La polizza assicurativa della protezione cardiaca
i benefici di pravastatina nell'utilizzo precoce
in pazienticon eventi coronarici ed i danni dell’interruzione della
terapia
È come l’assicurazione che ci protegge
dagli infortuni o ci permette di guardare al futuro con più tranquillità.
Il ruolo chiave svolto dalle statine nei pazienti infartuati è
ormai irrinunciabile e molte evidenze scientifiche stanno dando spessore
all’utilizzo precoce nei pazienti che afferiscono alle unità
coronariche ed alle cardiologie per segni e sintomi di ischemia cardiaca.
Già lo studio MIRACLE (Myocardial Ischemia Reduction with Aggressive
Cholesterol Lowering) aveva dimostrato che l’impiego precoce, entro
le prime 24-96 ore dall’evento, di atorvastatina rallentava l’insorgenza
di un nuovo evento. Anche lo studio LCAD (Lipid – Coronary Artery
Disease) eseguito su pazienti con infarto miocardico acuto o angina
instabile, sottoposti o meno a PTCA d’urgenza, ha ribadito l’utilità
della terapia precoce con statine. I pazienti con coleterolemia totale
compresa tra 200 e 400 mg/dl e LDL-c tra 130 e 300 mg/dl sono stati randomizzati
a riceverepravastatina o placebo, oltre alla terapia convenzionale, entro
6 giorni dall’evento e per 24 mesi. Al termine dello studio i risultati
mostrano una incidenza del 23% di nuovi eventi nel gruppo pravastatina
rispetto al 52% nel gruppo placebo (p<005). (figura 1)
Figura 1. Effetti di pravastatina in pazienti
infartuati (Studio L-CAD).
Anche dal punto di vista angiografico, a 6 mesi
e 24 mesi, pravastatina era stata in grado di limitare l’aumento
del diametro luminale minimo rispettivamente a 0,05 mm e 0,13 mm contro
0,08 mm e 0,18 mm nel gruppo placebo (p<0,001). Altre conferme provengono
dallo studio PRISM (Platelet Receptor Inhibition in Ischemic Sindrome
Management) che ha valutato l’effetto della terapia con statine,
effettuata durante il ricovero e continuata alla dimissione, e l’impatto
dell’interruzione della terapia dopo la dimissione in 3.232 pazienti
con malattia coronarica documentata ed insorgenza di dolore toracico nelle
24 ore prima del ricovero. A 30 giorni dal ricovero, la terapia con statine
ha dimostrato di ridurre la mortalità e l’incidenza di infarto
del miocardio non fatale in modo significativo rispetto alla terapia convenzionale
senza statine ed al gruppo che aveva interrotto la terapia alla dimissione
(figura 2)
Figura 2. Studio PRISM.
La necessità di rivascolarizzazione è
stata inferiore nei pazienti trattati e la durata del ricovero significativamente
piùbreve. L’interruzione della terapia dopo la dimissione
è stata correlata con l’aumento del rischio di mortalità
e di incidenza di infarto
non fatale rispetto ai pazienti che avevano continuato. Inoltre anche
la necessità di rivascolarizzazione a 7 giorni era stata maggiore
nel gruppo che aveva interrotto la terapia rispetto ai continuatori. Da
notare che i livelli di colesterolo nei gruppi di trattamento erano simili
durante tutto il periodo dello studio, confermando ancora una volta il
beneficio delle statine oltre la riduzione della colesterolemia. Inoltre
i livelli di troponina T, a 24, 48 e 72 ore dal ricovero, erano normali
solo nei pazienti che avevano assunto statine ed avevano mantenuto il
trattamento rispetto ai pazienti che non avevano assunto terapia o che
l’avevano interrotta
C.V.
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