Brigantaggio meridionale

Fenomeno politico-sociale, diffuso nella parte continentale del Mezzogiorno italiano, che associò le forme tradizionali del ribellismo contadino a una violenta protesta contro lo stato italiano, appena costituito, favorita dall’appoggio dei Borbone e del governo pontificio. Il brigantaggio mise radici sulle condizioni materiali e morali in cui vivevano le plebi meridionali ed esplose contro lo stato unitario, che impose misure amministrative e fiscali considerate punitive nei confronti delle popolazioni meridionali. La dissoluzione dell’esercito borbonico, che reclutava truppe tra i contadini poveri, l’abolizione degli antichi usi comuni delle campagne, l’introduzione della leva obbligatoria furono alcune delle ragioni che scatenarono il brigantaggio. Le bande di briganti colpirono con attacchi e imboscate i soldati e le forze di polizia e uccisero personaggi che si erano espressi a favore dello stato italiano, commettendo atti di brutale violenza. La risposta del governo fu prevalentemente repressiva: fu inviato un corpo di spedizione che contò oltre 150.000 soldati al comando del generale Enrico Cialdini e quindi del generale Alfonso Lamarmora, e furono instaurate leggi eccezionali (legge Pica del 1863) sotto la giurisdizione dei tribunali militari. Vennero comminate oltre 7000 condanne a morte e uccisi più di 5000 banditi; diversi paesi che avevano solidarizzato con i briganti furono incendiati.