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Chronology

Dalla  STAMPA

            "Sogni volanti": opera grafica di Daisy Mazzetti

 

Venerdì 3.01.2003

"SUD Contemporaneo" Rivista di Storia-Cultura-Idee-Fatti-Legalità.

E' pervenuto, su segnalazione di "Nella" Zingarello, psicologa del CSM di Mesagne (BR), il primo numero della rivista semestrale (Dicembre 2000) edito dall'Istituto "Ugo Arcuri" per la Storia dell'Antifascismo e dell'Italia Contemporanea (Reggio Calabria).

La rivista si propone di diffondere, anche attraverso i contatti dell'istituto "Arcuri" con il mondo della scuola, una cultura impegnata nelle tematiche del meridionalismo, dell'antifascismo e della lotta per la legalità. Nell'editoriale di Rocco Lentini, si sottolinea che scopo della rivista è quello di "riunire intelligenze, competenze, capacità meridionali attorno al progetto di una rivista meridionalista".

Per contatti ed informazioni: istitutoarcuri@tiscalinet.it

 

Domenica, 12.01.2003

Mostra "Il quarto sesso"- Il territorio estremo dell'adolescenza

Firenze- Stazione Leopolda- 9.01.2003- 9.02.2003

La mostra, curata da Francesco Bonami e Raf Simons, attraverso opere (foto)grafiche, installazioni, video di artisti prevalentemente non italiani, intende indagare la complessa fenomenologia adolescenziale, "un'età divisa tra senso d'onnipotenza e incertezze, riletta sconfinando anche in moda e pubblicità" (dalla recensione sul "Sole 24 ore" del 12.01.2003 di Angela Vettese). Catalogo Charta. mailto: discovery@pittimagine.com

 

Sabato, 18.01.2003

Recensione su "Il Messaggero" del 18 gennaio:"Frida & Sabina" di Lietta Tornabuoni.           

                                                 

Traendo spunto dall'articolo della Tornabuoni, in occasione dell'uscita nelle sale cinematografiche di "Frida" (della regista Julie Taymor) e di "Prendimi l'anima" (di Roberto Faenza), proponiamo una serie di contributi rintracciabili nella Rete (vai alla pagina FRIDA/SABINA)

 

Domenica 19.01.2003

Supplemento Domenicale del "Sole 24 ore" dedicato alla filosofia cognitiva.

Contributi di A.R. Damasio, R. Casati, A. Massarenti, G. Corbellini, G. Tononi, M. Di Francesco.

 

Articolo su "Il Messaggero" del 19.01.2003 "Sul lettino con Buddha e Freud" di Anna Guaita. (in tema di psicoterapia transculturale)

 

Giovedì 30.01.2003

Popper e Laing contra Freud  di E. Caianiello. Contributo in due parti apparso sulla rivista "Psichiatri oggi", anno IV, numeri 10 e 11 (novembre e dicembre 2002).

La rivista della Società Italiana di Psichiatria (S.I.P.) pubblica in due parti questo importante contributo di epistemologia psichiatrica. La prima parte prende le mosse dal criterio di "falsificabilità" di Popper, e di come la psicoanalisi sia solo uno dei "bersagli" della critica del filosofo austriaco, condividendo tale obiettivo con la filosofia platonica e l'"hegelo-marxismo" . Prop osito dichiarato dell'autore consiste nel << criticare lo stesso Popper, per mostrare come lui stesso non sia riuscito a tener fede fino in fondo alla sua impostazione, pur propugnando un illuminismo senz'altro più autentico di quello che Freud si attribuisce e una fede meno dogmatica di quella degli altri filosofi>>.  L'autore valorizza, poi, degli aspetti realmente "illuministi" del metodo scientifico freudiano:<<Freud è infatti un raro esempio di attenzione ai dati d'esperienza ed al loro potere di smentita.L'isea di Inconscio dinamico anti-janetiano nasce sulla chiara consapevolezza critica di Freud del suo statuto di modello e metafora; la teoria della seduzione è abbandonata in nome di una spassionata attenzione alla verità dei fatti; la nascita del concetto di pulsione di morte mostra una disponibilità a rivedere l'interezza di un'impostazione trentennale che lascia pochi dubbi sul fatto che Freud fosse uno scienziato>>.

Giovedì, 24.04.2003

"L'analista anima e corpo": recensione di Luciana Sica su "La Repubblica" (pagina Cultura) del convegno "Il paradosso della persona dell'analista" in programma a Sorrento dal 24 al 27 aprile 2003.

Dall'articolo di Luciana Sica:"Quanto contano l'aspetto fisico, il sesso, il carattere in un rapporto di cura psicoanalitica?(...)'Persone' s'intitola la relazione introduttiva di Domenico Chianese, presidente della Società psicoanalitica italiana e autore di un saggio raffinato come Costruzioni e campo analitico (uscito da Borla)(...)<<Siamo dentro a un paradosso irrisolvibile, perché di fatto- per dirla con Sechaud - l'analista è personne, nell'accezione duplice che questa parola ha nella lingua francese, di persona e di nessuno. Si può anche ricorrere a Marc Augé che - definendo il concetto di persona - evoca le nozioni di personalità e di personaggi. Questo cade a pennello per l'analista che diventa un personaggio determinato dal transfert del paziente (...).Un bravo analista - dice Chianese - è uno capace di essere se stesso mantenendo però la giusta distanza da se stesso, uno sempre in grado di 'uscire di scena'. L'elemento centrale della sua persona è il costante contatto durante la vita con l'inconscio, e dunque la sua mente e il rapporto con i propri affetti.(...) >>

A Sorrento Lorena Preta ha invitato Giulio Giorello e Paolo Fabbri a un incontro con i direttori delle riviste europee di psicoanalisi, e intanto un analista italiano sarà - da settembre - l'editor per l'Europa dell'International Journal of Psychoanalysis. Succede per la prima volta e non sorprende che l'incarico sia stato affidato a Antonino Ferro, conosciuto com'è all'estero: il suo ultimo libro, Fattori di malattia fattori di guarigione (Cortina), sta per uscire in inglese, francese, spagnolo e portoghese. E' bella la relazione conclusiva di Ferro a Sorrento, quasi un modello per limpidezza concettuale e capacità di restituire l'intensità dell'esperienza analitica. Qui dice:<<Bisogna intendersi su cosa vuol dire la persona dell'analista. Io sono soprattutto interessato alle specifiche caratteristiche del suo funzionamento mentale in seduta, e dunque a una delle variabili del processo analitico. Il modo di funzionare (o disfunzionare) dell'analista dipende da una serie di fattori come la qualità del suo assetto interno, la capacità di ricevere le emozioni del paziente, di porsi sulla stessa lunghezza d'onda, di mettersi in gioco o anche di modulare il proprio narcisismo. Ma fanno la loro parte anche una serie di contingenze, comprese le vicende esistenziali. L'analista ha forse qualche strumento in più per evitare che la propria sofferenza tracimi verso il paziente, in ogni caso il suo funzionamento mentale è tra i fattori di guarigione e dunque è necessaria una manutenzione di questo strumento, anche ricorrendo - qualora ce ne fosse bisogno e come del resto suggeriva Freud - a una tranche di analisi>>.

Mercoledì 30 aprile 2003

"Senza paura di Virginia Woolf" articolo di Daniel Mendelsohn su 'La Rivista dei Libri"(anno XIII,n°4, aprile 2003). Recensione del libro di Michael Cunningham "Le ore"(trad. Ivan Cotroneo, Bompiani, 2003), da cui è stato tratto il film "The Hours" (redia di Stephen Daldry). Sulla storia psichiatrica della Woolf si veda in questo sito il contributo di Malcolm Ingram "SOTTO UN MARE TEMPESTOSO"

Nella stessa rivista si veda l'articolo "Il destino di Sabina Spielrein" di Luciano Mecacci. Sulla psicoanalista russa, in questo sito, si veda la pagina dedicata (anche alla figura di Frida Kahlo)"Frida & Sabine".

Martedì 6 maggio 2003

"Delinquenti dentro. Una nuova biografia di Cesare Lombroso, fondatore dell'antropologia criminale, riformatore e studioso del genio e della follia" recensione sul Domenicale del Sole 24 ore del 4.5.2003 del libro di Delia Frigessi "Cesare Lombroso" (Einaudi, 2003). Riportiamo un estratto dalla recensione di Armando Massarenti:

<<Oggi non è difficile, anzi appare naturale, ricondurre a tracce di lombrosismo i ritorni al determinismo biologico-genetico che sono il prodotto delle comunità scientifiche di mezzo mondo, per interpretare le anomalie comportamentali (schizofrenia o omosessualità e via dicendo) e per scoprire i fattori biologici della criminalità>>. Così scrive Delia Frigessi nel volume dedicato a "Cesare Lombroso", in libreria nei prossimi giorni per le edizioni Einaudi (pagg.426, euro 34) (...). Tracce molto evidenti, e delle più sgradevoli, le troviamo, a cinquant'anni dalla scoperta della doppia elica, proprio nell'ultimo libro di James Watson DNA, The Secret of Life (Knopf, New York 2003). E non è la prima volta che Watson, in maniera piuttosto acritica, e fischiato dagli studenti, sostiene che la violenza è ereditaria, che ci sono differenze razziali di intelligenza e di genere nell'abilità matematica e via dicendo. Alcune settimane fa, insieme alla notizia del completamento del genoma, è arrivata anche quella del "gene della violenza", che sarebbe associabile al cromosoma Y. Nel rapporto Neurobiology of Suicide and Aggression, scritto da John Mann per l'American College of Biopharmachology, comunque si leggono affermazioni ben più caute di quelle di Watson, e altrettanto caute appaiono quelle di Matt Ridley, già autore di Genoma, e che ha appena pubblicato Nature via Nurture. Genes, Experience and What Makes us Human (...). In parte Ridley condivide le critiche che al determinismo genetico, quando esso è particolarmente carico di pregiudizi ideologici, hanno mosso biologi come Richard Lewontin e il compianto Steven Jay Gould, che nel suo splendido The Mismeasure of Man dedicava proprio a Lombroso un ampio capitolo.

Tuttavia egli ritiene che, benché sia assurdo attribuire ai geni cose che sicuramente non fanno, non bisogna sottovalutare ciò che essi invece, spesso in maniera ben dimostrata, fanno. Non è che i geni contino più di altri fattori, sostiene Ridley, però contano. Ci sarebbe un modo per essere deterministi coerente con uno spirito libertario e riformista (l'importante è non essere anche fatalisti), e ciò emergerebbe proprio dal caso del gene dell'omosessualità:<<l'intolleranza conservatrice contro l'omosessualità ha preso ad attaccare ogni dimostrazione della sua natura genetica>>, mentre sulle t-shirt appaiono scritte come <<Gene Xq48: grazie, mamma>>.

Una possibile lettura del grande lavoro di ricostruzione svolto da Delia Frigessi può partire proprio da qui. Senza negarne gli aspetti che oggi possono apparirci inquietanti, Lombroso viene liberato dalle immagini negative che si sono diffuse durante tutto il Novecento, spesso legate al trionfo dell'idealismo e al discredito gettato sul positivismo e sul materialismo. Egli, proprio attraverso teorie come quelle dell'atavismo, è l'artefice di una rivoluzione in campo medico e il fondatore di una nuova scienza, l'antropologia criminale, che modificherà alla radice il diritto penale e l'idea stessa di responsabilità e imputabilità delle colpe. E quando dallo studio della  diversità del delinquente si passa a quella del folle e dell'uomo di genio assistiamo, sostiene Frigessi, a una vera rottura epistemologica che investe uno spirito da sempre riformista: protagonista di salutari <<spinte evolutive>> per la società diventano le <<anomalie progressive>> del rivoluzionario, distinto dal delinquente politico, e dell'uomo di genio, frutto di degenerazione ma portatore di creatività.

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