Lecce nei Marsi

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CENNI STORICI SULL’ORIGINE DI LECCE NEI MARSI


Il Comune di Lecce nei Marsi , in provincia dell’Aquila, si trova ubicato nella Marsica est, in posizione pedemontana, a 735 metri sul livello del mare.Il territorio comunale, esteso per ben 65,98 kmq., confina con Pescasseroli a sud-est, con Villavallelonga e Collelongo a sud-ovest, con Gioia dei Marsi a nord-est e con Ortucchio a nord-ovest. Di seguito e’ riportato un quadro generale concernente Lecce nei Marsi in cifre:

SUPERFICIE TERRITORIALE 6598 ETTARI (65,98 KMQ.)
BOSCHI 3187 ETTARI (31,87 KMQ.)
SEMINATIVI 335 ETTARI
PRATI E PASCOLI 2050 ETTARI
AREA ABITATA O OCCUPATA DA INFRASTRUTTURE 641 ETTARI
ALTRA SUPERFICIE 385 ETTARI
POPOLAZIONE RESIDENTE 1699 ABITANTI NEL 1991
ABITAZIONI OCCUPATE 666 (1991)
ABITAZIONI LIBERE 518 (1991)

(L’aggiornamento relativo a tali dati e’ legato allo svolgimento del censimento della popolazione nell’anno 2001)




CENNI STORICO ARTISTICI

IL NOME

Le controversie a proposito dell’origine del nome di Lecce nei Marsi sono tante e svariate, poiche’ ancora oggi non si ha una teoria valida a tutti gli effetti. Comunque, in base a dati di una certa rilevanza ed attendibilita’ e anche a detta dei Sindaci E. Terra ed A. Terra , che amministrarono il paese nel 1876 e nel 1881, il nome “LECCE” deriverebbe dal fitonimo latino “QUERCUS ILEX”, ovvero la pianta del LECCIO, di cui era piena la valle sottostante l’abitato originario.

Tuttavia, il DI PIETRO e altri storici locali ritengono che il nucleo originario del paese, corrispondente alle attuali rovine di Lecce nei Marsi, poste a quota 1300 metri S.L.M., sia stato fondato attorno al secolo X da alcune famiglie asiatiche venute in zona a seguito delle CROCIATE, precisamente i LICII. Pertanto il nome deriverebbe dalla LICIA, regione storica dell’Asia Minore, da dove questa gente si presume sia giunta in zona.

L’influenza spagnola successiva ha poi modificato i caratteri tipici della zona, cosicche’ sono tanti i cognomi spagnoli e, data la correlazione tra elementi spagnoli ed arabi, vi sono nomi di localita’ che hanno origine anche dall’ARABO (ad esempio, il nome della localita’ MAQRANA forse deriva da MACRAN, che in arabo significa “TERRA LONTANA”).

A sostegno dell’ipotesi del Di Pietro, troviamo diversi fattori, uno tra tutti la commemorazione del Santo Patrono di Lecce, ovvero S.Biagio, che veniva venerato soprattutto in Asia Minore e poi il nome stesso di Lecce, che non e’ “DEI MARSI”, come altri paesi della zona, ma “NEI MARSI”, come per sottolineare una certa “estraneita’” della popolazione locale rispetto all’ambiente circostante.


LA POPOLAZIONE
Enorme utilita’ nello stabilire le origini del paese e la composizione delle famiglie ha avuto il CATASTO ONCIARIO, un vero e proprio censimento della popolazione che risale al 1753 e che annovera molte famiglie la cui origine e’ chiaramente spagnola, mentre altre sono il risultato di contaminazioni tra le culture orientali e quelle locali attorno al X secolo d.c.

La popolazione di Lecce nei Marsi non ha abitato la zona in maniera omogenea, ma in piccoli gruppi che poi sono confluiti in un unico agglomerato.

Secondo alcuni studiosi infatti, la vera origine del paese risale addirittura al X secolo A.C. (!), quando il luogo fu abitato dalla cosiddetta CIVILTA’ SAFINO - ITALICA. Tante sono le leggende a proposito di questa gente, ivi compresa quella che vorrebbe i Safini come depositari dell’eccezionale pratica del culto dei morti ereditata dagli ETRUSCHI, ma le rovine rinvenute negli scavi del torrente TAVANA sembrano accreditare la presenza di un nucleo abitato che risale piu’ o meno all’epoca ROMANA e definito “VICUS ANNINUS”.

Testimonia l’origine del VICUS come agglomerato di epoca romana la scoperta nel 1877 di alcune tombe che avevano inciso in piu’ parti sulla pietra l’iscrizione “ANNINUS”.

Poi, nel 1976, alcuni scavi effettuati presso la zona sud-orientale del paese, precisamente lungo l’alveo del torrente TAVANA, portarono alla luce un piedistallo di epoca romana con un’epigrafe che parlava di un certo AULO VIRGIO MARSO, militare presso l’esercito imperiale di Tiberio, che donava alla popolazione la somma di 10.000 sesterzi! Secondo gli storici, sul piedistallo doveva esserci una statua in argento che fu trafugata in tempi di carestia e l’attendibilità dell’epigrafe e’ data da un confronto fatto sul CIL (raccolta di iscrizioni latine) di THEODOR MOMMSEN, la maggiore raccolta in assoluto di epigrafi. Oggi il prezioso piedistallo si trova presso il castello di Celano.

Il periodo alto - medioevale presenta purtroppo delle ampie lacune che non aiutano a risolvere il problema di una eventuale integrazione tra i cittadini del Vicus e gli asiatici del castello di LITIUM (Lecce Vecchio), pertanto non si può dire molto a tal proposito. Comunque si sa che intorno al Castello Licio vero e proprio si formarono delle localita’ come SIERRI e CIRMO, nonche’ CA’ BUCCELLA e CA’ MARINO ( e non Ca’Bucilli e Camerino(?), o peggio ancora Le Serre(?), nomi che campeggiano sulle indicazioni turistiche un po’ dappertutto nel nostro paese!), che avevano anche una discreta estensione .

Come tutti i centri marsicani, anche Lecce era costituita da nuclei abitativi satelliti.

Ma il primo di cui si ha menzione e’ il castello di ANGRE o AGNE, che corrisponde alla frazione di TAROTI o di CASTELLUCCIO, Tale castello fu distrutto quando vi fu la guerra tra RUGGIEROTTO ACCLOZAMORA e gli ORSINI. E’ citato anche nella Bolla di Papa Clemente III, nel secolo XI, dove si parla della chiesa di S. Martino in Angre.

Il nucleo di Lecce Vecchia fu sottoposto a dure prove dalle frequenti pestilenze e dall’attivita’ dei BRIGANTI, che ne limitarono lo sviluppo, cosicche nel 1656, dopo una pestilenza alquanto violenta, che decimo’ la popolazione, il paese ebbe un periodo di decadenza notevole. Ma il rifiorire delle arti e delle attivita’ , nonche’ un massiccio aumento della popolazione, e’ testimoniato dal CATASTO ONCIARIO, gia’ menzionato, compilato nel 1753 dai governanti del Regno delle Due Sicilie, che esplora a fondo la situazione socio-economica del paese e testimonia una discreta ricchezza ed un nucleo abitato da circa 1100 persone.

In epoca Napoleonica. Lecce viene inglobato nell’Abruzzo Ulteriore II. Si ha notizia di un sindaco Pietro Terra nel 1818.

Dopo l’Unita’ d’Italia, il Sindaco Emidio Terra nel 1876 comunica allo Stato di avere un Gonfalone con il simbolo della Quercia (abbondante nel territorio) e l’iscrizione S.B., iniziali del Santo Protettore San Biagio.

Si dice che in epoca risorgimentale Lecce avesse una locale sezione di Carboneria, formata da 21 adepti su 1146 abitanti.

L’epoca a cavallo del 1900 vede Lecce come abitato che fonda la sua floridita’ economica sulla pastorizia e sul commercio del legname. Tali attivita’ ebbero ben pochi benefici dal prosciugamento del lago del Fucino, ultimato attorno alla fine del 1880, poiche’ in effetti la sua scomparsa ebbe come risultato solo l’ estinzione di Olivi e di coltivazioni agricole elevate, a causa della diminuzione dell’umidita’. Dunque l’agricoltura a 1000 metri non dava molto e paradossalmente il beneficio arrecato ai paesi limitrofi dal prosciugamento si rivelo’ come danno per Lecce nei Marsi.

Il terremoto del 1915 ha poi costretto gli abitanti a spostarsi piu’ giu’ rispetto al vecchio abitato, con la possibilita’ di ricostruire case piu’ confortevoli e soprattutto di ottenere piu’ frutti dai campi, essendosi abbassato il livello dell’abitato di almeno 300 metri.

Il terremoto, che provoco’ centinaia di vittime nell’abitato di Lecce e decine di migliaia in tutta la Marsica, manifesto’ la sua violenza la mattina del 13 gennaio 1915 e ancora oggi c’e’ chi ricorda i tremendi attimi di quell’evento disastroso che mise in ginocchio le popolazioni locali. La Prima Guerra Mondiale poi contribui’ all’opera di distruzione, in quanto furono molti i giovani costretti a lasciare il lavoro per partire al fronte. I morti in guerra furono tanti, a ricordo dei quali sorse anni dopo un monumento ai caduti che ancora oggi puo’ essere ammirato nella piazza di fronte al Municipio. In origine, sulla colonna del monumento vi era una statua di bronzo raffigurante un soldato che lancia una bomba (immagine testimoniata anche da una bellissima foto d’epoca), ma poi essa fu requisita dai tedeschi che ne ordinarono la conversione in attrezzi ed armi. La colonna e’ rimasta spoglia per molto tempo, fino a quando, pochi anni fa, vi e’ stata messa sopra una statua che simboleggia la liberta’.



IL PRIMO DOPOGUERRA

Anni duri furono quelli che hanno accompagnato la popolazione di Lecce fino alla Seconda Guerra Mondiale, poiche’ l’ingerenza fascista nelle attivita’ quotidiane contribuiva ad aggravare le modeste condizioni economiche dei poveri braccianti, costretti anche a riverire i “signorotti” locali per avere qualche giornata lavorativa presso uno dei poderi di proprieta’ dei suddetti. Prese piede l’usanza, da parte dei piu’ poveri, di mandare “a servizio” presso le ricche famiglie borghesi del paese tutte le figlie in eta’ adolescenziale e molte di esse lasciarono anche Lecce per accompagnare i signori nei loro viaggi o nelle loro nuove residenze.

Naturalmente, le notizie che riguardano l’abitato di Lecce nei Marsi nei periodi piu’ recenti, vale a dire dal 1915 in poi, sono molto piu’ attendibili e verificabili con maggior certezza, vista anche la dovizia di documenti ( parte depositati presso la Parrocchia, parte invece conservati nell’archivio del municipio).

Si consolido’ dunque, a 900 metri s.l.m., l’insediamento che, composto da diverse frazioni, non ha un nome unico, ma raccoglie denominazioni pittoresche: SIERRI, CA’MARINO, CA’BUCCELLA, CA’ CARLONE, CA’ SCAPPONE e MACCHIA.

Il nome SIERRI non ha una precisa etimologia, ma puo’ derivare da SERRE, che in dialetto significa “VETTA, SOMMITA’”. A tutti gli effetti, esso era il centro piu’ popolato e piu’ importante del luogo (potremmo definirlo come LA CAPITALE!). Si presume che la popolazione di Sierri si aggirasse intorno alle 500 unita’!

MACCHIA invece si trovava molto piu’ a ovest di Sierri e distava da esso circa 2 Km. Le rovine di Macchia sono visibili nel tratto di antico sentiero che porta verso ovest, nel luogo denominato “fiume di Ortucchio”.

CA’MARINO e’ il nucleo abitato che fa da fulcro per tutti gli altri, poiche’ le sue rovine sono poste esattamente in un quadrivio che consente di procedere in tutte le direzioni.Il suo nome, come quelli di CA’ SCAPPONE, CA’ CARLONE e CA’ BUCCELLA, deriva dai nomi di famiglie numerose o eminenti che identificano il luogo dove ci si trova. Infatti, in dialetto, “CA’ “ significa “a casa di”. Erronee, come suddetto, sono le indicazioni che campeggiano sui segnali turistici di Lecce nei Marsi, laddove, nella speranza di restituire una parvenza di italiano alla corretta toponomastica del luogo, si parla di “CA BUCILLI, SERRE “ e, peggio ancora, “CAMERINO!”

La zona, abitata per poco tempo, offre poche spunti di discussione storica, ma un fatto e’ saliente a tal proposito.

Infatti, durante la II Guerra Mondiale, per paura dei bombardamenti, la gente che ormai abitava nell’odierno centro abitato di Lecce nei Marsi, posto molto piu’ a valle, torno’ alle vecchie case in montagna e alcune famiglie vi dimorarono anche un paio di anni (1942- 1944)!

Comunque, attorno al 1920, ormai il paese era posto nella posizione che oggi conosciamo.

Il fascismo impresse una sterzata notevole alle abitudini dei cittadini, cosicche’ piovvero dall’alto alcuni PODESTA’ di nomina governativa che poco avevano a che fare con gli usi e le consuetudini del tempo.

Quello che tra essi duro’ piu’ tempo in carica fu CALLINI POMPEO, che sembra abbia retto le sorti di Lecce per circa 15 anni.



IL SECONDO DOPOGUERRA

I cittadini di Lecce nei Marsi si prepararono, come tutta l’Italia, ad una seconda guerra che avrebbe di nuovo stravolto le loro abitudini. I combattenti di Lecce nei Marsi, raffigurati in una bellissima foto d’epoca con tanto di nome per ciascuno di essi, partirono con destinazioni diverse. Essi erano all’incirca 200, ma la foto di gruppo ne riporta 153.

I piu’ sfortunati caddero subito sul fronte Greco-Albanese, mentre altri affrontarono la terribile “campagna di Russia” (operazione Barbarossa) ed altri ancora passarono anni in prigionie diverse, perfino in Africa.

La data del 08 settembre 1943 fu drammatica per Lecce nei Marsi, poiche’ in paese erano presenti centinaia di soldati tedeschi, i quali, dopo il “tradimento” italiano, usarono il pugno di ferro con i cittadini.

Pero’, senza grossi drammi, si giunse alla proclamazione della Repubblica Italiana e a Lecce, come in ogni comune d’Italia, si torno’ a votare per eleggere i propri rappresentanti politici in seno alle Amministrazioni.

Divertente e’ adesso leggere le cronache di quei giorni intorno agli anni 1949-50, laddove il fervore dei cittadini era evidente soprattutto per la politica nazionale, che doveva essere rispecchiata fedelmente anche a livello locale. Il 1950 pero’ fu un anno chiave anche per la Marsica, poiche’ ci fu l’assegnazone delle terre del Fucino agli agricoltori, a seguito della “Rivolta Agraria”, consumata in polverose strade di campagna, contro il possesso latifondista dei Torlonia.

I due schieramenti politici di Lecce, storicamente, sono la DC ed il PCI, che si sono alternati alla guida del paese fino ad oggi.


Di seguito e’ riportato un elenco dei Sindaci che sono stati eletti dal 1948 al 1999:

1950- 52 SINDACO ANTONIO BARILE

1952- 64 SINDACO ALFREDO RODOMONTE SPALLONE

1964- 70 SINDACO ALFREDO MORGANI

1970- 85 SINDACO MARIO SPALLONE

1985- 95 SINDACO ANGELO GALLOTTI

1995- 99 SINDACO ALFREDO SPALLONE

1999-… SINDACO ALFREDO SPALLONE (riconfermato)



LECCE NEI MARSI..... OGGI

Il brusco cambiamento delle condizioni sociali e culturali di Lecce nei Marsi attorno alla fine degli anni ’70, ancora oggi non trova una spiegazione del tutto valida, ma e’ certo che il piccolo paese di pastori e braccianti si trasformo’ in una localita’ turistica di interesse notevole e molto rinomata! A Lecce si crearono dal nulla enormi complessi residenziali, e, nei primi anni ’80, la costruzione delle case popolari tolse in via definitiva anche le vecchie abitazioni fatiscenti che risalivano al dopo-terremoto.

Si calcola che l’anno con piu’ presenze turistiche a Lecce nei Marsi sia stato il 1982: nel periodo dal 01 al 20 agosto si registrarono in paese, a fronte di una popolazione di 2000 abitanti, circa 6500 persone !!

Oggi, Lecce nei Marsi puo’ essere rappresentato in cifre come segue (N.B. La fonte dei seguenti dati e’ l’ISTAT).



GRADO DI MONTANITA’ TOTALE
ALTITUDINE 735 METRI S.L.M.
ABITANTI 1699 (1991)
TURISTI 1000 (stima al 1999)
ADDETTI NELL’AGRICOLTURA 10,1 %
ADDETTI NELL’INDUSTRIA 27,3%
ADDETTI NEL COMMERCIO 24,3%
ADDETTI NELL’APPARATO PUBBLICO 38,4%
INDICE DI NATALITA’ 7,9% (OGNI 1000 ABITANTI)
INDICE DI MORTALITA’ 11,7% (OGNI 1000 ABITANTI)
DECREMENTO MEDIO ANNUO 3,8%
INCREMENTO MEDIO ANNUO 1,8% (PERIODO 1991-1997)
ANALFABETISMO
CIRCA 2%
 

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PLANIMETRIA

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CICERANA

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ANDREA DE LITIO


LA VITA E LE OPERE

Andrea De Litio nasce a Lecce dei Marsi tra il primo e il secondo decennio del Quattrocento, mentre la sua attività pittorica interessa gli anni compresi tra il 1430 e il 1480 circa. Incerte risultano le sue origini come ancora oscuro appare il suo primo apprendistato artistico che potrebbe essersi svolto all'ombra del Maestro di san Silvestro e di Beffi, autore di alcuni affreschi della cattedrale di Celano ai quali anche l'artista marsicano sembra aver dato il suo prezioso contributo.

L'Abruzzo, già a partire dal primo quarto del secolo, viveva un periodo piuttosto stimolante poiché recepiva, da un lato, le prove afferenti al gotico internazionale che giungevano da Venezia, dall'altro subiva l'influenza con la regione umbra che le servì da tramite per le esperienze tardogotiche e protorinascimentali provenienti da Firenze.

Un documento del 1442 cita Andrea De Litio in qualità di pittore autonomo al fianco del magister Bartolomeo di Tommaso da Foligno impegnato, assieme a Nicola da Siena ed altri, ad affrescare alcune campate della chiesa di sant'Agostino in Norcia. Indipendentemente dall'incertezza sui primi approcci, è però innegabile come questa notizia documentaria serva ad inserirlo rigorosamente in un contesto extraregionale estremamente variegato e aggiornato alla ricezione di istanze pittoriche nuove, fiorentine e senesi. Grande importanza riveste il contratto del 1450 con il quale gli veniva commissionato il ciclo pittorico per la chiesa di san Francesco di Sulmona, andato perduto.

La Madonna di Cese, ora a Celano, dipinta entro gli anni '30 del secolo, costituisce la prima traccia a noi conosciuta della sua arte e da essa possiamo valutare non solo l'impeccabile mano ma soprattutto il suo potente stile volto a dare fisicità reale ai volti, agli incarnati, non dimenticando il debito verso quella cultura devozionale molto sentita in Abruzzo.

La Madonna del Latte del convento di Sant'Amico, forse realizzata tra il 1439 e il 1442, costituisce invece un decisivo passo avanti verso quella coscienza delle forme tipica della rinascenza fiorentina. La posa assunta dalla testa della Vergine, la cadenza quasi impalpabile delle vesti e soprattutto l'atteggiamento del Figlio, pongono l'affresco in diretto contatto con la pittura di Filippo Lippi e con quella in voga a Firenze, città nella quale De Litio potrebbe aver soggiornato prima del 1439.

L'ancora di San Silvestro di Mutignano mostra in modo certo gli omaggi del De Litio alla cultura fiorentina, specialmente quella più conservatrice monopolizzata dall'Angelico e da Domenico Veneziano. L'immagine del santo papa rimanda alla tavolozza pittorica di quest'ultimo, ugualmente dicasi per la costruzione espressionistica come per la maniacale cura del piviale e della fibula che lo regge, impreziosita da una pietra semipreziosa, resi entrambi con sconcertante verità.

L'affresco di Guardiagrele con san Cristoforo è importante non solo per capire l'evoluzione dell'artista in direzione di una comprensione della proporzione delle forme, convincente e interiorizzata, bensì per stabilire un parallelo tra le sue scelte e quelle del Maestro della Cappella Caldora, responsabile, nei primi anni '40 del Quattrocento, degli affreschi della Badia Morronese di Sulmona. Proprio nella Badia è presente l'immagine di un santo Guerriero (Jacopo Caldora?) probabile prototipo del san Cristoforo della cattedrale guardiese datato 1473.

La Madonna adorante di Castelli e il Dittico già Cellino Attanasio esprimono al meglio la perfetta assimilazione dei canoni precipui del gotico cortese dell'Italia Settentrionale, con accenti transalpini. L'esilità delle figure, i corpi eterei e privi di pesantezza, i capelli lisci e fluenti, l'impostazione fisionomica compunta e riflessiva, catturano l'attenzione dell'osservatore. Nella Madonna di Castelli, la struttura della corona araldica, raffinata e rigorosa nell'ornamentazione, costituisce un pendant con le corone delle sante della cattedrale di Atri.

Il ciclo della cattedrale di Atri, riferito con qualche dubbio agli anni '80, risulta essere l'opera fondamentale della sua maturità. Gli affreschi del coro rappresentano l'estrema sintesi di tutte le esperienze con le quali egli ha avuto modo di entrare in contatto, cioè quelle proposte dall'equipe impegnata nella dipintura della Badia Morronese, e quelle fiorentine e senesi, in particolare di Masolino, Beato Angelico, Sassetta, Paolo Uccello, nondimeno l'innovazione plastico-fisionomica di Piero della Francesca. Vicini per stile e cronologia alle scene del ciclo atriano sono quelle di Lucoli nella chiesa di san Giovanni Battista; infatti l'immagine di profilo qui presentata richiama prepotentemente quella che si sporge da una finta finestra del lato sinistro del coro di Atri e identificata in Andrea Matteo III d'Acquaviva.Tra le ultime prove della sua maturità potrebbe essere inserito il frammento della Madonna del museo aquilano. Il volto della Vergine di forma ovale, pregno di una espressività compunta e comunicativa, nonché l'input stilistico della fisionomia, palesata nella forma degli occhi dallo sguardo fisso e pungente, riflettono la cultura pittorica pierfranceschiana, impegnativa oltre che compromettente da riproporre.





LA FIGURA DI UN PITTORE RIVALUTATO DA POCHI ANNI

Forse la piu’ bella “recensione” su Andrea De Litio, pittore rinascimentale originario di Lecce nei Marsi, e’ quella di Vittorio Sgarbi.Il grande critico d’arte infatti, mette in risalto il “personaggio” De Litio, in rapporto alla grande tradizione pittorica di Firenze del XV secolo, come una espressione periferica di un grande Rinascimento Italiano che vede artisti di una certa fama impegnati nelle botteghe di tutta Italia. Gli studiosi che hanno analizzato le oscure origini del pittore marsicano sono tanti, ma il primo che stabilisce Lecce nei Marsi come luogo di nascita di De Litio e’ senza dubbio Luigi Sorricchio, il quale, nel 1897, analizzando il cognome “DELITIO”, desunse la provenienza di Andrea dal borgo di Lecce nei Marsi, che, badiamo bene, NON E’ Lecce delle Puglie, in quanto i pittori pugliesi avevano come caratteristica il classico stile di scuola veneta, cosa che invece non appare nel nostro pittore.Secondo Giuseppe Jezzi invece, De Litio e’ originario di Guardiagrele, poiche’ egli si basa sul dato di fatto che il figlio, tal Francesco Delitio, e’ seppellito a Guardiagrele e poi in questo paese abbiamo anche un affresco del pittore.Il Matthiae nel 1965 propone una data di nascita del pittore, stimata attorno al 1420, mentre Ferdinando Bologna sembra mettere tutti d’accordo nel 1987, asserendo che Andrea e’ originario di Lecce nei Marsi in virtu’ della presenza in zona di due opere giovanili, ovvero “ La Madonna Lignea” a Cese e “ La Madonna col Bambino” nella cattedrale di Celano.Pertanto, secondo la scansione temporale, Andrea De Litio e’ nato a Lecce nei Marsi nel 1420 e gia’ nel 1442 un documento lo attesta “MAGISTER” a Norcia. Il suo massimo successo artistico si attesta intorno al 1473, mentre la sua parabola artistica dovrebbe essersi conclusa attorno al 1481, all’eta’ di 71 anni. Le opere di De Litio sono di difficile datazione, pertanto porteremo di seguito un elenco di esse e relativo luogo dove il Maestro le ha realizzate:

1) MADONNA DI CELANO

2) MADONNA CHE ALLATTA - L’AQUILA

3) MADONNA DELL’ UMILTA’ – L’AQUILA

4) MADONNA COL BAMBINO – CELANO

5) MADONNA CON BAMBINO E S.CATERINA – L’AQUILA

6) CRISTO CROCEFISSO – L’AQUILA

7) SAN SILVESTRO E QUATTRO STORIE DELLA SUA VITA-L’AQUILA

8) SAN CRISTOFORO – GUARDIAGRELE

9) MADONNA ADORANTE IL BAMBINO – ATRI

10) MADONNA COL BAMBINO ENTRO TABERNACOLO – ATRI

11) MADONNA COL BAMBINO TRA I SANTI ROCCO E SEBASTIANO –ATRI

Il ciclo di affreschi di Atri e’ senza dubbio l’opera capitale di De Litio e si presume che il lavoro sia stato iniziato dal Maestro attorno al 1450, mentre si hanno notizie della sua permanenza in zona fino al 1488.

1) Coro della cattedrale – Atri

2) Volta con i Santi Giovanni ed Agostino

3) Volta con i Santi Luca ed Ambrogio

4) Santi Matteo e Girolamo

5) Santi Marco e Gregorio Magno

6) San Matteo

7) Le Decorazioni dei sottarchi

8) Cacciata di Gioacchino dal Tempio

9) Incontro alla porta Aurea

10) Nascita e presentazione della Vergine

11) Attivita’ di Maria nel Tempio

12) Matrimonio della Vergine

13) Nativita’, Annunciazione e Adorazione dei Magi

14) Fuga in Egitto e Strage degli Innocenti

15) Gesu’ tra i Dottori e Nozze di Cana

16) Battesimo di Cristo

17) Annunciazione della Morte della Vergine

18) Congedo della Vergine dagli Apostoli

19) Cristo Eucaristico ed Incoronazione della Vergine

20) Santi Vito e Clemente

21) Santa Reparata con Citta’ di Atri

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