IL CENTROSINISTRA E LA BENZINA
I CARATTERI CLASSISTI DELLA MANOVRA GOVERNATIVA SU BENZINA E BENZINAI


Ottobre 1999

 

L'operazione compiuta dal governo sulla benzina é molto tipica di questo nostro centro-sinistra. Dal punto di vista capitalista la manovra é efficiente ed impeccabile: ha ottenuto per la rapidità e la precisione dell'intervento i complimenti unanimi dei media più significativi della borghesia. Ma dato che noi non stiamo da quella parte della barricata, non facciamo alcun complimento e cerchiamo di capire invece la logica profonda di quel che é accaduto.

I fatti. Dato che il 2% di inflazione é al di sopra della media europea e non ci sono più mezzi "nazionali" per tenerla sotto controllo (ad esempio riducendo il tasso di sconto), il governo ha agito sulla voce che più produceva inflazione: la benzina. Ha ridotto le tasse (producendo dunque una diminuzione del prezzo di 30 lire al litro), ed ha accelerato la riforma della distribuzione liberalizzandone la rete. Applausi di Fossa, dichiarazioni infiammate dei benzinai. Fine della scenetta, passiamo alle nostre considerazioni.

Primo. Il decreto agisce su qualche decimale dell'inflazione e NON sul consumo della benzina. Il governo cioé non trova urgente muoversi sui tassi di inquinamento inaccettabili delle città imponendo ad esempio anche ai comuni recalcitranti piani di pedonalizzazione, ecc. MA promuove un'operazione destinata ad aumentare il consumo della benzina. La dice lunga sulle priorità di questo governo. Una battaglia dei verdi tedeschi é stata per anni quella a favore di una maggiore tassazione della benzina. I nostri verdi invece s'occupano d'altro.

Secondo. Il prezzo della benzina é determinato da tre fattori: il primo é il prezzo "all'ingrosso" che le multinazionali (ENI-Agip, Shell, Q8, ecc.) impongono ai benzinai (chiamati gestori), il secondo é il prezzo fatto dai gestori, il terzo é costituito dalle tasse dello stato. Questo governo ha agito su due fattori su tre. Ha cioé lasciato in pace le multinazionali (le quali da questa manovra, grazie all'aumento dei consumi, ci guadagneranno). Si ricorderà l'incontro avuto questa estate tra governo e petrolieri: il primo chiedeva una diminuzione del prezzo della benzina a fronte di una diminuzione del prezzo del petrolio. Ha ottenuto dai secondi qualche liretta in meno, subito rimangiata un mese dopo. In realtà i petrolieri (raggruppati nell'Unione Petrolifera Italiana) hanno fatto da tempo cartello. Concordano cioé il prezzo, evitando di farsi concorrenza, e assicurandosi così superprofitti da monopolio. Un atteggiamento da manuale, da ricordare a coloro che ogni giorno ci danno lezioni sulla bontà della liberalizzazione: se privatizziamo, ci insegnano con fare paterno, aumenta la concorrenza e se aumenta la concorrenza diminuiscono i prezzi. È una bugia: il movimento "spontaneo" del mercato é invece verso il cartello e il monopolio. Solo in settori di mercato giovani ed in forte espansione c'é un meccanismo di concorrenza e diminuzione dei prezzi. Guardiamo ai telefonini: dopo che il mercato s'é saturato TIM e Omnitel fanno già cartello sui prezzi. Nonostante che il prezzo del greggio sia in costante discesa dagli anni ottanta, quello della benzina é in costante aumento. I petrolieri si sono così potuti assicurare superprofitti, del tutto indisturbati. Il governo avrebbe tutti gli strumenti per far scendere il prezzo della benzina facendo pagare i più ricchi, cioé i petrolieri: facendo realmente funzionare l'antitrust oppure imponendo prezzi amministrati (come é avvenuto per anni con il pane ed altri beni) oppure decretando una tassa straordinaria sui profitti da petrolio. Oppure avrebbe potuto agire sull'inflazione facendo diminuire la bolletta elettrica, o imponendo sconti sui biglietti ferroviari. Tutti prezzi che fanno parte del "paniere" con cui si calcola l'inflazione. Ma ha scelto di non colpire i potenti.

Terzo. La manovra colpisce invece i benzinai. Non vogliamo qui fare la parte dei difensori di questa categoria. Riserviamo le nostre lacrime per altre fasce sociali. Certo, però, colpisce una sinistra che non esita in nessun settore a compiere il lavoro sporco che spetterebbe alla borghesia. Quello dei benzinai (26.000) é uno spicchio della vasta piccola borghesia italiana. Per piccola borghesia intendiamo quei lavoratori (chiamati "autonomi") che non dipendono direttamente da un capitalista, ma gestiscono in proprio dei mezzi di produzione o di distribuzione (un negozio, un'edicola, una pompa di benzina) e sono costretti a lavorarvi, magari coadiuvati da qualche dipendente o collaboratore famigliare. In Italia la piccola borghesia é in un numero drammaticamente superiore ai paesi capitalisti più avanzati. Ciò é dovuto tra l'altro al fatto che questa costituiva parte del blocco sociale della Democrazia Cristiana, e dunque il suo mantenimento é stato il prezzo pagato dalla borghesia per arginare il movimento operaio ed i suoi partiti. Ciò però continua tuttora a provocare danni al capitalismo italiano, ad esempio nel settore della grande distribuzione. A causa dell'enorme quantità di negozi e degli ostacoli posti al sorgere dei supermercati, oggi l'Italia é il fanalino di coda in Europa nel settore grande distribuzione. Non si sono potute sviluppare in tempo delle multinazionali italiane, e quelle che ci sono oggi non sono in grado, date le loro dimensioni, di competere sul mercato europeo. È di ieri la notizia della resa di Benetton e Del Vecchio che hanno ceduto la catena GS alla francese Carrefour. Non avere in mano la grande distribuzione significherà per i capitalisti italiani guai a catena ad esempio per il settore alimentare: un ipermercato francese é chiaro che preferirà, per i rapporti già consolidati, proporre prodotti di ditte francesi.

Non é diversa la situazione per le pompe di benzina: all'estero sono automatizzate (post pay: si fa tutto da soli e poi si paga quando si esce) oppure sono integrate alla grande distribuzione. Il decreto del governo va appunto in questo senso: accelerare la sparizione delle vecchie pompe (tagliando 7000 punti vendita), liberalizzare le licenze in modo che si facciano avanti i grandi ipermercati ad aprire le proprie pompe (già ci sono stati incontri tra UPI e multinazionali della distribuzione).

La borghesia esulta. Si veda la pagina del Corriere della Sera di oggi (30/10/99): titolo a tutta pagina "Benzina, il governo riduce le tasse", poi, sotto, l'articolo "Novità per i consumatori, anche i supermarket diventano distributori", poi un'intervista al presidente dell'UPI, De Vita, dove a un certo punto il giornalista si spazientisce: "Le associazioni dei gestori sono inferocite e minacciano uno sciopero a oltranza, per il governo non si prospettano tempi buoni, con i benzinai infuriati e voi lo sostenete così tiepidamente"! Il centrosinistra ha già colpito altri due settori di piccola borghesia con la riforma del commercio (vedi il nostro artcolo Borghesi piccoli piccoli) e con quella delle edicole (permettendo la distribuzione dei quotidiani nei supermercati), facendo un lavoro di modernizzazione che il centro destra non avrebbe mai compiuto perché non ha lo stesso spirito suicida della sinistra. Questo lavoro sporco si va ad aggiungere a quello già portato a termine nei confronti dello stato sociale, e dunque delle classi popolari, in occasione dell'entrata in Maastricht. E pensare che, quando il centrosinistra perderà le elezioni, ci sarà chi si domanderà come mai é potuto accadere. D'Alema mormorerà guardandosi allo specchio: ma se avevamo governato così bene!



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