Il 13 gennaio
1915 accadde la più grande catastrofe mai avvenuta nella Marsica, una delle più
gravi nella storia dell'intera Italia. Il terremoto di Avezzano, di vastissima
scala, scosse l'intero territorio marsicano provocando la sua distruzione e
migliaia di morti. La mattina del 13 gennaio 1915, alle ore 7,48, (dal
Telegramma inviato dal pro-Sindaco di Tagliacozzo al Ministero dell'Interno) ci
fu la prima violentissima scossa, seguita da varie scosse di assestamento.
..."Non erano ancora le otto: l'orologio le avrebbe suonate fra qualche istante.
Al centro della sua conca, il cuore del Fucino cessò di battere.
Come un gigante che abbia resistito con lunga forza al dissanguamento, questo
corpo che aveva resistito al prosciugamento, emise l'ultimo rantolo e si
accasciò sul fondo. La terra non ebbe più regola e si contorse, oscillò, si
eresse, si squarciò, sussultò, si scompose, urlò soffocata, tremò a lungo,
invasa da una febbre a freddo.
Il flagello si propagò per otto province.
La morte sghignazzò per molte ore, ovunque.
La neve cadde, infine" .....
La maggior parte dell'amministrazione comunale (compreso il sindaco), perì
travolta dal terremoto. Un mese dopo, il 18 febbraio, il
delegato civile, nominato con Decreto del Real Commissario, assistito dal
Segretario Michelangelo Colaneri, si riunirono per la prima volta per nominare i
messi comunali. Il 9 aprile il provvisorio Consiglio Comunale si riunì per
sospendere il pagamento del "Dazio Consumo".
Il seguente passo è stato tratto dal verbale redatto durante questo consiglio:
"Sarebbe ingiusto ed odioso imporre o mantenere il dazio sui materiali da
costruzioni quando si sa che la popolazione, con sussidi provenienti dalla
carità pubblica e privata o con mutui di favore si accinge a ricostruirsi una
casa o una capanna per ricoverarsi dalle intemperie."
Durante questa immane catastrofe naturale nella sola città di Avezzano, su un
totale di 13.000 abitanti, 10.000 furono i morti, 2.000 i feriti.
Numero ufficiale delle vittime nella Marsica: 30.000
Avezzano 9.238 Castelnuovo 9
Aielli 205 Celano 658
Albe 200 Cerchio 212
Aschi 400 Cese 700
Capistrello 96 Collarmele 847
Cappelle 160 Collelongo 5
Carrito 7 Gioia dei Marsi 3.500
Castellafiume 19 Lecce dei Marsi 537
Luco dei Marsi 300 Magliano dei Marsi 700
Massa d'Albe 115
La maggior parte dei feriti venne trasferita in Ospedali Romani; la "Casa
Famiglia Regina Elena" che accoglieva gli orfani del terremoto, nei giorni
seguenti, venne subissata di domande da parte di genitori che, non riuscivano a
rintracciare i propri figli.
I "Bollettini delle ricerche" dove venivano stampate le fotografie dei minorenni
superstiti, che dovevano essere identificati e dei quali si dovevano
rintracciare le famiglie, venivano esposti presso i municipi, le stazioni
ferroviarie, le stazioni dei carabinieri e presso i ricoveri dei senzatetto.
Superata la prima fase di soccorsi urgenti, il delegato Civile, nel giugno 1915,
incaricò l'Ing. Sebastiano Bultrini di compilare il piano Regolatore e di
Ampliamento per la ricostruzione della distrutta Avezzano.
LA TESTIMONIANZA DI ALCUNI SOPRAVVISSUTI
"Io ero ad Avezzano ed aspettavo
il treno proveniente da Celano che doveva portarmi a Tagliacozzo e poi a Roma.
Erano le 7,25 precise. Alcuni minuti dopo si è inteso un rombo terribile come un
grande tonfo, lontano dapprima e che poi, via via, si avvicinava. Intanto la
terra ha cominciato a tremare. Non era più possibile stare in piedi. Io mi sono
lanciato fuori dalla tettoia in mezzo alla linea e in quel breve tratto ho
camminato come un ubriaco. Appena sono stato fuori dalla tettoia, questa è
rovinata. Sono salvo per miracolo. Questo crollo è sembrato il segnale della
rovina di tutti i fabbricati dentro e fuori la stazione. Della stazione non sono
rimasti in piedi che il casotto della ritirata e il rifornitore dell'acqua. E
non quello nuovo in cemento armato, ma quello vecchio, che pare dovesse cadere
ad ogni istante. Se dentro Avezzano è avvenuta la stessa cosa che alla stazione,
Avezzano non deve essere altro che un'immane rovina."
La Tribuna 13.01.1915
" Nicolino Berardi esercitava il mestiere di vetturale e stamane si era recato
nella scuderia, essendo stato accaparrato da un viaggiatore per condurlo a Massa
d'Albe. Verso le 7,00 -egli ha detto- siamo partiti da Avezzano. Eravamo appena
usciti dalla città quando all'improvviso il cavallo, che prima si era arrestato,
rampando insolitamente il terreno, si è di nuovo rifiutato di proseguire. Nello
stesso tempo si è inteso come un forte rombo. Il viaggiatore ha creduto fosse il
rumore del treno; ma uno spettacolo di terrore ci si presentava alla vista.
Nella località dove c'eravamo arrestati vi sono, a destra e a sinistra della
via, delle cave di breccia e pozzolana che, come mosse da un invisibile, enorme
piccone, hanno cominciato a franare. Un istante dopo giungeva fino a noi
l'enorme fragore prodotto dalla rovina di numerosi edifici che erano come
avvolti in una grande nube. Un bambino di circa anni, nudo, correndoci incontro
piangente e spaventato ci ha supplicato di recarci ad aiutare il padre a scavare
fra le rovine in una casetta lì prossima, dove erano sepolti alcuni della
famiglia sorpresi dal disastro mentre stavano alzandosi dal letto. Noi siamo
accorsi, ma mentre stavamo per prestare l'opera nostra, è avvenuta una seconda
scossa che ci ha messo in fuga ".
Corriere della Sera 14.01.1915
Non mi resi conto esatto, per il momento, di ciò che era avvenuto; ritenni
dapprima che si trattasse del crollo improvviso dello stesso stabilimento dove
ero occupato. Catastrofe forse avvenuta per lo scoppio di qualche macchina. Non
potevo prevenire quale orribile immane catastrofe fosse abbattuta sulla ridente
Avezzano, così tranquilla e piena di vita. La gamba sinistra mi doleva
abbastanza, ma ciò non mi impedì di trascinarmi fino all'aperto. Ma appena fuori
all'aperto, i miei orecchi furono straziati da mille lamenti. Guardai Avezzano e
credetti ancora di essere vittima di un orrendo sogno. Il castello, gli
stabilimenti dagli alti fumaioli, la Chiesa dell'artistico ed agile campanile,
tutto era scomparso, Avezzano era scomparsa ed al suo posto non si scorgevano
che pochi muri". IL MATTINO 14.01.1915