Alfonso D'Aragona per succedere al trono di Napoli, allo scopo di solidificare la sua potenza, si preparava ad espugnare L'Aquila. La sua avanzata devastante, la sua determinazione e l'avvenuta occupazione di una parte del contado spinse L'Aquila, per evitare guai maggiori, alla resa il 6 ottobre 1442.

Le condizioni dell'Aquila peggiorarono con il governo di Ferdinando I figlio di Alfonso. Le condizioni erano tali da alimentare forti malumori che sfociarono nella congiura dei baroni e alla dedizione degli aquilani al Papa Innocenzo VIII.

La dedizione al Papa in conflitto con Ferdinando fu istigata dalla famiglia Gaglioffi, avversaria secolare dei Camponeschi. Il 6 novembre del 1845 l'Aquila giurò fedeltà al Papa Innocenzo VIII. La rappresaglia non si fece attendere e il 10 ottobre 1486 il duca di Calabria, futuro Alfonso II, entrò in L'Aquila e ai Gaglioffi non rimase che darsi alla fuga lo stesso giorno. Girolamo Gaglioffi girovagò per l'Italia per poi finire alla corte di Carlo VIII re di Francia. Qui egli ebbe un ruolo importante nel convincere il re ad impossessarsi del regno di Napoli estromettendone gli aragonesi. Il 19 gennaio 1495 le truppe francesi entrarono in L'Aquila e il 21 febbraio dello stesso anno entrarono a Napoli e deposero Ferdinando II. Vi fu però subito una rivolta che culminò con la disfatta, di Atessa, delle poche truppe francesi rimaste a Napoli.

Con la morte di Carlo VIII succedette al trono di Francia Luigi XII. Questi strinse un accordo con Venezia contro il ducato di Milano e uno con il re di Spagna Ferdinando contro il regno di Napoli. Quello di Granada fu un accordo segreto, ignorato dal re di Napoli Federico il quale si consegnò praticamente a Ferdinando, suo parente, al quale aveva chiesto aiuto per combattere Luigi XII. Detronizzato nel 1501, Federico, preferì mettersi nelle mani dei francesi anziché del suo parente traditore.

La contesa per il regno di Napoli non era però finita in quanto i due contendenti non si trovarono d'accordo, vennero così alle armi finché gli spagnoli non ricacciarono i francesi nel 1503.

L'Aquila pagò a caro prezzo la sua politica filofrancese con repressioni, soprusi e vendette.

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