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Nuove culture

nuove nazioni

Dino Borri

 

L’economia culturale, come parte della sempre più rilevante economia della conoscenza, diviene spirito e meccanismo essenziale dei sistemi urbani contemporanei, dalle metropoli alle piccole e medie città.
Si tratta di teatri e i musei, di auditoriums e di centri di discussione intellettuale democratica, di università e in genere di strutture di ricerca pubbliche e private funzionanti ormai da essenziali fattori dello sviluppo capaci di aggregare etiche e competitività in ampi bacini di attrazione di capitali umani e di capitali finanziari.
Produzioni sempre più imperniate su fattori immateriali, in primis cognitivi, maggiori disponibilità individuali di tempi per leisure, innalzamenti generali dei livelli di preparazione culturale e professionale, e anche riscoperte di identità locali alla luce di milieux  globali sono all’origine di questo nuovo fondamentale ruolo dell’economia culturale e della conoscenza.
Così si costruiscono nuovi edifici speciali, spesso con progettazioni affidate a stelle dell’architettura e con ingenti investimenti, da cui comunità locali coraggiose attendono e spesso ricevono ritorni cospicui in termini di vivibilità e economia delle città e dei relativi distretti territoriali.

Così Renzo Piano progetta a Roma gli auditoriums, Mario Botta a Rovereto il Mart (Museo di Arte di Rovereto e Trento) con il suo splendido auditorium, Frank Gehri a Bilbao un museo futuristico e al contempo intrigante per la sua forma animale, per citare solo alcune recenti progettazioni seguite da riuscite realizzazioni.
E’ dunque cosa saggia e promettente che a Bari l’Amministrazione Comunale si voti finalmente all’apertura di una galleria d’arte moderna, dopo decenni di infruttuosi dibattiti e tentativi, dicendo di voler dargli sede attraverso un futuro restauro del bell’Albergo delle Nazioni, simbolicamente eretto sul lungomare in fronte all’Adriatico negli anni 1930 su disegno di Alberto Calza Bini. Vedremo, naturalmente, quanto si riuscirà a attuare tempestivamente di questa recentissima decisione.
Nell’area di Bari un futuro museo di arte moderna si troverebbe in buona compagnia, integrandosi a un più ampio sistema museale e culturale imperniato per esempio in città sulla splendida raccolta archeologica provinciale e su importanti teatri e centri di ricerca e nel distretto metropolitano su altre cospicue articolazioni.
Il sistema ha un bacino di interesse vasto – potenzialmente interregionale in una prospettiva finanche transadriatica – e nelle sue relazioni interne tra gli elementi potrebbe rendersi altamente sinergico con grandi benefici generali.

L’Albergo delle Nazioni è un edificio di alta qualità.

Il fatto che un futuro museo d’arte moderna possa esservi ospitato attraverso un processo di riuso e di restauro senza che si costruisca un nuovo edificio e si aggiunga altro cemento al tanto già versato lungo il mare come in campagne della città è dunque doppiamente positivo.

Certo si tratta di una sfida tipologica non da poco, considerando che un museo richiede grandi sale, che un albergo è impostato su una serie di piccole stanze, e che per il masterpiece di Calzabini è richiesta un’intelligente conservazione.
La scelta è comunque rilevante e condivisibile, al di là di problemi di filologia architettonica, e saprà trovare, può pensarsi, una qualità progettuale e realizzativa adeguata.
Le piccole stanze dell’albergo e finanche gli appartamenti dell’attiguo bel  complesso condominiale sul lungomare Nazario Sauro potrebbero per esempio conservare, forse, in futuro, la destinazione residenziale, in un quadro – almeno in parte – d’integrazione di produzione di arte da parte di artisti residenti e di esibizione della stessa al modo per esempio cercato a Saint Nazaire, Francia, il piccolo porto sull’Atlantico che da anni concede abitazioni comunali in uso a artisti che s’impegnino a produrre opere originali e a donarle alla città.
Naturalmente, si tratta, anche, di dover integrare più significatività, sia di contenitore che di contenuto.

Così ci si potrebbe chiedere, da un lato, come alimentare in futuro adeguatamente il museo con raccolte di alto livello che sono oggi estremamente costose, e, dall’altro, come orientare culturalmente e selettivamente le stesse raccolte in un contesto che privilegia oggi spinte specializzazioni lontane dai generalismi e eclettismi del passato.

Alla prima domanda risposte verranno, forse, dall’attivazione intelligente di  un partenariato pubblico-privato che come in altre grandi realtà della scena internazionale assicuri la presenza anche in termini di prestito a tempo di qualificate raccolte private già presenti a Bari (si pensi alla splendida e pressoché unica al mondo raccolta di arte contemporanea Usa promossa da un barese lungimirante), alla seconda dalla concettualizzazione del peculiare milieu locale caratterizzato da quell’integrazione di culture che mari e terre interposte  hanno storicamente favorito, com’è evidenziato nel grande affresco storico del Mediterraneo di Braudel.
Se poi ai ‘grandi’ motori nuove politiche e nuove economie urbane integreranno piccoli motori distribuiti nelle periferie metropolitane tutto un futuro di viaggi cognitivi, attraverso gli spazi e le storie delle comunità locali e dei suoi territori di riferimento vicini e lontani, si dischiuderà improvvisamente, sprigionando riflessioni e azioni di rilevante momento e carica trascinatrice.

articolo pubblicato su Repubblica Bari