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Disastro Shuttle Columbia

Nasa sotto accusa

Washington 26 Ago - Accanto al problema tecnico (il distacco di un pezzo di isolante), l'assenza di un programma di sicurezza che impedì di valutare la gravità del danno e di salvare gli astronauti; Il rapporto della commissione d'inchiesta punta il dito contro l'agenzia spaziale americana: se le lacune non saranno colmate, vi saranno altri incidenti. - Il disastro dello Shuttle Columbia fu colpa sì di un incidente tecnico al decollo ma anche di un'organizzazione piena di lacune. La commissione d’inchiesta della Nasa “Columbia accident investigation board' conclude l’indagine sull’esplosione della navicella, che scorso primo febbraio ha provocato la morte di sette astronauti, con un rapporto che accusa proprio l’agenzia spaziale americana. Il problema tecnico che si è verificato al decollo - scrive la commissione composta da 13 esperti e presieduta dall'ex ammiraglio della Us Navy, Harold Gehman jr. - è stato il distacco di un pezzo di schiuma isolante da un serbatoio esterno dello shuttle. Il frammento ha colpito la parte inferiore dell'ala, danneggiando il rivestimento antisurriscaldamento. Sotto accusa è però, più in generale, una "cultura sbagliata", ossessionata dalle scadenze, affamata di sovvenzioni e sostanzialmente incapace di migliorare la sicurezza dai tempi del disastro del Challenger, nel 1986. "Se queste lacune sistematiche, persistenti non verranno colmate - si legge nel rapporto di 248 pagine il cui contenuto è stato reso pubblico oggi - vi saranno altri incidenti". La Nasa – denuncia il rapporto - non possiede un programma specifico di sicurezza, non ha inoltre dedicato attenzione alle scadenze nei programmi (un fatto che gioca contro la sicurezza). Carenti i fondi. Nel rapporto vengono sostanzialmente confermati i dettagli della dinamica del dramma, già ampiamente anticipata dalla stampa americana. E si trae un'amara conclusione: in condizioni diverse di sicurezza gli astronauti si sarebbero potuti salvare. Al momento del lancio, il 16 gennaio 2003, nessuno si accorse che il pezzo di materiale isolante staccatosi dal serbatoio danneggiò inesorabilmente un pezzo di ala, perché l'area dell'incidente si trovava in un angolo morto non coperto dalle telecamere di controllo. Ottantuno secondi dopo il lancio dalla base di Cape Canaveral, in Florida, un pezzo di materiale isolante (polistirene) del peso di quasi un chilogrammo e della grandezza di uno schermo televisivo si staccò dal serbatoio principale della navicella. Il frammento colpì la parte inferiore dell'ala sinistra alla velocità di più di 800 chilometri all'ora. L'impatto danneggiò un'area tra i 15 e i 25,4 centimetri di grandezza. Il giorno successivo al lancio gli ingegneri della Nasa si accorsero dell'impatto analizzando un video di osservazione a lunga distanza: l'obiettivo mostrò una zona di impatto più o meno quadrata di circa due piedi quadrati (poco più di 0,17 metri quadrati), da cui però non emerse se c'era un danno. Se i controllori di volo avessero capito la gravità della situazione, si sarebbe potuto anticipare la missione dell'Atlantis già pronta per partire in marzo. La navetta, con quattro persone a bordo, avrebbe raggiunto il Columbia già nel primo giorno di viaggio. I due Shuttle si sarebbero posizionati uno di fronte all'altro con i portelloni di carico aperti; gli astronauti del Columbia, indossata la tuta per le passeggiate spaziali, avrebbero potuto raggiungere a piedi l'Atlantis che sarebbe rientrato a terra con i quattro padroni di casa nel ponte di volo e i sette ospiti nel ponte mediano. Poi, sarebbe stato possibile guidare, dal centro di Houston o da Cape Canaveral, il Columbia in modo da farlo cadere nel Pacifico oppure spingerlo su un'orbita più alta con la prospettiva di inviare in un secondo momento una missione di riparazione.

(Aggiornato il 26 Agosto 2003 ore 18:00)

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Ultimo aggiornamento: 27-08-03.

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