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Il Castello Piccolomini

 

Il castello, così come si ammira oggi, fu eretto, sulle fondamenta di altra antica e diruta struttura, da Antonio Piccolomini, nipote di papa Pio II e genero di Ferrante Secondo, intorno all'anno 1460.

Balsorano, in antico Vallis Sorana, come si legge nelle storie cassinesi di Leoni Ostiense (1046-1115) e in altri documenti medioevali, venne considerato, nel periodo romano un pago e nel medioevo come punto strategico della Valle Roveto e della bassa Marsica, appartenente alla contea di Celano.

Dal Catalogo dei Baroni del Regno delle Due Sicilie, compilato al tempo dei re normanni, risulta nel capitolo " Principato della Valle Marsa " che Rainaldo fu conte di Celano e di Balsorano e di molti paesi e castelli abruzzesi. Prima di Rainaldo furono padroni di queste terre altri signori della Marsica, maggiordomi sotto l'impero di Lodovico II (844-871) i quali, successivamente ebbero il titolo di conte e sottoposti ai Duchi di Spoleto.

Berardo I fu conte di queste terre nel 968. A lui successero nel 981 Rainaldo I ed in seguito Rainaldo II che sposò Susanna figlia del principe di Capua, allora uno dei maggiori feudatari del reame di Napoli.

Il loro figlio Berardo II fu conte dei Marsi, di Rieti e di Narni ed ebbe come successore Rainando III il quale sposò Gesulfa (anno 1000), vedova del conte Landone di Teano e lasciò conte dei Marsi suo figlio Odorisio. Questi prese in moglie Gervisa, figlia del marchese Trasimondo ed ebbe in figlio Baldoino, primo conte di Balsorano, ricordato nelle cronache di Montecassino del secolo XI.

Successivamente, come baronia, le terre di Balsorano passarono sotto il dominio del contado di Celano fino ad Antonio Piccolomini, il quale, con i contributi finanziari dello zio papa Pio II e del suocero Ferrante II d'Aragona, re di Napoli, intorno all'anno 1465 volle ricostruire il castello di Balsorano, assumendone anche la baronia.

Ad Antonio Piccolomini successero altri quattro blasonati con il nome di Alfonso. Fu, poi, conte di Celano e barone di Balsorano Innico Piccolomini, il quale morì, nel 1561 a Roma, dove fu sepolto nella chiesa di S. Maria del Popolo. Egli lasciò unica erede la figlia Costanza, che sposò suo cugino Alfonso V Piccolomini. Questa coppia non ebbe figli per cui la baronessa Costanza visse, poi, separata dal marito. Nel 1572 costei vendette il feudo di Balsorano, con i dipendenti casali e borghi di Morrea, San Vincenzo e San Giovanni Valle Roveto a suo zio Giovanni Carlo Silverio Piccolomini. Con la morte di costui la baronia di Balsorano rimase sempre alla stessa famiglia. Infatti, dal Libro curiale delle visite pastorali che i vescovi di Sora facevano alle chiese di Balsorano, risulta che nel 1663 era barone del luogo Ferdinando Piccolomini e nel 1711 Antonio IV Piccolomini.

Agli inizi del 1700 la famiglia dei baroni Piccolomini si estinse e la baronia di Balsorano passò sotto il dominio del barone Testa, nobile romano i cui discendenti si riapparentarono, in seguito, con i discendenti Piccolomini. Si ebbero, pertanto signori del feudo nel 1723 Ferdinando Testa Piccolomini, nel 1753 Giovanni Ferrante Testa Piccolomini e nel 1767 ancora un Ferdinando. L'ultimo dei Testa Piccolomini, a nome Tiberio, vendette, nel 1850, il castello e le terre al possidente francese Carlo Lefebvre, il quale, per aver promosso le industrie cartarie del Liri, nel 1854 fu fatto conte da Ferdinando II di Borbone.

Morto nel 1858 Carlo, il titolo, il castello e le terre rimasero al figlio Ernesto che ebbe tre figli, tra cui Flavia. Costei sposò don Pedro Alvarez del Toledo, marchese di Casafuerte.

Dopo la morte di entrambi il tutto passò al figlio Illan, che sposò una delle più belle ed affascinanti donne dell'alta aristocrazia parigina. Fu proprio questa stupenda signora la quale si assunse l'onere per la riparazione dei danni causati all'antico maniero dal disastroso terremoto del 13 gennaio 1915.

Nel 1929, intendendo la marchesa trasferirsi a Parigi, il castello e le terre, ormai circoscritte nel solo territorio di Balsorano, vennero acquistati dalla famiglia Fiastri-Zannelli, la quale, pur vivendo a Roma, seppe mantenere decorosamente tutto il complesso per l'amore dell'arte e l'appagamento dei turisti.

Il castello, non più dei Fiastri-Zannelli, dal 1960 è stato trasformato in albergo ristorante.  

 

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