Il prosciugamento del Fucino
Un cenno a parte merita l'attività della pesca: secondo quanto riportato dal
Corsignani, ai suoi tempi (1700) nel Lago Fucino si
pescavano: lasche, barbi, tinche, telline e rare trote. La produzione annua di
pesce nel Lago Fucino ammontava a circa 300.000 Kg annui.
Il livello delle acque del lago era sempre variabilissimo e le sue continue
escrescenze sui terreni e paesi limitrofi provocavano danni ingenti, tanto che
già gli antichi regnanti romani si impegnarono nel tentativo del prosciugamento
del Lago Fucino (Augusto e Claudio).
Dagli schiavi romani fu realizzato un lungo tunnel e, in seguito, furono scavati
30 pozzi per fornire aria ai lavoratori (Cunicoli Di Claudio, o di Nerone).
Svetonio racconta:
"Compiuto l'emissario, dopo 11 anni di
incessanti lavori con l'opera di circa 20.000 schiavi e circa 10.000 tra
carpentieri, muratori, specialisti, ecc.. l'imperatore volle celebrare
l'avvenimento con solennità che superasse ogni altro splendore."
La galleria era lunga 5640,54 metri; parte dello scavo interessò roccia calcarea
con zone anche durissime, roccia spezzata, concrezioni calcaree e, infine,
argilla pura e sabbia.
L'apertura dell'emissario di Claudio, secondo Tacito, ebbe luogo verso la metà
del 52 d.C., ma le acque smisero di defluire verso
la fine del 55 d.C. per difetto di manutenzione e per la sospensione dei lavori
di scavo del canale che riceveva le acque dell'emissario. Sebbene l'emissario
Claudiano fosse stato oggetto di una corretta amministrazione, succeduto a
Claudio il figlio Nerone, questi non manifestò più alcun interesse per la sua
manutenzione, tanto che si ostruì.
Adriano fece abbassare ancora il tunnel e promosse anche la costruzione di un
canale verso il centro del lago; grazie a queste attività si riuscì ad ottenere
un deflusso continuo che durò più secoli e diede prosperità ai Marsicani.
Con la caduta dell'Impero e le invasioni barbariche degli Unni, dei Goti e degli
Ostrogoti, venuta meno ogni manutenzione, l'emissario divenne rapidamente
inefficiente ed a nulla valsero i successivi tentativi di restauro condotti
dall'Imperatore Federico II di Svevia.
Altri tentativi di restauro furono condotti più tardi, verso il principio del
XVII secolo, ed anche il principe Colonna, che possedeva gran parte della
regione marsicana, tentò l'impresa con l'aiuto di vari comuni. I lavori
iniziarono ma non furono mai portati a termine per la mancanza di fondi.
Solo con il principe
Alessandro Torlonia comincia il definitivo prosciugamento. Egli affida la
direzione dei lavori ad un ingegnere rinomato, De Montricher. In sua attesa,
venne chiamato anche Bermont, colui che poi condusse effettivamente i lavori di
prosciugamento, e nel 1862, vennero terminate le opere sull'Emissario e ne fu
decisa l'attivazione per il 9 di Agosto. Il Vescovo della Diocesi dei Marsi
benedisse i presenti, il Principe, gli ingegneri e aprì le barriere che
impedivano all'acqua di scivolare per la galleria.
I presenti dissero: "Se ne va davvero questa volta il Fucino!"
Il 30 aprile 1868 le acque erano ormai alte solo 5 metri, ma in questo periodo
si ammalò di cuore il Bermont e morì. Venne sostituito dall'ingegnere Brisse che
fece gettare le fondamenta dell'opera che ora sorge all'Incile, Torlonia, da
grande religioso, volle che l'edificio fosse sormontato da una statua della
Vergine.
Nel giorno 1 ottobre 1878 gli ingegneri del Genio Civile Barilari e Betocchi
scrissero nella loro relazione:
"Perfettamente ultimata la grande opera del prosciugamento del Fucino."
Durante i lavori di prosciugamento del Lago Fucino, la nuova funzione di
capoluogo giudiziario della Regione Marsa poneva Avezzano al livello di altre
città d'Abruzzo.
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