Servitù
militare
Il
Cagliari Social Forum accetta nelle sue linee il documento approvato
dai SF riuniti all’ultimo incontro di Bologna e fa presente che
al più presto invierà un suo contributo originale anche sugli
aspetti organizzativi. Il CASF informa che la Sarda Esplosivi
Industriali di Domusnovas (CA) sta riconvertendo la produzione
di esplosivi per uso civile al bellico, in seguito alla chiusura
del settore esplosivi della casa madre Società di Esplosivi Industriali
a Ghedi (BS). La nuova produzione riguarderà il caricamento di
bombe per aerei (probabilmente Tornado e non solo), con brevetto
innovativo USA che consente agli “operatori” di lavorare con maggiore
tranquillità, in quanto le bombe sarebbero a parità di potenza
esplosiva, meno sensibili alle grosse variazioni di calore e conseguenti
esplosioni accidentali. Il CASF fa inoltre presente che il 66%
delle installazioni italiane della NATO sono concentrate sull’Isola:
ben ventiquattromila ettari di terra espropriata, e le zone di
mare militarizzate tutt’intorno alla Sardegna superano la superficie
dell’Isola stessa. Si può quindi ben affermare che la Sardegna
ha il maggior numero di basi e poligoni militari in Italia. Si
tratta di spazi dove si sperimentano nuovi sistemi d’arma, ivi
compresi quelle all’uranio impoverito, che dopo avere devastato
l’Iraq, la Jugoslavia e l’Afghanistan (?), stanno determinando
l’aumento vertiginoso delle leucemie non solo fra quelle popolazioni
ma anche fra gli abitanti sardi ed i militari che hanno prestato
servizio in dette basi. Ciò è stato finalmente segnalato anche
dalla stampa e da alcuni parlamentari mentre per anni le proteste
del movimento sardo sono state per anni ignorate: si tratta dei
crimini NATO “in tempi di pace”, che vanno ad aggiungersi a quelli
già denunciati da Amnesty, Tribunale Ramsey Clark, … relativi
a quelli di guerra. Finalmente settori crescenti della cittadinanza
sarda, illusa e ricattata per anni col motto “le basi ci portano
lavoro”, si stanno risvegliando e cominciano a valutare con preoccupazione
la devastazione dell’ambiente, della salute propria e dei propri
bambini, sempre più evidente nei piccoli paesi (leucemie, nati
focomelici, …). Con la costituzione della fabbrica di bombe, con
la sperimentazione e conservazione delle stesse e di altri ordigni
delle forze NATO in Sardegna, si opera un ulteriore passo nel
trasformare l’isola in una enorme base sempre più armata, con
un indotto di piccole aziende sempre più attivo e numeroso nel
sostegno indiretto alla guerra: manutenzione delle bombe, dell’elettronica
per la guerra, dei radar militari e sperimentali. Senza dimenticare
che i poligoni rappresentano, dopo la guerra reale, la migliore
fiera campionaria dell’industria bellica per dimostrare l’ efficacia
distruttiva di armi e bombe. L’ultima ciliegina di questo quadro
isolano è sicuramente rappresentata dal fatto che Cagliari è uno
dei dodici porti nucleari italiani, costantemente sottoposto al
rischio di emergenza nucleare. Ciò premesso, si propone ai SF
italiani ed a tutto il movimento, che si riuniscono in occasione
della riunione del 2/3 marzo a Bologna: Nell’ambito della lotta
contro la guerra e la produzione e vendita di armi: di assumere
come obiettivo comune anche quello di opporsi con ogni sorta di
pressioni pacifiche e democratiche, comprese quelle nei confronti
della BNL che ha finanziato la SEI, alla effettiva realizzazione
della fabbrica di morte in Sardegna; di chiedere la chiusura dei
poligoni di tiro e delle basi militari presenti nell’Isola e causa
di danni ormai evidenti e documentati alla salute ed all’ambiente;
di mettersi in rete con le altre realtà italiane che stanno portando
avanti da tempo la campagna per l’abolizione dell’uso dell’uranio
impoverito; di collegarsi in rete con gli altri undici porti italiani
(oltre CA) per chiedere la sospensione del traffico di sottomarini
nucleari; di sostenere la costituzione nell’Isola di una rete
di monitoraggio ambientale di parte, che sia in grado di provvedere
all’analisi indipendente delle misure effettuate sul territorio
e sulla popolazione; di esercitare congiuntamente col movimento
sardo, tutte le forme di pressione sulle realtà (comuni, forze
politiche, sindacati, …) che possono dare un contributo positivo
alla riconversione delle aziende dal bellico al civile (incluse
le aziende di sostegno e supporto alla guerra) e superare il ricatto
occupazionale sul quale l’economia di guerra nell’ Isola si fonda.
Cagliari,
lì 25 febbraio 2001
Per
ulteriori informazioni:
Carta
N.6 14/02/2002, digilander.iol.it/noallebombe
Articoli su: Unione sarda www.unionesarda.it, , Nuova Sardegna
www.lanuovasardegna.it ed altre Agenzie, anche raccolti al seguente
link: www.crs4.it/~ep/PERSONAL/uranio/.
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