Cocktail anno 8 numero 1

LA SCUOLA CATTOLICA INCONTRA IL PAPA

la manifestazione del 30 ottobre nelle impressioni di uno dei partecipanti

Quasi cinque ore di treno da Cagliari fino ad Olbia, poi l’imbarco con le luci della notte, la traversata, l’approdo a Civitavecchia, nuovamente in treno fino alla stazione di Roma-San Pietro: nella fatica del viaggio custodisco domande e nutro speranze. D’improvviso la stanchezza ed il sonno non contano più e mi sento parte di un fiume umano che, per un momento eccezionalmente, sta risalendo alla sorgente: acqua nell’acqua, fiume nel fiume, verso la sorgente, verso il Papa per ricevere da lui una parola di incoraggiamento ed insieme a lui ribadire pacificamente un diritto negato: la libertà di educazione.

E’ la mattina di sabato 30 ottobre quando in file ordinate e rispettose, da ogni parte confluiscono a decine di migliaia verso piazza San Pietro: non preti né suore (bisognerebbe proprio andarli a cercare) ma genitori, allievi, insegnanti di scuole cattoliche, padri e madri che vorrebbero, ma non possono per ragioni economiche, scegliere liberamente la scuola per i propri figli. E’ un movimento che, finalmente, è uscito dall’angusta difesa di un privilegio per pochi, in cui non a caso era stato relegato, per diventare espressione di un diritto di tutti. E’ una consapevolezza di popolo che reclama il giusto sostegno, senza ulteriori oneri per lo stato, nel diritto-dovere di educare i figli conformemente alle proprie convinzioni religiose o filosofiche. I volti di questa gente, che pur subisce ingiustamente il monopolio statale dell’istruzione, non denotano segni di rabbia ma serenità, le loro labbra non urlano slogan irriverenti ma cantano e pregano, le loro mani non si prestano ad atti di teppismo ma sorreggono un figlio in braccio o lo zaino col pranzo al sacco.

Tra questi duecentomila di piazza San Pietro ci sono anch’io, insegnante in una scuola salesiana da 15 anni, c’è mia moglie che condivide con me questa scelta, ci sono le mie figlie di 12 e 9 anni, alunne di istituti cattolici dalla materna in poi. La folla è immensa e dobbiamo fermarci all’ingresso del colonnato: poco importa se si sente male, se non si vede il Papa, se ci si deve accontentare di un maxi schermo così lontano che appare più piccolo di un televisore e che spesso è nascosto da uno striscione o semplicemente da un bambino in braccio al padre. Ciò che conta è esserci, è far parte di quel popolo, è sapere che il Papa è lì per noi, è lanciare da quella piazza un messaggio al palazzo del potere ed alla società tutta.

Ed il messaggio non è il nostro, le parole non sono le nostre ma di quell’uomo vestito di bianco, di quel Papa polacco che, proprio dieci anni fa, ha determinato la caduta del muro che divideva vergognosamente l’Europa in due. Anche in Italia c’è un vecchio muro da abbattere: quello di un’ideologia post-risorgimentale che oppone stato e chiesa, tenuta insieme dal cemento di un laicismo incoerente che ha lasciato proprio ai cattolici, a loro i retrivi, a loro i conservatori, la difesa di un principio liberale per tutti . "Nell’Europa che si va costruendo sarebbe strano – aveva scritto il papa nella lettera ai vescovi italiani del 1994 - che la voce della scuola cattolica divenisse troppo flebile proprio in quella nazione che, per la sua tradizione religiosa, la sua cultura e la sua storia, ha un compito speciale da assolvere per la presenza cristiana nel continente europeo".

E così i duecentomila di piazza San Pietro, e quanti altri sono collegati per radio o televisione, possono sentire valorizzata la secolare tradizione delle scuole cattoliche che "porta in sé un grande patrimonio di cultura, di sapienza pedagogica, di attenzione alla persona del bambino, dell’adolescente, del giovane, di reciproco sostegno con le famiglie, di capacità di cogliere anticipatamente, con l’intuizione che viene dall’amore, i bisogni e i problemi nuovi che sorgono col mutare dei tempi". Quella moltitudine può anche apprezzare il grande respiro del discorso di Giovanni Paolo II che, uscendo dal recinto delle istituzioni cattoliche, auspica pure che "le varie iniziative scolastiche che possono nascere dalla società siano considerate una risorsa preziosa per la formazione delle nuove generazioni, nel rispetto dei necessari requisiti di serietà educativa".

Ma ciò che strappa cinque minuti ininterrotti di applausi è il passaggio più atteso, quello in cui il Papa chiede esplicitamente "il pieno riconoscimento della parità giuridica ed economica tra scuole statali e non statali, superando antiche resistenze estranee ai valori di fondo della tradizione culturale europea". Sotto un tiepido sole autunnale, la piazza si trasfigura in un arcobaleno di fazzoletti colorati agitati da mani instancabili di piccoli e grandi, in un tripudio di gioia, in una festa di popolo.

Il messaggio pontificio non è rivolto solo alle inadempienze dei politici italiani; Giovanni Paolo II rivolge lo sguardo "con non minore sincerità e coraggio al nostro interno (sollecitando) la solidarietà e la simpatia di tutta la comunità ecclesiale dalle diocesi alle parrocchie dagli istituti religiosi alle associazioni e ai movimenti laicali" per aggiungere subito dopo, se mai ce ne fosse bisogno, che "la scuola cattolica rientra a pieno titolo nella missione della Chiesa così come è al servizio dell’intero Paese". Per me, laico cristiano docente in una scuola cattolica, è una conferma apostolica e professionale importantissima.

Spesso interrotto dagli applausi ed accompagnato dall’incessante sventolio del fazzoletti variopinti, il Papa conclude il suo discorso con parole che sono incoraggiamento ed impegno per tutti i protagonisti della scuola; la numerosa assemblea può quindi sciogliersi con preghiere proposte da un docente, un genitore, un allievo. E mentre ordinatissimi collaborano con i vigili nell’allontanarsi dalla piazza, i duecentomila vanno alla ricerca di un gradino, un porticato, una trattoria dove consumare velocemente un pasto; per qualche ora ancora Roma può osservare senza timore questi strani e inoffensivi manifestanti, ora più sereni perché appena incoraggiati dal Papa: "La scuola cattolica vi appartiene, è per voi, è casa vostra e quindi non vi siete sbagliati a sceglierla, ad amarla, a sostenerla" . Mi mescolo tra la folla con l’animo pacificato anch’io, docente e genitore con due figlie in una scuola cattolica, perché il Papa mi ha ricordato che ne vale davvero la pena.

Procedo verso la stazione costretto a scavalcare gruppi di giovani che cantano seduti per terra in attesa della partenza; il fazzoletto colorato che prima sventolavano in piazza è divenuto sciarpa, bracciale, fiocco per capelli, segno distintivo per un viaggio di ritorno più gioioso dell’andata, ma con una domanda ancora nel cuore. Mi incammino verso i binari infilando anch’io il mio fazzoletto rosso in un’asola del giubbotto e, mentre salgo sul treno, ancora mi domando: "Chi ha paura della libertà?"

Daniele Siddi

 

 

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