cristiano, no?); sì che, contemplando le misere condizioni sue, non può rincrescerci la conquista musulmana che la scosse e la rinnovò". M.Amari, Storia dei musulmani di Sicilia, Firenze, 1858

Tutta la storiografia successiva condivide tale giudizio e meglio lo sanno i siciliani che, nella lingua e negli usi, nelle misure e nella toponomastica, conservano pezzi della lingua araba come ornamento del parlare quotidiano, a somiglianza degli arabeschi e degli archi ogivali che sopportano le mille chiese cristiane volte al sublime e all'unico Dio, di tutti.

Sono felice di essere nato e cresciuto in una terra (la Sicilia, appunto) ove il piccolo torrente, con termine arabo, è chiamato sciàmmuru ( corso a carattere di intermittenza), che bagna di tanto in tanto la sciàra (l'incolto e arido, perché arso dal vulcano).

Bene ha fatto lo storico e critico Bonanno a richiamare un passo di C.A. Nallino che, nel 1941 scriveva: 
"Ma forse il maggiore materiale progresso che il dominio musulmano arrecò, purtroppo temporaneamente, alla Sicilia, fu lo spezzamento del latifondo in cui Plinio denunciò la rovina dell'Italia.... l'agricoltura siciliana è largamente debitrice ai Saraceni, i quali recarono nell'Isola la coltivazione del cotone, dei limoni, degli aranci amari, dello zucchero, dello zafferano ed insieme cercarono con lungo studio ogni fonte, ogni vena d'acqua per incanalarla in modo razionale e distribuirla alle terre animando così le campagne col cigolio delle norie e trasformando in terreni coltivati plaghe sino allora sterili"                                                                                                                                   
(C.A. Nallino, Raccolta di scritti editi ed inediti, 3, Roma, 1941, p.295, in C. Bonanno, L'età medievale nella critica storica, Padova, 1973, p. 79).

Sapete, gente della Lega e voi signor Cardinale, 

che i Siciliani seppero bene accogliere chi migliorava con l'ingegno o il lavoro la loro condizione? Storicamente non abbiamo mai saputo che farcene delle truppe piemontesi che, scese al sud, seppero giustiziare i contadini di Bronte, al comando del generale Nino Bixio, oppure combatterono con la violenza il brigantaggio contribuendo al consolidamento della paura e dell'omertà, basi essenziali del potere mafioso, unico modo di farsi presente dello stato unificato!

Se i ricorsi storici dicono qualcosa, allora ecco: 

viviamo l'epoca di esodi senza Mosè come un segno dei tempi. Il villaggio globale non è solo un fatto di economia, ma il luogo dell'intersecarsi delle culture in cui i figli nostri non sapranno che farsene dei confini, quasi sempre tracciati, difesi ed estesi con le armi, ora frutto del lavoro e del benessere nordico! 

18 ottobre 2000 Francesco Sofia