JUNO Attori: Ellen Page (Juno), Michael Cera (Paulie), Jason Bateman (Mark), Jennifer Garner (Vanessa), Olivia Thirlby (Leah), J.K. Simmons (papà) e Allison Janney (Bren) Sceneggiatura: Diablo Cody Fotografia: Eric Steelberg Scenografo: Steven Saklad Costumista: Monique Prudhomme Musica: Mateo Messina e Kimya Dawson Canzoni di: Kimya Dawson Montaggio: Dana E. Glauberman Produttori: Lianne Halfon, John Malkovich, Russell Smith, Mason Novick Produttori esecutivi: Joe Drake, Nathan Kahane, Daniel Dubiecki Titolo originale: Juno Origine: USA 2007 Distributore: 20th Century Fox Link: www.20thfox.it www.foxsearchlight.com/juno Durata: 96’ Produzione: Fox Searchlight, Mandate Pictures e Mr. Mudd Productions Programmato dal 4 aprile 2008 Certamente condizionati dall’attuale dibattito politico, dopo il primo terzo di "Juno" viene effettivamente da pensare che possa essere un film molto gradito a Giuliano Ferrara e Paola Binetti. Ma il sospetto dura poco, perché la protagonista del film decide sì di non abortire, ma sceglie subito in proprio chi dovranno essere i genitori adottivi del pupo che sfornerà. Juno Acuff ha sedici anni e si trova a dover affrontare scelte da adulta anzitempo. Sembra una ragazza abbastanza normale, non bellissima, un po’ presa di mira a scuola e con un amico nerd, che incidentalmente si troverà a essere compartecipe dell’atto di procreazione. Il film è scritto da un’ex spogliarellista (Diablo Cody, premio Oscar 2008) e sa interpretare lo spirito del tempo, ritraendo personaggi tutti piuttosto insicuri a prescindere dall’età (la sedicenne, anzi, alla fine farà le scelte più lucide), un senso della famiglia tutto sommato piuttosto moderno e una ribellione strisciante alle convenzioni che in ultima analisi prevale sulle tentazioni moralistiche. |
Juno sceglie la coppia adottiva sugli annunci di un giornale, basandosi sulla foto dei due possibili genitori. Porta avanti la propria gravidanza con un sano distacco e impara anche a capire come prendere gli uomini, con le loro debolezze e l’infantilismo duro a morire. Il tono generalmente leggero del racconto aiuta a farlo scorrere con la dovuta dolcezza, anche se con il passare dei minuti appare chiara l’intenzione di smussare gli angoli più ispidi. I dialoghi sono sempre piuttosto diretti e questo aiuta a dare un’impronta di sincerità complessiva alla vicenda narrata. Semmai, al regista Jason Reitman (figlio dell’Ivan di "Ghostbusters") si può rimproverare un insieme di scelte espressive che tendono sempre più, con il passare del tempo, verso il convenzionale, mentre un po’ di scorrettezza in più, peraltro nelle sue corde come si è visto nel precedente Thank you for smoking, avrebbe reso più efficace e memorabile un’opera che così, tutt’al più, risulta un simpatico intrattenimento. PER : Il finale, comunque, trasmette un’idea di famiglia che certamente non piacerà ai citati politici ultraconservatori.Roberto Bonino (Questa pagina è stata realizzata in collaborazione con www.lucidellacitta.net) |
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