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Sconfiggere la guerra: Vittoria possibile

Non hanno fine: lo sappiamo
ma evitiamo di pensarci;
volutamente dimentichiamo
ciò che può sconvolgere
la nostra provvisoria pace.

Guerra vuol dire tante cose,
tutte terribili, per gli uomini,
per la terra ed i suoi elementi.
Guerra vuol dire alterare
e fermare la vita...
vuol dire sofferenze
senza limiti né fine...
vuol dire inaudite violenze
da uomo contro uomo...
vuol dire inumane distruzioni
e spreco di beni ed energie...
Guerra vuol dire morte.

Eppure non sappiamo
dire di no.
Eleggiamo a rappresentarci
persone che si dicono credenti,
ma nessuno sa opporsi
ad interventi armati,
cui ancora si ricorre
come necessari ed utili.
Nessuno propone di abolire
l’esercito e l’uso delle armi...
nessuno dichiara apertamente
che la salvezza del mondo
esige il disarmo generale
e che spetta a noi cominciare.
Già: a noi! Chi “ripudia la guerra”,
come dice la nostra Costituzione,
ha il dovere di iniziare.
Fin che aspetteremo
che siano gli altri
a dar l’esempio,
nulla cambierà.

E infatti nulla cambia:
bambini, donne, uomini
di tanti paesi vivono
in continuo strazio e terrore
e muoiono in modi atroci.
Lo sappiamo, li vediamo.
Eppure ammiriamo
sfilate militari
e ci rallegriamo all’idea
delle donne-soldato, in carriera.
Bella conquista di parità!
Abilitate ad uccidere
e ad essere uccise.

Tutti ci commuoviamo
Davanti ai corpi martoriati
di mine antiuomo,
ma anche l’Italia
le produce e le vende.
E non si fanno
campagne né crociate
perché tale orrore
abbia termine.
Qualche voce comincia
ad alzarsi, purtroppo
con poco seguito
ed ancor meno efficacia.
Ci siamo abituati alle guerre
come a mali inevitabili,
per esimerci da responsabilità
e da doveroso impegno
per impedirle, fermarle,
soccorrerne le vittime.

Quel bimbo che dal letto
tende i moncherini delle gambe,
quella giovane che guarda sgomenta
là dove erano le sue mani,
quel corpo tutto piaghe,
quegli occhi senza più sguardo...
gridano a noi, spettatori
inerti se non indifferenti.
Gridano richiesta
di vita da uomini,
alla società dalla quale
la violenza li emargina.
Gridano paura e dolore
a chi dovrebbe e potrebbe
evitarglieli o ridurli.
E qualcuno non sa più
né gridare né piangere:
parla con gli occhi
e con il corpo straziato.

Quelle immagini e quei muti appelli
sono davanti a noi:
non possiamo dire
di non sapere.
E allora, almeno,
gridiamo per loro:
“Spariscano gli eserciti
e siano distrutte tutte le armi!
Si combatta senz’altro contro
i veri, comuni nemici:
miseria, malattie, calamità.”

Utopie da folli? No: necessità
perché la vita continui.
È da folli invece perseverare
ad ucciderci l’un l’altro...
è da folli trovare pretesti
sempre nuovi per entrare
in conflitto e consumare
beni che potrebbero rimediare
a povertà e fame...
è da folli costruire
strumenti sempre più efficaci
invece che trovare mezzi
per sfamare e curare...
è da folli essere sempre
in concorrenza e non collaborare
per risolvere insieme
i problemi del mondo.

Si combattono continue guerre
e noi non siamo neutrali:
anche se non impugniamo armi,
accettiamo che siano prodotte e usate,
accettiamo che si spendano
enormi somme per strutture militari
e personale addestrato ad uccidere,
accettiamo che resti prevalente
la logica dello scontro violento
per dirimere le questioni internazionali...

Anche il silenzio è colpevole:
chi non si oppone
acconsente e si fa complice.
E dunque alziamo la voce
a gridare il nostro rifiuto
ad una politica ancor militaristica,
ad una politica che nei fatti persevera
a privilegiare la competizione
invece che la solidarietà,
ad una politica che non sa essere
davvero degna dell’uomo.

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