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 RICORDANDO MARIO TOBINO

 

 

 

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In occasione dell'uscita del libro "Il turbamento e la scrittura", a cura di Giulio Ferroni (Donzelli, Roma 2010, pp. 199, € 24) vogliamo in questa pagina riportare la recensione che del libro ha scritto Raffaella Scarpa su "L'Indice dei libri del mese" di gennaio 2011 e, a seguire, l'articolo su Tobino che Eugenio Borgna scrisse sul numero del 6 giugno 2010 del "Domenicale" de "Il Sole 24 ore". Il giorno 11 giugno 2010, in occasione del centenario della nascita del medico scrittore, la Fondazione Tobino inaugurò l'apertura al pubblico della restaurata palazzina Medici dell'ex ospedale psichiatrico di Maggiano (Lucca), dove, nel 1942, ha iniziato ad esercitare per 40 anni la sua attività di psichiatra. Nelle "stanze di Tobino" riaperte al pubblico si possono vedere gli arredi spartani, la scrivania e la libreria dello psichiatra. Il 10 giugno 2010 è stato inoltre presentato al Gabinetto Vieusseux di Firenze il volume "Mario Tobino bibliografia testuale e critica(1910-1991)" curato da Paola Italia. Si ringrazia sentitamente il prof. Borgna per aver concesso l'autorizzazione alla riproduzione del suo testo su questa pagina web.
 

 

 

 

Foto: Mario Tobino

 

 

               

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EDIZIONI FRENIS ZERO

"Id-entità mediterranee. Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo (editor)

Writings by: J. Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A. Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y. Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M. Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

ISBN: 978-88-903710-2-8

Anno/Year: 2010

Pages: 520

Prezzo/Price: € 30,00

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"Vite soffiate. I vinti della psicoanalisi" di Giuseppe Leo 

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

ISBN: 978-88-903710-0-4

Anno/Year: 2008

Prezzo/Price: € 18,00

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OTHER BOOKS

"La Psicoanalisi e i suoi confini" edited by Giuseppe Leo

Writings by: J. Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D. Hinshelwood, J.P. Jiménez, O.F. Kernberg, S. Resnik

Editore/Publisher: Astrolabio Ubaldini

ISBN: 978-88-340155-7-5
 

Anno/Year: 2009

Pages: 224

Prezzo/Price: € 20,00

 

"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi Confini" 

Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.

Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas, Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.

Publisher: Schena Editore

ISBN 88-8229-567-2

Price: € 15,00

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<<IL TURBAMENTO E LA SCRITTURA>>(Donzelli, Roma 2010)

Recensione di Raffaella Scarpa

Nel libro, "turbamento" sta a indicare la malattia mentale, la follia. Preferire questo termine ad altri, magari più referenziali e anodini, non corrisponde a una civetteria lessicale o a una mitigazione eufemistica, ma restituisce un preciso punto di vista sul disagio psichico. Il volume raccoglie infatti le relazioni presentate a un convegno organizzato nel 2008 a Lucca dalla Fondazione Tobino e da questo trae il titolo. Come mostrano i suoi scritti, Mario Tobino, da psichiatra fenomenologo ante litteram, sa che il disagio psichico è l'espressione particolare di una personalità lesa più che una patologia suddivisibile in classi diagnostiche.

   Adottando tale prospettiva, un gruppo di saggi che compongono il volume indaga la follia alla luce della letteratura (da Guido Paduano con la tragedia classica a Raffaele Manica con Ottieri, passando per Hölderlin e Celan trattati da Camilla Miglio, Bernhard da Roberto Gigliucci, Baudelaire da Adolfo Pazzagli, Pirandello da Domenica Perrone, Fiore e Samonà da Salvatore Ferlita, Ramondino da Beatrice Alfonzetti, sino a Consolo e Bufalino interpretati da Claudia Carmina), della critica (è Alfonso Berardinelli a ricostruire i riferimenti che portano Giacomo Debenedetti a stabilire il personaggio "scisso" come centrale nel romanzo novecentesco) e della filosofia (Nietzsche e la disseminazione del soggetto trattata da Katia Rossi), riconoscendo la malattia mentale spesso come il propulsore della scrittura e anche come uno dei motivi più reinterpretati della tradizione letteraria (il saggio di Giulio Ferroni ripercorre e sintetizza la tematizzazione della pazzia in letteratura, dalla latinità a oggi).

   Altri contributi presentano invece, da angolature diverse, la figura di Mario Tobino: la psichiatria come scienza umana e tecnica d'ascolto (Eugenio Borgna), i romanzi come documento della vita in manicomio e della pratica medica (Graziella Magherini), la polemica con Basaglia e gli interventi sulle modalità di applicazione della legge 180 e suoi rischi (Michele Zappella e Primo De Vecchis). Chiudono il volume i poeti (Antonella Anedda e Milo De Angelis) e gli scrittori (Marosia Castaldi), che offrono un'ulteriore declinazione, attraverso i loro testi in versi e in prosa, del rapporto fra "turbamento e scrittura". Il volume costituisce un documento di riflessione importante, sia per quanto riguarda le nuove prospettive che apre sul rapporto tra patologia psichica e opera letteraria, sia perché pone, una volta di più, al centro del dibattito culturale novecentesco un autore, Mario Tobino, ancora in parte incognito. Contributi come Il turbamento e la scrittura, insieme alla necessaria riedizione delle sue opere guidata da Paola Italia per Mondadori, restituiscono all'interpretazione uno scrittore che sino a pochi anni fa veniva, come lui stesso appunta in una pagina di diario, "stimato di sghimbescio".

 

<<TOBINO, DOPPIO VOLTO NELLA FOLLIA>>

di Eugenio Borgna

 


 

 

           

 


 Quale è l'immagine psicologica e umana di Mario Tobino che riemerge dai suoi libri e, anche, dal suo diario, quello del 1950, il solo finora pubblicato? Quale è l'atteggiamento interiore con cui egli si confrontava con la realtà e l'enigma della follia: con i modi con cui curarla, e i luoghi in cui curarla? Nei suoi libri si colgono le tracce luminose di una commossa e palpitante partecipazione emozionale al destino della follia, ai suoi contenuti interiori, ai suoi valori psicologici e umani, così abitualmente ignorati, e oscurati; e questo in radicale antitesi alla psichiatria, dominante ai suoi tempi e a quelli di oggi, che guarda alla malattia, e non alla persona che ha la malattia. Le bellissime pagine, che Tobino dedica ai suoi pazienti, denotano non solo straordinarie doti espressive e descrittive, ma anche contestuali grandi capacità di introspezione e di immedesimazione nelle loro esperienze vissute: nelle loro angosce e nelle loro tristezze, nelle loro attese e nelle loro speranze ferite, nelle loro inquietudini e nella loro disperazione.

Non si può nondimeno cogliere quello che avviene nella interiorità, nella soggettività, di chiunque riviva in sé un'esperienza di sofferenza psichica, senza un linguaggio, come è quello di Tobino, che abbia leggerezza e immaginazione nell'adattarsi al linguaggio, solo apparentemente destrutturato e deformato, e invece dotato di un senso nascosto e segreto, dei pazienti. Un senso decifrabile solo se ci si confronta con i pazienti ascoltandoli, ascoltandone le parole che vengono dette, e anche quelle che non vengono dette, e che sono riconosciute nei loro significati solo dall'intuizione: dalle pascaliane ragioni del cuore così indispensabili a ogni psichiatria che sia scienza umana, e non solo scienza naturale.

In psichiatria sono solo i pazienti a conoscere fino in fondo la verità psicologica delle loro angosce e delle loro sofferenze; e Tobino, interpretandole, sa farne riemergere l'acuto grido di dolore anche nel silenzio delle parole, e nel linguaggio dei gesti: del sorriso e del pianto, della timidezza e della nostalgia, dell'allontanarsi dal mondo e nel chiudersi in una disperata solitudine. L'esperienza della follia è stata nondimeno vissuta da Tobino come esperienza creativa, come soggetto di ispirazione poetica, come forma di vita estetica, come sorgente di fascinazione senza fine; e non è stata invece riconosciuta nella sua complessa dimensione interpersonale e sociale. Questo gli ha fatto considerare il manicomio come la sola forma di vita che avrebbe consentito ai pazienti di realizzarsi nella loro fantasmagorica originalità: anche se sommersa dai deliri e dalle allucinazioni. La sua concezione poetica della follia giungeva fino a considerare gli psicofarmaci come capaci di svuotare di senso, e di deformare, la ragione d'essere della follia. In ogni caso, al di fuori del manicomio, e immersi nella vita normale, i pazienti a suo avviso sarebbero naufragati sugli scogli della vita quotidiana così banale, e così crudele nei confronti di persone fragili e indifese, chiuse nel loro mondo incantato, come sono i pazienti. La follia, insomma, come soggetto di contemplazione poetica, si doveva assistere, e custodire, solo in manicomio.

Dalla prefazione alla riedizione, nel 1963, delle Libere donne di Magliano, vorrei stralciare questo brano: <<Scrissi questo libro per dimostrare che i matti sono nature degne d'amore, il mio scopo fu ottenere che i malati fossero trattati meglio, meglio nutriti, meglio vestiti, si avesse maggiore sollecitudine per la loro vita spirituale, per la loro libertà>>. Sono parole che testimoniano degli orizzonti di senso di una psichiatria gentile e umana che nondimeno ignorava come, all'interno di un manicomio, non esisteva se non una libertà assediata da infiniti condizionamenti ambientali, e da cascate inarrestabili di indifferenza e di noncuranza, che non venivano scalfiti nemmeno da isolati atteggiamenti, così ricchi di umanità e gentilezza, come quelli di Tobino. In manicomio, al di là della natura della malattia, si entrava adolescenti, e, non di rado, non se ne usciva più, nel contesto di fatali meccanismi di esclusione, e di oblio, sia da parte degli psichiatri, sia da parte dei familiari. Solo la chiusura dei manicomi ha ridonato libertà e dignità a pazienti che, in manicomio, morivano di solitudine.

Cosa dire, ora, di quello che Tobino ha scritto nel diario del 1950? Un diario che egli considerava la sua opera migliore insieme alle sue poesie. Dal diario riemergono pensieri che si leggono con qualche inquietudine, e che sembrano indicare come egli nella psichiatria non trovasse se non un'occasione pratica di vita che gli consentisse di occuparsi, questo il suo vero destino, di poesia: di letteratura. Sono pensieri discordanti, e dissonanti, direi, rispetto a quelli espressi nei suoi libri. Il 2 febbraio Tobino scriveva: <<Che dolore per un poeta dovere per vivere curare i matti! Nessuno lo saprà mai!>>; il 6 aprile: <<Non c'entro nulla con i matti, faccio il medico di manicomio, per poter cantare la lingua italiana. Nel mio secolo non è possibile se non fare così>>; e il 13 dicembre: <<Lo ripeto: solo stando in manicomio ho potuto vivere>>. Cosa è stata, allora, la psichiatria, la cura della follia, nella vita di Tobino? l'occasione di fare esperienze umane radicalmente diverse da quelle normali che divenivano sorgente di ispirazioni poetiche inconsuete? Solo un modo di vivere, o di sopravvivere, che gli consentiva di realizzare altri, infinitamente più importanti, orizzonti ideali: quelli della creazione poetica? O, forse, i suoi pensieri sulla psichiatria nascevano da una crisi di insicurezza esistenziale, temporanea e non radicata nella sua vera natura? Certo, se saranno pubblicati integralmente, i suoi diari ci aiuteranno a capire fino in fondo la ragione, e le fondazioni motivazionali, di questi pensieri.

In ogni caso, sono pensieri che non incrinano la grandezza etica di Tobino che nei suoi libri ha saputo cogliere, e descrivere, quali valori, e quali significati anche creativi, si nascondano nella follia, e di quanto amore abbiano bisogno, al di là di ogni farmacopsichiatria, le pazienti e i pazienti che conoscano il dolore della follia; sigillata sempre da una stremata fragilità e da una indicibile gentilezza: quella che rende la vita degna di essere vissuta anche nel dolore e nell'angoscia.

Quante possibili contraddizioni, visibili e invisibili, consapevoli e inconsapevoli, ci sono in ciascuno di noi, psichiatri o non psichiatri.