Introduzione

Lo sviluppo della Valle Nossana deve le proprie origini alla presenza di due strade d?accesso ed ad un dislivello ancora non troppo elevato. Infatti, sono questi i presupposti che hanno permesso uno sfruttamento totale delle acque della Nossa, grazie ad una fitta rete di canali, alcuni dei quali tuttora esistenti che hanno favorito lo sfruttamento del dislivello. Tali fattori, uniti alla presenza di risorse minerarie, hanno agevolato lo sviluppo di un vero e proprio bacino economico che presupponeva lo sfruttamento dell?energia idraulica in magli, gualchiere e molini.

Infatti magli, gualchiere e molini hanno permesso di sfruttare, in un ambiente povero, ogni risorsa, in particolare dell'acqua; tali attività paleoindustriali possono essere considerate "i prodromi di quelle che nel XX secolo hanno poi avuto grande sviluppo tanto nel settore tessile, che include l?uso delle acque, quanto in quello metallurgico, che ha sfruttato le risorse del sottosuolo."

 

Leggende sull'origine

Vi sono delle supposizioni non confermate da documenti secondo cui la zona mineraria, o almeno in parte, sia stata coltivata dai Romani, i quali vi avrebbero mandato i condannati al lavoro; tuttavia mancano le prove concrete per darci questa certezza.

Bisogna precisare che i documenti sulla storia dei magli sono inversamente proporzionali alle loro antichità: più si cerca di risalire all'origine e meno sono i documenti reperibili.

 

Attività dei magli nel medioevo

 

Sin dal Medioevo a Ponte Nossa esistevano fucine in cui si lavoravano metalli per il conio delle monete, regolato dal diploma dell'imperatore Federico Barbarossa nel 1156; è inoltre noto che nel XIII secolo il ferro era sottoposto ad un regime protezionistico tanto che non poteva essere venduto fuori dalla bergamasca. Non si hanno però, indicazioni che permettono di conoscere le caratteristiche delle officine esistenti nella Valle Dossana subito dopo l'anno Mille.

 

Secondo studi condotti da G. Rota su Beltramino da Nossa, costui, appartenente alla famiglia dei Lanfranchi, fu un importante giurista estensore degli statuti dei comuni della Valle; egli apparteneva ai "rurali intellettuali" cioè a coloro che dopo il Mille si erano trasferiti in città; secondo appunto il Rota i genitori di Beltramino abitavano in Val Dossana e lavoravano al maglio. Ciò attesterebbe la presenza di tali officine sulla Nossa e, al tempo stesso, di società corporative per la nostra zona prevalentemente dei molini, del maglio, del forno e degli scavi minerari.

Nel corso del Medioevo, a livello politico-instituzionale, anche Bergamo e le valli furono interessate dallo scontro tra Guelfi e Ghibellini e Olmo riferisce dello scontro fra le due parti anche in Val Seriana.

Infatti, anche G. Rota ricorda che in quell'anno: "è a Campolungo avvenne uno scontro presso la torre che si presume di proprietà di uno dei Ghibellini. Nel 1376 il partito Guelfo, forte di parecchie migliaia di combattenti ripassò a Nossa, diretto al castello di S. Lorenzo. Due anni dopo molti Ghibellini guidati da Merino Olmo, ripassarono da Nossa diretti a S. Lorenzo per liberare gli assediati in quel castello. Non si commisero azioni dannose a Nossa, mentre le terre di Onore, Rovetta, Songavazzo e S. Lorenzo furono date alle fiamme."

 

Il dominio di Venezia

Le lotte medievali nella bergamasca si conclusero quando, dopo un breve periodo sotto la dominazione viscontea, il duca Filippo Maria Visconti, nella pace firmata a Ferrara cedette la zona di Bergamo alla Repubblica Veneta. Sotto il dominio di Venezia, almeno nei primi anni, la Valle Seriana tornò a popolarsi con il rifiorire dell'industria e del commercio.

 

Fu un periodo di relativa pace con pochi avvenimenti di rilievo; la Valle bergamasca era invasa saltuariamente da truppe straniere (l'evento più distruttivo fu la calata dei soldati tedeschi nel 1701 per la guerra di successione spagnola).

 

E' al periodo della dominazione (XVI-XVII) che risale la prima approssimativa mappa delle officine in Val Dossana ed a cui si riferisce il notaio Guerinoni quando cita la Società dei forni della Valle che, dice, risulta in vigore dopo cinque secoli di attività.

 

Una presentazione delle strutture dei magli è inserita in un importante documento, scritto alla fine del XVI secolo da Zuanne de Lezze, capitano che presentò a Venezia, appunto, la relazione sulle caratteristiche del luogo. Egli così scrive a proposito degli abitanti del paese e delle loro attività:

"Questa gente è povera, lavorano nella ferarezza nel fare chiodi in diverse botteghe facendosi in questo luogo circa pesi 5000 de chiodi (circa 400 quintali di chiodi) ... Il fiume Serio passa a lungo come di sopra. Fiume più tosto Seriola detta la Nossa che nasce in quel monte per due tiri d'Archibusata, et sbocca nel Serio al ponte di preda che traversa la Seriola. Sopra la quale Seriola vi sono doi maglij da ferro, uno grosso et l'altro piccolo. Molini sette rode da grani di ragione delli Comuni di Parro, Premolo, et dell'istesso di Nossa".

 

Da tale documento risulta quindi in Ponte Nossa la presenza di un maglio grosso, uno piccolo, oltre a sette macine da mulino. Il lavoro dei magli, come qualsiasi altra attività economica, subì una battuta d'arresto con la diffusione della peste nel 1630. A Ponte Nossa furono prese notevoli precauzioni, furono, infatti, fissati posti di guardia al Ponte del Costone e in Valle Dossana; fu inoltre proibito il commercio e le "industrie" si fermarono. Tali precauzioni evitarono il diffondersi dell'epidemia, che provocò la morte di solo tre persone in Ponte Nossa, ma influì negativamente sulle attività artigianali e commerciali.

 

Presso l'archivio Parrocchiale di Ponte Nossa è presente un manocritto del Donadini, risalente al 1794 (ultimi anni della dominazione veneta) che attesta la continua e costante presenza in Val Dossana della attività dei magli.

 

Il Donadini, infatti, parla di "una fusina da purgarvi il ferro crudo, due soffiatori di ferro purgato con tre ruote e magli, dove si fabbrica filo di ferro di ogni qualità. Altro edificio con due ruote dove si fabbrica borione di ferro grosso e sottile".

Oltre a ciò, nel documento si elencano altre particolarità: si dice che il migliore minerale viene da Parre, mentre il ferro crudo dai forni di Bondione e Scalve.

 

Periodo napoleonico

Con il 1796 si concluse il dominio di Venezia sulla Bergamasca e si aprì il periodo della dominazione Napoleonica. Tuttavia, ben presto (1799), i francesi furono sconfitti dagli austro-russi e furono costretti a lasciare la città. L'Austria assunse, così, il potere nella Valle Bergamasca che diventò parte del regno Lombardo-Veneto.

 

Nel breve periodo napoleonico venne effettuato un censimento delle attività in Ponte Nossa e da esso risultano:

Una fusina da purgarvi il ferro crudo

Un edificio con due ruote per lavorare il ferro.

 

Il diciottesimo secolo

Per circa cinquanta anni di regime austriaco si attesta una generale indifferenza nei confronti della vita politica si ha, infatti, un esiguo numero di documenti per lo più non molto rilevanti. L'attività dei magli nell'Ottocento favorì, invece, lo sviluppo della zona, alimentando una fiorente attività economica volta alla produzione e al commercio di manufatti siderurgici.

E' chiaro che, comunque, tale attività continuò ad essere a livello artigianale e, spesso, a conduzione familiare, mentre si affiancavano attività industriali, quali quella del cotonificio (a partire dal 1870), dal 1888 Cotonificio Bergamasco e dell'attività mineraria. Nella Val del Riso (dalle prime ricerche a partire dal 1858-1860, alla ditta Richardson del 1880, alla società Vieille Montagne di Liegi nel 1889), tali attività, con l'avvio della ferrovia nel 1885, ebbero un ulteriore sviluppo. Ad esse va aggiunto lo stabilimento Sapez aperto nel 1952, per la produzione di zinco elettrolitico ed acido solforico.

 

Situazione attuale

Oggi nessuno dei magli svolge ancora la sua attivit?, anzi di alcuni sono rimaste poche tracce materiali. Ora analizzeremo le strutture di cui sono rimaste tracce.

Il maglio maggiore, oggi Romelli Gervasoni, ormai non più in attività, è lasciato in uno stato d'abbandono e si trova sulla confluenza del fiume Nossa con il Serio. L'edificio sfruttava un dislivello di quattro metri, pochi metri a valle della sorgente; vi si può accedere mediante una ripida discesa. La parete nord fa angolo col ponte della Nossa, mentre la parete nord-ovest è profondamente interrata. I muri laterali sono solidi, presentano ampie aperture e sono retti da grandi archi in pietra; è possibile accedere a tale struttura tramite una ripida discesa acciottolata. Sotto il primo arco, c'è una ruota minore su cui cadeva l'acqua per mezzo di una botola e la maggiore si trova più avanti. Il maglio maggiore ha funzionato sino agli anni '80, vedendo impegnata nel lavoro la famiglia Valoti. (cfr. intervista).

Il maglio minore o Maglio Beltrami, che dal 1985 svolge la funzione di museo, è stato attivo fino al 1964. Testimonianze orali attestano che al maglio minore ha lavorato sino al 1964 la famiglia Beltrami, in particolare il padre Cornelio (morto nel '64) e il figlio Mario che ha poi lasciato tale attività per trasferirsi altrove. Addirittura negli anni '40 la famiglia Beltrami non solo lavorava al maglio, ma anche vi abitava, in un vano al piano primo a cui si accedeva attraverso una scala interna.

 

Tale maglio usufruisce di un piccolo salto d'acqua che aziona due ruote: una muove il maglio e l'altra una pesante mola; al piano terra, in un angolo, si trova una grossa fucina e, al piano superiore, si trovava in passato una stanza adibita al deposito di carbone o materie prime, a cui si può accedere tramite una scala esterna.

 

Di fronte al maglio minore vi sono i resti di un altro maglio: il maglio grande, non più in attività. Oggi si possono vedere solo le pareti esterne poichè è crollato anche il tetto. Esso utilizzava un canale sovrastante a monte del maglio minore ed era dotato di due ruote che sfruttavano un elevato salto d'acqua. Da alcune fonti risulta che abbia funzionato poco nel nostro secolo.

 

A monte presso gli attuali impianti dell'acquedotto, si trovava un altro maglio, di cui tuttavia non resta nulla, se non grandi pietre con le caratteristiche dentature ed un arco. Non è possibile stabilire quali fossero le dimensioni reali dell'edificio poichè i lavori di costruzione dell'acquedotto hanno distrutto gran parte dell'edificio. Durante l'inverno i magli lavoravano anche di notte vista la carenza d'acqua, stabilendo turni lavorativi.

 

HOME