Le Tarantelle VI


LA PITA AD ALESSANDRIA DEL CARRETTO

A cura di Enzo Morganti


 

Nel mese d'Aprile non abbiamo pubblicato nessun'articolo perchè eravamo in giro a raccogliere materiale sulle feste popolari che In cammino verso il paese (Foto di E. Morganti)in questo periodo piovono come grandine. Siamo alla fine della quaresima e la sua morte viene festeggiata in tutt'Italia e specialmente nel Sud dove i quaranta giorni di penitenza pesano, forse più che altrove, vista la solarità di queste popolazioni. Non passa giorno che non ci sia una festa, una ricorrenza, sia pubblica che privata per gli eventi più svariati.

Il Lunedì di Pasqua troviamo le Tammurriate alla Madonna dell'Arco e nella pineta di Terzigno nonchè l'intrezzata nell'Isola d'Ischia, il Martedì la Tammurriata a Giuliano di Campania ed a Nocera Inferiore, svariate feste "minori" fino al Sabato dove si raggiunge il culmine nel "sabato dei fuochi" a Somma Vesuviana e la Domenica con la Madonna delle galline a Pagani dove i tammorrari depongono all'alba, davanti alla statua di Maria, i Tammurri per la benedizione, mentre a Giugliano si festeggia la Madonna di Briano. Questa è sicuramente la settimana più intensa ma Aprile non ci delude nemmeno nei suoi ultimi giorni portandoci in CalabrLa pita dei bambini (Foto di E. Morganti)ia ad Alessandria del Carretto (CS) per la festa di s. Alessandro e della "pite". Di questa festa vorremmo parlare oggi in quest'articolo.

Il percorso, partendo da Roma per raggiungere Alessandria, si snoda passando per la A1 Roma-Napoli fino a Caserta dove si prende la A30 Caserta-Salerno e successivamente la A3 Napoli-Reggio Calabria. Si esce a Frascineto-Castrovillari per riprendere le strade normali, si percorre quindi la 105 di Castrovillari andando verso Est per prendere infine la 92 dell'Appennino Meridionale che ci porterà fino ad Alessandria. L'insieme è piuttosto impegnativo perchè consta di 500 Km e di 6 ore circa di percorrenza. Sarebbe consigliabile partire il Venerdì od il Sabato ed approfittare dell'accoglienza degli alessandrini e della loro zona. Ci troviamo nella zona del Pollino sul versante calabrese del massiccio.

Il paese risale agli inizi del '600 avendo inglobato un borgo più antico denominato Torricella. Nel 1640 viene rinominato come Alessandria in onore del Principe Alessandro della famiglia Pignone del Carretto feudataria della zona di Oriolo a cui il paese apparteneva. Sorge attorno ai 1000 metri di quota. Oltre adIl trasporto della pita (Foto di E. Morganti) alcune aree archeologiche di probabile epoca romana (Tre Arie) troviamo esempi di architettura bizantina e seicentesca (resti della cappella di s. Elia e chiesa parrocchiale di s. Alessandro) nonchè prestigiosi esempi di masserie-fortezze del XVIII secolo.

Proprio in onore di s. Alessandro, come abbiamo detto, l'ultima Domenica del mese di Aprile, si svolge il rito della "pite" o pita. La pita è un'enorne abete che viene trasportato in paese. Nel periodo precedente la festa, un gruppo di abitanti di Alessandria si reca verso Terranova del Pollino dove, con la collaborazione delle guardie forestali, scelgono un abete alto almeno una ventina di metri che sia malato o che sia stato abbattuto dalle intemperie o da eventuali movimenti franosi.

La Domenica, all'alba, tutti gli uomini del paese si muovono, tutta la comunità è interessata nell'agire come fosse un tutt'uno, vanno in montagna con gli scarponi ai piedi fino al luogo dove giace l'albero ad attenderli. Altri luoghi della Lucania hanno la stessa tradizione, Viggianello ad esempio, ma in questi paesi il rito si è modernizzato e la pita viene trascinata con trattori od animali, solo ad Alessandria, ancora oggi, essa viene Il riposo (foto di E. Morganti)trasportata con il mezzo più antico: il sudore delle braccia.

L'albero, la punta tagliata per circa 4 metri (che lo precederà in paese), scortecciato e privato dei rami, viene "trafitto" da lunghi chiodi a cui vengono ancorati, tramite dei rami sfibrati dell'albero stesso, dei travetti che verranno afferrati per tirare la pita. La strada è lunga e la fatica va accompagnata. Ogni tanto ci si ferma e si interrompe questo sforzo tremenendo, allora si tirano fuori il vino, il cibo preparato dalle donne, l'organetto, la zampogna e la ciaramella. Iniziano le tarantelle ed i balli e si prosegue così per tutta la giornata. Qui troviamo un tipo di tarantella definibile come calabro-lucana, di tipo femminile che si chiama pastorale perchè eseguita prevalentemente con la zampogna. Uno dei tipi di ballo si svolge appoggiandosi a dei pali, preparati in montagna e che vengono portati fino in paese, donati al santo e messi all'incanto. Viene effettuata una sosta lunga verso mezzogiorno nella zona detta la "Difisella", dove vengono sparati anche dei botti quasi a segnalare che l'albero è vicino ad Alessandria. Dopo qualche chilometro si incontrano le donne insieme agli anziani che non se la sono sentita di arrivare fino in cima. La Tarantella con il bastone (Foto di E. Morganti)Anche i ragazzi del paese hanno il loro da fare, mentre i grandi trasportano la pite, loro, che non si sentono da meno, trasportano il loro abete, un albero piu piccolo ma comunque portato a braccia, perchè nessuno si deve sentire escluso. Tutto il paese adesso accompagna i suoi alberi, suoi in molti sensi, lo si avverte nei volti della gente sudata, nella felicità che esprimono. Arrivati verso le sette alle prime case, in un'area attrezzata all'ingresso del paese, si cena e si festeggia tutti insieme prima che l'albero faccia il suo ingresso trionfale nei vicoli di Alessandria, dove viene girato, alzato, capovolto, come in un balletto condito dalla musica e dagli sforzi della gente, fino ad arrivare davanti alla cappella di s. Vincenzo. La cima viene posta al riparo in chiesa.

Il 3 di Maggio, abbastanza presto, la cima dell'abete viene unita al resto della pita, con dei pali di legno, che avvolgono i due pezzi, legati tramite dei rami possibilmente di prugno, torti e sfibrati appositamente. Una volta rese solidali le due parti vengono attacLa cima della pita (Foto di E. Morganti)cati i doni sulla cima e la pita inizia ad essere innalzata al suono degli strumenti. Al centro della piazza è stata ricavata una buca profonda che ospiterà la base dell'albero. La pita viene tirata su con attrezzi vari, forche, scale, pali, ect. senza però l'uso di verricelli, argani o quant'altro, guidata dalla voce che dirige le operazioni. Il raggiungimento della posizione verticale coincide con uno scroscio di applausi, dopodichè si procede al bloccaggio della base.

Dopo la messa e la processione ha luogo nel sagrato l'incanto, la messa all'asta di prodotti tipici donati al santo, venduti a prezzi altissimi. Verso le 5 del pomeriggio ci si ritrova per dare la scalata alla pita, solo con l'uso delle gambe e delle braccia, chi riesce a salire viene a trovarsi ad un'altezza di una ventina di metri e raccoglie, o meglio, coglie dai rami i premi duramente sudati.

Dopo questa seconda vita l'albero viene, dopo aver sgombrato la piazza e tolti i fermi, fatto crollare rovinosamente. Le persone si avvicinano e finiscono di sfrondare la cima, i cui rametti verranno portati in casa, a ricordo di queste giornate e di s. Alessandro.


Richiediamo la vostra collaborazione per riempire il sito di contenuti, notizie, articoli, appuntamenti, foto e quanto altro la Vs. fantasia vi suggerisca sul mondo del popolare in Italia.


 

Le Tarantelle V


 

Ritorna alla Ciucciuettola

SCHEDA TECNICA | DATE FESTE POPOLARI | DANZE ITALIANE | ZEZA | FLAUTI | CIARAMELLA | LIRA CALABRA | PUTIPU' | ORGANETTO | TAMBURELLO E TAMMORRA | TROMBA DEGLI ZINGARI | CHITARRA | CHITARRA BATTENTE | MANDOLA | CASTAGNETTE | TRIANGOLO |