Sharon non si ferma ai blocchi stradali

di Meirav Arlosoroff

(Tradotta da Ha'aretz a cura dei cooperanti italiani in Palestina - lettera del 17.05.2001)

Come di consueto, la pubblicazione del rapporto annuale del Fondo Monetario Internazionale sull'economia israeliana avviene sullo sfondo della vecchia battaglia tra il Tesoro e la Banca d'Israele su chi vince ogni anno la lotta per i cuori degli esperti del FMI. Quest'anno, tanto per cambiare, l'ha vinta il Tesoro. Ma la messa a fuoco su questo conflitto e il criticismo del FMI sugli esorbitanti tassi di interesse ha distratto l'attenzione dai commenti del FMI sullo stato dell'economia che in particolare sono l'elogio per la fermezza dei politici. I funzionari del FMI hanno espresso meraviglia sulla forza economica di Israele - la forza dello shekel (NIS, la valuta israeliana - n.d.t.) e il tasso di inflazione consistentemente basso - di fronte ai principali avvenimenti che hanno colpito l'economia negli ultimi sei mesi: l'Intifada e il crollo del Nasdaq. Il FMI ha detto che cio' "riflette successo nel creare credibilita' sia nella politica finanziaria sia in quella monetaria" cosa per cui i politici dovrebbero essere lodati. E continua dicendo che e' della "massima importanza" che le politiche macro-economiche continuino a condizionare la stabilita' economica, cioe' "allentamento delle limitazioni monetarie preservando la disciplina fiscale". Il rapporto del FMI fa sonoramente eco dopo le dimissioni di Rafi Peled da direttore generale dell'Ufficio del Primo Ministro. Ieri Ha'aretz ha rivelato che Peled si e' dimesso perche' non ha voluto essere associato alle politiche ammazza-bilancio del primo ministro Sharon. Secondo Peled, Sharon ha dispensato promesse per piu' di 10 miliardi di NIS () a vari gruppi di particolare interesse, che vanno dai Beduini, agli insediamenti del nord, all'industria delle costruzioni (che, secondo il piano del Ministro dell'Edilizia, Natan Sharansky, supportato da Sharon, incassera' 1,5 miliardi di NIS) a, ovviamente, le colonie. Le colonie avrebbero dovuto incassare per proprio conto 1,5 miliardi di NIS di sovvenzioni, se gli americani non si fossero alzati sulle zampe posteriori per dire no, per cui Sharon sembra aver fatto marcia indietro. Il problema e' che non c'e' nessun altro che possa alzarsi sulle zampe posteriori ripetto ad altri elementi nel bilancio, o almeno nessuno forte quanto Sharon. Il famoso bulldozer, cui persino l'Alta Corte non impedisce di usare suo figlio come emissario diplomatico contro le richieste del Procuratore Generale, non si ferma a nessun blocco stradale, come la struttura del bilancio, l'obiettivo del deficit, il livello del debito nazionale rispetto al prodotto nazionale lordo o il bisogno di investire il denaro dello stato in modi che favorirebbero la crescita. Secondo i rapporti pubblicati ieri, Peled ha capito proprio questo e ha deciso di non esserci quando i bilanci della ripartizione delle imposte alzeranno il fattore di rischio di Israele, che a sua volta alzera' gli interessi che lo stato paga per i crediti sui suoi debiti. Il problema e' che, quando succedera', noi saremo tutti qui. Noi pagheremo tutti il prezzo dei tassi di interesse dei bombardamenti, dello stallo della crescita, della disoccupazione che non diminuisce e, in generale, la delusione della realizzazione che Israele non e' piu' un paese prospero, sebbene abbia avuto tutto cio' di cui aveva bisogno per esserlo.

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