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C'è aria di Regime

Giustizia, la controriforma di Borrelli

Iniziativa di Micromega: in 1500 per sentire l'ex pg milanese. In platea
anche la Ariosto. "C'è aria di regime, come nel periodo fascista". No alla
separazione delle carriere, no all'immunità per i parlamentari.
 
MILANO 18 FEB - “Che ci siano segnali di regime mi sembra innegabile, basta vedere cosa sta accadendo con la tv, ormai tutta a senso unico. Ma quello che più mi spaventa è il servilismo volontario di molti verso il potente, il piegare la schiena felici di farlo. Ecco, questo atteggiamento avveniva anche nel periodo fascista”. Francesco Saverio Borrelli, nel tirare le fila al lungo
incontro pubblico che lo ha visto protagonista ieri sera a Milano, non è
tenero con Silvio Berlusconi e il suo governo: l’ex procuratore capo di
Milano ha cercato di parlare solo di giustizia, ma non si è tirato indietro
di fronte agli inviti a sparare a zero che gli venivano dai suoi
interlocutori, Paolo Flores d’Arcais, Marco Travaglio e Massimo Fini.

La serata è stata organizzata dal direttore di MicroMega per parlare di “Un
programma per la giustizia”, ovvero i punti per una riforma messi nero su
bianco da Borrelli sull’ultimo numero del mensile diventato il punto di
riferimento della sinistra ‘movimentista’. E per la prima uscita pubblica
dell’ex capo del Pool dopo il suo pensionamento, sono arrivati in tantissimi
a riempire il bell’auditorium di via San Gottardo: gente comune, milanesi
che forse rimpiangono un po’ i tempi di Mani Pulite. Tra i pochi vip, da
segnalare in prima fila la presenza di Stefania Ariosto, la teste Omega nel
processo Sme che vede imputati Previti e Berlusconi. Borrelli, dunque,
sorridente e rilassato, appena tornato da Bruxelles dove l’Università
Cattolica gli ha conferito la laurea honoris causa “per il suo impegno in
difesa dell’indipendenza della magistratura in Italia”. Innanzitutto, una
precisazione: “Ho scritto qualche appunto di una possibile riforma della
giustizia perché mi è sembrato utile dare qualche consiglio, vista la mia
lunga esperienza. Ma sia chiaro che non ho la minima intenzione di darmi
alla politica: sono e rimango un magistrato. E un magistrato che ama davvero il suo lavoro non dovrebbe mai scendere in campo”, dice Borrelli rifilando una staffilata ad Antonio Di Pietro, senza nominarlo.

E vediamo, dunque, i consigli di Borrelli sulla giustizia. Per accorciare i
processi, per esempio, l’ex procuratore propone di bloccare la prescrizione
al momento del rinvio a giudizio: “così gli imputati non cercherebbero più
di tirare in lungo per arrivare alla prescrizione del reato”. Altra
proposta-schock è l’abolizione dell’appello per i processi che si effettuano
con rito ordinario: un solo grado di giudizio, roba da far venire i capelli
verdi a Carlo Taormina. E poi il punto cruciale, la separazione delle
carriere: “Se mi dimostrano che la divisione è meglio, ben venga. Ma fino a
oggi l’unicità è stata feconda: occuparsi di funzioni diverse porta i
magistrati ad avere una più ampia cultura giuridica e una maggiore
esperienza legislativa, e questo non può fare che bene sia a chi deve
indagare, sia a chi deve giudicare”.

Inevitabilmente, però, tutto ritorna sempre al rapporto tra magistratura e
politica, e alla guerra in corso tra governo e procura milanese. E a quel
‘resistere, resistere, resistere’ pronunciato da Borrelli proprio un anno
fa, parole che riecheggiano ancora forti sulla scena politica italiana. E
anche ieri sera ‘resistere’ è stato il verbo più pronunciato. “Accusarci di
giacobinismo dimostra tutta la modestia culturale e legislativa di chi ci
governa – afferma Borrelli – sono loro invece a pretendere di non sottoporsi
alla legge in nome del consenso ottenuto dal popolo: secondo la loro logica,
chi viene eletto diventa intoccabile. Beh, i giacobini sono loro”. Ogni
riferimento alla legge Cirami è puramente voluto. “Per i suoi effetti,
bisogna vedere come si comporta la Cassazione. Però è significativo che,
all’indomani dell’approvazione, siano arrivate richieste a pioggia di
trasferimento di processi in corso”.

Il pubblico, a ogni stilettata contro il premier, applaude, anzi ne vorrebbe
di più. Ma è lo stesso Borrelli a frenare, quasi imbarazzato. E così tra un
no all’amnistia per i reati di Tangentopoli e le critiche all’operato del
ministro Castelli (caso Abate e procura di Bergamo), il procuratore confessa
che, in certi momenti, per il Pool sentire l’appoggio della gente “era come
l’ossigeno, dava la forza ad andare avanti”, anche se il rammarico è di “non
essere riusciti a invertire la tendenza, a cambiare le abitudini degli
italiani: oggi purtroppo di corruzione ce n’è come prima”. Bisognerebbe,
secondo l’ex procuratore, continuare a diffondere la cultura della legalità,
unita a meccanismi di autocontrollo nella politica e nella pubblica
amministrazione.

“Ma perché Mani Pulite oggi non c’è più? Forse avete fatto degli errori
come, per esempio, esternare troppo sui giornali?”, incalza Massimo Fini. “A
un certo punto abbiamo deciso di comunicare con i media, di renderci
visibili, perché un’intera classe politica stava cadendo ed era nostro
dovere spiegare alla gente quello che stava accadendo, il significato del
nostro lavoro. Poi forse qualcuno può aver peccato di eccessivo narcisismo –
risponde Borrelli – per quanto riguarda la sua fine, all’insofferenza della
classe politica si sono unite una certa dose di stanchezza da parte della
gente e una forte campagna di delegittimazione nei nostri confronti da
alcuni partiti e giornali. Il resto è storia di questi giorni, con un
Presidente del Consiglio che fa leggi ‘pro domo sua’, comprese le ultime
sulle assicurazioni e sulle perdite finanziarie delle società di calcio”.

Insomma, il ‘pensionato’ Borrelli sembra molto agguerrito. E Flores e
Travaglio, nonostante ciò che dice il diretto interessato, forse oggi hanno
trovato un nuovo alleato.

(Aggiornato il 18 Febbraio 2003 ore 10:00)

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Ultimo aggiornamento: 18-02-03.

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