Proprietà biologiche del vino

" vino buono fa buon sangue "

                                                                                                                              Sommario

 

Nell'ultimo ventennio diversi studi hanno evidenziato una significativa riduzione dell'incidenza delle malattie cardiovascolari da un moderato consumo di vino.

In Francia, la cui popolazione si alimenta con una dieta a rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari, (ricca com'è di grassi saturi) si riscontra invero una bassa incidenza di tali patologie, poiché i francesi sono discreti consumatori di vino, in particolare quello rosso.  Perché quello rosso?

La differenza tra il vino rosso e quello bianco consiste principalmente nel fatto che il primo contiene una maggiore concentrazione di composti fenolici; tra questi fenoli, o più esattamente polifenoli, la maggiore differenza è nel contenuto di flavonoidi; infatti, la concentrazione di queste molecole è nel vino rosso di circa 20 volte superiore a quella trovata nei vini bianchi.  Questi flavonoidi includono molecole, quali la quercetina, la rutina, la catechina e l'epicatechina che, in prove di laboratorio, sono stati visti tutti avere effetti biologici molto potenti, inclusi l'inibizione dell'aggregazione piastrinica e l'inibizione dello sviluppo della crescita tumorale.  Essi sono insieme e individualmente da 10 a 20 volte più potenti della vitamina E nel proteggere l'ossidazione delle lipoproteine a bassa densità (LDL), unanimemente riconosciuta essere un potente meccanismo di innesco del processo arteriosclerotico.

Studi epidemiologici hanno dimostrato che l'aggiunta di due bicchieri di vino rosso al giorno alla dieta nord-americana aumenta il contenuto di flavonoidi  del 40%.  Quali sono le prove dell'assorbimento dei flavonoidi del vino?

I primi esperimenti furono eseguiti da Kurkfeld nel 1981; essi alimentarono dei conigli con una dieta ad elevato contenuto di colesterolo per 3 mesi, insieme ad alcool, vino rosso e vino bianco.  Alcuni conigli di controllo ricevettero solamente acqua insieme alla dieta.  Alla fine dell'esperimento il messaggio era chiaro: tutti i conigli svilupparono lesioni arteriosclerotiche, ma in percentuali molto diverse.  I conigli trattati con alcool puro svilupparono lesioni nell'80% dei casi; in quelli trattati con vino bianco nel 67% dei casi; in quello rosso nel 40% dei casi.  E nell'uomo?

Nel 1991 Seigneur dell'Università di Bordeaux ha compiuto un esperimento in cui 16 uomini adulti avevano bevuto vino rosso, vino bianco e solamente alcool.  Alla fine della prova il sangue è stato prelevato per misurare il contenuto dei lipidi e la coagulazione delle piastrine.  L'alcool aveva aumentato l'aggregazione delle piastrine e la concentrazione delle apolipoproteine A1 delle LDL;  il vino bianco aveva aumentato sia le LDL che le HDL; il vino rosso aveva diminuito l'aggregazione delle piastrine e aumentato le HDL.

Poiché elevati livelli di LDL plasmatici predispongono maggiormente ai danni cardiovascolari, rispetto alle HDL, i dati hanno confermato il ruolo benefico operato dal vino rosso rispetto al vino bianco e chiaramente rispetto all'alcool.  Ma quali polifenoli sono fisiologicamente più attivi?

Due tra i candidati più probabili sembrerebbero essere il resveratrolo e le antocianine.

Il resveratrolo (3, 5, 4' triidrossistilbene) è una fitoalessina naturale presente nelle piante e sintetizzata in risposta sia ad attacchi fungini, (principalmente Botrytis cinerea e Plasmopora viticola), che dai raggi ultravioletti o dalla esposizione all'ozono.

Il resveratrolo è presente in molte piante, come i mirtilli, le noccioline e il vino rosso.

La buccia dell'acino di uva rossa contiene circa 50-100 microgrammi di resveratrolo/grammo di peso secco e la sua  concentrazione nel vino rosso è dell'ordine di 1,5-3 milligrammi/litro.  Discrete quantità di resveratrolo sono state trovate anche nel vino rosé, mentre nel vino bianco la sua concentrazione non supera mai 0,1 milligrammi/litro.

Il resveratrolo è presente anche nelle foglie della vite attorno a quelle in cui è avvenuto l'attacco fungino e si trova, non solamente nella Vitis vinifera, anche nella Vitis labrusca  e nella Vitis rotundifolia.

Il contenuto di resveratrolo nel vino risulta influenzato da diverse variabili, quali il territorio di origine, il clima ed in particolare l'umidità e la temperatura: il suo contenuto  risulta più elevato nei vini provenienti dai paesi più freddi, (Canada e alcuni territori della Francia) mentre è più ridotto in quei vini prodotti nei paesi più caldi. (Italia, Spagna, Portogallo, California, America meridionale e Australia)

Il contenuto di questa  fitoalessina dipende inoltre dalla composizione del terreno e dalle sue caratteristiche di drenaggio, dal tipo e dalle dosi di fertilizzante, dalla cultivar (è più ricco nel Pinot noir, seguito dal Cabernet Sauvignon e dallo Chardonnay) e dal sistema di allevamento

delle viti.  Il Pinot noir ha una buccia molto sottile che la rende sensibile agli attacchi fungini, ai danni traumatici e agli UV.  Tuttavia, un'alta infestazione fungina (da Botytris cinerea) non è particolarmente vantaggiosa.  Jeandet, infatti ha trovato che uve infettate per il  10% dal fungo produce un vino con sì alti livelli di resveratrolo, ma dal sapore alquanto sgradevole.  Invece, in alcune zone e con tecniche particolari, l'azione del fungo viene sfruttata per la produzione di vini particolari. (alcuni vini dei Castelli romani e della valle del Reno)

La quantità di resveratrolo è anche influenzato dai processi di vinificazione (presenza o assenza di vinacce, torchiatura più o meno spinta), dai trattamenti con charificanti (la resina Polyclar AT, ad es. legando le sostanze polifenoliche ne riduce il contenuto) e dai processi di invecchiamento del vino, durante il quale, secondo alcuni autori, si verificherebbe una diminuzione del suo contenuto, mentre secondo altri il suo contenuto rimarrebbe costante.

I vari trattamenti tecnologici comunque subiti dal vino durante il processo di vinificazione e stoccaggio esplicherebbero un'influenza negativa sul contenuto di resveratrolo riducendone la quantità rispetto alle vinificazioni più delicate e rispettose.

I flavonoidi sono molecole ampiamente distribuite nei tessuti delle piante.

In natura sono state scoperte oltre 4000 molecole appartenenti a questo gruppo e presenti come tali (agliconi) oppure coniugati a zuccheri, in forme monomeriche o polimeriche.

Chimicamente i flavonoidi sono caratterizzati dalla presenza di 3 anelli, di cui 2 di tipo aromatico ed uno eterociclico con un atomo di ossigeno.

I flavonoidi si raggruppano in:

 

Flavanoli: catechina, epicatechina

Flavonoli: quercetina, miricetina, kaempferolo

Flavanoni: naringenina, taxifolina

Flavoni: apigenina, hesperitina

Isoflavoni: genesteina

Antocianidine: cianidina, malvidina

 

Nel regno vegetale i flavonoidi svolgono diverse funzioni: il gruppo delle antocianine (ovvero gli zuccheri delle antocianidine) é responsabile della colorazione delle foglie, fiori e frutti, determinante nei processi della impollinazione.

I flavonoidi esplicano innumerevoli attività biologiche: svolgono una interessante attività antibatterica e di protezione contro la fragilità capillare; per quest'ultimo effetto gli  era stato impropriamente dato il nome di sostanza P o vitamina P.

I flavonoidi possono indurre o inibire molti enzimi coinvolti in fondamentali processi biologici, quali la divisione cellulare, i processi di detossificazione, i processi infiammatori e l'aggregazione piastrinica.  Tuttavia, la funzione più importante attribuita i flavonoidi é quella antiossidante, sia in qualità di sottrattori di radicali liberi, che di molecole che si legano ai metalli (funzione chelante).

I flavonoidi inibiscono la perossidazione lipidica, agendo come neutralizzanti degli ioni superossido e dei radicali idrolissilici e in qualità di molecole chelanti impedendo la reazione di Fenton, dal cui sviluppo si originano pericolosi radicali liberi.

H2O2+Fe2+=OH. +OH-+Fe3+

I flavonoidi sono costituenti importanti della dieta umana; tra questi  uno dei più importanti é  la quercetina. (3,3',4',5,7 pentaidrossiflavone).

Si calcola che ogni giorno vengono assunti con la dieta circa 1 grammo di flavonoidi totali di cui circa il 5% é rappresentato dalla quercetina.

Dati analitici concordano nel ritenere che le principali fonti alimentari di flavonoidi sono il te verde,  il vino rosso, le cipolle (soprattutto quelle rosse), le mele e, in misura minore, il te nero.

Da ricordare che le catechine (flavonoidi ampiamente distribuiti nel tè verde) ed in particolare l'epigallocatechina riducono l'attività enzimatica della telomerasi cellulare che nell'85% dei tumori umani é espresso in maniera considerevole.

Le antocianine sono probabilmente il più grande gruppo di composti fenolici presenti nella dieta: si calcola che la quantità di antocianine ingerite ogni giorno con l'alimentazione sia di 180-215 milligrammi.

Dal punto di vista chimico le antocianine sono gli zuccheri o i derivati degli zuccheri delle antocianidine.

Nell'uva sono stati identificati solamente sei antocianidine: cianidolo, peonidolo, malvidolo, petunidolo, delfinidolo e pelargonidolo che, combinandosi chimicamente con gli zuccheri, (ramnosio, glucosio) formano le antocianine che durante l'invecchiamento del vino polimerizzano. (polimeri delle antocianine)  In soluzione le antocianine si presentano in una combinazione di due molecole (in realtà ne sono di più), che differiscono dal fatto che una molecola é colorata e l'altra incolore.  La predominanza di una forma molecolare rispetto all'altra dipende dal valore del pH e dalla presenza dello ione bisolfito.  Dunque, se mutano tali condizioni il colore del mosto o del vino possono variare.

Le antocianine hanno mostrato avere effetti terapeutici nel trattamento della retinopatia diabetica e in generale effetti positivi sulla visione.

Le antocianine sono molecole antiossidanti e dunque possono svolgere un ruolo molto importante nella prevenzione di quelle malattie la cui insorgenza é determinata da una eccessiva produzione di radicali liberi.

Un estratto commerciale chiamato VMA (Vaccinium myrtillum anthocyanin), contenente principalmente glicosidi del delfinidolo e cianidolo é impiegato per migliorare la microcircolazione capillare e come efficace farmaco anticolesterolemico. 

Non sono stati osservati significativi effetti collaterali dal trattamento con le antocianine e alcuni di questi sono stati immessi in commercio ed utilizzati quali coloranti alimentari.

I polifenoli più rappresentativi del vino rosso sono i  tannini condensati, le antocianine e gli acidi fenolici, tutti originati dall'uva.  Queste molecole lentamente si modificano in nuove specie chimicamente differenti.  Le reazioni chimiche che avvengono durante la conservazione e la maturazione del vino rosso è alla base del processo noto come invecchiamento del vino (wine ageing).  Questo fenomeno è molto importante per il vino,  poichè migliora le sue qualità organolettiche.

In Europa il vino viene fatto partendo dalle cultivars di Vitis vinifera il cui contenuto in polifenoli è stato attentamente investigato in questi ultimi anni, impiegando sofisticate metodologie.

Le antocianine sono fondamentalmente responsabili del colore dell'uva, del mosto e del vino novello.  Il malvidolo è tra i più abbondanti agliconi trovati nell'uva e il corrispondente 3 glucoside derivato, chiamato oenina, è con poche eccezioni il maggiore pigmento dell'uva di Vitis vinifera.

Nell'uva le antocianine si accumulano nella buccia, mentre i tannini condensati (procianidine) sono localizzati nei semi. (vinaccioli)

Per ottenere l'estrazione degli antociani dal vino è necessario che la buccia dell'uva rimanga a contatto con il succo per diversi giorni, determinando anche l'estrazione di altri polifenoli, in particolar modo i tannini (estratti principalmente dal l'alcool che si forma durante la fermentazione), contenuti nei semi.  Gli antociani così estratti si vengono a trovare in un liquido avente una  composizione chimica differente da quella in cui si trovano nelle cellule della buccia dell'uva; infatti nel mezzo di fermentazione si trovano anche gli altri componenti dell'uva estratti dal processo di vinificazione.

Dal punto di vista dell'evoluzione del colore due principali fenomeni vengono presi in considerazione: il primo è la reazione di idratazione delle antocianine che apparentemente danneggia il colore (favorendo la reazione chimica in cui scompare il colore) e la seconda è la copigmentazione, che si oppone alla idratazione.  In assenza della reazione di copigmentazione già durante il primo giorno di vinificazione si avrebbe una perdita netta di colore. La perdita di colore, dovuta alla idratazione, è dovuta alla grande quantità di acqua presente nel vino.  Questo fenomeno non può essere evitato.  Abbiamo detto che la copigmentazione rallenta la perdita di colore e consiste in una reazione tra la struttura colorata dell'antocianina e alcune molecole organiche planari ad anello insaturo, ad esempio la catechina.  Molte molecole agiscono come  copigmenti e molte di queste si trovano nell'uva e nel vino.  Come detto un copigmento non ha colore di per se, ma il suo principale ruolo è quello di proteggere l'antocianina dalla idratazione.  Inoltre, la protezione contro l'acqua è molto importante se si vuole mantenere la struttura dell'antocianina intatta.  Con il procedere del tempo le reazioni di polimerizzazione diventano sempre più importanti e in un vino bene invecchiato la percentuale di molecole antocianiche a basso peso molecolare si abbassa notevolmente.

Bakker ha scoperto che un pigmento chiamato vitisina A è formata da oenina (nella forma colorata) e un gruppo formato da carbonio e ossigeno, che stabilizza la struttura dell'oenina; così come nel vino rosso Bordeaux è stato trovato un nuovo complesso molecolare formato da una molecola organica (2-3 butanedione) e da antocianine.  Questi composti stabili sono stati chiamati castavinoli (dal nome dell'autore della scoperta Castagnino).

I radicali liberi sono specie chimiche che hanno perduto nella loro orbita molecolare più esterna un elettrone.  Poiché essi tendono spontaneamente a raggiungere una condizione di equilibrio, essi reagiscono chimicamente con altri atomi o molecole, trasferendo questa condizione di instabilità ad altre specie molecolari.  Questa reazione a catena, nella quale si creano continuamente radicali, si interrompe se nel sistema sono presenti delle molecole antiossidanti.

Il vino come noto, ma anche altri alimenti, sono molto ricchi di molecole antiossidanti.

Solitamente le molecole stabili hanno nel loro orbitale più esterno una coppia di elettroni con proprietà magnetiche opposte (specie diamagnetiche).  Nei radicali liberi un elettrone viene perso e allora la specie diventa paramagnetica.  La tecnica chiamata ESR (electronic spin resonance) identifica le specie radicaliche sfruttando proprio il principio della presenza di elettroni disaccoppiati.  Oltre che in condizioni di stress ossidativo piccole quantità di radicali liberi si formano anche in condizioni fisiologiche, ad esempio durante i processi respiratori.  Solitamente però questi radicali vengono efficacemente neutralizzati dalle molecole antiossidanti presenti nella cellula.

Nei leucociti fagocitanti una piccola quantità di ossigeno viene utilizzata per la formazione dello ione superossido, che pur essendo una specie radicalica e dunque potenzialmente pericolosa, é molto utile perché impiegata per distruggere i batteri ingeriti dal globulo bianco.  Terminata però questa operazione lo ione superossido deve essere eliminato, compito che é svolto da un enzima cellulare, chiamato superossido dismutasi.  Lo ione superossido non é però molto aggressivo come radicale; lo diventa se incontra sul suo percorso l'acqua ossigenata.  Questa reazione chimica chiamata di Haber Weiss genera il radicale ossidrilico,

autentico distruttore della stabilità chimica di molecole biologiche essenziali per la vita della cellula. Come si forma l'acqua ossigenata?

Nella cellula esistono molte ossidasi, (urato ossidasi, xantina ossidasi) la maggior parte delle quali si trovano in organuli cellulari chiamati perossisomi (o microbodies).

Nella cellula, e in misura abbondante nei globuli rossi, si trovano due enzimi deputati alla rimozione dell'acqua ossigenata: la catalasi e la glutatione perossidasi.

In ultimo, l'acqua ossigenata può reagire chimicamente (reazione di Fenton) anche con il ferro dell'emoglobina degli eritrociti per formare sempre i pericolosi radicali ossidrilici.

Alimenti ricchi di molecole antiossidanti, ad esempio il vino, inibiscono l’ossidazione delle LDL o lipoproteine a bassa densita.

Ciò è di fondamentale importanza, in quanto le LDL ossidate sono un fattore di rischio elevato per la insorgenza delle placche arteriosclerotiche.

La placca arteriosclerotica si sviluppa lentamente;  solitamente,  il processo ha inizio con un danno allo strato delle cellule endoteliali, che rivestono un arteria.

L’endotelio, cosi danneggiato, lascia filtrare liberamente le LDL e le piastrine provenienti dal torrente circolatorio.

Le piastrine rilasciano determinati fattori di crescita che inducono le cellule della muscolatura liscia, che si trovano al disotto dell' endotelio, a moltiplicarsi ed a migrare nella zona danneggiata.

Nel contempo i monociti (globuli bianchi) giungono in questa zona, si attivano e diventano macrofagi. Le cellule della muscolatura liscia e i macrofagi ingeriscono, con un meccanismo di endocitosi, una parte delle LDL, degradandole e diventando cellule schiumose.

Se i livelli delle LDL nel sangue sono pero troppo elevati una altra parte di queste lipoproteine non riesce ad entrare nelle cellule.

Il colesterolo che si trova nella struttura delle LDL, insieme alle cellule schiumose, formano un ateroma, cioè un tappo, che nel tempo può ispessirsi e restringere il lume della arteria, provocando, a seconda del distretto anatomico formatasi, un infarto o un ictus.

Goldstein è stato il primo a dimostrare che in realtà le lipoproteine che si legano ai macrofagi non sono semplicemente le LDL circolanti, bensi le LDL ossidate che si formano quando queste interagiscono con i radicali liberi.

E' evidente che la presenza di molecole antiossidanti nella dieta possono impedire la formazione delle lipoproteine ossidate.

Uno studio americano chiamato Zutphen Elderly Study ha esaminato la relazione esistente tra la ingestione di flavonoidi nella dieta e il rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari o CHD.

In questo studio si evince una associazione inversa tra il consumo di alimenti ricchi di flavonoidi e mortalità da CHD.

 

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