Sathan
Cavaliere Jedi "Chi
sono, cosa sono, da dove vengo...". Seduto
dinanzi al mio bicchiere di vino, solo, come sempre io con me stesso,
immerso nei miei pensieri. Urlo
: "Cameriera un altro boccale di quel tuo veleno rosso". Rosso
si, come il sangue, ed ancora una volta alcuni ricordi confusi
riemergono dalla mie memoria. Un
villaggio, una scritta ... Longraae, un uomo, forse mio padre, che gioca
con me, gioca alla guerra...nessun bambino dovrebbe. Una
donna mi sorride, affacciata da una finestra di una casa vicina. Io
fiero, con le mie armi in pugno, le rispondo. E'
una splendida giornata di sole, il villaggio e' pieno di vita, ma uno
strano innaturale silenzio avvolge tutto. So
di non essere un bambino "normale", uguale agli altri. No
io sono diverso, ho dei "talenti", sono un usufruitore di
magia ed anche in questo diverso, differente nella diversita', posso
usare le armi cosa negata agli altri usufruitori. Ora
smetto di giocare con l'uomo, e inizio a creare globi magici di luce, si
perche' la giornata si fa buia, cosi' d'improvviso. Vedo la donna che mi
chiama, urla facendo segno di correre verso la casa..., l'uomo nel
frattempo mi osserva preoccupato e contemporaneamente terrorizzato, io
lentamente mi volto. Provo
angoscia e paura...si pura e semplice paura. Ancora oggi provo quella
sensazione di sgomento e terrore che ebbi voltandomi. Un
demone enorme torreggia su di me fissandomi con le fauci spalancate da
cui gronda sangue. Da
quella bocca putrida accozzaglia di zanne e brandelli di carne esce un
suono, piu' simile al latrato di una qualche bestia che ad una voce che
sibila : "Terrore e Distruzione sssssssu di voiiiii mortaliiiii, io
sono Nahaz il Demone e sono qui con le mie orde per distruggervi e
pasteggiare con le vostre carni in onore di Kylra'th". Subito
si avventa su di me, ma l'uomo mi si para dinanzi affrontando
l'abominio. Confusione,
sangue, urla, dolore...l'ultima immagine nitida e' il demone con un
braccio umano tra le fauci, poi il nulla. Mi
sveglio, penso che sia stato un incubo, forse non e' accaduto nulla, ed
invece sono ancora immerso nell'incubo! Dovunque corpi sbranati, e
demoni, e famigli demoniaci che volano dove una volta vi erano gli
uccelli. Fuggo,
corro, corro e corro ancora. Una
qualche divinita' od un qualche demone mi ha assistito nella fuga, e mi
ritrovo a vagare per i picchi delle montagne circostanti. Sento
pero' di essere cambiato, sento un fuoco ardere dentro di me, come se L'inferno
stesso mi incendiasse l'anima, ma ormai ridotto ad uno stato quasi
animale non me ne curo, ho solo voglia di sangue e faccio strage degli
esseri che popolano questi luoghi, pasteggiando delle loro carni e
bevendone il sangue. Finalmente
dopo settimane passate ad errare nutrendomi di goblin e piccoli orchi
che attacco e sbrano senza pieta' vengo raccolto da una carovana di
Gitani. Non
sanno che errore hanno commesso, ormai l'umanita' mi ha quasi
completamente abbandonato e sono piu' simile a quei demoni che hanno
distrutto la mia casa che ad un essere umano, ma esteriormente non
sembra cosi'...per mia fortuna. Il
loro comandante mi si para dinanzi con il suo stupendo medaglione e mi
chiede : "Come ti chiami giovanotto ?". Io
non so cosa rispondere, la mia mente divorata dall'odio e dall'orrore ha
ormai cancellato il ricordo del bambino, rispondo farfugliando : "mmmm...
mi..ch..iamo Sathan, si Sathan il demone che cammina tra voi". Il
comandante mi fissa e poi sbotta in una fragorosa risata. Poi
riprende : "va bene Sathan, tu verrai con noi e verrai addestrato,
penso che faremo un buon gitano di te". Fu
cosi' che mi uni a loro, ma la fiamma del demonio ancora bruciava dentro
di me. I
miei talenti naturali vengono subito individuati e messi sotto duro
allenamento. Comunque
anche in questo falso alone di tranquilla vita, l'orrore che mi segue
sembra non avermi abbandonato, un giorno sono comparse delle nebbie
all'entrata nord del villaggio e da quel momento sono iniziati a
scomparire delle persone dal campo. Non
mi interessa, questa gente mi e' indifferente. Il
tempo passa, i mesi, decido di andarmene, ho imparato quanto dovevo e
volevo, ora vado via ma prima voglio sdebitarmi con il comandante dei
gitani, di persona, entro nella sua tenda e lo sgozzo, bevendone il
sangue. Il
demone che e' dentro di me ride di gioia. Cosi'
vado via e mi unisco ai tagliagole del Picco dell'Aquila, che subito mi
isolano, dicono che hanno paura di me, sono troppo sanguinario, non mi
accontento di derubare i viandanti, lascio una scia di cadaveri dietro
di me. Ormai
riscuoto anche una discreta fama fra di loro e di questo me ne
compiaccio, anche se sono niente per me, come tutto il mondo. Ricordo
ancora con orrore quando in paladino incrocio' per sua disgrazia il mio
Cammino su al passo montano. Mi pare si chiamasse Roland. Io
sempre in preda al mio furore cieco non volevo solo togliergli la vita,
volevo cancellare lui ed il bene che rappresentava. Allora feci ricorso
ad una delle piu' potenti magie mai conosciute dall'uomo, il
"polimorfismo", recitai l'antica formula e mi trasformai in un
Titano, un Golem dei Fulmini, fu quindi un piacere per me troncare la
sua misera vita schiacciandolo come un insetto, mentre le saette che
scaturivano dalle mie mani lo bruciavano. Oramai
vivevo solo per seminare morte. Finche'
un giorno in una delle mie imboscate cade uno gnomo, diverso dagli altri
a cui ho fino ad ora spezzato la vita. Questi
esseri piccoli e fragili, ma dotati di un'intelligenza fuori dal comune
sono astuti e pericolosi, ma non mi preoccupo, uno dei tanti. Anche se
ha uno strano sigillo con una J incandescente. Sto
per attaccarlo quando mi fissa con i suoi enormi occhi e parla : "Ferma
la tua mano ragazzo, tu sei di fronte ad Ippocrate, il chierico Jedi, la
forza mi pervade e sento che scorre in te, anche se oscurata dal male,
ma io la portero' fuori", pronuncio' poche parole ed io caddi nelle
sue braccia. Mi
risvegliai in una casa abbandonata, riconobbi subito il luogo. Era
il mio villaggio di origine Longraae. Perche' ero qui ? Una
voce dentro di me mi indico' che Ippocrate mi aveva condotto qui,
perche' solo distruggendo il demone che aveva corrotto la mia esistenza
sarei tornato ad essere un unomo, degno di entrare tra gli adepti del
possente clan degli Jedi. Mi
alzo, sono ancora indolenzito e mezzo nudo. Penso tra me e me che prima
di affrontare il demone Nahaz avrei bisogno di riprendermi ed armarmi,
anche se ora l'odio ha oscurato la paura. Guardo
verso il tavolo e trovo li delle armi ed una lettera. Ivi
vi e' scritto che con quelle armi magiche posso sconfiggere il demone,
ci sono poi una serei di benedizioni che il sommo Ippocrate ha lanciato
su di me per assistermi nello scontro con il mio passato. Mi
vesto, indosso dei braccialetti di opale ed impugno una affilata
scimitarra che brilla di magia. Sento
subito il potere di quegli oggetti. Esco.
La caccia comincia. Subito
sono attaccato da famigli demoniacio, sono poco piu' che zanzare noiose
per me. Sono
concentrato e teso, mi dirigo verso la vecchia cattedrale del paese,
sento la presenza del demone. E' qui! Apro
la porta ricorrendo alla magia ed entro. Nulla. Annuso
l'aria come un segugio. Sento il suo fetore. Dal
fondo della navato odo un riggito, mi precipito verso l'altare. Nahaz e'
li' intento in un suo malefico rito. Si
volta mi vede e con un urlo bestiale mi si avventa contro. Il terrore
del bambino si rimpossessa di me e rimango per un istante paralizzato.
Un istante di troppo, gia' il demone mi artiglia e le prime ferite si
aprono sul mio corpo. Mi
riprendo e contrattacco, la mia scmitarra sibile aprendo grossi
squaqrci nel corpo del demone. La
mia magia crepita e colpisce con fulmini e getti d'acido il mostro. Alla
fine, egli e' sconfitto. Ho ottenuto la mia liberta'. Sono
tornato uomo. Giaccio
per alcuni lunghi istanti per terra samguinate. Alzo
la testa ed apro gli occhi ed Ippocrate e' li' a curarmi ed a
confortarmi. Gli
chiesi allora di tenermi a battesimo per cambiare il mio nome, in modo
da Cancellare
definitivamente il mio orrendo passato, ma egli mi convinse che dovevo
mantenerlo proprio per ricordare. Mia
missione sarebbe stata quella di distruggere i demoni che avevano
distrutto la mia vita. Comincio'
cosi' la mia conversione alla Forza e questo suggello' il mio ingresso
negli Adepti della Forza. Fu
quella la prima volta che misi piede ad Alma Civitas come discepolo di
Ippocrate, maestro Jedi, e' stato lui ad insegnarmi le vie della forza e
dell'amicizia, vie non
semplici. Quanti
amici ho incontrato in seguito, Edain Elessedil l'elfo, Gatzu, Lord
Renar, Wolf, Abracadabra, Ljuke, Berlenzio Stormsailor, Sir Rahedry,
TomBombadil (che personaggio) nonche' fidanzato di Boccadoro. "Ehi
cameriera, insomma con questo bicchiere di vino", tze quando c'era
Boccadoro a servire ai tavoli era tutta un'altra cosa. Boccadoro che
stupenda fanciulla, mi ricordo ancora la prima volta che l'incontrai qui
ad Alma, era appena arrivata ed in cerca di un lavoro e di aiuto, mi
presentai a lei e le regalai alcuni oggetti. Diceva
che doveva perseguire una vendetta familiare ed ammazzare il mostruoso
Beholder che infesta Old Thalos, mostro distruttore della sua famiglia.
Chi meglio i me poteva comprenderla. Feci il possibile per lei, offrendo
il mio braccio per la vendetta. Ma
lei ostinatamente si rifiuto' disse : "E' una vendetta che devo
compiere da sola". Povera piccola Boccadoro, a quel tempo non ero
in possesso delle arti della guarigione, e neanche pensavo a quanto me
ne sarei pentito di li a poco. Boccadoro che e' passata ad Alma come una
cometa, splendida e rapida nella sua vita. Mi
ricordo quando la trovai, ormai vita spezzata, ferita a morte
dall'immonda mostruosita' che gli umani chiamano Beholder, che giaceva
inanimato a pochi passi da lei. Ricordo
ancora il suo messaggio magico che mi chiamava, dove era Tom ? Grazie
alla mia magia che ormai dominavo in ogni sua forma, aprii un varco
dimensionale verso di lei. La raggiunsi veloce come la luce, ma ahime'
non avevo potere di guarirla e mentre la stringevo a me, lei recitava le
sue ultime parole :
"qui
muore boccador, dopo
aver pagato col sangue il prezzo del suo onor, porta
tu al mio Tom questo sorriso, che
rimanga eterno in lui il ricordo del mio viso". Fu
cosi' che Boccadoro scomparve, con poesia, come aveva sempre vissuto. Non
ti dimentichero'. Questo mi spinse a chiedere ad un saggio di Syracusa
cui spesso si recava il mio mentore Ippocrate, Ibn Sina di insegnarmi le
arti del guaritore. Fu
cosi' che divenni maestro nelle tra arti : guerra, magia e guarigione. "Hey
cameriera il conto per favore", devo andare via ho ancora molte
cose da fare, devo onorare il titolo di cui sono stato fregiato :
Cavaliere Jedi. |
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