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LA CITTA’ DI COKETOWN

Tempi Difficili (Hard Times, 1854) è il romanzo in cui Dickens esprime più esplicitamente la sua polemica contro l’ideologia utilitaristica, lo sfruttamento economico e la crudeltà delle istituzioni.

[] Coketown era una città fatta di mattoni rossi, o meglio di mattoni che sarebbero stati rossi se il fumo e la cenere lo avessero permesso; ma, per come stavano le cose, era una città innaturalmente rossa e nera, come il volto dipinto d’un selvaggio. Era una città di macchinari e di lunghe ciminiere, dalle quali strisciavano perennemente interminabili serpenti di fumo, che non si srotolavano mai. C’era un canale nero e un fiume che scorreva, arrossato da tinture maleodoranti, e c’erano enormi blocchi di costruzioni piene di finestre in cui si sentiva tutto il giorno un tintinnio tremolante e in cui il pistone della macchina a vapore andava su e giù con monotonia, come la testa di un elefante colto da una pazzia malinconica. La città aveva molte grandi strade tutte uguali l’una all’altra, e molte piccole strade ancor più uguali l’una all’altra, abitate da persone uguali l’una all’altra, che uscivano e entravano tutte alla stessa ora, facendo lo stesso rumore sugli stessi marciapiedi, che avevano tutte lo stesso lavoro e per le quali ogni giorno era uguale al giorno precedente e a quello futuro, e ogni anno era la copia dell’anno passato e di quello ancora da venire. [] La prigione avrebbe potuto essere l’ospedale, l’ospedale avrebbe potuto essere il municipio, il municipio avrebbe potuto essere l’uno o l’altra o tutti e due, o qualunque altra cosa, per quel che appariva dalle grazie di quelle costruzioni.

 

 (Charles Dickens, tratto da Tempi Difficili, 1854)