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«Tocai, serve un patto Friuli-Ungheria»
Il parlamentare friulano Collavini rilancia la proposta di una trattativa bilaterale

dal Messaggero Veneto del 27/12/2002
UDINE. C’è ancora il tempo e la possibilità di trovare un’intesa con l’Ungheria per sciogliere il nodo del tocai a favore sia del vino friulano che ha una storia e un marchio da difendere, sia di quello magiaro. Lo ribadisce il parlamentare friulano di Fi, Manlio Collavini. «C’è un’amicizia antica tra Italia e Ungheria. Rapporti, frequentazioni, scambi che risalgono alla notte di tempi e che fanno del settore vitivinicolo un terreno di incontro persino più complesso e significativo del prodotto stesso che genera - sottolinea -. Sicché il vino, a cui, su un piano certamente più alto, persino il cristianesimo e l’ebraismo hanno attribuito un importante valore simbolico-rituale, è stato terreno di incontro tra i due Paesi: segnando una sorta di parallelismo tra storie patrie e antiche vicende mercantili, i cui passaggi storici non è difficile individuare». «Fu l’imperatore romano Probo, che nel 280 d.C. diffuse la coltivazione della vite in Ungheria, importandola dal nostro Paese. Sembra poi accertato che, oltre ai vitigni dell’imperatore romano Probo, anche il Furmint (uno dei principali artefici del celebre Tokaj sia stato trasferito in terra magiara dai conti Formentini (friulani) o – come altri storici sostegnono – da viticoltori italiani, che unitamente a Lorenesi e Valloni, furono chiamati da re Bela IV d’Ungheria per effettuare il risanamento della viticoltura locale». «Uno dei momenti più interessanti, rispetto agli scambi tra i due Paesi nel settore vitivinicolo, è rappresentato dal vitigno ungherese impiantato in Italia e denominato “tocai friulano”. Questo, in effetti, non avrebbe niente in comune con il “Furmint” di Tokaj, come qualcuno ha sostenuto. Secondo recenti, approfondite ricerche ampelografiche e biochimiche dell’Istituto sperimentale per la viticoltura di Conegliano, questo vitigno, di indubbia provenienza magiara, non sarebbe altro che il “sauvignonasse”. Due vitigni diversi, quindi, il “Furmint” e il “Tocai friulano”, che danno origine a vini molto diversi che non si possono commercialmente confondere».
«A questo punto è bene specificare anche come l’uso della dizione “Tocai friulano” risalga alla fine del Settecento e che le prime documentazioni ampelografiche su questo vitigno appaiono nel 1825 nel volumetto “Delle viti italiane ” dell’Acerbi. Un ricordo storico, questo, che ci riporta al secolo scorso, quando alle vicissitudini vitivinicole si sono intrecciati importanti avvenimenti storici fra le popolazioni italiche e magiare, che si trovarono unite nel comune desiderio di libertà e indipendenza».
«In questa cornice si iscrive la necessità di un accordo diretto tra i due Paesi, sull’uso della dizione “Tocai friulano” riferita, si badi bene, a un vitigno e non a una regione di provenienza. È ben noto, infatti, che i vitigni prodotti con il “Tocai friulano” sono denominati (secondo i disciplinari produttivi regolamentati da altrettanti decreti del Presidente della Repubblica) con i nomi geografici “Collio”, “Grave del Friuli”, “Colli Orientali del Friuli”, “Aquileia”, “Latisana”, “Isonzo” e “Lison-Pramaggiore”. Un accordo amichevole e ragionato, sulla questione, pare certamente cosa possibile, oltre che auspicabile. Un accordo diretto italo-ungherese – nel rispetto delle leggi internazionali sulla tutela della denominazione di origine, geografiche – dunque, che offrirebbe un validissimo contributo ai reciproci interessi. Un’intesa nel senso auspicato, infatti, assicurerebbe una forte valorizzazione di tutta la produzione vinicola ungherese e un rilancio commerciale del Tokaj e dei vini friulani e veneti a denominazione di origine controllata. La storia delle relazioni tra i due Paesi sollecita pensieri positivi in proposito: e le stesse dinamiche dei mercati mondiali, l’evoluzione socio - politica dell’Europa, i grandi temi proposti dalla globalizzazione, postulano un accordo diretto tra Italia e Ungheria che assicurerebbe solo vantaggi ai partners. E consoliderebbe una lunga stagione di rapporti amichevoli e fruttuosi tra due popoli».

Venerdì il convegno all’auditorium
Decolla il progetto
per lo sviluppo dei vitigni autoctoni

da il Messaggero Veneto del 4/12/2002 - Gorizia
Un prestigioso convegno sui vitigni autoctoni (organizzato con la collaborazione della Regione, della Fondazione Cassa di risparmio di Gorizia e della Rolo banca di Udine) per concludere le celebrazioni in occasione del trentennale del Ducato dei vini friulani.
«I vitigni autoctoni del Friuli-Venezia Giulia sono un grande patrimonio da salvare e possono divenire un ulteriore biglietto di visita non soltanto per i prodotti enologici o per l’agroalimentare, ma per l’intero territorio e le sue peculiarità». È quanto hanno affermato a palazzo Florio, sede dell’Università di Udine, il Duca dei vini friulani Emilio Del Gobbo e il professor Enrico Peterlunger, della facoltà di Agraria (intervenuti a nome del rettore Pierluigi Bonfanti) per presentare il convegno che si svolgerà all’Auditorium di Gorizia, in via Roma, venerdì 6 dicembre alle 17.
La manifestazione intende fare da battistrada per indicare ai produttori nuove opportunità di sviluppo per la viticoltura nostrana. L’evento si prefigge infatti lo scopo di individuare, con l’apporto dell’Università, sei vitigni autoctoni, tre a bacca rossa, tre a bacca bianca, che possano essere diffusi nel “Vigneto Friuli”, e abbiano le potenzialità per divenire un ulteriore momento di eccellenza della nostra vitivinicoltura. Un lavoro che è già avviato da parte dell’Università di Udine, nella quale i ricercatori hanno già individuato alcuni dei vitigni potenzialmente coltivabili con successo. Sono una sessantina sui 219 storicamente censiti nel Friuli-Venezia Giulia.
Dopo il saluto delle autorità, il convegno sarà introdotto dal Duca Emilio Del Gobbo. Seguiranno le relazioni dei professori Emilio Scienza, dell’Università di Milano, ed Enrico Peterlunger, di quella friulana. Le conclusioni saranno tratte dal rettore della facoltà di agraria dell’ateneo udinese Bonfanti.
Cristina Burcheri


Vini bianchi contro il diabete
Il professor Ceriello: le sostanze antiossidanti proteggono i vasi sanguigni

da il Messaggero Veneto del 13/10/2002

I vini bianchi prodotti nelle cantine friulane fanno bene alla salute. Hanno una discreta capacità antiossidante che aiuta a curare il diabete.
La conferma arriva dal docente di Medicina interna alla facoltà di Medicina e chirurgia dell’università di Udine, Antonio Ceriello, che sta verificando l’entità della protezione che si può avere dal vino bianco nei meccanismi che producono le complicanze del diabete. Il progetto di ricerca, finanziato dalla Camera di commercio di Udine con 15 mila euro, è stato illustrato, ieri, nella sala conferenze della Fondazione Crup, nel corso del convegno “Vino e diabete: quali buone novità?”. L’iniziativa è stata inserita nel programma di Friuli Doc per far conoscere i lati migliori del vino e nel progetto “Città sane” per favorire l’attività di prevenzione e di educazione sanitaria.
In Friuli oltre 12 mila persone sono affette dal diabete, altrettante ne soffrono senza saperlo. Tale patologia è considerata anche uno dei principali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari, unitamente alla vita sedentaria e all’allungamento della vita media delle persone. Partendo da tali considerazioni, e dal fatto che con semplici regole alimentari e l’uso di mezzi diagnostici è possibile prevenire o curare il diabete, l’Associazione friulana famiglie diabetici di Udine e l’università degli studi di Udine hanno dato vita al progetto “Laboratori aperti”. Punto cardine di tale progetto è la promozione, la divulgazione e la corretta informazione sullo stato attuale della ricerca sul diabete.
«Le sostanze antiossidanti sono presenti nella buccia e nell’acino dell’uva. Le tecniche di produzione dei vini bianchi friulani consentono di recuperare queste sostanze, assicurando ai Bianchi un’importante capacità antiossidante» spiega Ceriello, nel ricordare che il consumo di un bicchiere al giorno di un buon bianco friulano aiuta a proteggere i vasi sanguigni.


Da «Ruralia» di Gorizia il conte Formentini
attacca i produttori che scaricano il Tocai


dal Piccolo - Gorizia 6/10/2002

 «Purtroppo alcuni produttori vitivinicoli friulani non sostengono come dovrebbero la battaglia per la denominazione del Tocai. Invece di lottare propongono in alternativa nomignoli assurdi, dimostrando di non capire qual è la posta in palio».
Non le ha mandate a dire il conte Filippo Formentini ieri a «Ruralia», la rassegna delle specialità agroalimentari in corso di svolgimento a Gorizia. Formentini ha attaccato, senza troppi giri di parole, quei produttori che non fanno abbastanza per conservare la denominazione Tocai. L’occasione è venuta dalla presentazione del fumetto «Il tesoro di Aurora. Una storia per il Tocai friulano» dell’udinese Luigino Peressini: un’opera fortemente voluta dall’Ersa che ha come protagonisti la baronessa Aurora Formentini di San Floriano del Collio andata in sposa il 3 febbraio 1632 al conte ungherese Adam Batthyany. «Questo fumetto - ha sottolineato il commissario straordinario dell’Ersa, Bruno Augusto Pinat - è un modo diverso per mantenere vivo un problema che non è solo agricolo ma anche culturale, economico e sociale della nostra regione».
Oggi «Ruralia», che si svolge nel quartiere fieristico di Gorizia, terrà aperti i battenti dalle 10 alle 22: l’ingresso è gratuito.
Francesco Fain


Tocai, la battaglia riparte da un fumetto
“Il tesoro di Aurora” ripropone la vicenda del vino friulano

dal Messaggero Veneto - Gorizia 06/10/2002

“Il tesoro di Aurora” è il nostro Tocai!
Con queste parole ha esordito il noto fumettista udinese Luigino Peressini presentando, in seno a Ruralia, la sua ultima fatica artistico-letteraria: “Il tesoro di Aurora. Una storia per il Tocai friulano”.
La storia a fumetti, voluta fortemente dall’Ersa che l’ha patrocinata e che presto la distribuirà nelle scuole, ha come protagonisti la baronessa Aurora Formentini di San Floriano del Collio andata in sposa il 3 febbraio 1632 al conte ungherese Adam Batthyany. E, come si sa, la nobildonna portò seco “300 vitti di Toccai”.
A distanza di quattro secoli la vicenda del Tocai friulano – e la disputa con l’Ungheria sul nome – occupa ben diversa atmosfera negli spazi della cronaca. Cronaca ricordata anche dal commissario speciale dell’Ersa, Bruno Augusto Pinat, ospite d’eccezione alla presentazione. «Il Tocai è un vino legato fortemente alla nostra terra e, su questo vino e sul suo nome si sono addensate scure nubi – ha spiegato il commissario dell’Ersa – oggi cerchiamo di recuperare, con molto ritardo, quello che nel 1993 non si è fatto. Questo fumetto è un modo diverso per mantenere vivo un problema che non è solo agricolo, ma anche culturale, economico e sociale della nostra regione». Ringraziando tutti coloro che si sono prodigati per il buon fine di questa pubblicazione e, in particolare le storiche famiglie che hanno aperto le porte dei loro archivi privati, Pinat ha concluso dichiarando: «Sicuramente vinceremo»!
«Constato con rammarico che alcuni produttori friulani non sostengono come dovrebbero il nome Tocai proponendo in alternativa assurdi nomignoli – ha commentato infine il conte Filippo Formentini concludendo –: in questa battaglia va difeso un vitigno e non il territorio che non ha bisogno di difesa»!


Il commissario dell’Ersa Pinat porta una ventata di ottimismo a «Ruralia». È scettico invece Filippo Formentini
«Vinceremo la battaglia del Tocai»
Intanto la difesa del nostro vitigno è affidata a un fumetto di Luigino Peressini

dal Piccolo - Gorizia 6/10/2002

«Vinceremo la battaglia per il Tocai».
Ancora lui. Anche nella seconda giornata di «Ruralia» ha tenuto banco Bruno Augusto Pinat, commissario straordinario dell’Ersa che si è lasciato andare a una botta di ottimismo nella «guerra» per la denominazione. Critico, invece, il conte Filippo Formentini che ha attaccato, senza troppi giri di parole, quei produttori che non fanno abbastanza per conservare la denominazione Tocai. «Devo registrare con grandissimo rammarico che alcuni produttori vitivinicoli friulani non sostengono come dovrebbero la battaglia per la denominazione del Tocai. E propongono in alternativa nomignoli assurdi: in questa sfida va difeso un vitigno, non è il territorio che ha bisogno di essere difeso».
L’occasione è venuta dalla presentazione del fumetto «Il tesoro di Aurora. Una storia per il Tocai friulano» dell’udinese Luigino Peressini. Un’opera fortemente voluta dall’Ersa che ha come protagonisti la baronessa Aurora Formentini di San Floriano del Collio andata in sposa il 3 febbraio 1632 al conte ungherese Adam Batthyany. Il fumetto sarà distribuito in tutte le scuole.
Intanto oggi «Ruralia» entra nel vivo e propone una serie di «succulenti» appuntamenti: alle 9 prenderà il via nella sala convegni del quartiere fieristico il 20mo convegno internazionale di apicoltura dove si parlerà della «Salute dell’alveare». La conferenza sarà presieduta dal professor Franco Frilli dell’Università di Udine. Un’ora più tardi i panificatori saranno in festa: alle 10 è prevista la cerimonia all’auditorium di via Roma quindi la manifestazione avrà un seguito negli stand di via della Barca. In concomitanza con la rassegna fieristica i commercianti terranno straordinariamente aperti i battenti dei loro negozi per l’intera giornata odierna.
Intanto ieri ha avuto grande successo la Festa dell’uva in piazza De Amicis (inserita nel calendario di AssaggiaGorizia) con la sfilata, i balli folkloristici e tanta buona musica.
f.fa.


Le “provocazioni’ del grande fotografo alla presentazione della campagna promozionale per i vini del Collio
Toscani: «Il Friuli deve svegliarsi»

25/11/2001 Il Messaggero Veneto
Della provocazione ha fatto il proprio marchio distintivo. Ma Oliviero Toscani, il fotografo che ha reso famosi nel mondo i colori della Benetton, non si limita a provocare con la forza e il significato delle proprie immagini. Il guru della comunicazione si serve anche delle parole, per esprimere concetti chiari e diretti. E lo fa con piglio sicuro, osa nella certezza di avere già superato molti limiti, e nella convinzione che, nel bene o nel male, qualcosa bisognerà pur dare in pasto alla gente, affinché parli... perché «la comunicazione diventa a sua volta un prodotto».
E così, il grande assente venerdì alla cerimonia di presentazione della nuova immagine dei vini bianchi del Collio, ha colmato ieri mattina il vuoto del pomeriggio precedente, incontrando la stampa nella sede del Consorzio tutela Vini Doc Collio, a Cormons. Basta stuzzicarlo un po’, per ottenere i massimi risultati.
Quella che ha creato per i vini bianchi del Collio non è un’immagine un po’ scontata, dato il successo raccolto in tanti anni di pubblicità per la Benetton?
«In che senso, scusi...?»
Mezzi busti in primo piano. D’accordo che la firma di Toscani si riconosce proprio da questo genere di immagini. Ma lo sfondo avrebbe anche potuto essere un altro.
«Mah, da me dovete attendervi il mio lavoro. Prima di tutto, bisogna stabilire che cosa è il Collio, perché mica tutti lo sanno. Lo sapete voi e avete la presunzione di pensare che tutto il mondo lo sappia. Ora, finalmente, si è stabilito che il Collio è una bottiglia di vino. Poi, naturalmente, l’applicazione di una bottiglia del Collio a una ragazza così che mi guarda in faccia e mi dice “Il bianco più buono del mondo non è un essere umano del Friuli ma è un vino” mi sembra una cosa divertente. Forse non tanto a voi, ma fuori del Friuli fa molto ridere».
Quindi, qualcosa di simpatico, piuttosto che di provocatorio.
«Penso di sì, perché sono riuscito ad abbinare la classica foto per la pubblicità a un messaggio. Ho orchestrato tutto da me».
Chi è la ragazza che ha posato come modella?
«E’ una studentessa universitaria che parla cinque lingue e che ha passaporto svedese: a dispetto del colore nero della sua pelle, dunque, non è una extra-comunitaria. Ha scelto di posare perché è un’attivista dell’integrazione e non perché le piaccia il vino. Quindi, quando dice “il vino più bianco del mondo” lo fa con altre ragioni».
Di nuovo una ragazza immagine. Non sa un po’ di maschilista, soprattutto visto l’abbinamento con il vino, una bevanda tipicamente maschile?
«Sicuro. Però penso che la mia immagine prenda il problema dall’angolazione opposta. Normalmente, quando si propone una donna, questa risponde ai canoni della bellezza media rappresentata dalla valletta televisiva, che ormai imperversa e si impone dovunque. A mio parere, le italiane oggi assomigliano tutte a vallette un po’ bruttine».
Ha dichiarato molte volte di amare il Friuli. Cosa la colpisce in particolare?
«Mi piace l’ignoranza della gente: il fatto di non sapere che state producendo il vino più buono del mondo. Non vi rendete conto di questa come di tante altre cose. Questa è ignoranza contadina. O forse buon senso, chissà, trasformato in ignoranza. Nessuna parte del mondo produce così tanto vino e di così alta qualità come il Collio».
Allora, qual è il futuro dei bianchi del Collio?
«Spero che i friulani si sveglino e capiscano di possedere una tale capacità. I mercati vanno conquistati e lo si può fare anche in modo intelligente».
Per esempio, investendo in una campagna pubblicitaria a nove zeri. Naturalmente firmata da lui, Oliviero Toscani.
Luana de Francisco


IL CASO  Produttori a confronto dopo la presentazione della campagna pubblicitaria pensata dal grande comunicatore per i vini bianchi del Collio
La venere nuda divide e Toscani ha già vinto
C’è chi la vedrebbe meglio su Playboy e chi è entusiasta dell’idea. Così l’obiettivo di parlarne è stato raggiunto

25/11/2001 Il Piccolo
Oliviero Toscani ha colto ancora nel segno. Suscitando reazioni e discussioni forti con la sua campagna pubblicitaria per i vini bianchi del Consorzio tutela vini Collio: la foto di una ragazza di colore dal viso allegro con una bottiglia etichettata Collio fra i seni e un calice di bianco nella mano destra. I produttori sono, in larghissima misura, entusiasti. Ma ci sono i critici: troppi i soldi investiti (si favoleggia di 3 miliardi), non azzeccata la fotografia, scarso il ritorno pubblicitario.
Bruno Augusto Pinat, presidente dell’Ersa: «Ho sentito critiche da parte di altre zone vitivinicole. Rammento che per quest’iniziativa la Regione non ha sborsato una lira. La campagna è stata finanziata direttamente dai produttori del Consorzio tutela vini del Collio e questa è la prima volta che gli imprenditori mettono mano ai portafogli per farsi pubblicità, tutti insieme. Tale iniziativa dovrebbe essere presa da esempio da parte di altre aree produttive: non si può sempre aspettare l’aiuto della Regione».
Opposto il pensiero di Gianluigi Vescovo, produttore di Farra: «La Regione, gli enti dovrebbero dare di più. Qui si gioca una partita importantissima: far conoscere una volta per tutte il Friuli nel mondo. Le foto di Toscani vanno nella giusta direzione ma non bastano. Bisogna puntare tutto sulla stampa specializzata e per far ciò serve maggior attivismo da parte di tutti, Regione compresa. Dopo il terremoto abbiamo vissuto un periodo fortunato, adesso la sfida è durissima e le idee sono poche. E i soldi anche».
Provocatoria è l’aggettivo che utilizza sino allo sfinitamento Silvestro Primosic di Oslavia. «Affidandosi a Toscani si sapeva che le foto avrebbero scatenato reazioni. Certi hanno trovato la campagna di cattivo gusto ma non è il mio caso. Anzi, peccato che non potremo continuare su questa strada. Purtroppo non abbiamo i miliardi di Benetton. Sarebbe bello assoldare Toscani e sfornare foto a getto continuo».
Durissimo il commento di Giovanni Puiatti, dell’omonima azienda agricola di Capriva. «Non faccio parte del Consorzio e, in questo momento, sono contentissimo di esserne estraneo. L’operazione Toscani è di pura facciata: ciò che manca è la forza d’urto sul mercato. Pensiamo di essere già arrivati ma lo sapete che a New York ignorano totalmente il Collio? Per spiegare dove siamo devo parlare di... Venezia». Fa eco Silvio Jermann che avrebbe visto più consona la fotografia su «Playboy». «Mi pare pretenzioso dire che facciamo il vino più buono del mondo. Dovrebbe essere il mercato a sentenziarlo. Ma non servono donne nude per pubblicizzarlo. Sin dall’inizio ho avuto forti dubbi sulla scelta di Toscani, non ho mai condiviso i suoi messaggi. Confermo oggi pienamente il mio giudizio».
All’insegna della concretezza l’opinione di Paolo Caccese di Cormòns: «In realtà, l’obiettivo l’abbiamo già colto: quello di far parlare. A beneficiare sarà il nostro vino. Ritengo molto fine e elegante la scelta di Toscani. Non è per niente scandalosa».
Francesco Fain


Il fotografo dedica l’immagine al sindaco di Treviso e scuote i produttori: «Svegliatevi: il mondo non vi conosce!»
Schiaffo alla virilità del maschio padano

25/11/2001 Il Piccolo
È proprio possibile che «l’unico Bianco» che una splendida venere nera possa amare è un calice di vino? Diavolo di un Toscani. Spergiura di non voler essere provocatorio, ma sfida il Nordest terra fertile leghista con un messaggio che è uno schiaffo alla virilità e all’orgoglio maschile padano. Giura di aver ideato una campagna promozionale semplice e diretta, ma poi - in corso di conferenza stampa - si lascia catturare da un’idea: «Perché non pubblichiamo un’intera pagina sulla Tribuna di Treviso? - suggerisce ai suoi collaboratori - La voglio dedicare io in persona a quel sindaco... Come si chiama? Ah, sì Gentilini... Guardate che intanto, prima o poi, anche lui avrà un nipotino di colore..».
Diavolo di un Toscani. È come un gatto. Prima seduce, poi graffia. Anche la mano di chi lo sta accarezzando. Così, dopo aver lodato il Collio e i suoi vini bianchi («Una terra eccezionale che produce vini eccezionali»), ecco la zampata inattesa. «Cari miei friulani, dovete proprio svegliarvi - tuona spiazzando i produttori riuniti a Cormòns all’incontro improvvisato dopo l’assenza causa nebbia alla presentazione ufficiale di venerdì sera - Mentre spendete i vostri soldi per cantine perfette o super-trattori da 600 cavalli inutilizzabili nei vostri piccoli campi, fuori dal vostro Nordest nessuno vi conosce. Svegliatevi! Non avete capito nulla: mentre litigate se è più ignorante il vicino di Capriva o di Trieste, il mondo va avanti. Avete un ottimo prodotto. Bene. Ora apritevi al mercato mondiale».
È un fiume in piena. Tra gli sguardi incuriositi, imbarazzati e stupiti, il maestro della comunicazione va oltre e punta dritto alla Regione. «È incredibile che non voglia sfruttare la capacità imprenditoriale e creativa dei suoi abitanti. Dal vino alle sedie, ai prosciutti: nessuno vi conosce. E basta cartoline stereotipate di spiagge e monti: sono belli ma non unici e pure rovinati dalla mano dell’uomo (... mormorii in sala con il presidente del Consorzio Collio, Felluga, che si lascia sfuggire un «Speriamo che non ci costi altri soldi in cause penali...»). Perché i politici non dimostrano più coraggio? Il Friuli-Venezia Giulia potrebbe essere la prima regione che trasforma i propri abitanti in testimonial. Speriamo bene. Purtroppo è una vita che speriamo nei politici».
Poi, come un gatto sornione, ritrae docilmente gli artigli. La zampata avrà il suo effetto, così come l’illustrazione del Toscani-pensiero che è alla base della campagna promozionale dei vini bianchi del Collio. «La scelta è ultrabanale: una donna come testimonial. È nuda ma non vuole sedurre. Non è una donna-oggetto: è solo l’espressione della gioventù, del futuro. Stringe una bottiglia al seno e, forse, c’è chi vorrebbe sostituirsi a quel Bianco. Ma non è questo il messaggio che vogliamo trasmettere».
Mente sapendo di mentire. Ma l’uditorio è tutto suo, complice di un Toscani che interpreta Toscani.
Roberta Missio


Presentata la campagna pubblicitaria a sostegno dei vini locali firmata dal celebre fotografo
Il Collio s’affida ai contrasti di Toscani
Immagine forte con una ragazza di colore nuda. Non tutti approvano

Il Piccolo 24/11/2001
SAN - FLORIANO Lo scrittore Paolo Maurensig sorride: «Sì, è un’immagine blandamente provocatoria, ma che può essere accolta da tutti senza scandalo». Di altro avviso Giulio Colomba, ovvero l’Arcigola regionale: «È un’immagine in qualche modo choccante. Anche se poi è forse lo slogan ciò che colpisce di più».
Eccola qua la campagna pubblicitaria firmata Oliviero Toscani per i vini bianchi del Consorzio tutela vini del Collio. Una foto molto «benettoniana», con una ragazza di colore dal sorriso allegro che tiene una bottiglia etichetta Collio tra i seni e un calice di bianco nella mano destra. E due slogan: «Il Bianco più buono del mondo» e «L’unico Bianco che amo». Ieri pomeriggio la presentazione ufficiale a San Floriano del Collio, al Castello Formentini. Assente però lui, Oliviero Toscani, tradito dalle coincidenze aeree.
«Perché abbiamo scelto Oliviero Toscani? Semplice: perché ci porti direttamente al consumatore» ha spiegato il presidente del Consorzio, Marco Felluga: «Un salto di qualità che consolida e rilancia l’immagine di questa terra, simbolo dell’operosità, delle capacità delle nostre genti, della peculiarità di questo territorio fortunato e di una cultura, di un modo di essere, di un mondo di valori».
Una scelta forte, quella di Toscani. Una scelta che ha suscitato forti discussioni tra queste colline, e non solo. «Ma promuovere l’immagine del Collio - ha spiegato Felluga - significa portare un contributo significativo all’immagine di tutta la regione. Riposizionare in alto l’informazione e l’immagine del Collio, del suo bianco, significa portare valore aggiunto a tutti i vini della regione. Forse non tutti hanno compreso o condividono questa impostazione: io ne sono convinto e anche per questo abbiamo voluto osare attraverso una nuova strategia di comunicazione che fa oggi un ulteriore passo avanti, anzi un vero e proprio salto di qualità».
Un’altra iniziativa di forte impatto, dunque, così come ancora forte è l’eco per le iniziative partite da San Floriano in difesa del nome Tocai: «Oggi tutta Budapest è tapezzata di manifesti che dicono ’Gli italiani ci stanno portando via il Tokaj’ e sono già scesi in campo il nostro ambasciatore e la Farnesina: vuol dire che la nostra è stata una campagna di grande effetto, come sarà di grande effetto questa firmata da Toscani» ha commentato il padrone di casa Filippo Formentini.
Guido Barella


Un drappo coprirà due immagini ispirate ai grandi “bianchi” fino al momento della cerimonia. Un contratto miliardario
Il “marchio” di Toscani sui vini del Collio
Oggi, al castello Formentini di San Floriano, il fotografo presenterà la sua nuova campagna pubblicitaria

Il Messaggero Veneto - 23/11/2001
Ci siamo, il grande giorno è arrivato. Oggi pomeriggio, al Castello Formentini di San Floriano del Collio, il fotografo Oliviero Toscani presenterà al pubblico la sua nuova campagna pubblicitaria.
Lo abbiamo atteso con trepidazione tutti quanti: gli organi di stampa, che a Toscani e alle sue originali trovate pubblicitarie dedicano da anni fiumi di inchiostro e ai quali lo stesso Toscani, guru mondiale della comunicazione, deve praticamente tutta la fortuna del proprio successo; i produttori di vino del Collio, con i quali Toscani ha firmato un contratto miliardario; i consumatori di tutta Italia e, perché no, del mondo intero, vista la eco che le invenzioni del pubblicitario milanese riescono ogni volta a suscitare.
Il velo sarà tolto attorno alle 17. Fino ad allora, il riserbo dovrà essere assoluto. A deciderlo è stato il “maestro” stesso, geloso custode della sua nuova provocazione planetaria. Poche, dunque, le indiscrezioni trapelate dagli ambienti del Consorzio di tutela dei vini Doc Collio, i committenti di questa nuova campagna pubblicitaria. «Non ha voluto anticipare niente neppure a noi», hanno confermato gli organizzatori dell’appuntamento di oggi. In perfetto stile “toscaniano”.
Tanto è vero che non è ancora certa neppure la disposizione delle opere che il fotografo presenterà. Due, a quanto pare, entrambe dedicate ai grandi vini bianchi del Collio. Un drappo coprirà le immagini fino al momento in cui il loro creatore non riterrà giunto il momento di scoprirle. «Porto tutto io», ha garantito il fotografo agli organizzatori, che nel frattempo hanno provveduto a collocare nella sala una pedana e delle luci. La presentazione sarà aperta a chiunque vorrà prendervi parte, anche se le dimensioni della sala del castello consigliano di arrivare all’appuntamento con un certo anticipo rispetto all’orario fissato dal programma.
La cerimonia comincerà alle 16 e sarà introdotta dal saluto del padrone di casa, il conte Filippo Formentini. Seguirà l’intervento del presidente del Consorzio, Marco Felluga, che accoglierà le autorità provinciali e regionali, la stampa e i produttori vitivinicoli del Collio. Nella stessa occasione, Felluga terrà a battesimo il nuovo “Circolo del Collio”, un’associazione di vino e di idee nata per fare incontrare e conoscere i tanti appassionati dei vini bianchi del territorio sparsi in tutto il mondo: personaggi del mondo dell’industria, dello spettacolo, della cultura e dello sport.
Sarà poi la volta dell’ospite più atteso: Oliviero Toscani prenderà la parola, per raccontare le fasi che lo hanno portato alla collaborazione con il Consorzio (l’idea ha preso forma nei mesi scorsi, con la sottoscrizione di un accordo tra il fotografo e il presidente Felluga, appoggiata da centinaia di produttori del Collio che, con grande sforzo, hanno finanziato l’intera iniziativa), per descrivere il proprio rapporto con le terre friulane e, finalmente, per illustrare le sue ultime creazioni. Le fotografie rappresenteranno l’immagine dei vini bianchi del Collio nel mondo, attraverso una campagna promozionale che sarà proposta a partire dai prossimi giorni sui quotidiani regionali, sui due più importanti quotidiani nazionali, su settimanali e riviste specializzate italiane e internazionali, con particolare attenzione al mercato inglese, americano e di lingua tedesca, bacino privilegiato dell’export di vini friulani. Toscani ha lavorato in gran segreto, spostandosi fra i suoi due studi di Milano e Parigi, e servendosi di un testimonial la cui identità sarà finalmente rivelata oggi pomeriggio.
Dopo la presentazione delle fotografie, gli ospiti saranno invitati a un brindisi e al rinfresco organizzato nello stesso castello dei conti Formentini: vini e piatti tipici della cucina locale, naturalmente, con trota salmonata di San Daniele, frittatina di erbe alla friulana e frico in foglia nel menù. Sarà riservata a pochi intimi - amici produttori e rappresentanti delle istituzioni locali e regionali -, invece, la cena in programma alle 20 al Castello Spessa di Capriva.
Luana de Francisco



SAN FLORIANO Al Golf hotel dei Formentini si rinnova un rito che rende omaggio al “re dei prodotti autoctoni”
“Aurora” fa zampillare il tocai dall’antica fontana

San Floriano 21/10/2001 Il Messaggero V.
«Cara, ho visto il tocai zampillare da una fontana!». Chissà quanti mariti, rincasando ieri sera, hanno avuto il loro bel da fare per convincere mogli e figli della sincerità dei loro racconti. Ma per quanto prodigioso possa sembrare, quello avvenuto al Golf hotel di San Floriano non è altro che l’ennesima trovata di una famiglia che da mesi, ormai, lega fortemente il proprio nome a quello del più rappresentativo dei vini friulani.
Alle 14.45, sotto un cielo plumbeo e al suono delle campane, dal rubinetto applicato a una fontana del Settecento ha cominciato a scendere tocai, nel suo caratteristico color giallo paglierino. A una nobildonna, bella ed elegante discendente dell’ormai celebre Aurora, le vesti della madrina: circondata dagli sguardi curiosi della gente raccolta attorno alla fontana, Isabella Formentini ha svitato la spinetta, liberato il vino e inaugurato la serie di brindisi ai quali sono stati invitati tutti gli amici presenti.
Un omaggio alla storia, alle tradizioni e alla comunità di San Floriano. Ma anche una nuova occasione per discutere di tocai e della battaglia che il Friuli-Venezia Giulia sta conducendo in campo europeo per non farsi strappare dall’Ungheria il diritto esclusivo all’uso del nome del proprio vino. «Il tocai è il re dei prodotti autoctoni - ha ribadito con energia Bruno Augusto Pinat, presidente dell’Ersa e strenuo sostenitore delle specialità enogastronomiche e turistiche della propria regione -. Non possiamo permettere che venga portato via un bene tanto caro alle nostre terre, nè lasciare che, per l’indifferenza dimostrata in passato da buona parte dei produttori, il problema finisca per scaricarsi sulle spalle dei nostri figli. La settimana prossima il Governo italiano disconoscerà l’accordo che nel ’92 aveva lasciato il campo libero alle pretese ungheresi. A questo risultato si è giunti soprattutto grazie alla famiglia Formentini e al documento del 1632 conservato nel loro archivio, all’attenta ricerca storica e giuridica condotta dal dottor Bevilacqua, avvocato della Regione, dalla dottoressa Anna Toro, responsabile del contenzioso dell’Ersa, e agli autori del libro sul tocai, Stefano Cosma e Cristina Burcheri».
Tra gli ospiti, presentati dal conte Filippo Formentini, anche Mario Castellari, governatore nazionale di Slow Food, il vicesindaco di San Floriano, Dominik Humar, e, naturalmente, Giorgio Marega, presidente dell’associazione Vinoteka Colli di San Floriano - Steverjanski Grici, che ha curato l’organizzazione dell’evento.
Luana de Francisco



Il ministro delle Risorse agricole ha garantito il suo intervento a Bruxelles per la tutela del vino friulano
Alemanno: «Difenderemo il Tocai»

Regione Il Piccolo 19/09/2001
Il Ministro delle Risorse agricole Gianni Alemanno ha assicurato il sostegno del Governo nella difesa e tutela del nome Tocai. Lo ha fattto a Udine a amrgine dell’incontro sul tema «Allargamento a Est, prospettive e problemi per l'agricoltura» tenutosi a palazzo Kechler. Fra gli argomenti toccati al convegno, organizzato di An, anche quello del Tocai friulano oggetto della disputa fra Italia e Ungheria, in merito al quale il ministro ha affermato che l’Italia deve conservare le proprie tradizioni e valorizzare i propri prodotti agro-alimentari proprio in previsione dell’ingresso nell’Ue di altri stati europei. Le prove storiche sulla antica origine del nostro vino giocano a favore dell’Italia in questa diatriba con un Paese non ancora membro dell’Unione.
Alla fine del convegno Stefano Cosma, autore di un libro «Vitti di Toccai... 300», ha parlato con il ministro Alemanno, concordando prossimi contatti attraverso l'on. Franz, membro della Commissione agricoltura della Camera. Il ministro ha inoltre informato Cosma che per la difesa del Tocai si sta coordinando con il suo collega Ruggiero, mentre della tutela dei prodotti italiani se ne occuperà il Ministero delle risorse agricole e non più il ministero alle attività produttive guidato dal forzista Marzano.
Intanto lunedì 24 settembre gli autori del libro sul Tocai Cristina Burcheri e Stefano Cosma, assieme al conte Filippo Formentini, saranno a Rimini all’Hotel des Londres invitati dalla sezione territoriale della Romagna dell’Associazione Italiana Sommeliers per illustrare le vicende storiche del nostro vino in occasione di un corso di degustazione per oltre 50 partecipanti. Sarà infatti degustato proprio Tocai friulano prodotto da cinque aziende nostrane: Muzic, Marega e Komjanc di San Floriano, Paolo Caccese di Pradis, Conte d’Attimis-Maniago di Buttrio e Azienda agricola Conti Formentini (Gruppi italiano vini).



SAN FLORIANO Arrivata la conferma
Il caso tocai a Bruxelles
Il ministro Marzano se ne sta occupando

13/07/2001 Il Messaggero Veneto
Il fascicolo sul tocai friulano si trova già sui banchi dei diplomatici di Bruxelles. La conferma arriva da Roma, altra tappa fondamentale nel cammino che uno dei vini bianchi più rappresentativi delle nostre terre ha intrapreso per non vedersi sottratti nome e etichtta. A riferircela è Stefano Cosma, lo studioso che, assieme al conte Filippo Formentini, si è impegnato in una battaglia di portata europea volta a garantire la salvaguardia di un diritto alla denominazione che i produttori di vino Tokay ungheresi vorrebbero togliere all’Italia. Cosma a Roma ha preso contatti con il nuovo ministro alle Risorse produttive, Antonio Marzano, che già prima di assumere la guida del dicastero si era detto disponibile a perorare la causa del tocai friulano. Grazie anche all’interessamento della moglie nonché valida collaboratrice del ministro, Beatrice Marzano, lo studioso goriziano si è incontrato con il nuovo consigliere diplomatico, Gabriele Checchia, che ha assicurato di aver cominciato ad occuparsi della questione sin dai primi giorni del suo insediamento.
Il piano di Checchia sembra non fare una grinza: durante le trattative per l’ingresso dell’Ungheria nell’Unione europea, previsto per il 2004, l’Italia si impegnerà a porre come questione determinante la contesa sul tocai. Il ministro Marzano, inoltre, ha annunciato la volontà di creare una commissione per la difesa dei prodotti tipici italiani a rischio: dal parmigiano reggiano al tocai friulano. Garanzie in tal senso erano state fornite all’avvocato della Regione, Enzo Bevilacqua, e al presidente dell’Ersa, Bruno Augusto Pinat, dal capo di gabinetto del comitato europeo dell’agricoltura, Corrado Pirzio-Biroli. A Roma, Cosma ha inoltre depositato una copia del proprio libro, “Vitti di toccai ...300”, alla Pontificia Accademia Tiberina.
L.de F.



SAN FLORIANO Continua l’impegno a difesa del nome. Nuova serie di incontri a Lubiana, Trieste e Cividale
Caso tocai, interviene il ministro Marzona
L’esponente del governo Berlusconi inserirà il vino del Collio tra i prodotti da tutelare in sede comunitaria

16/06/2001 Il Messaggero V.
Continua il “pellegrinaggio” delle troupe televisive a San Floriano. Nei giorni scorsi è stata la volta di Tele Capodistria, che ha registrato un servizio che sarà mandato in onda nel prossimo autunno, nel corso del programma intitolato “Istria e... dintorni”.
La conduttrice, la giornalista Rossana Vesnaver, ha intervistato il conte Filippo Formentini sulla storia del castello di San Floriano e sulla sua attuale destinazione e ha preso nota di alcuni aneddoti accaduti nel corso dei secoli. Tra gli altri, l'assalto compiuto dalle truppe veneziane durante le guerre gradiscane (1615-1617), che procurò loro un bottino di “300 botti di vino esquisitissimo”, e l’ormai nota e sempre affascinante vicenda legata alle nozze di Aurora Formentini, celebrate nel 1632, e delle “300 vitti di toccai” che la nobildonna portò con sè in Ungheria.
Del tocai ha parlato anche Stefano Cosma, autore del libro scritto a quattro mani con Cristina Burcheri, nel quale è narrata la storia del vino, dalla sua prima comparsa, al contenzioso tra l’Italia e l’Ungheria. Cosma si è soffermato in particolare sull'origine del nome tocai, che potrebbe essere fatta risalire allo sloveno “od tukaj” ossia “di qua”, e sull'esistenza del toponimo “Tokay” e “Tokayer” nella zona di Lokavec, vicino ad Aidussina.
Ma il “caso tocai”, tornato alla ribalta all'inizio dell'anno, finirà presto anche all'attenzione del Governo Berlusconi. Circa un mese fa, infatti, il forzista Antonio Marzano aveva contattato telefonicamente il conte Filippo Formentini per avere maggiori ragguagli sulla questione del vino friulano, di cui l'Ungheria vorrebbe arrogarsi la primogenitura.
Nominato Ministro delle Attività Produttive, l’onorevole si incontrerà presto con Cosma per definire i termini del problema e, di conseguenza, inserire anche il tocai tra i prodotti protetti e difenderne il nome in sede comunitaria. Cosma ha inoltre sensibilizzato sull'argomento i parlamentari regionali di An Roberto Menia e Manlio Contento, oltre che il deputato Maurizio Gasparri.
L’impegno è anche rivolto a fare conoscere a quante più persone possibile le novità emerse negli ultimi mesi. In calendario, dopo il recente incontro a Lubiana tra Cosma e il sottosegretario alla Cultura Gabersek che sarà seguito, in autunno, dalla presentazione del libro all'Istituto Italiano di Cultura, figurano già altre date. Il 21 giugno, gli autori saranno ospiti del Caffè Illy di Trieste, mentre il 22 giugno, a Cividale, si svolgerà un convegno che sarà moderato dal goriziano Claudio Fabbro, appassionato difensore del vino friulano, e al quale interverranno dirigenti ministeriali e comunitari, giuristi e studiosi. Il 27 si tornerà a Gorizia per degustare, al ristorante “Tre amici”, tocai friulano e tokaji ungherese, tokay d'Alsazia e tocai rosso dei Colli Berici. A metà luglio toccherà alla provincia di Pordenone: appuntamento nella suggestiva cornice di Castel Cosa, a San Giorgio della Richinvelda.
Luana de Francisco


La Metro-Goldwyn-Mayer si sta interessando alla storia di Aurora Formentini per farne un film
Il tocai conquista Hollywood
Messaggero Veneto 07/06/2001
Dall’indifferenza più sconfortante alla fama più travolgente. La vicenda del tocai friulano, per anni nel dimenticatoio dal Governo italiano a tutto vantaggio delle mire di affermazione ungheresi, potrebbe finire sui maxischermi di tutto il mondo. Alcuni produttori cinematografici americani si sono dichiarati pronti a fare della storia legata alle origini del vino la trama per un film. L’idea è maturata in un recente incontro nel castello di San Floriano tra il conte Filippo Formentini e alcuni ospiti hollywoodiani: rappresentanti della Metro-Goldwyn-Mayer, della Paramount Pictures, della Warner Bross e della Touchestone in cerca di ispirazione per un nuovo film e instradati dall’Ufficio cinematografico regionale all’indirizzo di San Floriano. E sarebbe proprio Hudson Hikman, il vicepresidente alla produzione della Metro-Goldwyn-Mayer, ad avere colto nel racconto del conte Formentini lo spunto per un nuovo grande film da ambientare in epoche remote. Quelle seicentesche che videro la nobile Aurora Formentini seguire il promesso sposo, Adam Batthyany, in Ungheria per unirsi con lui in matrimonio, portando con sè in dote anche le famose “300 vitti di tocai” che provano senza più alcuna ombra di dubbio l’origine friulana del vino. L’idea si è presto tramutata in una possibilità concreta: nei prossimi giorni Stefano Cosma, autore del libro dedicato al caso tocai, scriverà una prima sceneggiatura del film.
L. de F.



Tanto c’è ancora da scoprire negli archivi delle antiche famiglie nobiliari
E’ una storia goriziana
Curiosità e interesse per il romanzo di Adam e Aurora Batthyany

13/05/2001 Il Messaggero Veneto
Qui a sinistra potete vedere il ritratto austero del conte ungherese Adam Batthyany (1609-1659), conservato nel castello Batthyany a Gussing, nel Burgenland, in Austria. Qui a destra invece c’è il quadro a olio che, secondo la tradizione familiare, ritrarrebbe l’antenata Aurora Formentini.
Sono loro i due protagonisti di questa incredibile e bellissima vicenda d’amore che arriva fino ai giorni scorsi e che è rispuntata, improvvisamente, come per incanto, per dare sostegno alla causa del Tocai friulano.
Il fatto curioso è che la gente, e dunque non solo gli addetti ai lavori, si è appassionata a questo romanzo che ha come teatro soprattutto Gorizia e il Collio. «Non posso nascondere - ha scritto a tale riguardo l’assessore comunale alla cultura, Antonio Devetag - che in questa vicenda la svolta venga proprio da Gorizia. Sostengo da tempo, e non sono il solo, che la storia di Gorizia (e quindi della nostra regione) è ancora tutta da scoprire e riposa non solo negli archivi di Vienna o di Venezia, ma anche in quelli di quelle famiglie nobiliari che della storia friulana furono protagoniste».


Ecco la presentazione scritta dall’assessore regionale all’agricoltura Aldo Ariis. «In questi mesi abbiamo trovato carte fondamentali»
Difendere il nome originale, piuttosto che cercarne uno alternativo

13/05/2001 Il Messaggero Veneto
Come produttore di Tocai friulano – prima ancora che come assessore all’agricoltura – ho condiviso le ansie del mondo agricolo che, dagli inizi degli anni 90, è in crescente fibrillazione per la ben nota vicenda riguardante il nostro grande vino bianco, cui si imputerebbe una non meglio definita turbativa avverso un prodotto quasi omonimo, ma di caratteristiche radicalmente dissimili, tanto caro agli ungheresi. La materia del contendere, seppur girata e rigirata – probabilmente ad arte – al fine di renderla ancora più confusa, non sembra essere granché diversa da quella sviscerata in un processo internazionale ben noto agli addetti ai lavori, conclusosi con una netta vittoria italiana; anzi friulana, poiché la Corte di Cassazione riconobbe all’Azienda Baroni Economo di Aquileia il diritto all’uso del nome Tocai, checché ne dicesse la Ditta importatrice Monimpex di Budapest, che la pensava diversamente. Una sentenza di tale portata, passata in giudicato il 30 aprile 1962, poteva ritenersi atto sufficientemente “forte” per porre una pietra sul contenzioso; non fu purtroppo così, se l’Unione europea, con decisione del 23 novembre 1993, ritenne di rinunciare – sulla spinta di forze e interessi mai sufficientemente chiariti – a un sacrosanto diritto. Indubbiamente la caduta dei muri, il desiderio comunitario d’accelerare l’accoglimento, nella “casa comune”, di un paese importante quale l’Ungheria, suggerimenti probabilmente non disinteressati da parte di qualche partner (qualche maligno fa il nome della Francia...) attento alle fortune del Tokaj, possono avere stimolato tale ripensamento. La decisione del ’93, maliziosamente maturata sulla pelle della viticoltura friulana, disinformata e apatica alquanto, è stata inoltre corredata di uno “scambio di lettere” su cui il legisaltore potrebbe sbizzarirsi non poco per inficiarne la validità. Tuttavia, per motivi ancora oscuri ai più, chi allora contava ai massimi livelli amministrativi nazionali e regionali ritenne di dover supinamente accogliere una sconfitta di tale portata senza un minimo cenno di reazione, preferendo adagiarsi in comode giustificazioni piuttosto che tirar fuori le unghie. «Rinunciare al Tocai, punto e basta, senza neanche chiedere contro partite o chiarimenti». Fu questa, in sintesi, la posizione ufficiale del “Vigneto Friuli”, che dal 1993 al 1999 – fatte salve sporadiche iniziative di enti e associazioni – preferì spendere tutte le proprie energie a ricercare un nome alternativo a quello “storico” piuttosto che difenderlo a oltranza. Tutti ricorderanno la proliferazione di nomi curiosi, spesso ridicoli, di norma scontati, che per sei anni riempirono le pagine dei giornali. Non risparmiando virtuali linciaggi a chiunque osasse proporre un nome diverso da quello ritenuto l’unico buono. Cioè il proprio! Fu solo sul finire del ’99 che l’assessorato all’agricoltura, seppur non cestinando un buon nome “sostitutivo” (“friulano”), ebbe un’impennata d’orgoglio e, con nuove argomentazioni giuridiche e più approfondite ricerche storiche e tecniche, convinse vari ministri (capofila della cordata nazionale fu, onore del merito, Lamberto Dini) a sposare la causa del Tocai friulano e del Friuli-Venezia Giulia. Fu un anno di buon lavoro, alla ricerca di una dignità, prima ancora che di un nome. Sembrava tutto risolto; poi arrivò la doccia fredda, costituita da una curiosa nota del 7 dicembre ’99 con cui il ministero per le politiche agricole ancora una volta virava inspiegabilmente e bruscamente la rotta, rimettendo il Tocai friulano in svendita. Ma ormai il nuovo corso era avviato e l’interlocutore regionale – affatto rinunciatario – tirò fuori le unghie senza i timori riverenziali di un tempo. E, con le unghie, tirò fuori le carte. Carte nuove, atti inediti, importanti, probatori, da gettare sul tavolo di nuove trattative e discussioni in cui – par di capire – contano più i documenti che i buoni sentimenti. Fra questi si riconosce al Patto dotale del 1632 (nozze Formentini - Batthyany), cui Stefano Cosma e Cristina Burcheri dedicano ampio spazio nel libro, una notevole importanza, sia perché collocato in un periodo così lontano sia in quanto fa riferimento al nome “Tocai” e non, come in altri atti, a Tokay, Tokaj e similari. Tutto ciò torna utile, anche perché tale grafia trova corrispondenza in nome di torrenti e località ben distinte in mappe e carte catastali varie. Il rigore storico con cui i giovani autori trattano l’argomento in questione costituisce un prezioso elemento in più per continuare nell’azione intrapresa supportandola con maggior forza. Tale ricerca, infine, contribuirà sicuramente a stimolare analoghe iniziative e a sensibilizzare sia gli addetti ai lavori che l’opinione pubblica sull’importanza di un problema che non è agricolo e viticolo, ma emblematico in un corretto rapporto fra istituzioni e coinvolga, a vari livelli, chiunque voglia riconoscere alla propria storia e tradizioni un ruolo nuovo e vincente.
Aldo Ariis
assessore regionale
all’agricoltura


Pinat accusa: «Nel 1993 si rinunciò a combattere»
Il presidente dell’Ersa ripercorre la vertenza internazionale. «La questione con l’Ungheria è stata riaperta»

13/05/2001 Il Messaggero Veneto
Miopia e rassegnazione: sono le accuse che Bruno Augusto Pinat, presidente dell’Ersa, ospite l’altra sera alla presentazione del libro, muove senza esitazione all’indirizzo di quanti, nel 1993, scelsero di rinunciare alla difesa dell’origine friulana del vino Tocai. Oggi la partita si riapre e le carte sono tutte a favore dell’Italia: improponibile, secondo Pinat, ripetere l’errore compiuto e ammesso una decina di anni fa.
Responsabilità, quelle rievocate dal presidente dell’Ersa, da distribuire equamente tra politici, amministratori e gli stessi produttori di vino: «Quando si aprì la vertenza con la Francia, o meglio con le multinazionali francesi interessate a investire in Ungheria, presentai un dossier che avevo realizzato in qualità di presidente regionale dei vivaisti assieme al direttore dell’Istituto sperimentale per la viticoltura di Conegliano Veneto, professor Calò. Ebbene, ci risero in faccia: chi allora governava ritenne ininfluenti quei risultati, che invece distinguevano bene le due tipologie di vino. Ci fu detto di lasciare perdere, perché erano in corso i trattati di preadesione dell’Ungheria all’Europa unita».
Fu così che nel ’94 giunse la sentenza che imponeva all’Italia la rinuncia della denominazione del Tocai e che dava ai viticoltori 13 anni di tempo per cambiare nome alla propria produzione. «Nessuno aprì bocca. Anzi, - ha sbottato Pinat - la maggior parte dei produttori si mise a cercare un nome alternativo. Fecero eccezione soltanto la Cantina produttori di Cormons e la Cantina di Casarsa».
Il problema riemerse alla fine del ’97 quando, tra le priorità del proprio mandato, Pinat, nominato presidente dell’Ersa, pose anche il “caso Tocai”.
«Grazie anche alla sensibilità dell’avvocato Bevilacqua e degli assessori Venier Romano prima e Ariis poi, si riuscì a portare la questione all’attenzione di ben cinque ministeri e il governo diventò il tramite tra noi e Bruxelles. Ma all’improvviso, nel dicembre del 2000, ci giunse voce da fonti comunitarie che il ministero e la direzione generale delle Politiche agricole stavano predisponendo un documento, atto a ritirare la richiesta di riapertura delle trattative. Volevano seppellire il nostro Tocai. Ci mobilitammo e con noi si schierò anche Luigi Veronelli. Finalmente ricevuti dal direttore generale Ambrosio, ci fu spiegato che l’Italia stava conducendo una battaglia analoga contro tedeschi e austriaci per la salvaguardia del Parmigiano reggiano e che, pur di vincerla, si era disposti a svendere il Tocai».
Una situazione che Pinat non ha esistato a definire «inaudita e oscena». Non rimase che intraprendere anche la via legale: «La giunta regionale ha affidato all’Ersa la gestione del problema, che è passato nelle mani del professor Cappelli, il massimo esperto in materia di diritto internazionale e comunitario. La nostra proposta è quella di riportare il caso al tavolo delle trattative in atto per l’adesione dell’Ungheria: il Parlamento italiano dovrà porre quale pregiudiziale la salvaguardia della denominazione del tocai».
In caso contrario, ha annunciato Pinat, presenteremo ricorsi su ricorsi.
L. de F.


La ricerca di Cristina Burcheri e Stefano Cosma ricostruisce la vicenda tornata clamorosamente d’attualità in questi mesi
Tocai, vino benedetto dall’imperatore
Presentato al castello Formentini il libro che racconta le baruffe tra Stati sul nome del vino

13/05/2001 Il Messaggero Veneto
«E’ difficile credere che oggi l’Europa ammetta all’interno dei propri confini un solo Paese produttore di vino Tocai quando, fino a un secolo fa, l’imperatore permetteva senza remora alcuna la convivenza di due vini omonimi, per quanto diversi nell’origine, nel sapore e nel metodo di vinificazione».
E’ l’amara considerazione con cui Stefano Cosma, autore insieme a Cristina Burcheri del libro “rivelazione” (per la dovizia di testimonianze storiche e cartografiche in esso raccolte) intitolato “Vitti di Toccai...300”, ha commentato l’altra sera l’assurda vicenda nella quale da anni è stato trascinato il Tocai, uno dei vini bianchi più conosciuti e diffusi delle colline friulane.
«Il problema non esisteva in età imperiale e non si pose nemmeno più tardi - ha spiegato Cosma - quando il Tocai friulano e quello ungherese continuarono a conservare due denominazioni identiche, Tokay appunto. Fu soltanto negli anni Trenta che si decise di distinguerli anche nel nome, adottando “Tocai friulano” per il vitigno prodotto nelle nostre terre».
Dettagli? Niente affatto, visto che la battaglia per la difesa dell’origine friulana del Tocai si combatte sul filo della più solida delle tradizioni. Lunga e pregevole anche quella degli amici ungheresi, nessun dubbio, ma purché si riconosca ad Aurora Formentini il merito di avere introdotto in terra magiara le prime “300 vitti di toccai”, come recita il patto dotale del 1632 rinvenuto pochi mesi fa nell’archivio della famiglia dei conti Formentini.
Questo e numerosi altri episodi sono stati raccolti e raccontati nel libro che i due ricercatori hanno presentato l’altra sera di fronte al folto pubblico accorso al castello di San Floriano.
Un volumetto pratico, pubblicato a cura delle Edizioni della Laguna, interamente dedicato alla storia del Tocai, dalle origini ai giorni nostri: un autentico “trattatello” corredato da fotografie, stampe e mappe e da una sezione più “scherzosa” dedicata a ricette ed abbinamenti eno-gastronomici.
Tra le curiosità, ricavate dalla lettura di testi di studiosi del passato (dal conte Francesco Coronini allo storico Giuseppe Domenico Della Bona), anche quella vissuta in presa diretta da Stefano Cosma e dal conte Filippo, ospiti nei mesi scorsi del conte ungherese Sigmud Batthyàny (imparentato con i Formentini proprio a seguito del matrimonio del 1632), a Gussing, nel Burgenland (Austria). «Una sera entrammo in un rinomato ristorante del luogo e scambiammo quattro chiacchiere con la proprietaria del locale - ha raccontato Cosma -. Quando ci chiese da dove venivamo, associò da sola, senza che glielo dicessimo, il nome di Gorizia a quelli di San Floriano e dei conti Formentini e, di conseguenza, alla storia del matrimonio tra Aurora e Adam e dell’introduzione, a quella data, del vino Tocai in Ungheria. E’ incredibile, pensammo: per dirimere la querelle con l’Ungheria sarebbe bastato raccogliere notizie tra la gente del paese dove riposano le spoglie dei due nobili coniugi!».
Eppure, l’“avventura” continua: non resta che documentarsi, divorando il libro e sorseggiando l’ottimo vino Tocai.
Luana de Francisco


Torna d’attualità la vicenda del documento trovato dai Formentini che dimostra l’origine goriziana del vitigno
Il “caso Tocai” arriva in Parlamento
Intervento dell’onorevole Antonio Marzano che si batte per la valorizzazione dei prodotti tipici

Il Messaggero V. 06/05/2001
Il caso “Tocai” approda finalmente in Parlamento. Dopo mesi di lavoro finalizzato alla raccolta di testimonianze utili a riaprire il contenzioso con l’Ungheria e, successivamente, alla ricerca dell’autorevole appoggio di esperti e politici motivati a dare corso alla battaglia, il problema esce dai confini regionali e punta dritto ai palazzi romani.
Merito dei media. La notizia relativa alla concreta possibilità di riaprire una partita che la Comunità europea pareva avere già assegnato all’Ungheria è infatti rimbalzata all’orecchio di un deputato di Forza Italia, grazie al racconto di una giornalista Rai. Si tratta di Francesca Grimaldi, la conduttrice del programma televisivo “Si gira” che sarà trasmesso dalla Rai in occasione della prossima edizione del Giro d’Italia, a fine maggio. Reduce da una trasferta a San Floriano, dove è stato registrato uno “stacco” che sarà trasmesso dallo studio il giorno in cui il giro farà tappa a Gorizia, la giornalista ha parlato a un’amica dell’importante documento del 1632 trovato alcuni mesi fa dal conte Filippo Formentini tra le carte dell’archivio di famiglia.
La storia del patto dotale e delle nozze tra Aurora Formentini e il conte ungherese Adam Batthyany, raccontata anche durante il collegamento televisivo, è stata così riferita all’onorevole Antonio Marzano, deputato di Forza Italia, responsabile economico del partito, e probabile ministro delle attività produttive (ex ministero dell’industria), qualora la Casa delle Libertà dovesse vincere le prossime elezioni politiche. Un caso fortunato, insomma, visto che lo stesso Marzano si batte da tempo per la difesa dei prodotti tipici della gastronomia italiana, Parmigiano reggiano e mozzarelle in testa, sempre più minacciati dalla concorrenza di altri Paesi dell’Unione europea.
Ebbene, l’onorevole Marzano non ha perso tempo e, sollevata la cornetta del telefono, ha contattato il conte Formentini per conoscere i dettagli della vicenda. I prossimi giorni saranno dedicati alla raccolta di tutte le informazioni necessarie ad avere una visione completa del problema, in attesa di procedere, a consultazioni elettorali terminate, con una precisa azione finalizzata alla difesa del Tocai italiano. Un passo in questa direzione era stato già compiuto, nei mesi scorsi, anche dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, che aveva inviato al Ministero delle Risorse Agricole un dossier contenente le prove (il patto dotale e altri documenti, comprese le mappe catastali del 1763, 1812 e 1875 trovate dall’avvocato della Regione, Enzo Bevilacqua) utili a sostenere la tesi dell’origine friulana del vino tocai. «Ho davvero piacere di apprendere che la questione sia finita all’attenzione del Parlamento - ha commentato l’assessore regionale Aldo Ariis, informato della notizia -. Dal canto mio, non posso che confermare la decisa intenzione di portare avanti con ogni mezzo la nostra tesi. Il caso è stato affidato a un avvocato, uno dei maggiori esperti del settore, che, dopo avere studiato la documentazione relativa, ha ammesso come ci siano buone probabilità che la Comunità europea riveda le proprie decisioni».
Luana de Francisco


Autori Cristina Burcheri e Stefano Cosma. Sarà presentato venerdì da Veronelli
La storia raccontata in un libro

Il Messaggero V. 06/05/2001
(l.d.f.) Dal giorno in cui è stata data notizia del fortunato ritrovamento del documento comprovante l’origine friulana del vino Tocai, una grande quantità di ulteriori elementi si è venuta ad aggiungere al “puzzle” di testimonianze con il quale l’Italia è stata finalmente posta nelle condizioni di obiettare all’Europa la decisione di assegnare all’Ungheria il diritto esclusivo di conservare tale denominazione. Ecco, allora, la necessità di raccogliere in un libro tutti i particolari della vicenda, in modo da consegnare alla popolazione, ma soprattutto agli addetti ai lavori e al mondo politico il racconto sistematico e organico delle tappe di questa sofferta battaglia.
“Vitti di Toccai... 300. Una dote seicentesca come documento probatorio nel terzo Millennio” è il titolo del volume che gli studiosi goriziani Cristina Burcheri e Stefano Cosma hanno realizzato in un paio di mesi appena, dopo approfondite ricerche condotte nelle biblioteche e negli archivi di Gorizia, Trieste e Udine e nel Catasto fondiario di Gorizia e Cormòns. Il libro, delle Edizioni della Laguna, sarà presentato al pubblico venerdì 11 maggio, alle 17.30, al Castello Formentini di San Floriano del Collio. La presentazione sarà affidata a un ospite d’eccezione: il giornalista Luigi Veronelli, firma del Corriere della Sera, una vita dedicata al settore vinicolo e, non a caso, fondatore a Bergamo di una casa editrice specializzata e di un Seminario permanente sui vini.
Alla battaglia per la difesa del Tocai friulano non hanno esitato ad associarsi anche l’assessore regionale all’agricoltura, Aldo Ariis, e l’assessore comunale alla cultura, Antonio Devetag, che, nelle rispettive introduzioni al libro, si sono dichiarati solidali con le istanze di chi chiede la revoca della decisione europea di privare l’Italia dell’etichetta Tocai a partire dall’aprile del 2007. A spazzare via qualsiasi dubbio basterebbe quanto scritto nel libro: il racconto del viaggio che Aurora Formentini intraprese nel 1632 per congiungersi allo sposo, il conte Adam Batthyany, portandosi in dote anche “300 vitti di toccai”, le testimonianze dell’esistenza, tra il ’700 e il ’900, di appezzamenti di terreno e di un rio denominati Toccai nelle campagne di Mossa e San Lorenzo, l’epilogo della causa intentata da una ditta ungherese ai baroni Economo, proprietari di un’azienda agricola di Aquileia, e da questi vinta nel ’62. E molte, moltissime altre notizie ancora, frutto delle ricerche dei due studiosi e corredate di immagini, stampe, ritratti e, naturalmente, della riproduzione del famoso documento.
La serata si concluderà con un rinfresco a base di Tocai friulano offerto dai viticoltori di San Floriano e di specialità gastronomiche sapientemente abbinate al vino.


Tocai, un’inchiesta
della tv ungherese
sul vitigno friulano

Il Messaggero Veneto 03/05/2001



SAN FLORIANO I produttori di vino del paese difendono l’origine goriziana dopo la scoperta di un manoscritto del 1632
"Sul Tocai non ci si può arrendere"
Il presidente Marega: gli incontri con i politici sono stati deludenti. Mancano certezze per il futuro

 Messaggero Veneto 03/03 2001
Arrendevolezza: ecco la parola che sale sulle labbra dei produttori di vino di San Floriano riuniti nella cooperativa Vinoteka, nel commentare l’atteggiamento assunto in queste settimane da chi, dicono loro, dovrebbe garantire e difendere i loro diritti.
Troppo importante, secondo il loro presidente, Giorgio Marega, la clamorosa scoperta di un manoscritto avvenuta qualche tempo grazie agli studi del conte Filippo Formentini, per non essere giustificati a credere in una definitiva soluzione del contenzioso aperto con l’Ungheria per il diritto alla paternità del vino Tocai. Per la cronaca, stiamo parlando dell’ormai famoso patto dotale conservato tra le carte dell’archivio della nobile famiglia e risalente al 1632: una data davvero significativa, la più remota che si conosca, alla quale si potrebbe fare risalire la prima comparsa del vitigno in Ungheria. In quel manoscritto compare l’indicazione di "300 vitti di toccai" nell’elenco dei beni che Aurora Formentini portò via con sé quando seguì lo sposo, il conte ungherese Adam Batthyany, nella nuova residenza in terra magiara.
"Non si può rinunciare a giocare con decisione un asso del genere – ha dichiarato Marega –. L’impressione che abbiamo ricavato dalla serie di incontri e iniziative promossi dagli amministratori e dai politici regionali dopo questo ritrovamento è piuttosto sconfortante. Li abbiamo sentiti affermare che l’Italia potrà evitare l’ostacolo chiamando "toccai" quello che fino a oggi era il "tocai". Loro sperano nell’indennizzo che l’Europa dovrà distribuire fra tutti i produttori italiani dopo che il caso sarà stato chiuso a favore degli ungheresi. Noi – ha insistito Marega – speriamo invece in un giusto riconoscimento dell’origine tutta friulana, se non addirittura goriziana, di questo vino".
Mancano certezze e garanzie per il futuro e questo pesa tanto quanto il danno economico che ne deriverà. "Si è calcolato un indennizzo pari a 700 miliardi di lire – ha spiegato Marega – che servirà a compensare le perdite derivanti dall’eliminazione della produzione di Tocai e dalla sua sostituzione con nuovi impianti. Ma questo richiede un lungo periodo di inattività, quattro anni almeno tra il tempo necessario alla vite per dare i primi frutti e quello necessario per la vinificazione e la commercializzazione". Senza contare poi l’aspetto culturale: "La nostra è una cooperativa di promozione del territorio, fondata nel lontano 1482, e il Tocai rappresenta sicuramente una delle bandiere del patrimonio di tradizioni di questa zona". Una ricchezza che i padri vorrebbero poter continuare a tramandare ai figli.
Luana de Francisco



La vicenda continua a suscitare attenzione e scoperte. Trovato un documento del XII secolo
Tocai, sentenza della Cassazione
In una causa del 1962, la corte prese le difese della denominazione friulana

Il Messaggero Veneto 27/02/2001
Il dibattito sul Tocai continua. Stimolato dalle rivelazioni diffuse in queste settimane dal "Messaggero Veneto", prima tra tutte quella relativa al ritrovamento del patto dotale redatto nel 1632, in occasione delle nozze tra la baronessa Aurora Formentini e il conte ungherese Adam Batthyany, nel quale si indicavano anche "300 vitti di toccai" tra i beni che la nobildonna portò con sè nella nuova residenza magiara, il discorso ha ripreso vita, animando discussioni sia a livello regionale, sia nazionale. L’obiettivo, s’intende, resta il tavolo europeo, dove si deciderà a chi, tra l’Italia e l’Ungheria, attribuire la paternità del vino.
La vicenda ha indotto anche una lettrice, Annamaria Grossi Zolia, a intervenire, segnalando l’esistenza di un documento risalente agli ultimi decenni del XII secolo e conservato nella Biblioteca civica di Udine (Chartarium Monasterii Aquileiensis - 1041-1789 del Monastero di santa Maria di Aquileia), in cui si parla di contratti di compravendite di vigneti nel Collio. "Si trattava già allora delle viti del toccai?", si è chiesta la signora Grossi Zolia.
Interrogativi come questo stanno facendo il giro della Penisola, soprattutto dopo che anche alcune reti televisive nazionali hanno dedicato dei servizi al problema. Venerdì una troupe di Rai 3 ha parcheggiato i propri camper nel cortile del castello di San Floriano, per consentire al giornalista Giovanni Marzini di effettuare due collegamenti in diretta con lo studio di Milano, da dove Giovanna Mirella conduceva una puntata della trasmissione "Italie". Microfono alla mano, i conti Leonardo e Filippo Formentini, lo studioso Stefano Cosma, il produttore vinicolo Primozic e il sindaco Adriano Corsi hanno così illustrato al pubblico i vari aspetti della querelle sul tocai. Domenica sera è stata la volta di "Mille & una Italie", un settimanale in onda su Rai 3 che ha riproposto il problema attraverso un servizio curato da Marina Zanolli. Tra gli intervistati, anche l’assessore regionale Aldo Ariis, il produttore Muzic e un collega sloveno, che non ha esitato a manifestare la propria preoccupazione, qualora l’Europa dovesse dare ragione all’Ungheria. Una decisione del genere costringerebbe anche i produttori sloveni a cambiare la denominazione dei propri vini.
Ma prima di esprimersi, i "giudici" del braccio di ferro farebbero bene a dare un’occhiata alla mole di documenti che, anche in un passato più recente rispetto a quello del patto di Aurora, hanno già più volte dato ragione all’Italia. Tra gli altri, spicca la sentenza della Corte di Cassazione del 30 aprile 1962, che esaurì un contenzioso aperto dalla società per il commercio con l’estero "Monimpex" (con sede a Budapest) contro i baroni Economo di Aquileia, citati in giudizio per avere posto in commercio bottiglie di vino con la denominazione Tokai. Se, in un primo momento, il Tribunale dichiarò illegittimo l’uso fatto dal barone, condannandolo al pagamento delle spese, in seguito la Corte d’Appello contraddisse la sentenza e assegnò il "palmo della vittoria" ai produttori friulani. Dalla loro c’era, infatti, l’esistenza di alcuni toponimi collegabili al vino sia nella zona di San Lorenzo e Mossa (un rio), sia nel comune di Lokovec, Valli del Vipacco (un gruppo di casolari denominato Tokaj), sia a Corno di Rosazzo (un altro rio).
Questa (segnalata dallo studioso Claudio Fabbro) e moltissime altre prove saranno presto raccolte in un "istant book" che Stefano Cosma sta compilando con la collaborazione della giovane ricercatrice Cristina Burcheri e che sarà pubblicato dalle Edizioni della Laguna.
Luana de Francisco 


CORMONS Le azioni per difendere il nome di un vino che si identifica con il territorio
Tocai? A Roma interessa poco

Il Piccolo 27/02/2001
Il convegno di Cormòns è stata l’occasione anche per toccare il problema Tocai, che un giorno forse lo dovremo chiamare Toccai, con due "c", che è poi la denominazione che si trova in documenti antichi come le mappe catastali di Mossa e di Aidussina, dove una collina veniva chiamata Toccai. Poi, c’è il documento dei Formentini del 1682 dove si trova pure scritta la parola Toccai. Ma, forse, come ha sostenuto Ariis, il nome potrebbe essere ancora più antico, risalire al 12.o secolo, conservato negli antichi codici appartenenti al Monastero di Aquileia e oggi conservati alla Biblioteca civica di Udine.
Basteranno questa documentazione storica per vincere la battaglia che il Friuli Venezia Giulia sta portando avanti per tutelare il Tocai? Bisogna convincere Bruxelles, ma prima ancora il nostro Governo della bontà dell’iniziativa. E da queste orecchie Roma non sente bene, tesa a difendere in primis altri prodotti italiani come il parmigiano. E senza l’appoggio politico del Governo, la Regione può fare ben poco.
L'avvocato della Regione Enzo Bevilacqua, forte anche delle sue esperienze passate alla direzione dell'Agricoltura e di presidente della Camera di Commercio, ha sostenuto che dal punto di vista giuridico ci sono mille ragioni, di diritto privato, diritto internazionale, di diritto comunitario a comprovare che potremmo tenerci il nome Tocai. Ora ci sono anche i riscontri storici. Romoli e Ariis hanno assicurato una difesa ad oltranza, ma se perderemo aggiunge Bevilacqua potremmo usare il marchio Toccai, con due "c". 


Ressa di tv a San Floriano
Si moltiplicano i programmi sulla storia del Tocai

Messaggero Veneto del 23 02 2001
Dal giorno in cui il "Messaggero Veneto" ne ha dato notizia per la prima volta, si è scatenata una vera e propria corsa al castello Formentini, dove fino a qualche giorno fa il conte Filippo Formentini (nella foto) teneva la copia originale dell’ormai famoso patto dotale del 1632 (di cui riferiamo nell’articolo a fianco). Il colle di San Floriano è diventato così meta di numerosi giornalisti, da un lato affascinati dalla storia d’amore che sarebbe all’origine dell’introduzione del tocai friulano in Ungheria e dall’altro lato curiosi di toccare con mano il documento capace di rimettere in discussione (almeno questa è la speranza di tutti, produttori in testa) la decisione europea.
Oggi sarà la volta della Rai. Una troupe giungerà in mattinata da Roma, per prepararsi ai due collegamenti in diretta con lo studio di "Italie", la trasmissione di Rai3 in onda tutti i giorni, sabato e domenica esclusi, dalle 11.30 alle 13. La cornice? Quella del castello di San Floriano, naturalmente: nel cortile, se il tempo sarà bello, nel salone interno, in caso di maltempo. Per l’occasione, sarà imbandita una lunga tavola sulla quale saranno disposti, oltre alle bottiglie di Tocai, i piatti della cucina tipica locale. Tra le specialità che lo chef Mimmo Febbo presenterà ai telespettatori, non mancheranno succulenti piatti a base di selvaggina. All’appuntamento sono stati invitati anche una quindicina di produttori di vino e una rappresentanza dei cacciatori di San Floriano, il sindaco del Comune, Adriano Corsi, e lo studioso Stefano Cosma, che sarà intervistato insieme al conte Filippo. Nella trasmissione sarà coinvolta anche la gente del paese, che indosserà gli abiti tradizionali sloveni, mentre il castello sarà reso ancora più suggestivo dalla presenza di personale in costume medievale, con alabardiere, musico e "servitori".
Domenica, San Floriano tornerà sul piccolo schermo. Di nuovo su Rai3, ma in serata: alle 20, il settimanale di attualità "Mille & una Italia" dedicherà al vino tocai un ampio servizio curato dalla giornalista Marina Zanolli, che nei giorni scorsi aveva fatto visita al conte Formentini.
L.de.F (Messaggero Veneto del 23 02 2001)


Altre prove a sostegno dell’origine friulana. Presto uscirà un "istant book" sulla vicenda

Tocai goriziano, nuove rivelazioni
Un parente di Aurora Formentini piantò il vitigno nel 1639 in Ungheria

Messaggero Veneto del 23 02 2001
Il Tocai goriziano segna un altro punto a proprio favore. Le ricerche condotte nelle ultime settimane hanno infatti portato alla luce elementi nuovi, che contribuiscono senz’altro ad avvalorare la tesi favorevole a una origine tutta italiana, o meglio friulana, del vino Tocai.
A scoprire collegamenti fino a oggi avvolti nel buio della dimenticanza è stato ancora una volta lo studioso Stefano Cosma, già autore del libro "Dotato d’eccellentissimi vini, è il contado di Gorizia...", che nel 1992 anticipava la storia di un matrimonio, quello contratto nel 1632 tra Aurora Formentini e il conte ungherese Adam Batthyany, che qualche settimana fa ha permesso di riaprire il dibattito sulla paternità del tocai.
Per la cronaca, quel matrimonio era stato preceduto dalla sottoscrizione di un patto dotale che il conte Filippo Formentini ha di recente rinvenuto negli archivi della propria famiglia e nel quale si fa esplicito riferimento a "300 vitti di toccai" che la sposa portò con sè quando, nel 1632, raggiunse il marito nella residenza ungherese. Una prova schiacciante, dunque, dell’origine goriziana di quello stesso vino, sulla cui denominazione gli ungheresi pretenderebbero oggi di avere l’esclusiva.
Ebbene, sono ancora i vincoli di parentela ad arricchire la vicenda di nuovi spunti. Protagonista, questa volta, tal conte Istvan Csaky che, secondo quanto riportato su una rivista di agricoltura del 1971 dallo studioso ungherese Kiss, intorno al 1639 piantò viti italiane a Tarcal (nella zona ungherse del Tokaj), allo scopo di migliorare la qualità del proprio vino. Il bello è che questo conte altri non era che il cognato del succitato conte Adam Batthyany, in quanto fratello di quel Laszlo Csaky che nel 1629 aveva sposato Magdalena, sorella di Adam. Come non immaginare contatti e scambi tra parenti tanto vicini?
Ma le sorprese genealogiche non finiscono qui. Furono i principi Rakoczi, tra il 1650 e il 1750, a cominciare a produrre e diffondere in Europa il Tokaj e ad emanare nel 1700 la legge su quel vino. Ebbene, Cosma ha scoperto come i Rakoczi fossero cugini sia dei Csaky, sia dei Batthyany, attraverso i bisavoli Zriny e Bathory. Niente di più facile, allora, che alcune delle 300 viti introdotte da Aurora Formentini siano state poi piantate nei possedimenti di Tokaj.
Il contenzioso con l’Ungheria, che in un primo momento sembrava essersi chiuso con la "vittoria" magiara, può considerarsi a una svolta. Un dossier contenente le recenti scoperte compiute in casa Formentini e quelle realizzate dall’avvocato della Regione, Enzo Bevilacqua, è stato consegnato al ministero per le Politiche agricole. La storia del Tocai e i recenti sviluppi saranno presto raccolti da Cosma e dalla ricercatrice goriziana Cristina Burcheri in un "istant book" che sarà pubblicato dalle Edizioni della Laguna. Un libro da divorare pasteggiando un buon tocai italiano!
Luana de Francisco 


Da San Floriano
Il Museo del vino trasferito ad Aiello

Il Piccolo di Gorizia 22/02/2001
Il Museo del vino di San Floriano è stato trasferito ad Aiello e inglobato nel grande Museo della civiltà contadina del Friuli imperiale. Ne dà notizia il presidente dell’Associazione Musei Formentini della vita rurale Michele Formentini. «Nel Museo di Aiello - afferma Formentini - ha trovato spazio anche il settore del vino, arricchito da nuovi, interessanti reperti, che sostituirà quello di San Floriano». L’orario di apertura - dalle 12 alle 20 - consente ai visitatori di frequentare anche il nuovo ristorante. 


La lunga battaglia tra due vini molto diversi

Messaggero Veneto del 04 02 2001
(l.d.f) Fiumi di inchiostro sono stati adoperati in questi anni per chiarire l’origine del Tocai e per ribadire la distinzione che esiste tra i due vini più famosi e diffusi nel mondo, quello di produzione italiana e quello di derivazione ungherse.
Il Tocai friulano è un vino secco, di colore giallo paglierino con riflessi verdognoli e sapore secco e corposo, ideale come aperitivo e adatto anche ad accompagnare antipasti saporiti, pesce azzurro e di lago arrosto o in umido, minestre e primi piatti con pasta e risotto, pietanze a base di uova. A contraddistinguerlo è un profumo fruttato, con sentori di mandorla amara e ortica. Il Tocai, che ha una gradazione alcolica pari al 12,8%, va servito alla temperatura di 10-12 gradi centigradi. Vitigno a frutto bianco, il tocai è diffuso soprattutto in Friuli-Venezia Giulia, in Veneto e nella Lombardia orientale.
Tutt’altre le caratteristiche che hanno reso amabile ai palati il Tokaj ungherese. Un vino passito liquoroso molto alcolico e riconoscibile dal colore ambra. Invecchiato in legno per cinque o più anni, il Tokaj raggiunge i 15 gradi, mantenendo oltre il 5% di zuccheri residui. Non si tratta di un vitigno, ma di un uvaggio ottenuto da diverse uve. Di queste, il Furmint e l’Harslevelu, entrambi molto corposi, sono le principali. La versione più delicata e conosciuta è quella denomiata Tokaj Aszu. (Messaggero Veneto del 04 02 2001)


Una straordinaria scoperta può dare una svolta alla controversia sull’origine del nome del vino
Il Tocai è goriziano, ecco la prova
Nel 1632 Aurora Formentini lo portò in dote sposando un conte ungherese

Messaggero Veneto del 04 02 2001
Una prova inoppugnabile, in grado di riaprire un capitolo che l’Unione europea vorrebbe già chiuso e archiviato. A fornirla è un semplice foglio, sbiadito dai secoli, ma ancora perfettamente leggibile, dal quale emerge a chiare lettere la paternità italiana, per la precisione goriziana, del vino Tocai. Il capoluogo isontino entra così nel vivo di una battaglia, un autentico braccio di ferro, che ha visto per mesi fronteggiarsi l’Italia, la Francia e la Slovenia da una parte e l’Ungheria dall’altra. In palio c’è un diritto che l’Europa ha decretato di assegnare soltanto a quella, tra le pretendenti, che riuscirà a dimostrare l’esistenza di un legame di tipo toponomastico tra quel vino e una precisa area geografica del proprio territorio.
Posto questo parametro, la partita pareva ormai vinta dall’Ungheria, nella cui parte nord-orientale sorge la città denominata appunto Tokaj, centro di un’intera regione vinicola. Ma l’eccezionale scoperta di questi giorni rimette tutto in discussione. Esce dall’archivio della famiglia Formentini il documento che convalida quella che fino a oggi era stata soltanto una tradizione tramandata per via orale. La storia di un matrimonio tra una Formentini, Aurora, e il conte ungherese Adam Batthyany, celebrato nel 1632. Come si usava allora, prima delle nozze venne redatto un patto dotale, lo stesso preziosissimo atto che oggi potrebbe rappresentare la chiave di svolta nel contenzioso con i magiari.
Nel manoscritto sono infatti riportati i beni con i quali Aurora partì per l’Ungheria. Tra gli altri, figurano anche “300 vitti di toccai”. Il che significa, una volta per tutte, che l’origine del Tokaj ungherese è rigorosamente friulana, o meglio goriziana. Ma vediamo cosa dice l’intero documento: «Inventario di robbe quali seco l’ill.ma sig.ra Aurora Formentini del qm colonello Carlo Formentino in occasione che marittata con l’ill.mo co: Battiano portossi in Hongaria li 3 febraro 1632. In contanti, Fiorini Alemani 10.000. Mobbili, et (...), Pezzi 22. Tendagi, Damaschi et Sette, Bracci 38. Gioie, et piccioli ogetti, 14. Abbiti, et Robbe, Pezzi in seta 38. Fromento, Stare 82. Ribolla, 35. Vitti di Toccai, 300. Bottisele, Atrezzi et Robbe, Pezzi 29. Un Servidore et due Contadini. Carte, et Pati dottali».
Dal testo si evince anche come la nobildonna lasciò la terra natia accompagnata da alcuni contadini sloveni (benché non specificata, la “nazionalità” dei contadini risulta dagli antichi Urbari, ossia dai libri delle rendite della famiglia Formentini), che verosimilmente impiantarono nel 1632, dando probabilmente origine alle uve Furmint (da Formentini), che sono la base della produzione del Tokaj ungherese, un uvaggio ottenuto da uve diverse.
L’episodio era già stato raccontato nel 1992 da Stefano Cosma nel suo libro “Dotato d’eccellentissimi vini, è il contado di Goritia...”, che peraltro faceva risalire allo sloveno “tukaj” (che tradotto significa “qui, di qui”), l’origine del nome ungherese del vino. In effetti, il documento stesso suggerisce una correlazione tra il nome e l’avverbio. Precisato dunque l’anno di “arrivo” del “toccai” in Ungheria, la cronologia fila poi liscia con gli altri dati in nostro possesso. Come quello che fissa nel 1650 l’inizio della storia del Tokaj, quando l’abate Mate Sepsy Laczko inventò e poi descrisse il metodo di vinificazione. Bisognerà però attendere il 1737 per vedere l’area vinicola attorno alla città di Tokaj finalmente delimitata con decreto reale.
Luana de Francisco (Messaggero Veneto del 04 02 2001)


Il documento era nell’archivio salvato a Graz
Le ricerche di Filippo Formentini rivelano la storia d’amore tra la baronessa e Adam Batthyany

Messaggero Veneto del 04 02 2001
Il merito della scoperta va completamente attribuito al conte Filippo Formentini che con appassionata e certosina pazienza ha studiato e catalogato una voluminosa quantità di documenti, appartenenti a un lontano parente e recuperati soltanto un paio di anni fa. Il patto dotale, infatti, fa parte di quella sezione dell’archivio di famiglia che il prozio Paolo Emilio trasferì dal palazzo di viale XX settembre alla propria residenza di Graz, nel 1899, salvandolo così dai bombardamenti delle due guerre mondiali. Morto nei primi mesi della Grande guerra, senza figli maschi, il suo archivio e la pinacoteca passarono ad altre famiglie, fino a quando non furono rilevati dal ramo goriziano dei Formentini.
Ecco così venire alla luce nuove notizie e, soprattutto, testimonianze scritte sulla storia della nobile famiglia, originaria del Cividalese, ma già nel Trecento legata al territorio isontino, per la concessione di alcuni feudi da parte del conte di Gorizia. La saga continua tra l’acquisizione di nuove proprietà e il conferimento di altri titoli, come quello prestigioso di cavalieri dell’ordine teutonico assegnato a due prozi della linea di Gorizia.
La stessa a cui appartiene la baronessa Aurora, nata a Gorizia il 26 ottobre 1609 e figlia del generale Carlo e di Anna Marie Von Rohrbach. Il matrimonio la unì al conte ungherese Adam Batthyany, più giovane di un anno, e appartenente a una famiglia che ebbe forse il proprio capostipite nel gastaldo Miska (1207-1227). La coppia mise al mondo sei figli, dai quali discendono anche i principi Batthyany-Strattmann. Aurora morì a soli 43 anni, nel 1653, a Nemet-Ujvar, nella contea di Vas. I suoi resti sono oggi custoditi in un sarcofago conservato in una residenza della Stiria. Il marito si risposò con Barbara Corbelli, ma dal matrimonio non nacquero figli.
Lo stemma della famiglia Batthyany, che ottenne il titolo baronale nel 1628, quello di conte nel 1630 e quello di principe nel 1769 (concesso dall’imperatore Francesco I), rappresenta una triplice collina verde in campo azzurro, dalla quale si alza una roccia dorata, sovrastata da un pellicano bianco con le ali spiegate che dona il proprio sangue a due suoi nati. Sulla collina di destra, un leone d’oro tiene in bocca a sghembo una spada curva con l’elsa dorata.
L. de F. 


Anche i Levetzow Lantieri
prediligevano il Tocai


A servirsi del Tocai per arricchire il gusto di alcune pietanze furono anche i conti Levetzow Lantieri di Gorizia. Ce ne dà testimonianza il libro sulla selvaggina scritto da Lella Au Fiore, “La caccia nella cucina del Friuli-Venezia Giulia”, che descrive la preparazione del “Fagiano al tocai”, come riportato nel ricettario ottocentesco della nobile famiglia. «Rosolato in burro e olio - si raccomanda - aggiungere il fegato e cuore e coprire con tocai».