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LA MALA EDUCACION
Presentato come film d’apertura del Festival di Cannes 2004
Regia di: Pedro Almodovar
Attori: Gael Garcia Bernal, Javier Camara, Fele Martinez e Daniel Gimenez-Cacho
Titolo originale: La mala educacion
Origine: Spagna 2004
Distributore: Warner Bros.
Link: www.warnerbros.it
Durata: 110’
Programmato dal 8 ottobre 2004

C’è uno scambio di persona e di personalità giocato su tre piani temporali, usando gli attori e i loro personaggi, dove chi ferisce poi riceve una qualche punizione per contrappasso. Almodóvar mischia con frenetica creatività e dolorosa concretezza una sessualità dichiarata e rappresentata che è anche il propulsore di un gioco. Negli anni Sessanta i due protagonisti principali erano compagni di un collegio gestito dai preti. Due decenni dopo Enrique, un ventisettenne regista in crisi creativa, incontra nuovamente Ignacio, che fa l’attore e gli mostra un racconto che potrebbe diventare una sceneggiatura di successo. In quella scuola religiosa avevano capito cos’è il cinema, la letteratura, la paura e anche l’amore: il direttore Padre Manolo aveva seguito e influenzato le loro scoperte, tanto che adesso si ritrova un passato torbido e pedofilo. Poi la faccenda si complica, probabilmente Ignacio non è chi pretende di essere e l’ecclesiastico ha lasciato il sacerdozio. Altri misteri si rivelano col tempo, proprio come nei migliori film gialli, da quando il ragazzetto Ignacio dalle orecchie a sventola si ricorda il momento in cui perse la fede all’omosessuale devastato dalla droga.

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A dispetto dell’ambientazione religiosa non sembra ci sia un biasimo diretto al clero, quanto la raffigurazione del suo ricordo. Gli elementi di questo film sono un regista appartenente alla movida madrilena, intorno al 1980, un amante che è un tipo contorto e nel finale anche assassino, due fratelli, uno dei quali un travestito, un bambino che canta a un prete, un viaggio in provincia alla ricerca della verità su un amore infantile. In qualche modo è un ritorno dichiarato al mondo mascolino e omosessuale de La legge del desiderio.Succede che la sobrietà espositiva sia caricata di una onesta e salutare distanza riflessiva tra i fatti narrati e la loro messinscena. Ironia e provocazione si accumulano fino al confronto finale tra i protagonisti. La complessità del resoconto mostra tenerezza, odio, infedeltà, sensi di colpa e turbamenti infantili. Non è l’Almodóvar al suo massimo e in fondo è comprensibile se l'argomento trattato non sia di richiamo universale, ma la controllo dell’amalgama è indubbio e soprattutto non è disposto alla riconciliazione con il suo passato di educazione clericale. E affiancando il tema principale con malcelate pruderie, le norme accettate, e naturalmente il desiderio, in una struttura narrativa nascosta dietro il noir e che invece avrebbe avuto probabilmente maggior presa se fosse stata una commedia satirica.

Maurizio Ferrari

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