L'amore per il ferro battuto è una malattia che se ti prende non ti lascia più.
Si tramanda da padre in figlio, ti obbliga a toccare il pezzo battuto, sentire con le mani la ruvida sensazione che hanno lasciato le martellate, trovare i punti di giunzione, le chiodature. le ribattiture, le bolliture, se tocchi puoi sentire i battiti del martello, sentire nelle narici il fumo acre della granella e dal rumore dei tonfi capire che il pezzo è ormai freddo e va scaldato di nuovo, con attenzione, ché potrebbe bruciare in una miriade di stelline bianche.
Così è stato per secoli, con martelli e incudini che hanno cambiato la loro forma, con mantici che sono diventati ventole e con la tecnologia che ha portato stampi sempre più grandi, sempre più perfetti sempre più uguali.
Noi continuiamo a lavorare come i nostri nonni anche se la forgia ormai senza carbone oggi regge un asettico forno a gas, non c'è più il ronzio della ventola e il pezzo non rischia più di bruciare, ma quando lo afferri scotta come un tempo e quando inizi a martellare ti senti di nuovo forte come un novello Vulcano e sei felice quando il ferro che tieni in mano prende la forma che era solo nella tua mente.
Così nella lamiera liscia e squadrata vedi già le forme che diventeranno quadri, lampade, figure, maschere...in quei momenti accendi il plasma e tagli, rifinisci, sfumi, sbalzi le figure della fantasia che erano già li per chi sapeva vederle e per chi apprezza...