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GRUPPI TEMATICI > Gruppo guerre e globalizzazione

TOBIN TAX

La pratica di effettuare transazioni finanziarie a breve termine viene utilizzata molto spesso a scopi speculativi.
Speculazioni di questo tipo hanno un effetto fortemente destabilizzante per i mercati finanziari tali, a volte, da provocare delle vere e proprie crisi finanziarie a livello internazionale.
La Tassa Tobin si pone lo scopo di disincentivare tali pratiche speculative attraverso l'applicazione di una aliquota molto bassa, nell'ordine dello 0,05-0,1% (nella nostra Proposta di legge di iniziativa popolare è fissata allo 0.02%) su tutte le compravendite di valute.

Una tassazione di questo tipo renderebbe più costose le speculazioni, avendo allo stesso tempo un impatto trascurabile sulle transazioni valutarie a medio e lungo termine effettuate a scopo produttivo. Il gettito di tale imposta, che stime prudenti indicano potrebbe aggirarsi tra i 90 ed i 100 miliardi di dollari l'anno (ovvero più del doppio di quanto viene attualmente destinato alla cooperazione allo sviluppo) potrebbe essere raccolto dalle banche centrali e destinato per un massimo dell’80% ad attività nazionali (servizi sociali, programmi per l’occupazione, politiche ambientali, etc.) e per il restante 20% ad attività internazionali (cooperazione, salvaguardia del patrimonio ambientale, tutela dei diritti umani).

La Tassa Tobin prende nome da James Tobin, il suo ideatore nonchè premio Nobel per l'economia nel 1981. Tobin, professore dell'università di Yale di formazione keynesiana, la propose infatti per la prima volta nel 1972.
La Tassa Tobin, d'altro canto, a livello internazionale non è affatto una novità.
Se n'è fatto promotore nel 1999 il Canada e più di 700 parlamentari di tutto il mondo se ne hanno già richiesto l'applicazione. Una petizione internazionale nella quale si afferma la piena validità di tale proposta è stata firmata da 400 economisti di 32 paesi tra cui lo stesso Tobin.

Il governo francese lo scorso novembre ha adottato un emendamento alla legge finanziaria nel quale si è impegnato ad applicare la tassa Tobin se tutti i paesi dell'Unione Europea faranno la stessa cosa, dandole così nuovo impulso a livello europeo.

La Tobin Tax, diventata il simbolo di tutti coloro che vogliono favorire il ritorno del predominio della politica sulla finanza e sulle multinazionali, ha cominciato a muovere i primi passi anche in Italia dove è in corso la campagna di raccolta delle firme per portare in parlamento la discussione sulla proposta di legge di iniziativa popolare per la sua adozione.

 

Servitù militare

Il Cagliari Social Forum accetta nelle sue linee il documento approvato dai SF riuniti all’ultimo incontro di Bologna e fa presente che al più presto invierà un suo contributo originale anche sugli aspetti organizzativi. Il CASF informa che la Sarda Esplosivi Industriali di Domusnovas (CA) sta riconvertendo la produzione di esplosivi per uso civile al bellico, in seguito alla chiusura del settore esplosivi della casa madre Società di Esplosivi Industriali a Ghedi (BS). La nuova produzione riguarderà il caricamento di bombe per aerei (probabilmente Tornado e non solo), con brevetto innovativo USA che consente agli “operatori” di lavorare con maggiore tranquillità, in quanto le bombe sarebbero a parità di potenza esplosiva, meno sensibili alle grosse variazioni di calore e conseguenti esplosioni accidentali. Il CASF fa inoltre presente che il 66% delle installazioni italiane della NATO sono concentrate sull’Isola: ben ventiquattromila ettari di terra espropriata, e le zone di mare militarizzate tutt’intorno alla Sardegna superano la superficie dell’Isola stessa. Si può quindi ben affermare che la Sardegna ha il maggior numero di basi e poligoni militari in Italia. Si tratta di spazi dove si sperimentano nuovi sistemi d’arma, ivi compresi quelle all’uranio impoverito, che dopo avere devastato l’Iraq, la Jugoslavia e l’Afghanistan (?), stanno determinando l’aumento vertiginoso delle leucemie non solo fra quelle popolazioni ma anche fra gli abitanti sardi ed i militari che hanno prestato servizio in dette basi. Ciò è stato finalmente segnalato anche dalla stampa e da alcuni parlamentari mentre per anni le proteste del movimento sardo sono state per anni ignorate: si tratta dei crimini NATO “in tempi di pace”, che vanno ad aggiungersi a quelli già denunciati da Amnesty, Tribunale Ramsey Clark, … relativi a quelli di guerra. Finalmente settori crescenti della cittadinanza sarda, illusa e ricattata per anni col motto “le basi ci portano lavoro”, si stanno risvegliando e cominciano a valutare con preoccupazione la devastazione dell’ambiente, della salute propria e dei propri bambini, sempre più evidente nei piccoli paesi (leucemie, nati focomelici, …). Con la costituzione della fabbrica di bombe, con la sperimentazione e conservazione delle stesse e di altri ordigni delle forze NATO in Sardegna, si opera un ulteriore passo nel trasformare l’isola in una enorme base sempre più armata, con un indotto di piccole aziende sempre più attivo e numeroso nel sostegno indiretto alla guerra: manutenzione delle bombe, dell’elettronica per la guerra, dei radar militari e sperimentali. Senza dimenticare che i poligoni rappresentano, dopo la guerra reale, la migliore fiera campionaria dell’industria bellica per dimostrare l’ efficacia distruttiva di armi e bombe. L’ultima ciliegina di questo quadro isolano è sicuramente rappresentata dal fatto che Cagliari è uno dei dodici porti nucleari italiani, costantemente sottoposto al rischio di emergenza nucleare. Ciò premesso, si propone ai SF italiani ed a tutto il movimento, che si riuniscono in occasione della riunione del 2/3 marzo a Bologna: Nell’ambito della lotta contro la guerra e la produzione e vendita di armi: di assumere come obiettivo comune anche quello di opporsi con ogni sorta di pressioni pacifiche e democratiche, comprese quelle nei confronti della BNL che ha finanziato la SEI, alla effettiva realizzazione della fabbrica di morte in Sardegna; di chiedere la chiusura dei poligoni di tiro e delle basi militari presenti nell’Isola e causa di danni ormai evidenti e documentati alla salute ed all’ambiente; di mettersi in rete con le altre realtà italiane che stanno portando avanti da tempo la campagna per l’abolizione dell’uso dell’uranio impoverito; di collegarsi in rete con gli altri undici porti italiani (oltre CA) per chiedere la sospensione del traffico di sottomarini nucleari; di sostenere la costituzione nell’Isola di una rete di monitoraggio ambientale di parte, che sia in grado di provvedere all’analisi indipendente delle misure effettuate sul territorio e sulla popolazione; di esercitare congiuntamente col movimento sardo, tutte le forme di pressione sulle realtà (comuni, forze politiche, sindacati, …) che possono dare un contributo positivo alla riconversione delle aziende dal bellico al civile (incluse le aziende di sostegno e supporto alla guerra) e superare il ricatto occupazionale sul quale l’economia di guerra nell’ Isola si fonda.

Cagliari, lì 25 febbraio 2001

Per ulteriori informazioni:
Carta N.6 14/02/2002, digilander.iol.it/noallebombe
Articoli su: Unione sarda www.unionesarda.it, , Nuova Sardegna www.lanuovasardegna.it ed altre Agenzie, anche raccolti al seguente link: www.crs4.it/~ep/PERSONAL/uranio/.

 

 

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