LA STORIA
Alcuni
storici fanno risalire le origini di Gioia dei Marsi all'epoca della guerra
civile di Roma contro i Marsi, popolo di audaci guerrieri e di esperti maghi.
E proprio i Marsi Atinati edificarono tra i monti, ad oltre 1400 m. di
altitudine, un tempio di cui oggi restano alcuni ruderi nei pressi di Gioia
Vecchio.
Ma le notizie più certe sull'esistenza di Gioia si hanno dal Medioevo in poi.
Già dal 1150, infatti, Gioia risulta aver acquisito una certa autonomia rispetto
alla Contea di Celano, di cui faceva parte, mantenendola fino al 1334, quando
entrò tra i possedimenti della abbazia reale cistercense di Santa Maria della
Vittoria.
È probabile che dopo la distruzione di Celano da parte di Federico II nel 1233,
una parte della popolazione si sia rifugiata a Gioia, che sovrastava il lago
Fucino ed aveva un'importanza strategica, dato che era vicinissima al Passo del
Diavolo, uno dei due passi che potevano bloccare il transito attraverso i
rilievi montuosi per passare dal centro al sud della penisola.
Forte di questa posizione strategica, Gioia rimase in piedi anche quando gli
altri centri abitati caddero in rovina, finchè i duchi Piccolomini, divenuti nel
1461 titolari della Contea di Celano e nel 1463 di quella di Gioia, presero a
cuore il paese, contribuendo al consolidamento della sua struttura, e facendolo
diventare sempre più ricco, tanto che nel 1610 vi fu costruita una bellissima
chiesa in stile tardo rinascimentale piena di reliquie, distrutta dal terremoto
e ricostruita negli anni 1950-70 rispettando la forma originaria.
Tra la fine del 1500 e l'inizio del 1600 tutta la zona intorno a Gioia ebbe una
grande crescita economica, tanto da costruirsi una banca, detta "congrega della
carità", con scopi filantropici.
E fu proprio questa ricchezza a spingere fin là il bandito Marco Sciarra, che il
primo aprile del 1592 con 700 uomini saccheggiò e distrusse il paese. Una parte
degli abitanti scese a valle ed edificò il nuovo centro di Manaforno, detto poi
Gioia Nuova o Gioia dei Marsi.
Quando poi nel 1807 furono nuovamente assaliti dai banditi che misero il paese a
ferro e fuoco ed uccisero 13 proprietari, anche gli ultimi abitanti si decisero
ad abbandonare Gioia e a trasferirsi a Manaforno.
La ricchezza degli abitanti di Manaforno, in gran parte proprietari di greggi ed
armenti, si protrasse nel tempo, tanto che nel 1861 si registrò il più alto
numero di aventi diritto al voto tra tutti i paesi della Marsica, fatta
eccezione per Avezzano.
Dal punto di vista amministrativo, il nome ufficiale di Gioia è rimasto in
vigore fino al 1863, sostituito poi da quello di Gioia dei Marsi, comune
comprendente oltre alla frazione di Sperone, anche dal 1948 quella di Casali di
Aschi.
Distrutta quasi completamente dal terremoto del 1915, che portò 2.650 morti (i
due terzi della popolazione) oggi Gioia è risorta completamente e appare una
cittadina moderna e dinamica, pur presentando un forte flusso migratorio ed un
notevole decremento demografico, dovuti a difficoltà economiche e occupazionali.
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ARTE E CULTURA
Nel corso del sec. X, , in
seguito alle invasioni Saracene, gli originali insediamenti furono abbandonati a
favore dei centri fortificati posti in zone più elevate.
Particolarmente interessante è il centro, di Sperone oramai abbandonato, con
l'antica torre d'avvistamento e i ruderi fortificati da mura poligonali
collocati nei dintorni.
Si segnala il rinvenimento di numerose steli funerarie nelle località di
"Quercia", "Alto le tombe", "Alto le ripe" e "Castelluccia".
Oltrepassando il valico di Gioia Vecchio (m 1400), si accede alla zona di
protezione del Parco, questo luogo è di particolare interesse dal punto di vista
artistico, per la Chiesa del tardo '500, quì collocata, di cui si conservano
struttura e facciata in pietra.
L'estate di Gioia dei Marsi è ravvivata da manifestazioni di pittura e musica,
da gare sportive, danze e spettacoli folcloristici.Mentre in settembre ha luogo
la festa patronale di "S. Vincenzo". Si racconta che quando, i cittadini di
Gioia dei Marsi e di Lecce dei Marsi trovarono il santo martirizzato, solo gli
uomini di Gioia riuscirono a sollevarlo rivendicandone così l'appartenenza al
proprio paese;
Segnaliamo, infine, le Fiere di giugno e di settembre.
ESCURSIONE CONSIGLIATA
DAL PASSO DEL DIAVOLO ALLA SORGENTE PUZZA
Dal paese, seguendo la statale
marsicana, si raggiunge in auto il valico di Gioia Vecchio (m 1400) e quindi,
dopo 3 Km, il rifugio "Passo del Diavolo".
Dal rifugio, abbandonata l'auto, si segue un sentiero sulla sinistra poco al di
sopra delle sorgenti del fiume Sangro, sino alla località "la Parruccia", dove
la strada si biforca (l'itinerario sulla destra è quello per la "Cicerana"); si
prosegue tenendosi sempre sulla sinistra fino a raggiungere il Lampazzo che
costeggia un piccolo ruscello.
La strada comincia a salire dolcemente fino ad uno stazzo di pastori; siamo ai
piedi del Monte di Valle Caprara ed alle nostre spalle possiamo distinguere la
vetta del Monte Turchino.
Proseguendo ancora lungo il sentiero, si raggiunge in breve la Sorgente Puzza a
quota 1728 m.
L'intero itinerario non è impegnativo e richiede circa due ore e mezzo di
cammino; se non si è stanchi, si può salire fino a Monte Schienacavallo (m
1982), che offre uno stupendo panorama su tutta la catena settentrionale dei
monti del Parco.
Seminari di drammaturgia a cura di
Dacia Maraini
con
Donatella DIAMANTI - Paola PRESCIUTTINI
Alessandro TRIGONA OCCHIPINTI
Scrivere per il teatro , oggi, in Italia è quasi una scommessa. Sicuramente una
passione che troppo spesso viene delusa e abbandonata per seguire altre forme
espressive (narrativa, cinema, televisione) che danno maggiori soddisfazioni e
gratificazioni. Perché il teatro in Italia è tutto, recitazione, ritmo, ma
soprattutto regia. In altri casi scrittura. Ed è proprio questa mancanza che
impoverisce il testo privandolo di un apporto essenziale perché esso possa
acquisire maggiore tensione e passione.
Per questo nasce il "Centro di drammaturgia" di Gioia Vecchio. Per vincere una
scommessa, colmare quel vuoto istituzionale che esiste. Non è solo dar vita ad
un corso di scrittura, ma è voler "fondare" una scuola, dargli una struttura,
dei locali, una "stanzialità" che possano farlo divenire un punto di riferimento
per chi ama il teatro e ama "raccontarlo".
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