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INTERVISTA AL SIG. VALOTI LUIGI (Gino)

 

Data 24-11-2001 Intervistatori Beccarelli Paolo,Balduzzi Giuseppe

 

PRESENTAZIONE DELL’INTERVISTATO

Nome

Luigi

Cognome

Valoti

Età

78 anni

Residente a

Ponte Nossa

Professione

pensionato

L’ATTIVITA’ LAVORATIVA AL MAGLIO DI PONTE NOSSA

A che età ha cominciato a lavorare nel maglio?

Ho cominciato a lavorare nel maglio  dopo la quinta elementare: io ero stato promosso e alla fine della scuola mio fratello mi ha detto: "vieni giù cinque minuti" ma quei cinque minuti sono stati fino a sessanta anni.

Da chi ha appreso le tecniche di lavorazione del ferro?

Da mio padre: nel maglio lavorava tutta la famiglia: mio padre, i miei due fratelli ed io; poi, quando il maglio era molto attivo, c’erano anche uno o due apprendisti. La mia famiglia è una famiglia di fabbri per tradizione: mio padre era di Ambria e già faceva questo tipo di attività, poi a Nossa c’era un mio zio e mio padre si è trasferito per lavorare con lui, io ero un giovanotto e mi sono sposato a Nossa.

La produzione era costante durante tutto l’anno?

Il lavoro variava, a seconda della stagione si producevano attrezzi diversi: in primavera erano richiesti prevalentemente vanghe, badili quando, invece, veniva l’autunno, erano più richieste" i mase" (tagliafieno).

Il maglio ha mai interrotto la sua attività (per esempio durante le guerre mondiali)?

Il maglio ha sempre lavorato: nell’archivio parrocchiale c’è un documento che testimonia che, fin dal 1700, portavano i prodotti del maglio nello stato di Milano. Anche durante la seconda guerra mondiale, quando io ero nel campo di concentramento, mio padre e mio zio continuavano a lavorare.

Fino a che età ha lavorato nella fucina?

Ho lavorato fino all’ottantadue, quando avevo sessant’anni

INCIDENZA DEL MAGLIO SUL TESSUTO SOCIALE

Quante persone erano occupate nelle fucine di Nossa durante gli anni di massima attività?

Nella fucina, dove lavoravamo noi, eravamo tre fratelli e mio padre, poi c’era un apprendista ed eravamo in cinque; negli altri magli invece c’erano Canocia, Beltrami e suo fratello poi c’era anche il padre che poi è morto, comunque erano in quattro; il maglio minore invece lo faceva funzionare lo zio Antonio, ma non ricordo di preciso quante persone ci lavoravano. Per fare funzionare la fucina e seguire tutto il ciclo di lavoro minimo, bisognava essere in quattro: uno al maglio, due alla forgia e uno o alla mola o a fare altre cose minimo bisognava essere in quattro. Quindi, se i magli che funzionavano erano tre, i lavoratori erano dodici o tredici.

Esistono persone, famiglie i cui soprannomi (scütöm) sono legati alla loro attività nei magli?

Mi chiamavano Gino dol Mai, ol Maer, è l’unico soprannome che conosco.

INCIDENZA DEL MAGLIO SUL TESSUTO ECONOMICO

Gli oggetti prodotti venivano commerciati al minuto direttamente da voi o cedevate le merci ai commercianti che le distribuivano sul territorio?

Qualche oggetto si vendeva direttamente, altri invece andavano in mano ai commercianti ed ai grossisti. Magari ordinavano cento zappe o un numero di badili. Durante la guerra invece venivano i contadini, allora mio padre diceva loro: "Io ti do la vanga o la zappa e tu mi dai la formaggella"; si scambiavano i prodotti.

Quale è stato il lavoro più complesso che avete svolto?

Gli attrezzi più pesanti che producevamo erano le leve, quando poi facevamo oggetti di ferro battuto, usavamo barre molto lunghe e, per maneggiarle, serviva molta resistenza. Alla Casa dell’Orfano, dove c’è la cappella di Don Antonietti, c’è una piastra di ferro tutta battuta a forma di arco. L’abbiamo fatta io e mio figlio; era lunga quattro o cinque metri ed era molto spessa quindi, a batterla tutta sotto il maglio, ci voleva molta forza.

La fornitura più grossa che ricordo di avere fatto era costituita da cinquecento tagliafieno per la ditta "Valsecchi" di Calozio Corte: per farle usavamo le balestre del treno che erano fatte di un acciaio migliore.

Esistevano occasioni privilegiate (fiere, sagre, "saloni" per specialisti, ….) in cui si effettuava la vendita dei vostri manufatti?

L’unica manifestazione a cui abbiamo partecipato è stata a Clusone prima della guerra. Mio figlio ha a casa l’attestato di medaglia d’oro ai lavori affini di badili e zappe; sul documento c’era ancora lo stemma del fascio del SPQR.

Dove reperivate le materie prime (carbone, carbonella, acciaio, eventualmente i manici per zappe, badili, ecc.)?

C’erano dei fornitori però, per la maggior parte dei lavori, si andavano a comprare le rotaie in Val Camonica dove c’erano i depositi degli scarti delle ferrovie: molti allora recuperavano le rotaie. Magari lo stato scartava una partita, mille quintali di rotaie, allora noi andavamo al deposito e compravamo quello che ci serviva: compravamo al dettaglio i vari tipi di trafilati. A quel tempo in Val Camonica c’era molto commercio di rotaie, perché c’erano molti magli, a Bienno per esempio. Usavamo materiali di recupero della ferrovia di stato, perché la nostra ferrovia che arrivava a Nossa, aveva i binari che pesavano trentasei chili al metro, mentre i binari di quella statale pesavano quarantasette chili. Le rotaie poi venivano tagliate a seconda degli oggetti che dovevamo produrre. Il carbone invece veniva portato da Lodi o dal milanese dove arrivavano i vagoni. Nel maglio usavamo solo carbon vergine che veniva portato dalla Germania. Il trasporto lo effettuavamo tramite corriere o, quando c’era la ferrovia, arrivavano i vagoni alla stazione di Nossa ed andavamo a ritirarlo con i carretti perché non esistevano i camion e lo portavamo nel maglio: nel muro che dà sulla strada che passa dietro il maglio c’era un buco, uno scarico dove rovesciavamo il carbone che finiva in una stanza dove restava immagazzinato.

Come erano i prezzi delle materie prime?

I prezzi erano abbastanza ragionevoli perché, se il rottame lo pagavamo un franco al chilo, perché allora si parlava di franchi e non di lire, il ferro di fonderia costava cinque o sei franchi.

In quale misura le fucine incidevano sull’economia del paese e della zona?

L’attività nel maglio non era molto rilevante perchè, per quanto ricordo io, a Nossa c’era lo stabilimento. La De Angeli è venuta successivamente[ 1909 ] ma aveva i telai, produceva stoffe e già assorbiva molta manodopera, infatti quando c’era stato il disastro del Gleno[ 1890] era passato anche re Umberto: in comune c’è ancora la fotografia di quando aveva visitato la stamperia e il cotonificio. L’attività del fabbro era un lavoro come tutti gli altri: un poco più nobile dei contadini, ma comunque non particolarmente prestigiosa.

PRODUZIONE DELLE FUCINE DI NOSSA

Abbiamo visto alcuni oggetti prodotti nei magli di Nossa, la produzione si limitava solo ad attrezzi agricoli e simili? Cosa altro si produceva nelle fucine?

Non si produceva ferro battuto: mio fratello, il più anziano, era un artista, pittore e scultore, anche con il ferro aveva fatto la testa di un cane: si dilettava a fare lavori artistici: aveva fatto una lampada ma di fattura pregevole, è stata cinque o sei anni nel magazzino, è venuto il geometra per riparare una casa lì vicino ed ha chiesto se non ci interessava, ricordo che mio fratello mi diceva: "Stai zitto tu, che forse riusciamo a venderla", era bella: aveva la forma di un drago. Il ferro battuto non era richiesto allora, anche se era fatto bene.

Producevamo molle per la brace, le tenaglie che usavamo noi nel maglio, coltelli, roncole, scuri, i vari formati di zappe; c’erano varie lavorazioni anche perché ogni zona aveva i suoi tipi di zappe, i suoi tipi di attrezzi: per esempio i badili, esistono vari tipi di badili: quello quadro, quello a punta, quello tondo, quello più tondo, quello piatto; nelle zappe poi ci saranno almeno venti tipologie diverse: le zappe treviglio erano grandi, la zappa bergamasca era più stretta, tutto variava a seconda della zona a cui erano destinate.

Esisteva nelle varie fucine una specializzazione nella produzione di particolari manufatti?

No, più o meno tutti facevano tutto:anche perché allora il lavoro era piuttosto limitato, c’era poca richiesta, quindi tutto quello che capitava si produceva.

Quali erano i prodotti maggiormente richiesti e prodotti?

Tutti gli utensili e gli attrezzi in ferro.

IL LAVORO NELLA FUCINA

Il maglio era di vostra proprietà? Se no, quale contratto vi legava al proprietario? Il canone incideva notevolmente sul bilancio dell’impresa artigianale?

All’inizio l’affitto era onesto, poi i proprietari hanno cominciato ad approfittarsene ed era esagerato perché prima il maglio era di una mia zia zitella, mi ricordo che allora mio fratello mi dava l’assegno per andare a pagare l’affitto; mia zia, quando l’ha visto, ha detto: "No, no, io non voglio queste cose": ero dovuto andare in banca per farmi dare tante banconote da 1000 lire e poi metteva i soldi nel vestito: bisognava tenerli nascosti. Poi, quando è morta la zia, i proprietari sono diventati i Romelli Gervasoni e, da quel momento, il canone ha cominciato a diventare sempre più caro.

Esistevano figure specializzate all’interno dell’officina? Quali erano?

Il lavoro veniva assegnato in base all’età: il papà era il più in gamba e man mano si scendeva; quando è morto il papà, il più bravo era mio fratello maggiore: l’esperienza faceva grado. Il più bravo era sotto il maglio a forgiare, uno stava alla forgia, un apprendista portava i ferri caldi avanti e indietro dalla forgia, perché la forgia non era vicina al maglio, quindi faceva il passaggio: portava il ferro caldo al maglio e riportava indietro quello forgiato per farlo scaldare di nuovo, poi c’era una persona che rifilava e molava e alla fine c’era un altro apprendista che metteva il colore sulla punta degli attrezzi per renderli più belli e li impacchettava e faceva i colli.

Ci descriva la vita quotidiana di un artigiano che lavorava nella fucina

Le ore non erano mai contate. Alla mattina, prima delle sette, veniva mio padre a svegliarci: "Ragazzi in piedi", poi, a mezzogiorno, si mangiava e fino all’una non si faceva niente, perché a mio padre piaceva fare un pisolino, poi la sera si lavorava fino alle sei o alle sette, a seconda delle esigenze, per finire il lavoro che si stava facendo: se c’erano dei ferri caldi bisognava finire lo stesso.

Abbiamo sentito che , sebbene l’acqua fosse tanta visto che i magli ed i mulini erano tanti in certi periodi dell’anno le varie fabbriche lavoravano a turno. E’ vero?

Sì, l’acqua della sorgente della Nossa faceva funzionare tre magli, due mulini, e una segheria; era successo che, quando l’acqua era scarsa, il mulino lavorava specialmente di notte, perché comunque non disturbava, mentre i magli lavoravano prevalentemente di giorno; ci si accordava in questo modo nonostante allora non si lamentava nessuno per il rumore perché erano abituati; c’era una persona che abitava vicino al nostro maglio che, quando avevamo smesso di usare il maglio, mi aveva detto che, non sentendo più il rumore del maglio, non riusciva a dormire la notte: era talmente abituata a sentire il maglio battere che, quando abbiamo smesso, le sembrava che mancasse qualcosa.

Quali erano i maggiori disagi nel lavoro nel maglio?

Forse ci siamo mantenuti in salute perché abbiamo lavorato al maglio; erano lavori comunque molto faticosi, anche se quando si era giovani, soprattutto allora, non si faceva caso alle fatiche o ai disagi.

I lavoranti nel maglio erano esposti al rischio di infortuni gravi? Quali?

I rischi erano molti, infatti a mio padre era rimasta la mano sotto il maglio e aveva preso il tetano e aveva rischiato la vita, io mi ero ustionato tutta una gamba, mi avevano portato da Camporesi, all’ospedale di Gazzaniga. ( il signor Valoti ha anche raccontato di quando si era rotta la mola mentre stava lavorando e aveva rischiato di essere colpito da una lama, inoltre ha riportato l’accaduto di un operaio dei magli di Bienno che era stato trascinato dall’ingranaggio del maglio ed era morto).

Esistevano, che lei sappia, malattie professionali che colpivano i lavoranti del maglio?

Il lavoro nel maglio tutto sommato era salubre, quantomeno non si veniva a contatto con acidi o sostanze tossiche.( da altre testimonianze, tratte dalla bibliografia, abbiamo appreso che frequenti malattie professionali nel maglio erano la sordità e dolori alla schiena)

Il meccanismo del maglio richiedeva molta manutenzione? Chi la effettuava? Con quale periodicità?

Il maglio elettrico non richiedeva molta manutenzione, bastava non far mancare l’olio, mentre quello ad acqua doveva essere revisionato ogni settimana: bisognava sostituire una pala o si allentava un legno, bisognava sostituire le bocchette del martello e dell’incudine logorate; la manutenzione del maglio la facevamo noi da soli.

Quanti macchinari avevate nella fucina di Nossa?

Ancora prima di venire via da Nossa avevamo un piccolo maglio elettrico; avevamo anche un altro magliettino che riceveva movimento dall’albero della ruota per mezzo di una cinghia e lo usavamo per fare le canne dei badili. C’era il maglio pesante poi lo zio aveva fatto un altro maglio vicino a quello pesante ma le vibrazioni stavano facendo crollare il muro e lo abbiamo eliminato subito. Comunque siamo arrivati ad avere quattro magli.

Quali erano le dimensioni del vostro maglio?

Il nostro maglio era più grande di quello museo, infatti il nostro aveva una cascata di nove metri e mezzo e quindi riusciva a produrre una potenza maggiore.

Quanti oggetti riuscivate a produrre in un giorno?

Magari in un giorno si cominciavano a produrre cento manufatti e li finivamo nei giorni successivi, comunque producevamo una media di 20/25 pezzi al giorno. Il lavoro era organizzato a catena per cambiare il meno possibile le bocchette al maglio. Il badile pesava un chilo e due etti, la vanga un chilo abbondante, quindi lavoravamo un totale di circa 25/30 chili di ferro al giorno.

 

 

 

INTERVISTA AL SIG. VALOTI ERNESTO

 

Data 24-11-2001 Intervistatori Beccarelli Paolo, Balduzzi Giuseppe

 

PRESENTAZIONE DELL’INTERVISTATO

Nome

Ernesto

Cognome

Valoti

Età

40 anni

Residente a

Ponte Nossa

Professione

fabbro artigiano

L’ATTIVITA’ LAVORATIVA AL MAGLIO DI PONTE NOSSA

A che età ha cominciato a lavorare nel maglio?

Ho cominciato ad aiutare mio padre nel tempo libero all’età di otto anni

Da chi ha appreso le tecniche di lavorazione del ferro?

Da mio padre

Fino a che età ha lavorato nella fucina?

Ho lavorato nella fucina di Nossa fino a ventisette anni, anche se ho sempre continuato a fare il fabbro fino ad oggi.

IL LAVORO NELLA FUCINA DI IERI E DI OGGI

Quali erano i maggiori disagi nel lavoro nel maglio?

Il freddo… il freddo e l’umidità;

Per quale motivo ha scelto di lasciare il maglio di Nossa?

Disguidi con il padrone: i signori avvocati Romelli Gervasoni

Quali erano i limiti del maglio idraulico? Quali i vantaggi di quello elettrico?

La comodità dell’uso del maglio elettrico: è più pratico e più maneggevole poi richiede meno manutenzione mentre in quello ad acqua spesso si rompeva o una pala della ruota o si allentava un anello dell’albero e bisognava fare delle riparazioni.

La professione del maer potrebbe ancora esistere? Sarebbe un’attività redditizia? Perché?

In questo momento sì: sta tornando ancora "di moda" il ferro battuto lavorato con le tecniche tradizionali e il lavoro non manca.

I nuovi macchinari hanno modificato le tecniche di produzione? In che misura?

Nella velocità e nella fatica: oggi si usano prodotti stampati, pressati, tranciati. Io seguo ancora la forgiatura tradizionale: prendo i tondini di ferro dritti e li lavoro come mi servono, mentre gli altri fabbri che non hanno il maglio e la forgia comprano dei semilavorati già stampati perché per il prodotto forgiato si segue una procedura mentre per quello stampato se ne segue un altra, per chi apprezza il lavoro i prodotti sono molto diversi: l’oggetto ottenuto con la forgiatura è più pregiato.

La sicurezza sul lavoro è migliorata usando i nuovi macchinari?

Sì, moltissimo.

La produzione è cambiata rispetto al passato?

Sì: la richiesta del mercato è cambiata: una volta si producevano atrezzi agricoli e di lavoro mentre adesso sono tutti oggetti di bellezza e di arredamento, di artistica: barriere, cancellate lavori interni, tavoli, sedie.

Le materie prime utilizzate nella produzione sono cambiate? Quali sono migliori?

In sostanza sono ancora quelle però, cambiando la produzione, cambiano anche i materiali utilizzati: per gli attrezzi agricoli bisognava usare materiali acciaiosi, quindi usavamo i rottami di rotaia, mentre oggi, per produrre oggetti di arredamento, barriere, cancellate, si usa il ferro tradizionale, non serve usare l’acciaio. Cambiando gli oggetti da produrre, cambia di conseguenza anche la materia prima da usare e il tipo di forgiatura. Oggi, comunque, avendo necessità di usare dell’acciaio, non userei più i cordoni di rotaia, ma ordinerei dei trafilati di acciaio con le caratteristiche specifiche richieste.

INCIDENZA DEL MAGLIO SUL TESSUTO ECONOMICO

Reputa che i magli Ponte Nossa siano un patrimonio da tutelare?

Da molti anni sto dicendo che i magli sarebbero da recuperare, non solo il maglio museo, ma anche gli altri, e non solo perché ci ho lavorato anche io, ma perché hanno una tradizione e una storia: il maer è un lavoro che sta scomparendo o perlomeno sta diventando raro e sarebbe una bella cosa riprendere e valorizzare i magli. Sicuramente esistono anche problemi di ordine burocratico per fare ciò.