LINEE GUIDA SULLO STUDIO ELETTROFISIOLOGICO
(ACC/AHA
Guidelines for Clinical Intracardiac Electrophysiologic Studies.
J Am Coll Cardiol 1989; 14: 1827-1842)
Durante
gli ultimi 20 anni lo studio elettrofisiologico intracavitario è
diventato una metodica largamente usata, spesso indispensabile nell'iter
diagnostico di determinate patologie aritmiche. Visto che questa
metodica comporta dei rischi, seppur minimi, ed è abbastanza
costosa in termini di personale ed attrezzature, è molto
importante che il suo utilizzo clinico per la diagnosi e terapia
delle aritmie cardiache sia ben considerato. La tecnica è
indicata nella valutazione delle proprietà fisiologiche
quali l'automaticità , la conduzione e la refrattarietà ,
nell'induzione e nell'interruzione delle tachicardie, nel mappare
la sequenza di attivazione, nel valutare pazienti per valutare le
varie forme di terapia e nel giudicare la risposta alla terapia.
Secondo
il documento redatto dagli esperti dell'American Heart Association
e dell'American College of Cardiology, le indicazioni allo studio
elettrofisiologico sono divise in 3 classi:
Classe
I: condizioni per le quali c'è un generale accordo sull'indicazione
alla metodica
Classe
II: condizioni per le quali è frequentemente indicato l'utilizzo
della metodica ma non vi è unanime accordo.
Classe
III: condizioni per le quali vi è generale accordo sull'inutilitè
della metodica per quell'indicazione.
Indicazioni
allo studio elettrofisiologico nella valutazione della funzione
del nodo del seno
Lo
studio elettrofisiologico può essere usato per valutare l'automatismo
del nodo del seno misurando il tempo di recupero del nodo del seno
e il tempo di conduzione senoatriale. La risposta al pacing dell'atrio
destro per 30 secondi a diverse frequenze è usata per determinare
il tempo di recupero del nodo del seno (intervallo tra l'ultimo
battito dell'atrio destro e la prima depolarizzazione spontanea
sinusale. La conduzione seno-atriale può essere stimata indirettamente,
misurando la risposta ad una stimolazione atriale programmata durante
ritmo sinusale o pacing atriale a una frequenza appena piè¹
veloce del ritmo sinusale. Può anche essere misurata direttamente
applicando degli elettrodi nell'area del nodo del seno.
Classe I
Pazienti sintomatici (sincope o
lipotimie) dove è sospettata, ma non dimostrata, la
disfunzione del nodo del seno come causa del sintomo
|
Classe II
Per
determinare il sito e la modalitè di pacing in
pazienti che richiedono impianto di pace-maker per trattare
la disfunzione del nodo del seno, quando è necessario
valutare la conduzione atrio-ventricolare anterograda e retrograda
e la vulnerabilitè alle tachiaritmie atriali,
Per
determinare, in pazienti con disfunzione del nodo del seno,
la severitè e/o il meccanismo di disfunzione
(intrinseco versus estrinseco) e la risposta a farmaci per
una terapia mirata
Per
escludere altre cause di meccanismi aritmici (per esempio
tachicardie ventricolari) in pazienti sintomatici con disfunzione
del nodo del seno
|
Classe III
Pazienti
sintomatici con disfunzione del nodo del seno quando i sintomi
sono chiaramente in relazione alla bradiaritmia
Pazienti
asintomatici con bradiaritmia sinusale o pause sinusali osservate
durante il sonno.
|
Indicazioni
allo studio elettrofisiologico nella valutazione del blocco atrio-ventricolare
I
blocchi atrio-ventricolari si suddividono in:
Blocco
di I grado (prolungamento del PR oltre 0,20")
Blocco
di II grado (intermittente mancanza di conduzione dell'onda P, a
sua volta suddiviso in tipo I - quando vi è un progressivo
prolungamento dell'intervallo PR prima dell'onda P bloccata - e
in tipo II - quando gli intervalli PR sono costanti prima della
P bloccata; i blocchi atrio-ventricolari con conduzione 2:1 non
sono classificabili nè© in tipo I nè© in tipo II)
Blocco
di grado avanzato (alcuni esperiti raccomandano questa ulteriore
categoria per definire la condizione nella quale multiple onde P
consecutive sono bloccate, anche se non è presente un blocco
atrio-ventricolare completo)
Blocco
atrioventricolare di III grado o blocco completo (quando tutte le
onde P sono bloccate, con una completa dissociazione tra onda P
e complesso QRS)
Classe I
Pazienti
sintomatici (per sincope o lipotimie), nei quali un blocco
His-Purkinje, sospettato come causa dei sintomi, non è
evidente durante una registrazione elettrocardiografica
Pazienti
con blocco atrio-ventricolare di II o III grado trattati con
impianto di pace-maker che rimangono sintomatici (per sincope
o lipotimie), nei quali è sospettata una tachicardia
ventricolare come causa dei sintomi
|
Classe
II
Pazienti
con blocco atrio-ventricolare di II o III grado, nei quali
la conoscenza del sito e/o del meccanismo del blocco può
aiutare a definire la terapia e valutare la prognosi
Pazienti
con sospette extrasistoli giunzionali nascoste come causa
di blocco atrio-ventricolare di II e III grado (cioè
pseudo blocco atrio-ventricolare)
|
Classe
III
Pazienti
nei quali i sintomi e la presenza di blocco atrio-ventricolare
sono dimostrati dall'elettrocardiogramma
Pazienti
asintomatici con transitori blocchi atrio-ventricolari associati
con riduzione della frequenza cardiaca (per esempio blocco
atrio-ventricolare II grado tipo I notturno)
|
Indicazioni
allo studio elettrofisiologico in pazienti con alterazioni croniche
della conduzione intraventricolare
Il
sistema di conduzione intraventricolare consiste di tre fascicoli,
due della branca sinistra (anteriore e posteriore) e quello della
branca destra. L'intervallo HV in pazienti con blocco bi-fascicolare
è una misura del tempo di conduzione del fascicolo funzionante.
Pazienti con blocco bi-fascicolare e prolungato intervallo HV (>55
ms) hanno una probabilitè piè¹ alta di andare
incontro ad un blocco trifascicolare completo. L'"atrial pacing"
è usato per aumentare la specificitè del test
elettrofisiologico in pazienti con blocco bi-fascicolare. Una risposta
positiva consiste nello sviluppo di un blocco distale al fascio
di His durante l'atrial pacing con conduzione del nodo A-V 1:1.
Classe I
Pazienti
con blocco di branca sintomatici (per sincope o lipotimie)
nei quali si sospetta che la causa dei sintomi sia un'aritmia
ventricolareClasse II
Pazienti
sintomatici con blocco di branca nei quali la conoscenza del
sito, la severitè della turba di conduzione o
la risposta a farmaci può aiutare ad impostare la terapia
o a valutare la prognosi.
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Classe III
Pazienti
asintomatici con turbe della conduzione intraventricolare
Pazienti
sintomatici con turbe della conduzione intraventricolare nei
quali la causa dei sintomi può essere dimostrata con
l'elettrocardiogramma
|
Indicazioni
allo studio elettrofisiologico nella diagnosi di tachicardia a QRS
stretto (durata del QRS<0,12")
Una
tachicardia a complessi stretti può essere causata da impulsi
rapidi formatisi nel nodo del seno (tachicardia sinusale), nell'atrio
(tachicardia atriale, flutter atriale e fibrillazione atriale),
e nel nodo AV - branca di His (tachicardia giunzionale), oppure
dal rientro nel nodo atrio-ventricolare (tachicardia da rientro)
o da un movimento circolare che utilizza la via nodo atrio-ventricolare-branca
di His per la conduzione anterograda e una via accessoria o la via
nodo-ventricolare per la conduzione retrograda.
Classe I
Pazienti
con frequenti episodi di tachicardia scarsamente tollerata
che non rispondono in modo adeguato alla terapia medica nei
quali le informazioni sul sito di origine, meccanismo e proprietè
elettrofisiologiche della via della tachicardia sono essenziali
per la scelta appropriata della terapia (farmaci, ablazione
mediante catetere, pacing o intervento chirurgico)
Pazienti
che preferiscono la terapia ablativa a quella farmacologica
|
Classe II
Pazienti paucisintomatici ma con
frequenti episodi di tachicardia che richiedono trattamento
farmacologico per valutare l'effetto antiaritmico della terapia
medica sul nodo del seno o sulla conduzione atrio-ventricolare
|
Classe
III
Pazienti
nei quali l'elettrocardiogramma ha fornito sufficienti informazioni
sul tipo di tachicardia per iniziare un trattamento antiaritmico
farmacologico adeguato
Pazienti
nei quali la tachicardia può essere facilmente trattata
con manovre di stimolazione vagale o con terapia medica anche
in assenza di precise informazioni sul sito di origine, sul
meccanismo e sulla via della tachicardia.
|
Indicazioni
allo studio elettrofisiologico nella diagnosi di tachicardia a complessi
larghi
Tachicardia
a complessi larghi può essere dovuta ad una tachicardia sopraventricolare
con conduzione aberrante e con preesistente blocco di branca, ad
una tachicardia ventricolare e a una varietè di sindromi
da pre-eccitazione, tra cui quelle che usano la via anterograda
per bypassare il nodo AV e, raramente, quelle che usano il nodo
fascicolare o il nodo ventricolare come via di bypass del nodo atrio-ventricolare
Classe I
Pazienti con tachicardie a complessi
larghi sostenute e/o sintomatiche, quando la corretta diagnosi
non è chiara e lo studio elettrofisiologico è
necessario per identificare la cura migliore per il paziente
|
Classe II
Pazienti con sindrome da pre-eccitazione con sospetta tachicardia
antidromica, per valutare la possibilitè di vie
multiple di by-pass |
Classe III
Pazienti con tachicardia ventricolare
o tachicardia sopraventricolare condotta con aberranza e sindrome
da pre-eccitazione ventricolare, giè identificate
dai criteri elettrocardiografici. |
Indicazioni
allo studio elettrofisiologico nei pazienti con sindrome dell’intervallo
QT lungo
L'intervallo
QT lungo, con associata tachiaritmia ventricolare, può costituire
una componente della sindrome con intervallo QT lungo, nella forma
congenita, o essere legata a fattori metabolici, tossici o patofisiologici,
nella forma secondaria. Il ruolo dello studio elettrofisiologico
è comunque limitato.
Classe I
Nessuna |
Classe II
Identificazioni degli effetti proaritmici dei farmaci antiaritmici
in pazienti con episodio di tachicardia ventricolare sostenuta
o arresto cardiaco. |
Classe III
Pazienti
con sindrome congenita del QT lungo
Pazienti
con sindrome del QT lungo acquisita con causa e meccanismo
identificato
|
Indicazioni
allo studio elettrofisiologico nella sindrome di Wolff-Parkinson-White
La
due piè¹ frequenti aritmie in pazienti con sindrome Wolff-Parkinson-White
sono la tachicardia con movimento circolare e la fibrillazione atriale.
Lo studio elettrofisiologico fornisce informazioni sulle proprietè
elettrofisiologiche e la localizzazione della via accessoria fornendo
informazioni per la terapia.
Classe I
Pazienti valutati per trattamento
non farmacologico (interruzione della via accessoria o pacing
antitachicardia) in caso di intolleranza farmacologica o mancanza
di effetto antiaritmico dei farmaci |
Classe II
Pazienti
che necessitano di trattamento antiaritmico, nei quali la
conoscenza di tipo di aritmia, localizzazione, proprietè
elettrofisiologiche della via accessoria e dell'effetto dei
farmaci antiaritmici può influenzare la scelta del
trattamento piè¹ appropriato.
Pazienti
asintomatici con evidenza elettrocardiografica di sindrome
Wolff-Parkinson-White durante ritmo sinusale nei quali la
conoscenza delle caratteristiche elettrofisiologiche della
via accessoria può dare informazioni sulla possibilitè
di svolgere occupazioni o attivitè ad alto rischio
Pazienti
con sindrome Wolff-Parkinson-White e familiaritè
per morte improvvisa
Pazienti
con sindrome Wolff-Parkinson-White che devono essere sottoposti
ad intervento cardiochirurgico per altra ragione
|
Classe III
Pazienti asintomatici senza aritmia che non sono in classe II
|
Indicazioni
allo studio elettrofisiologico in pazienti con extrasistolè¬a
ventricolare e coppie
La
presenza di un alto numero di battiti ectopici ventricolari in pazienti
con cardiopatia ischemica e disfunzione ventricolare sinistra è
associato ad un incremento del rischio per morte improvvisa. Uno
dei tanti approcci utilizza lo studio elettrofisiologico per separare
i pazienti in 2 gruppi (con e senza tachicardia ventricolare inducibile)
e per usare questa risposta per dividerli rispettivamente in pazienti
ad alto e basso rischio. Tuttavia, non vi è uno studio randomizzato
che sostenga la validitè di questa suddivisione. Pertanto
il suo valore clinico rimane controverso.
Classe I
Nessuna |
Classe II
Pazienti con battiti ectopici ventricolari
prematuri e sincope o lipotimia non giustificate
|
Classe III
Pazienti asintomatici con extrasistolè¬a
ventricolare |
Indicazioni
allo studio elettrofisiologico in caso di sincope inspiegabile
La
sincope e la lipotimia sono problemi medici frequenti. Con una dettagliata
anamnesi, un accurato esame fisico e un studio neurologico si può
scoprirne la causa nel 50% dei casi. Poichè© numerosi metodi
non invasivi sono spesso inefficaci per identificare l'eziologia
sottostante, lo studio elettrofisiologico è stato recentemente
utilizzato per svelare se una eventuale aritmia possa esserne la
causa.
Classe I
Pazienti con inspiegabile sincope e nota o sospetta patologia
cardiaca |
Classe II
Pazienti con inspiegabile sincope
e nota o sospetta patologia cardiaca |
Classe III
Pazienti con causa nota di sincope
|
Indicazioni
allo studio elettrofisiologico nei sopravvissuti ad arresto cardiaco
Pazienti
resuscitati da un arresto cardiaco senza segni di infarto miocardico
sono ad alto rischio di morte improvvisa dopo la dimissione. Lo
studio elettrofisiologico è utile nel dare indicazioni sulla
terapia nella maggioranza dei pazienti sopravvissuti ad arresto
cardiaco, specialmente in quelli con infrequente aritmia ventricolare
spontanea.
Classe I
Pazienti
sopravvissuti ad un episodio di arresto cardiaco senza evidenza
di onde Q da infarto miocardico
Pazienti
sopravvissuti ad arresto cardiaco verificatosi dopo 48 ore
dall'insorgenza di un infarto miocardico
|
Classe II
Pazienti sopravvissuti ad arresto cardiaco dovuto a bradiaritmia
|
Classe III
Pazienti
con episodio di arresto cardiaco occorso nelle prime 48 ore
dall'insorgenza di un infarto miocardico
Pazienti
con arresto cardiaco dovuto ad ischemia miocardica o ad altra
causa chiaramente identificata (per esempio stenosi aortica,
sindrome da QT lungo)
|
Indicazioni
allo studio elettrofisiologico in caso di palpitazioni inspiegabili
Una
prolungata registrazione elettrocardiografica ambulatoriale è
spesso una procedura utile per documentare un'aritmia cardiaca come
causa di palpitazioni. Lo studio elettrofisiologico è indicato
solo se ripetute registrazioni falliscono nel trovarne una causa.
Tuttavia la sensibilitè dello studio è bassa.
Classe I
Pazienti con palpitazioni con alta
frequenza del polso documentata da personale medico (>150
bpm), ma senza una registrazione elettrocardiografica che documenti
la causa dei sintomi |
Classe II
Pazienti con palpitazioni clinicamente
significative, di verosimile origine cardiaca, nei quali i sintomi
sono sporadici e non possono essere documentati da ripetute
registrazioni elettrocardiografiche, al fine di determinare
il meccanismo dell'aritmia e stabilire terapia e prognosi.
|
Classe III
Pazienti con palpitazioni dovute a cause extracardiache (per
esempio ipertiroidismo) |
Indicazioni
allo studio elettrofisiologico nella scelta della terapia medica
Lo
studio elettrofisiologico è stato usato in pazienti con
diverse aritmie cardiache inducibili per stabilire efficacia antiaritmica
della terapia. Dopo che è stata documentata l'inducibilitè
dell'aritmia, viene somministrato un farmaco, preferibilmente per
via orale, e viene ripetuta la stimolazione elettrica. In generale,
se il farmaco previene l'induzione elettrica dell'aritmia, l'efficacia
del farmaco è dimostrata; se l'aritmia rimane inducibile,
il farmaco molto probabilmente non è efficace.
Classe I
Tachicardia
ventricolare sostenuta o arresto cardiaco dovuto a tachicardia
o a fibrillazione ventricolare non associati a sindrome del
QT lungo o che si verificano entro 48 ore dall'insorgenza
di un infarto miocardico, specialmente se le extrasistoli
ventricolari spontanee sono molto infrequenti da rendere inutile
l'utilizzo delle registrazioni elettrocardiografiche.
Sindrome
di Wolff-Parkinson-White. con fibrillazione atriale associata
ad una rapida risposta ventricolare, a un corto periodo refrattario
della via anterograda, ad arresto cardiaco, o con ricorrente
tachicardia sintomatica che non risponde ad una terapia antiaritmica
empirica.
Tachicardia
da rientro che non risponde ad una terapia antiaritmica empirica.
|
Classe II
Ricorrente
fibrillazione atriale parossistica sintomatica non prevenuta
da una terapia antiaritmica empirica
Ricorrente,
sintomatica, tachicardia atriale, da rientro sinusale o da
rientro intraatriale che non risponde ad una terapia antiaritmica
empirica
Tachicardia
ventricolare non sostenuta associata ad infarto miocardico
acuto o a sindrome del QT lungo
Identificazione
degli effetti proaritmici dei farmaci antiaritmici in pazienti
che hanno avuto tachicardie ventricolari sostenute o arresto
cardiaco mentre erano in terapia con farmaci antiaritmici
Stratificazione
del rischio e valutazione della terapia in pazienti con infarto
miocardico con funzione ventricolare ridotta, frequenti extrasistoli
ventricolari e/o episodi di tachicardia ventricolare non sostenuta
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Classe III
Extrasistoli
sopraventricolari o ventricolari isolate
Tachicardia
atriale multifocale
Tachicardia
ventricolare o arresto cardiaco verificatisi nella fase acuta
di un infarto miocardico (nelle prime 48 ore)
Tachicardia
ventricolare non sostenuta o tachicardia sopraventricolare
asintomatiche e non ricorrenti
Aritmie
ventricolari associate alla forma congenita della sindrome
del QT lungo
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