LINEE GUIDA SULL’ELETTROCARDIOGRAFIA DINAMICA

(ACC/AHA TASK FORCE REPORT: Guidelines for ambulatory electrocardiography. J Am Coll Cardiol 1989; 13: 249-258)

Nel 1961 con l'introduzione degli elettrocardiografi dinamici si è aperta una nuova era per l'elettrocardiografia. Con l'aumento dell'utilizzo di tale metodica è però nata la necessità di definire il ruolo dell'elettrocardiografia ambulatoriale in modo preciso. Infatti quando una metodica è usata per la diagnosi, per il controllo della terapia e per scopi prognostici, è essenziale conoscerne il valore predittivo. Pertanto sono state elaborate da un comitato congiunto di esperti dell'American Heart Association e dell'American College Association delle linee guida sull'uso dell'elettrocardiografia ambulatoriale. Per ogni indicazione clinica, sono stati considerati tre sottogruppi assegnati ad una delle seguenti classi:

Classe I: Condizioni per la quale c'è accordo generale sull'utilizzo dell'elettrocardiogramma come metodica utile ed affidabile.

Classe II: Condizioni per quale l'elettrocardiogramma è utilizzato frequentemente ma c'è una divergenza di opinioni riguardo alla sua utilità.

Classe III: Condizioni per la quale c'è accordo generale sull'inutilità dell'elettrocardiogramma come metodica utile ed affidabile

.

Valutazione di sintomi che possono essere ricondotti a disturbi aritmici

Uno dei principali usi dell'ecg ambulatoriale è per determinare se ai sintomi di disfunzione cardiovascolare riferiti dal paziente (palpitazioni, vertigini, "fiato corto", sincope o altro) corrisponda una aritmia cardiaca. Benché elettrocardiogrammi eseguiti in pazienti durante periodi sintomatici possono produrre di quando in quando indicazioni importanti sulla possibile causa dei sintomi, nella maggior parte dei casi tale indicazione richiede la documentazione della comparsa dei sintomi durante l'aritmia. Un elettrocardiogramma è di poco valore se eseguito quando il paziente è asintomatico in quanto non può escludere se l'aritmia sia la causa del sintomo. Un elettrocardiogramma che dimostra un'aritmia che non da sintomi al paziente può fornire un indizio sulla causa dei sintomi del paziente ma, poiché aritmie asintomatiche sono presenti frequentemente nella popolazione generale, è possibile che questa aritmia ha una piccola rilevanza come causa dei sintomi del paziente. Un elettrocardiogramma che esclude le aritmie come causa dei sintomi del paziente deve dimostrarne l'assenza durante la comparsa di un episodio sintomatico tipico. A questo punto è da prendere in considerazione l'utilizzo dell'elettrocardiografia dinamica secondo Holter che permette la registrazione continua per 24 ore.

Classe I

Palpitazioni

Sincope

Vertigini

Classe II

Dispnea

Dolore toracico

Astenia (non riconducibile ad altri fattori e fortemente suggestivi di aritmia)

Classe III

Sintomi non chiaramente riconducibili ad aritmia

 

Valutazione delle caratteristiche degli intervalli RR

Benchè non diffusamente apprezzato, le variazioni dei battiti ad ogni ciclo cardiaco possono fornire utili informazioni per la diagnosi in determinate patologie. Per esempio, la variabilità R-R si è dimostrata utile nella stratificazione prognostica dei pazienti sopravvissuti a un infarto miocardico.

Classe I

Apnea nel sonno

Diabetici con neuropatia

Classe II

Valutazione prognostica nel paziente coronaropatico

Classe III

Nessuna

 

Valutazione del rischio in pazienti con o senza sintomi di aritmia

Questi soggetti possono essere molto schematicamente distinti in due categorie: coloro le cui attività lavorative possono mettere a rischio l’incolumità propria o altrui in caso di eventi aritmici e quelli affetti da patologie cardiache caratterizzate da una elevata frequenza di aritmie ventricolari maligne.

Classe I

Cardiomiopatia ipertrofica, con o senza sintomi

Pregresso infarto miocardico, con disfunzione ventricolare sinistra

Classe II

Angina pectoris stabile

Pazienti sottoposti a bypass aorto-coronarico o ad angioplastica che presentano disfunzione ventricolare sinistra o aritmie

Sindrome di Wolff-Parkinson-White

Intervallo QT lungo

Valvulopatia aortica emodinamicamente significativa e sintomi di aritmia

Cardiomiopatia dilatativa e sintomi di aritmia

Classe III

Cardiopatia ischemica senza segni evidenti di disfunzione ventricolare o aritmie

Prolasso valvolare mitralico asintomatico

Soggetti asintomatici, senza segni di cardiopatia, che devono iniziare un'attività fisica

Soggetti asintomatici che vengono esaminati perché svolgono attività lavorative che possono mettere a rischio l’incolumità altrui in caso di aritmia

 

Valutazione dell'efficacia della terapia antiaritmica

L'uso di questa metodica nella valutazione della terapia antiaritmica è basato sul fatto che una riduzione della frequenza di aritmie si associa ad una riduzione dei sintomi o ad un aumento della sopravvivenza. Non vi è un unanime consenso su quanto deve ridursi la frequenza delle aritmie per predire una riduzione degli eventi cardiaci. Per permettere una appropriata valutazione dell'efficacia della terapia ed un controllo degli effetti pro-aritmici, l'aritmia deve essere valutata sia prima che durante la terapia.

Classe I

In pazienti con extrasistoli ventricolari, aritmie sopraventricolari o tachicardia ventricolare sintomatiche e che sono frequenti, sostenute e riproducibili

Classe II

In pazienti con storia di fibrillazione atriale parossistica per determinare l'efficacia della terapia In pazienti con aritmia ventricolare di variabile frequenza e complessità o relativamente infrequenti episodi di tachicardia ventricolare o sopraventricolare

In pazienti con sindrome W-P-W

Nella valutazione degli effetti pro-aritmici

Nella valutazione di tachiardie, bradicardie o difetti di conduzione indotti da farmaci

Classe III

Nessuna

 

Valutazione del funzionamento del Pacemaker

L’Elettrocardiografia Dinamica offre l’opportunità di valutare la funzione di un pacemaker durante le normali attività svolte da un paziente durante la sua vita quotidiana. La registrazione dell’elettrocardiogramma per 24 o più ore, infatti, si è dimostrata in grado di identificare le disfunzioni dei pacemaker più efficacemente della tradizionale visita di controllo del pacemaker o dei sistemi di monitoraggio transtelefonico. L’attuale tecnologia ci permette l’automatico riscontro di difetti di cattura, difetti di sensing, e difetti di generazione dell’impulso.

Classe I

Valutazione dei sintomi in pazienti con pacemaker

Riscontro di inibizioni da miopotenziali

Riscontro di tachicardie mediate dal pacemaker

Valutazione della funzione di inibizione delle tachicardie

Valutazione della funzione "rate-responsive" del pacemaker

Classe II

Valutazione ‘routinaria’ del pacemaker

Valutazione del sensing atriale e/o ventricolare e del "pacing" immediatamente dopo impianto

Valutazione del tempo di utilizzo del pacemaker nelle 24 ore

Valutazione della frequenza delle aritmie sopraventricolari in pazienti con defibrillatore impiantato

Classe III

Valutazione delle disfunzioni del pacemaker indentificate con l’elettrocardiogramma basale

 

Riscontro di ischemia miocardica

Grazie ai progressi tecnologici degli ultimi anni, l’elettrocardiografia dinamica non viene più considerata poco affidabile per documentare una ischemia miocardica. Il valore predittivo di riscontro di ischemia è basso in pazienti asintomatici senza una coronaropatia documentata perchè numerosi fattori tecnici o "situazioni" fisiologiche possono alterare il tratto ST. In presenza di coronaropatia, il valore predittivo per ischemia è più alto in pazienti con angina pectoris perchè la presenza contemporanea di alterazioni del tratto ST e di angina tipica aumentano la specificità del test.

Classe I

Pazienti con dolore precordiale tipico (in questo gruppo le alterazioni elettrocardiografiche possono mostrare il caratteristico sopraslivellamento del tratto ST nel momento del dolore e stabilire la diagnosi)

Classe II

Pazienti sintomatici che non sono in grado di eseguire test da sforzo (in questo gruppo si possono evidenziare alterazioni elettrocardiografiche che si accompagnano a dolore precordiale provocato dagli stress quotidiani)

Classe III

Pazienti con dolore precordiale tipico che presentano uno o più fattori di rischio cardiovascolare (in questi pazienti la diagnosi di angina pectoris è praticamente certa, ed è probabilmente inutile l’elettrocardiogramma dinamico)

Pazienti con dolore precordiale atipico e con uno o più fattori di rischio (in questo gruppo la diagnosi di angina pectoris è improbabile, e l’elettrocardiogramma dinamico secondo Holter non è la metodica diagnostica da scegliere)

Pazienti con dolore precordiale atipico in assenza di fattori di rischio (in questi soggetti, una cardiopatia ischemica è molto improbabile e comunque l’elettrocardiogramma dinamico secondo Holter non è la metodica diagnostica da preferire

 

Riscontro di ischemia in pazienti asintomatici

Classe I

Nessuna

Classe II

Nessuna

Classe III

Riscontro di ischemia in pazienti asintomatici con fattori di rischio cardiovascolare (in questi casi, la probabilità di ischemia è molto alta, ma l’elettrocardiogramma dinamico non è la procedura diagnostica di prima scelta)

Riscontro di ischemia in soggetti asintomatici senza fattori di rischio cardiovascolari (in questi casi, la diagnosi di angina pectoris è molto improbabile e quindi l’elettrocardiogramma dinamico secondo Holter non è la metodica diagnostica da scegliere)

 

Riscontro di ischemia silente in pazienti con cardiopatia ischemica

Classe I

Nessuna

Classe II

Pazienti con pregresso infarto miocardico con extrasistolia ventricolare nota

Pazienti con angina pectoris stabile per valutare la terapia anti-ischemica

Classe III

Come metodica ‘routinaria’ nel post-infarto

Come metodica ‘routinaria’ nei pazienti sottoposti a rivascolarizzazione

Come metodica ‘routinaria’ nei pazienti che entrano in programmi di riabilitazione

 

Valutazione del rischio di eventi cardiaci futuri

Classe I

Nessuna

Classe II

Per stabilire la prognosi in pazienti con cardiopatia ischemica, quando combinato con uno stress test risultato positivo

Classe III

Per definire la prognosi quando usato come unico test diagnostico


<<torna a linee guida