L'antiutopia è qua?
Conclusioni

Abbiamo considerato finora come la non-libertà si sviluppi anche nel mondo reale. È naturale a questo punto chiedersi cosa ci possa essere di reale nell'antiutopia; rifletteremo quindi sui temi che abbiamo incontrato. Nel romanzo Winston non è libero, perché condizionato da se stesso, dalle "gabbie mentali" che si crea, e dal regime in cui vive. Sarebbe troppo facile però ridurre a gabbie mentali i condizionamenti di Winston. Poiché l'assurdo è che queste prigioni le hanno create altri uomini come lui, e non dovrebbe essere difficile uscirne. Ma Winston in un primo tempo, come tutta la popolazione di Oceania, preferisce dare il proprio silenzioso consenso. Ribellarsi vorrebbe dire essere dei rivoluzionari e senza sapere per altro quali vantaggi porterebbe la ribellione. Personalmente credo che tutti ci siamo trovati almeno una volta a difendere grandi ideali (anche simbolicamente o per principio) come la libertà, la giustizia, la solidarietà. Siamo posti davanti al bivio: se scegliere il nostro piccolo, particolarista, meschino interesse personale oppure se decidere di agire perché un'altra ingiustizia si compia, anche se non ci verrà nessuna gloria dalla nostra azione. La vita reale troppo spesso ci porta a scegliere la prima strada per convenienza. Quello che invece innalza Winston nell'olimpo degli eroi è proprio il suo rifiuto di piegarsi nella difesa del Gran Fratello, che è la non-libertà, il sopruso in persona. Combatte contro un sistema più grande e potente di lui in virtù della libertà: un'immagine senza dubbio romantica, ma anche di grande realismo, e proprio per questa sua credibilità dotata di un grande fascino, senza le sdolcinatezze del vero eroe romantico, che inevitabilmente va incontro a un "vissero felici e contenti" certamente affascinante, ma quantomai poco realistico. Un altro elemento che mi conquistato è che Winston è sì un ribelle, ma senza enfasi; ciò che mi conforta è che le sue azioni sono realizzabili: mi verrebbe da dire che se ne avessimo il coraggio, per un giorno, tutti potremmo essere Winston Smith, cercando di difendere un ideale senza pensare, per una volta al proprio interesse personale, pur sapendo che non saremmo eroi acclamati dal popolo. Difficile impresa senza dubbio; poiché la maggioranza è una massa di persone che non sa andare oltre il proprio interesse personale, una folla senza eroi laici. Il dilemma di Winston è perfettamente reale, la massa acritica che popola Oceania siamo noi. Noi che non ci sappiamo ribellare. Ci lamentiamo che il nostro mondo è diventato invivibile, che non ci sono valori, che c'è l'inquinamento, che siamo stressati; però non facciamo niente per combattere queste situazioni. Prendiamo ad esempio il più personale delle problematiche citate: lo stress. La maggioranza delle persone è d'accordo nel sostenere che i ritmi lavorativi della vita moderna sono insostenibili, ma nessuno ha il coraggio di fuggire dalla massa che afferma ciò per crearsi una vita nuova. Non ci sono eroi nel nostro mondo, non c'è neppure un eroe capace di migliorare la qualità della sua vita personale. Sosterrà di certo che non può che c'è un sistema che lo blocca, del tipo se non lavoro non mi pagano se non mi pagano non posso vivere. Mi pare che sia lo stesso ragionamento che sulle prime Winston usava per giustificare il suo non-intervento. Bisogna dire però che la persona stressata in quel sistema è entrata spontaneamente, Winston no (ma questo lo considereremo dopo). Quel "sistema", quella mancanza di valori, quel mondo invivibile l'abbiamo creato noi. E adesso siamo come in gabbia, una gabbia costruita con le nostre stesse mani. Orwell, molto sottilmente ci descriverebbe così: "[…] un mondo di acciaio e di cemento, di macchine mostruose e di armi terrificanti, un popolo di guerrieri e di fanatici, che marciavano innanzi in compagine perfetta, tutti con le stesse idee nella testa e gli stessi slogans sulle labbra, che lavoravano senza stancarsi mai, ed egualmente senza stancarsi mai com'abbattevano, vincevano, perseguitavano; trecento milioni di persone tutte con l'identica faccia" 1984 pag. 79. La concezione della realtà che fa da sfondo a questa citazione è molto pessimistica, ma è questa visione che io personalmente condivido, e che mi ha colpito per la sua incisività ed il crudo realismo: " […] la vera caratteristica della vita moderna non consisteva nella sua crudeltà o nella sua insicurezza, ma solo nella sua nudità, nel suo squallore, in quella sua incapacità d'ascoltare e d'apprendere. […] Una gran parte della vita, anche per un membro del Partito, era neutrale, fuori di qualsiasi interesse o contingenza politica, semplicemente una serie di atti, come lo sgobbare in un lavoro monotono e privo di interesse, sbracciarsi per un posto nella metropolitana, rammendare un calzino bucato…" 1984 pag. 78 Un altra caratteristica di 1984 è il sistema totalitario, che forse è l'elemento meno lontano dalla realtà, in quanto per costruirlo Orwell si basò senz'altro su quelli esistenti. Per quanto possa sembrare assurda e scellerata l'oppressione che vive in questa antiutopia, e la menzogna a cui tutti si sono sottomessi, questo fantomatico Grande Fratello che è in realtà solo una menzogna, non bisogna dimenticare che è esattamente questo il regime che è esistito in questo secolo. Con un'unica differenza: la menzogna è stata la presunta superiorità della razza pura. Il dolore che è inflitto a Winston, mi sentirei di affermare che è stato esattamente dello stesso grado, e inflitto con la stessa crudeltà agli ebrei nei campi di concentramento. Questo lo trovo semplicemente reale, non realistico. I mass media hanno poi contribuito, per mezzo della propaganda, a dare validità a questo mito della razza pura. I mass media inoltre, come hanno dimostrato gli studi citati, sembra che possano creare qualunque opinioni su persone non preparate, il che costituisce un'ulteriore conferma di quanto può essere fragile la nostra libertà. La figura del Grande Fratello, come abbiamo visto, è più volte nominata nella vita reale; si potrebbe ipotizzare che qualcuno ci controlli, come ha dimostrato lo scoppio del caso "Echelon". Pare però che non si abbia una certezza reale che qualcuno ci stia controllando; finora sembra che l'unico spauracchio superato sia quello del Grande Fratello, anche se non passa giorno senza che qualche giornale faccia il suo nome. La dimensione tecnologica sembra che garantisca ancora la nostra libertà effettiva, è anche vero però che non sappiamo più vivere senza rimanere strettamente vincolate alle centinaia di nostre macchinette, in un certo senso siamo dipendenti da loro, pensiamo, valga un esempio per tutti, a come reagiamo quando siamo senza elettricità. I teleschermi e la tecnologia alienante di 1984, sembra che per fortuna non si siano ancora realizzate, anche se fanno sempre più discutere le telecamere, che per ragioni di sicurezza ci spiano in ogni dove. In ultimo è opportuno rivedere le molte citazioni di Marcuse, le quali sembrano portare nella realtà molti aspetti di 1984, come la questione linguistica. Cito di nuovo Marcuse; egli ritiene necessaria una sorta di cura, e ribadisco che qui si sta parlando di "realtà reale", degli anni '60 del nostro secolo, non di Neolingua e di un finto "1984": "La terapia linguistica, è cioè lo sforzo di liberare certe parole dalla completa distorsione del loro significato nell'uso che ne fa l'establishment, esige il trasferimento dei criteri morali dell'establishment alla rivolta contro di esso". Effettivamente il tema della grande menzogna (come chiamo la presunta superiorità della razza pura) e come essa fu travestita da verità, contiene in sé la questione linguistica. Orwell direbbe: "Sapere e non sapere. Essere coscienti della suprema verità nel mentre che si dicono ben architettate menzogne, condividere contemporaneamente due opinioni che si annullano a vicenda, sapere che esse dono contraddittorie e credere in entrambe. Usare la logica contro la logica, ripudiare la morale mentre la si adotta, credere che la democrazia è impossibile e che il Partito è il custode della democrazia." 1984 pag. 39 Ritorniamo ora all'inizio delle nostre riflessioni. Abbiamo affermato che il combattere contro un sistema più potente e grande di lui, sapendo che in termini di gloria personale non ne avrà nulla, solo in difesa della libertà, fa di Winston un eroe, perché in fin dei conti si batte per un'ideale che sente fortemente dentro di sé, come una passione, senza curarsi del pericolo che potrebbe incontrare, egli riesce ancora a sentire nel profondo le ingiustizie, a candidamente, come un bambino vuole battersi contro di esse, è quasi un eroe classico. Winston però non va incontro a un "vissero felici e contenti" , nonostante la nobiltà del suo intento, egli fallisce miseramente schiacciato dal potere del sistema. In questa ricerca si è considerato come dopo il boom economico degli anni '60, fossero seguiti grandi malcontenti in cui il maggiore imputato era proprio il sistema, e come a questo si fosse data risposta proponendo la soluzione dell'utopia e del grande rifiuto. Abbiamo invece visto che le illusioni della rivoluzione che avrebbe dovuto rovesciare il sistema (che altro non sono che le stesse di Winston, trasportate cronologicamente venti anni dopo) sono andate deluse e sono confluite in un altro periodo di violenza, chiamata questa volta terrorismo. Quest'ultima parte che riguarda la storia, dimostra forse meglio di tutte le altre come nella realtà, come, dopo l'utopia che può coincidere idealmente con la fase della rivolta di Winston, non ci sia un lieto fine. Considerando tutti gli elementi dell'antiutopia: la reazione personale di Winston, quella acritica e rassegnata della massa, il sistema totalitario e la menzogna di cui si fa portavoce, il ruolo dei mass media e della tecnologia e la questione linguistica, è comprensibile alla luce anche delle considerazioni fatte più sopra, come l'antiutopia possa assomigliare così tanto alla realtà. Però pur con le inevitabili somiglianze , e le altrettanto inevitabili letture che insistano sull'aspetto profetico che ne sono state fatte allo scoccare della fatidica data , la valutazione delle grandi paure orwelliane - il totalitarismo, la falsificazione e perdita di memoria storica indotta dai mass media, l'annullamento dell'identità individuale, ecc. ecc. - non dovrebbe oscurare la finalità che Orwell perseguiva e il carattere di monito che egli ha dato a 1984, valido per ogni futuro.

Opere di riferimento:
  • George Orwell, "1984", edizioni Oscar Mondadori.
  • George Orwell, "La fattoria degli animali", edizioni Oscar Mondadori.
  • Anthony Burgess, "Arancia Meccanica", edizioni Einaudi Tascabili.
  • Aldous Huxley, "Il mondo nuovo", edizioni Oscar Mondadori.
  • Aldous Huxley, "Ritorno al mondo nuovo", edizioni Oscar Mondadori.
Torna alla sezione: storia Vai alla mappa concettuale