USO DEL FERRO

L'uso del ferro è stato ed è tuttora una caratteristica delle civiltà tecnicamente più evolute, nella storia dell'uomo si è passati dall'uso della pietra allo sfruttamento dei metalli: prima il rame, poi il bronzo, che in realtà è una lega, ed infine il ferro. L'uso di questi materiali per produrre oggetti e strumenti è così importante che ciascun materiale ha dato il nome ad un'età della storia dell'uomo; per questo possiamo affermare vista l'importanza che ha anche oggi il ferro che l'età del ferro non è ancora conclusa. Per capire a fondo l'importanza di questo materiale ripercorriamone brevemente la storia: le tecniche usate per produrlo e lavorarlo, gli usi che ha avuto nel tempo e gli strumenti che si usavano e si usano tutt?oggi per ottenere quello che ci circonda di oggetti metallici.

 

L'ETA' DELLA PIETRA

I primi materiali che l'uomo imparò ad usare furono sicuramente il legno e la pietra anche se di reperti archeologici in legno ce ne sono pervenuti veramente pochi. Dapprima l'uomo imparò ad usare questi oggetti così come li trovava in natura (come faceva l'australopitecus nell'età paleolitica); successivamente imparò a lavorarla con tecniche sempre più raffinate che erano possedute sicuramente dall'uomo di Neandertal e dall'Homo Sapiens Sapiens nel Neolitico. La pietra ed il legno erano facilmente reperibili in qualsiasi luogo e soprattutto non erano richieste tecniche particolari per poterli lavorare: per la pietra bastava colpirla con un'altra pietra per scalfirla mentre il legno si poteva tagliare, spezzare, incidere anche con strumenti molto semplici. Gli svantaggi di questi materiali erano però molti: il legno non era sufficientemente resistente e non era tagliente, la pietra al contrario consentiva si di produrre oggetti acuminati che però erano molto pesanti e fragili. Per questo appena si scoprirono nuovi materiali più resistenti, elastici e lavorabili questi furono quasi subito abbandonati.

 

L'ETA' DEL RAME E DEL BRONZO

Non è possibile stabilire il periodo storico esatto in cui furono scoperte le tecniche per estrarre il metallo dal minerale e neppure in quale luogo. Probabilmente questa scoperta fu fatta in più luoghi separati, in modo indipendente l'uno dall'altro ed in epoche differenti anche se ravvicinate (circa nel 6000 a.C.). Possiamo invece stabilire con quale ordine furono scoperti i metalli: il primo fu il rame: esso si trovava in natura allo stato puro in pepite che quindi erano lavorabili direttamente, inizialmente a freddo (senza cioè scaldare il metallo), in periodi successivi a caldo; la scoperta che il rame si poteva ottenere anche dal minerale fu successiva e richiedeva la costruzione di un forno che portasse il materiale a temperature superiori a 1000 gradi centigradi. Tuttavia, sebbene il minerale non fosse facilmente reperibile e il metallo fondeva a temperature elevate ma viste le sue caratteristiche, il rame fu subito largamente usato per fabbricare piccoli oggetti ed utensili come ami, punteruoli, spilloni e fibbie non ricavabili dalla pietra. I vantaggi del rame erano quindi la lavorabilità, la resistenza, la leggerezza; tuttavia era troppo malleabile: si piegava con facilità e certo non era perfetto per fabbricare oggetti che fossero sottoposti a grossi sforzi. Per questo fu rimpiazzato dal bronzo: una lega di rame e stagno che rendeva il metallo così ottenuto più duro ed adatto all'uso prevalente che allora si faceva dei metalli: fabbricare oggetti per l'uso comune ed armi (soprattutto punte di frecce ed anche asce e spade).

Altra grande evoluzione tecnica contemporanea a quella del bronzo fu la scoperta della fusione del rame cioè il "riempimento" di un recipiente di forma voluta detto stampo aperto con il metallo fuso che quindi ne assumeva la forma. Un metodo simile, detto a cera persa, fu applicato anche al bronzo per produrre statue : esso consisteva nella creazione di una sagoma in cera che veniva ricoperta con argilla e sotterrata, il bronzo fuso che vi veniva colato faceva sciogliere la cera e ne prendeva il posto, una volta raffreddato lentamente era dissotterrato e pulito dall'argilla ottenendo così il manufatto (questa tecnica scoperta nella Grecia classica è stata usata ed è usata anche oggi per produrre le campane).

 

L'ETA' DEL FERRO

La produzione nel mondo antico

Come per il rame la scoperta e l'evoluzione della siderurgia fu graduale e molto, molto lenta: la prima forma di sfruttamento del ferro furono i meteoriti: questi massi provenienti dal cielo infatti sono costituiti in prevalenza da ferro (circa il 92%), questo materiale oltre che rarissimo era anche molto duro e quindi difficile da lavorare per cui per molto tempo il metallo più largamente usato rimase il rame. Circa nel IV millennio a.C., probabilmente per caso, nei forni usati per fondere il rame e l'oro, si scoprì che facendo scaldare a temperature elevatissime alcuni tipi di rocce e terre si otteneva una sostanza molto dura e resistente che, per le sue caratteristiche, superava il rame: gli uomini avevano scoperto come si ricavava il ferro dal minerale. Tuttavia prima di diventare il metallo più usato in assoluto le tecniche di estrazione e lavorazione si dovettero affinare per ancora molto tempo: il metallo ottenuto in quei forni primitivi era molto ricco di scorie e poco resistente e doveva subire ancora molti passaggi di lavorazione: vediamo quali. Per ottenere il ferro nell'antichità si usavano due "ingredienti" fondamentali: il minerale e il carbone di legna; questi venivano messi a strati in un forno: una specie di piccola torre in cui dal basso, per mezzo di un piccolo foro veniva prima acceso il carbone e poi soffiata con appositi strumenti, detti mantici, dell'aria. Così facendo, per mezzo di complicate reazioni chimiche, la temperatura si alzava fino a 1000 gradi centigradi, dopo molte ore, quando il carbone si era consumato si otteneva un materiale poroso detto blumo che altro non era che ferro molto ricco di scorie e impurezze. Questo materiale doveva poi essere scaldato e martellato molte volte per poterlo purificare e compattare ottenendo così un materiale utilizzabile. I difetti di questo processo erano molti: nel forno non si raggiungeva la temperatura necessaria per fondere il ferro (1500 a. C circa) cosicchè la lavorazione era molto difficoltosa inoltre il metallo ottenuto era poco resistente se paragonato al bronzo e si ossidava (arrugginiva) molto più rapidamente. Questa era la situazione fino al 1000 a.C. E' di quell'epoca infatti la scoperta di alcune tecniche fondamentali per migliorare il ferro: l'acciaiatura, la tempra ed il rinvenimento; l'acciaiatura consiste nello scaldare il ferro già lavorato per lungo tempo con carbone di legna, questo procedimento permette di far "assorbire " al ferro del carbonio che lo rende molto più duro e resistente trasformandolo appunto in acciaio. La tempra consiste anch'essa nello scaldare il ferro fino ad una temperatura particolare in cui il metallo diventa ancora più duro anche se fragile e nel raffreddarlo rapidamente perchè mantenga questa caratteristica; il rinvenimento è invece il processo opposto alla tempra. Questi procedimenti consentirono di migliorare notevolmente la qualità dei manufatti in ferro. Inoltre essendo il minerale di ferro abbondante permise una produzione che superò largamente quella del bronzo.

 

La lavorazione nel periodo greco romano

Nel quarto secolo avanti cristo in Grecia si fece una scoperta tecnica molto importante che tuttavia non potè avere alcun seguito: in alcuni forni particolarmente efficienti si riuscì a raggiungere la temperatura di 1200 gradi centigradi: giunti a questa soglia il ferro si combina con un'elevata quantità di carbonio (circa il 4 %) e fonde, questo materiale detto ghisa tuttavia era molto fragile e non poteva essere lavorato successivamente per cui si poteva usare solo per produrre piccole statue od oggetti simili. I Romani non scoprirono nessuna nuova tecnica per estrarre o lavorare il ferro: si limitarono a migliorare e perfezionare quelle esistenti. La cosa più importante che operò questa civiltà fu la diffusione ed una migliore organizzazione in tutto il loro impero delle tecniche fino allora conosciute per lavorare ed estrarre il ferro. Con il tramontare di questo popolo tuttavia tramontò anche la metallurgia che si ridusse fortemente, pur non scomparendo mai, per risorgere dopo qualche secolo.

 

La rinascita della metallurgia

Si parla di rinascita della metallurgia dopo l'anno Mille, quando tutte le attività umane erano in fermento dopo la paura della fine del mondo. In tutta Europa sorsero nuove fucine e si scoprirono nuove miniere inoltre vennero perfezionati i forni che ora erano alti tre ma anche cinque metri (più il forno era alto maggiore era il tiraggio dell'aria e quindi migliore la resa del combustibile), vennero introdotte inoltre nuove scoperte: la ruota idraulica collegata con un albero a camme permetteva di muovere mantici giganteschi che soffiavano ancora più aria nel forno permettendo di raggiungere nuovamente le temperature per fondere la ghisa che ora, con un procedimento analogo a quello a stampo aperto, veniva colata direttamente in forme, inoltre la nitrurazione cioè l'aggiunta di azoto alla lega dell'acciaio permetteva di ottenere un metallo durissimo usato per produrre le lime, si cominciava a produrre acciaio così elastico da fabbricare le prime molle per gli orologi. Ma a cosa serviva la ghisa che fino ad allora era stata considerata inutile? La ghisa serviva ora per produrre cannoni ed armi da fuoco. La ghisa di allora non era ancora perfetta infatti era poco malleabile e quindi impossibile da lavorare nella fucina come si faceva con il ferro inoltre non era sufficientemente resistente ed era un evento frequente che i cannoni esplodessero per questo si cercò di migliorare il prodotto dei forni e si arrivò così a produrre due tipi di ghisa: quella bianca e quella grigia, la prima si otteneva raffreddando il materiale fuso rapidamente ed è dura e fragile, la seconda si otteneva facendo raffreddare la lega fusa lentamente ed è più elastica e lavorabile. L'energia generata dalla ruota idraulica o dai mulini a vento non fu applicata però solo per muovere i mantici dei forni: la corrente d'aria generata dai mantici serviva anche per ventilare le miniere che quindi diventavano più salubri inoltre le ruote idrauliche muovevano pompe per aspirare l'acqua che spesso rendeva impraticabile le gallerie, nelle fucine, sfruttando sempre un albero a camme, si muovevano i primi magli e le mole. Tutto ciò significava gallerie più profonde e quindi più minerale, lavoro più veloce, razionalizzato e meno faticoso con il risparmio di uomini: ci si stava lentamente incamminando verso la rivoluzione industriale?

 

Verso la rivoluzione industriale

La strada da percorrere era però ancora molta: il ferro alla fine del Seicento si produceva ancora partendo dal blumo che doveva essere martellato per purificarsi. Una prima innovazione fu il ciclo continuo cioè il forno per produrre la ghisa non veniva caricato acceso e poi, consumato il combustibile, spento e distrutto per estrarre il metallo ma veniva caricato continuamente e mantenuto acceso per molti mesi risparmiando l'energia necessaria per scaldarlo continuamente ed aumentando notevolmente la produttività mentre le scorie ed il metallo uscivano da due fori aperti alla base della torre che ora era alta otto o dieci metri.

Ma un nuovo problema si presentava ai produttori di ferro: il carbone di legna, indispensabile in qualsiasi processo siderurgico di allora stava diventando sempre più raro e costoso. Il carbon fossile d'altro canto non poteva essere usato per la sua scarsa resistenza alla compressione che lo trasformava in una "pastella" che tappava gli altiforni impedendo la circolazione dell'aria inoltre il suo alto contenuto in zolfo peggiorava di molto la qualità della ghisa prodotta. La soluzione la trovò un produttore di birra che provò a "cuocere" il carbone fossile con un procedimento simile a quello per produrre il carbone di legna ed il risultato fu ottimo: il carbone così ottenuto sostituì nell'arco di sessant'anni il carbone di legna. Nel frattempo ci si dedicava alla metallurgia con un nuovo occhio: i primi scienziati si occupavano del ferro e cercavano di dare delle spiegazioni razionali a tutto quello che succedeva nel forno e dopo: si spiegò finalmente quale era la differenza chimica tra ghisa ed acciaio.

 

Il ferro puddellato

Il problema fondamentale rimaneva quello di trasformare la ghisa che, come sappiamo, ha proprietà scadenti in acciaio ben migliore dal punto di vista meccanico e fisico. Questo passaggio fondamentale fu ottenuto per la prima volta con il cosiddetto puddellaggio: esso consisteva nel rimescolare (to puddle in inglese) la ghisa fusa in un forno a riverbero in cui cioè la sorgente di calore ed il metallo fuso non fossero a diretto contatto e nel far passare per questo "crogiolo" una forte corrente di aria calda: l'ossigeno in questa contenuto reagiva con in carbonio della ghisa ed usciva sotto forma di gas decarburando quindi la lega che diventava ferro pastoso e, di conseguenza, lavorabile. L'ideatore di questo processo fu anche l'inventore del laminatoio che permetteva di ottenere lamiere e barre con una macchina simile a quella che usano le massaie per stendere la pasta e fare spaghetti e tagliatelle e che permise di accelerare notevolmente la lavorazione di questo materiale. Con l'introduzione di queste due nuove tecniche si passò nella nuova età del ferro che dura anche ai nostri goirni, cioè nel periodo in cui questo materiale è disponibile in quantità tali da poter essere utilizzato in tutte le applicazioni possibili.

 

L'acciaio

Il ferro puddellato però, come dice la parola stessa, era ferro e non acciaio vero e proprio inoltre era ancora ricco di impurezze che ne impedivano l'applicazione in utensileria, coltellerie e soprattutto nella produzione dei cannoni che erano fusi ancora in ghisa. Sembra proprio che per risolvere questo problema Bessmer inventò un dispositivo per produrre acciaio fuso: per decarburare la ghisa ide? una specie di grande calderone in cui veniva versata la lega fusa e dal fondo forato era soffiata aria calda che ne faceva ribollire il contenuto. L'aria reagiva con il carbonio e con altri elementi che rendevano impuro il metallo, ciò provocava tra l'altro anche un innalzamento della temperatura fino a 1600 gradi centigradi permettendo all'acciaio di rimanere liquido. Terminato questo processo l'acciaio veniva versato in stampi come si faceva per la ghisa o in lingottiere, stampi a forma di parallelepipedo da cui si ottenevano i lingotti che poi erano mandati al laminatoio.

Tutt'oggi, anche se con alcuni miglioramenti (il fondamentale è l'uso dell'ossigeno puro al posto dell'aria), il processo Bessmer è quello ancora maggiormente usato per convertire la ghisa in acciaio

Altro processo importante è quello cosiddetto a cuore aperto che consente di recuperare il rottame e di rifonderlo. In ultimo, sempre per il recupero del rottame è stato inventato anche un forno elettrico che usa come fonte di calore per la fusione fortissime scariche elettriche. Anche nella lavorazione si sono avuti miglioramenti: prima l'acciaio veniva fatto raffreddare nelle lingottiere per poi essere di nuovo riscaldato e lavorato, oggi si è invece passati alla cosiddetta colata continua in cui l'acciaio viene fatto raffreddare quanto basta per renderlo pastoso e viene laminato direttamente con un risparmio notevole di energia.

In ultimo la produzione dell'acciaio si è specializzata: si sono create una lunga serie di "ricette" che servono per produrre tipi diversi di acciaio secondo le esigenze, pensiamo a quello inossidabile usato per produrre le pentole, a quello per produrre i tondini di ferro per fare il calcestruzzo armato, a quello durissimo per produrre le lime, a quello molto elastico per produrre gli ammortizzatori di tutti i mezzi di trasporto e così via.