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STRAGE DI PIAZZA FONTANA

 

TUTTI ASSOLTI IN APPELLO

 

MILANO 12 MAR - I tre imputati principali della strage di piazza Fontana sono stati assolti. In primo grado avevano avuto l'ergastolo. I giudici della seconda Corte d'assise d'Appello di Milano hanno assolto Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni per non aver commesso il fatto. Hanno invece ridotto da tre a un anno di reclusione la pena per Stefano Tringali, accusato di favoreggiamento.
Il legale di parte civile del Comitato familiari
delle vittime di piazza Fontana, Federico Sinicato, ha definito ''sorprendenti'' le conclusioni a cui sono giunti i giudici della seconda corte d'assise d'appello di Milano che hanno assolto gli imputati del processo per la strage che il 12 dicembre 1969 causo' 17 morti e 84 feriti a Milano. ''Non immaginavo che la Corte, che pure ha seguito accuratamente l'intero processo, ha sentito Martino Siciliano e potuto prendere atto della falsita' dei testi a difesa, potesse arrivare a un verdetto di non colpevolezza'', ha detto Sinicato. ''Sono conclusioni che trovo sorprendenti'', ha detto il legale che ha spiegato di attendere le motivazioni per valutare il ricorso in appello.

 (Aggiornato il 12 Marzo 2004 ore 14:30)

 

SCONFORTO TRA PARENTI VITTIME

MILANO 12 MAR - E' lo sconforto il sentimento che prevale tra i parenti delle vittime della strage di piazza Fontana, dopo l'assoluzione dei tre principali imputati da parte del giudici della seconda corte d'assise d'appello di Milano. ''E' come se l'avessero ucciso un'altra volta'', ha detto uno dei parenti delle vittime mentre Anna Maria Mocchi, che ebbe il marito ferito nella esplosione del 12 dicembre del '69 (l'uomo mori' diversi anni dopo) ha esclamato: ''se uno solo fosse stato condannato sarei andata in carcere a trovarlo e gli avrei chiesto: 'perche' l'hai fatto?'''. Deluso anche il legale dei familiari delle vittime, Federico Sinicato, il quale attende di leggere le motivazioni, per la stesura delle quali i giudici si sono riservati 30 giorni, per poi presentare ricorso in Cassazione.

 (Aggiornato il 12 Marzo 2004 ore 13:50)

 

QUEL 12 DICEMBRE 1969

ROMA 12 MAR - Milano, 12 dicembre 1969, ore 16.30. Con l'esplosione di una bomba nel salone degli sportelli della Banca Nazionale dell'Agricoltura, al numero 4 di piazza Fontana, comincia una nuova fase della ''strategia della tensione'', che insanguinera' l' Italia per anni. Al contrario della quasi totalita' delle altre banche, a quell' ora il salone della Bna e' ancora pieno di gente, perche' vi si svolgono contrattazione del mercato agricolo. L' ordigno e' collocato sotto il tavolo centrale, in una valigetta. L' attentato causa diciassette morti (quattordici sul colpo, due nei giorni successivi, uno morto dopo anni per le conseguenze dell' esplosione) e 84 feriti e ha un effetto devastante anche sull' opinione pubblica. Ma la bomba di piazza Fontana non e' la sola di quel giorno. Poco dopo la strage di piazza Fontana, una bomba viene scoperta nella sede milanese della Banca Commerciale Italiana, in piazza della Scala 6. A Roma, alle 16.55, una bomba esplode nel passaggio sotterraneo della Banca Nazionale del Lavoro che collega l'entrata di via Veneto con quella di via San Basilio. I feriti sono quattordici. Alle 17.22 e alle 17.30, sempre a Roma, esplodono altre due bombe. Una davanti all' Altare della Patria (alla base del pennone dell' alzabandiera), l'altra all'ingresso del museo del Risorgimento, in piazza Venezia. I feriti sono quattro. Le indagini, immediatamente dopo la strage, vengono orientate verso gli anarchici, in particolare su Pietro Valpreda, sul circolo del Ponte alla Ghisolfa di Milano e su quello del 'XXII Marzo' di Roma. Solo nel 1971, un' inchiesta condotta dal giudice di Treviso Giancarlo Stiz, partita dalle dichiarazioni di Guido Lorenzon, dirige l' attenzione verso i gruppi neofascisti veneti. Qual era l' obiettivo immediato della strage ? Nessuno dei processi, neanche quest'ultimo, ha saputo dare una risposta, anche se emerge in modo evidente la volonta' di condizionare la realta' italiana in modo da provocare un ''richiamo all' ordine''. Aldo Moro, nel suo 'Memoriale', scrive: ''La cosiddetta strategia della tensione ebbe la finalita', anche se fortunatamente non consegui' il suo obiettivo, di rimettere l' Italia nei suoi binari di normalita', dopo le vicende del 1968 e il cosiddetto autunno caldo. Si puo' presumere che paesi associati a vario titolo alla nostra politica e quindi interessati a un certo corso politico vi fossero in qualche modo impegnati attraverso i loro servizi segreti di informazione''.

 (Aggiornato il 12 Marzo 2004 ore 12:20)

 

MOTIVAZIONI SENTENZA PRIMO GRADO

ROMA 12 MAR - Secondo le motivazioni della sentenza di primo grado, depositata il 19 gennaio 2002, non si sa ancora chi fu a depositare la valigetta con la bomba che provocò la morte di 17 persone e il ferimento di altre 84 all' interno della Banca Nazionale dell'Agricoltura in Piazza Fontana a Milano. I giudici della seconda Corte d'Assise di Milano, che il 30 giugno 2001, dopo un anno e mezzo di processo, hanno condannato all'ergastolo Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni, non hanno pero' dubbi nel sostenere che la strage, che apri' la stagione del terrore in Italia, fu ideata, organizzata e materialmente eseguita dai fascisti della cellula veneta di Ordine Nuovo. Nelle 850 pagine delle motivazioni della sentenza, i giudici hanno sostenuto che il quadro delle prove raccolte ''e' solidissimo'', che la strage e' stata voluta e che i pentiti Carlo Digilio e Martino Siciliano sono credibili.

DELFO ZORZI - Non c'e' la prova, scrivono i giudici, che sia stato lui a depositare la valigetta con la bomba all'interno della Bna ma non ci sono dubbi, anche grazie alle testimonianze di Digilio e Siciliano, che abbia ideato e partecipato alla fase esecutiva della strage. Per i giudici e' accertato che Zorzi teorizzo' la strategia stragista, che con Maggi assunse il ruolo di ideologo del gruppo e che nel 1969 partecipo' a diversi attentati. Non solo: i giudici spiegano anche che Zorzi, oltre a progettare un attentato contro Mariano Rumor, chiese a Vincenzo Vinciguerra, responsabile della strage di Peteano, di fare espatriare Franco Freda. Nelle motivazioni e' anche stato giudicato irrilevante che il 6 dicembre si trovasse a Napoli. La circostanza serviva alla difesa di Zorzi a negare l'incontro del giorno successivo dell'ordinovista con Carlo Digilio a Canal Salso a Mestre. Digilio ha raccontato che fu in quell'occasione che Zorzi gli mostro' l'esplosivo che con l'auto di Maggi stava trasportando a Milano.

CARLO MARIA MAGGI - Secondo i giudici la definizione di mandante e' un'espressione sintetica e riduttiva sul ruolo dell'ispettore di ON per il Triveneto. Oltre ad aver teorizzato la strategia stragista, fu lui, secondo la Corte, a fornire l'auto per il trasporto, da Mestre a Milano, dell'esplosivo, cosi' come aveva fatto per gli attentati di Trieste e Gorizia dello stesso anno. I giudici sostengono anche che Maggi nei giorni immediatamente precedenti alla strage preannuncio' gli avvenimenti a Digilio, sollecitandolo ad avvisare i militanti veneziani perche' non tenessero armi in casa e perche' si precostituissero un alibi. Maggi, inoltre, scrivono i giudici, ribadi' a Digilio il suo coinvolgimento nell'attentato, giustificando con la logica politica le vittime della strage.

GIANCARLO ROGNONI - I giudici si sono convinti della sua colpevolezza dalla testimonianza dell'estremista di destra Edgardo Bonazzi che ha riferito di avere appreso da Nico Azzi che Rognoni ebbe un ruolo di supporto logistico negli attentati del 12 dicembre, con particolare riferimento all'ordigno collocato nella sede della Banca Commerciale di piazza Scala, dove aveva lavorato. I giudici hanno comparato la metodologia degli attentati di Trieste e Gorizia dove, appunto, fu necessaria una base logistica. Tanto piu' serviva per la strage di piazza Fontana che richiedeva una coordinazione materiale con gli attentati di Roma e i militanti milanesi che conoscessero i luoghi.

Certo il legame tra la Fenice di Rognoni e i veneti di On. CARLO DIGILIO - Accusato come gli altri della strage, ha collaborato con la giustizia per cui, per lui, il reato e' prescritto. Sicuramente Digilio ha collaborato per ottenere i benefici ma l'apporto dato alle indagini e' stato giudicato fondamentale. L'episodio piu' importante raccontato dal pentito, secondo i giudici, e' quello relativo all'incontro con Zorzi il 7 dicembre del '69 a Canal Salso quando verifico' l'esplosivo che doveva servire per gli attentati del 12 dicembre. Digilio ha detto il vero anche quando ha parlato dei servizi segreti americani, nonostante le molte incongruenze sui suoi presunti referenti David Carret e Teddy Richards. Secondo i giudici, tra l'altro, anche se fosse stata accertata la falsita' delle dichiarazioni di Digilio su questo aspetto, non venivano meno le dichiarazioni sulle responsabilita' di Zorzi e Digilio nella strage.

FREDA E VENTURA - Non erano imputati in quanto la loro assoluzione a Bari e' passata in giudicato. I giudici hanno pero' recuperato quelle sentenze per dimostrare che, anche se non piu' processabili, Freda e Ventura avevano contatti con Delfo Zorzi e Carlo Maria Maggi. In particolare si sono soffermati sul particolare che Freda deteneva i timers serviti per diversi attentati. Freda, che e' stato sentito in aula, e' stato definito testimone ''reticente e falso''.

STEFANO TRINGALI - Accusato di favoreggiamento e' stato condannato a tre anni di reclusione. Il suo ruolo, scrivono i giudici, e' stato quello di aiutare Zorzi nell'azione di depistaggio delle indagini.

 (Aggiornato il 12 Marzo 2004 ore 12:00)

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Ultimo aggiornamento: 04-06-05.

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