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«Tocai,
serve un patto Friuli-Ungheria»
Il parlamentare
friulano Collavini rilancia la proposta di una trattativa bilaterale
dal Messaggero Veneto
del 27/12/2002
UDINE. C’è ancora il tempo e la possibilità di trovare un’intesa con
l’Ungheria per sciogliere il nodo del tocai a favore sia del vino friulano che
ha una storia e un marchio da difendere, sia di quello magiaro. Lo ribadisce il
parlamentare friulano di Fi, Manlio Collavini. «C’è un’amicizia antica tra
Italia e Ungheria. Rapporti, frequentazioni, scambi che risalgono alla notte di
tempi e che fanno del settore vitivinicolo un terreno di incontro persino più
complesso e significativo del prodotto stesso che genera - sottolinea -. Sicché
il vino, a cui, su un piano certamente più alto, persino il cristianesimo e
l’ebraismo hanno attribuito un importante valore simbolico-rituale, è stato
terreno di incontro tra i due Paesi: segnando una sorta di parallelismo tra
storie patrie e antiche vicende mercantili, i cui passaggi storici non è
difficile individuare». «Fu l’imperatore romano Probo, che nel 280 d.C.
diffuse la coltivazione della vite in Ungheria, importandola dal nostro Paese.
Sembra poi accertato che, oltre ai vitigni dell’imperatore romano Probo, anche
il Furmint (uno dei principali artefici del celebre Tokaj sia stato trasferito
in terra magiara dai conti Formentini (friulani) o – come altri storici
sostegnono – da viticoltori italiani, che unitamente a Lorenesi e Valloni,
furono chiamati da re Bela IV d’Ungheria per effettuare il risanamento della
viticoltura locale». «Uno dei momenti più interessanti, rispetto agli scambi
tra i due Paesi nel settore vitivinicolo, è rappresentato dal vitigno ungherese
impiantato in Italia e denominato “tocai friulano”. Questo, in effetti, non
avrebbe niente in comune con il “Furmint” di Tokaj, come qualcuno ha
sostenuto. Secondo recenti, approfondite ricerche ampelografiche e biochimiche
dell’Istituto sperimentale per la viticoltura di Conegliano, questo vitigno,
di indubbia provenienza magiara, non sarebbe altro che il “sauvignonasse”.
Due vitigni diversi, quindi, il “Furmint” e il “Tocai friulano”, che
danno origine a vini molto diversi che non si possono commercialmente confondere».
«A questo punto è bene specificare anche come l’uso della dizione “Tocai
friulano” risalga alla fine del Settecento e che le prime documentazioni
ampelografiche su questo vitigno appaiono nel 1825 nel volumetto “Delle viti
italiane ” dell’Acerbi. Un ricordo storico, questo, che ci riporta al secolo
scorso, quando alle vicissitudini vitivinicole si sono intrecciati importanti
avvenimenti storici fra le popolazioni italiche e magiare, che si trovarono
unite nel comune desiderio di libertà e indipendenza».
«In questa cornice si iscrive la necessità di un accordo diretto tra i due
Paesi, sull’uso della dizione “Tocai friulano” riferita, si badi bene, a
un vitigno e non a una regione di provenienza. È ben noto, infatti, che i
vitigni prodotti con il “Tocai friulano” sono denominati (secondo i
disciplinari produttivi regolamentati da altrettanti decreti del Presidente
della Repubblica) con i nomi geografici “Collio”, “Grave del Friuli”,
“Colli Orientali del Friuli”, “Aquileia”, “Latisana”, “Isonzo” e
“Lison-Pramaggiore”. Un accordo amichevole e ragionato, sulla questione,
pare certamente cosa possibile, oltre che auspicabile. Un accordo diretto
italo-ungherese – nel rispetto delle leggi internazionali sulla tutela della
denominazione di origine, geografiche – dunque, che offrirebbe un validissimo
contributo ai reciproci interessi. Un’intesa nel senso auspicato, infatti,
assicurerebbe una forte valorizzazione di tutta la produzione vinicola ungherese
e un rilancio commerciale del Tokaj e dei vini friulani e veneti a denominazione
di origine controllata. La storia delle relazioni tra i due Paesi sollecita
pensieri positivi in proposito: e le stesse dinamiche dei mercati mondiali,
l’evoluzione socio - politica dell’Europa, i grandi temi proposti dalla
globalizzazione, postulano un accordo diretto tra Italia e Ungheria che
assicurerebbe solo vantaggi ai partners. E consoliderebbe una lunga stagione di
rapporti amichevoli e fruttuosi tra due popoli».
Venerdì
il convegno all’auditorium
Decolla
il progetto per
lo sviluppo dei
vitigni autoctoni
da
il Messaggero Veneto del 4/12/2002 - Gorizia
Un
prestigioso convegno sui vitigni autoctoni (organizzato con la collaborazione
della Regione, della Fondazione Cassa di risparmio di Gorizia e della Rolo banca
di Udine) per concludere le celebrazioni in occasione del trentennale del Ducato
dei vini friulani.
«I vitigni autoctoni del Friuli-Venezia Giulia sono un grande patrimonio da
salvare e possono divenire un ulteriore biglietto di visita non soltanto per i
prodotti enologici o per l’agroalimentare, ma per l’intero territorio e le
sue peculiarità». È quanto hanno affermato a palazzo Florio, sede
dell’Università di Udine, il Duca dei vini friulani Emilio Del Gobbo e il
professor Enrico Peterlunger, della facoltà di Agraria (intervenuti a nome del
rettore Pierluigi Bonfanti) per presentare il convegno che si svolgerà
all’Auditorium di Gorizia, in via Roma, venerdì 6 dicembre alle 17.
La manifestazione intende fare da battistrada per indicare ai produttori nuove
opportunità di sviluppo per la viticoltura nostrana. L’evento si prefigge
infatti lo scopo di individuare, con l’apporto dell’Università, sei vitigni
autoctoni, tre a bacca rossa, tre a bacca bianca, che possano essere diffusi nel
“Vigneto Friuli”, e abbiano le potenzialità per divenire un ulteriore
momento di eccellenza della nostra vitivinicoltura. Un lavoro che è già
avviato da parte dell’Università di Udine, nella quale i ricercatori hanno già
individuato alcuni dei vitigni potenzialmente coltivabili con successo. Sono una
sessantina sui 219 storicamente censiti nel Friuli-Venezia Giulia.
Dopo il saluto delle autorità, il convegno sarà introdotto dal Duca Emilio Del
Gobbo. Seguiranno le relazioni dei professori Emilio Scienza, dell’Università
di Milano, ed Enrico Peterlunger, di quella friulana. Le conclusioni saranno
tratte dal rettore della facoltà di agraria dell’ateneo udinese Bonfanti.
Cristina Burcheri
Vini
bianchi contro il diabete
Il
professor Ceriello: le sostanze antiossidanti proteggono i vasi sanguigni
da il Messaggero Veneto del 13/10/2002
I vini bianchi prodotti nelle cantine friulane fanno bene alla salute. Hanno una
discreta capacità antiossidante che aiuta a curare il diabete.
La conferma arriva dal docente di Medicina interna alla facoltà di Medicina e
chirurgia dell’università di Udine, Antonio Ceriello, che sta verificando
l’entità della protezione che si può avere dal vino bianco nei meccanismi
che producono le complicanze del diabete. Il progetto di ricerca, finanziato
dalla Camera di commercio di Udine con 15 mila euro, è stato illustrato, ieri,
nella sala conferenze della Fondazione Crup, nel corso del convegno “Vino e
diabete: quali buone novità?”. L’iniziativa è stata inserita nel programma
di Friuli Doc per far conoscere i lati migliori del vino e nel progetto “Città
sane” per favorire l’attività di prevenzione e di educazione sanitaria.
In Friuli oltre 12 mila persone sono affette dal diabete, altrettante ne
soffrono senza saperlo. Tale patologia è considerata anche uno dei principali
fattori di rischio per le malattie cardiovascolari, unitamente alla vita
sedentaria e all’allungamento della vita media delle persone. Partendo da tali
considerazioni, e dal fatto che con semplici regole alimentari e l’uso di
mezzi diagnostici è possibile prevenire o curare il diabete, l’Associazione
friulana famiglie diabetici di Udine e l’università degli studi di Udine
hanno dato vita al progetto “Laboratori aperti”. Punto cardine di tale
progetto è la promozione, la divulgazione e la corretta informazione sullo
stato attuale della ricerca sul diabete.
«Le sostanze antiossidanti sono presenti nella buccia e nell’acino
dell’uva. Le tecniche di produzione dei vini bianchi friulani consentono di
recuperare queste sostanze, assicurando ai Bianchi un’importante capacità
antiossidante» spiega Ceriello, nel ricordare che il consumo di un bicchiere al
giorno di un buon bianco friulano aiuta a proteggere i vasi sanguigni.
Da «Ruralia» di
Gorizia il conte Formentini
attacca i produttori che scaricano il Tocai
dal Piccolo - Gorizia
6/10/2002
«Purtroppo
alcuni produttori vitivinicoli friulani non sostengono come dovrebbero la
battaglia per la denominazione del Tocai. Invece di lottare propongono in
alternativa nomignoli assurdi, dimostrando di non capire qual è la posta in
palio».
Non le ha mandate a dire il conte Filippo Formentini ieri a «Ruralia», la
rassegna delle specialità agroalimentari in corso di svolgimento a Gorizia.
Formentini ha attaccato, senza troppi giri di parole, quei produttori che non
fanno abbastanza per conservare la denominazione Tocai. L’occasione è venuta
dalla presentazione del fumetto «Il tesoro di Aurora. Una storia per il Tocai
friulano» dell’udinese Luigino Peressini: un’opera fortemente voluta
dall’Ersa che ha come protagonisti la baronessa Aurora Formentini di San
Floriano del Collio andata in sposa il 3 febbraio 1632 al conte ungherese Adam
Batthyany. «Questo fumetto - ha sottolineato il commissario straordinario
dell’Ersa, Bruno Augusto Pinat - è un modo diverso per mantenere vivo un
problema che non è solo agricolo ma anche culturale, economico e sociale della
nostra regione».
Oggi «Ruralia», che si svolge nel quartiere fieristico di Gorizia, terrà
aperti i battenti dalle 10 alle 22: l’ingresso è gratuito.
Francesco Fain
Tocai, la
battaglia riparte da un fumetto
“Il tesoro di
Aurora” ripropone la vicenda del vino friulano
dal Messaggero Veneto - Gorizia 06/10/2002
“Il tesoro di Aurora” è il nostro Tocai!
Con queste parole ha esordito il noto fumettista udinese Luigino Peressini
presentando, in seno a Ruralia, la sua ultima fatica artistico-letteraria:
“Il tesoro di Aurora. Una storia per il Tocai friulano”.
La storia a fumetti, voluta fortemente dall’Ersa che l’ha patrocinata
e che presto la distribuirà nelle scuole, ha come protagonisti la
baronessa Aurora Formentini di San Floriano del Collio andata in sposa il
3 febbraio 1632 al conte ungherese Adam Batthyany. E, come si sa, la
nobildonna portò seco “300 vitti di Toccai”.
A distanza di quattro secoli la vicenda del Tocai friulano – e la
disputa con l’Ungheria sul nome – occupa ben diversa atmosfera negli
spazi della cronaca. Cronaca ricordata anche dal commissario speciale
dell’Ersa, Bruno Augusto Pinat, ospite d’eccezione alla presentazione.
«Il Tocai è un vino legato fortemente alla nostra terra e, su questo
vino e sul suo nome si sono addensate scure nubi – ha spiegato il
commissario dell’Ersa – oggi cerchiamo di recuperare, con molto
ritardo, quello che nel 1993 non si è fatto. Questo fumetto è un modo
diverso per mantenere vivo un problema che non è solo agricolo, ma anche
culturale, economico e sociale della nostra regione». Ringraziando tutti
coloro che si sono prodigati per il buon fine di questa pubblicazione e,
in particolare le storiche famiglie che hanno aperto le porte dei loro
archivi privati, Pinat ha concluso dichiarando: «Sicuramente vinceremo»!
«Constato con rammarico che alcuni produttori friulani non sostengono
come dovrebbero il nome Tocai proponendo in alternativa assurdi nomignoli
– ha commentato infine il conte Filippo Formentini concludendo –: in
questa battaglia va difeso un vitigno e non il territorio che non ha
bisogno di difesa»!
Il
commissario dell’Ersa Pinat porta una ventata di ottimismo a «Ruralia».
È scettico invece Filippo Formentini
«Vinceremo la
battaglia del Tocai»
Intanto la
difesa del nostro vitigno è affidata a un fumetto di Luigino Peressini
dal Piccolo - Gorizia 6/10/2002
«Vinceremo la battaglia per il Tocai».
Ancora lui. Anche nella seconda giornata di «Ruralia» ha tenuto banco
Bruno Augusto Pinat, commissario straordinario dell’Ersa che si è
lasciato andare a una botta di ottimismo nella «guerra» per la
denominazione. Critico, invece, il conte Filippo Formentini che ha
attaccato, senza troppi giri di parole, quei produttori che non fanno
abbastanza per conservare la denominazione Tocai. «Devo registrare con
grandissimo rammarico che alcuni produttori vitivinicoli friulani non
sostengono come dovrebbero la battaglia per la denominazione del Tocai. E
propongono in alternativa nomignoli assurdi: in questa sfida va difeso un
vitigno, non è il territorio che ha bisogno di essere difeso».
L’occasione è venuta dalla presentazione del fumetto «Il tesoro di
Aurora. Una storia per il Tocai friulano» dell’udinese Luigino
Peressini. Un’opera fortemente voluta dall’Ersa che ha come
protagonisti la baronessa Aurora Formentini di San Floriano del Collio
andata in sposa il 3 febbraio 1632 al conte ungherese Adam Batthyany. Il
fumetto sarà distribuito in tutte le scuole.
Intanto oggi «Ruralia» entra nel vivo e propone una serie di «succulenti»
appuntamenti: alle 9 prenderà il via nella sala convegni del quartiere
fieristico il 20mo convegno internazionale di apicoltura dove si parlerà
della «Salute dell’alveare». La conferenza sarà presieduta dal
professor Franco Frilli dell’Università di Udine. Un’ora più tardi i
panificatori saranno in festa: alle 10 è prevista la cerimonia
all’auditorium di via Roma quindi la manifestazione avrà un seguito
negli stand di via della Barca. In concomitanza con la rassegna fieristica
i commercianti terranno straordinariamente aperti i battenti dei loro
negozi per l’intera giornata odierna.
Intanto ieri ha avuto grande successo la Festa dell’uva in piazza De
Amicis (inserita nel calendario di AssaggiaGorizia) con la sfilata, i
balli folkloristici e tanta buona musica.
f.fa.
Le “provocazioni’ del
grande fotografo alla presentazione della campagna promozionale per i vini del
Collio
Toscani: «Il Friuli
deve svegliarsi»
25/11/2001 Il Messaggero Veneto
Della provocazione ha fatto il proprio marchio distintivo. Ma Oliviero Toscani,
il fotografo che ha reso famosi nel mondo i colori della
Benetton, non si limita
a provocare con la forza e il significato delle proprie immagini. Il guru della
comunicazione si serve anche delle parole, per esprimere concetti chiari e
diretti. E lo fa con piglio sicuro, osa nella certezza di avere già superato
molti limiti, e nella convinzione che, nel bene o nel male, qualcosa bisognerà
pur dare in pasto alla gente, affinché parli... perché «la comunicazione
diventa a sua volta un prodotto».
E così, il grande assente venerdì alla cerimonia di presentazione della nuova
immagine dei vini bianchi del Collio, ha colmato ieri mattina il vuoto del
pomeriggio precedente, incontrando la stampa nella sede del Consorzio tutela
Vini Doc Collio, a Cormons. Basta stuzzicarlo un po’, per ottenere i massimi
risultati.
Quella che ha creato per i vini bianchi del Collio non è un’immagine un po’
scontata, dato il successo raccolto in tanti anni di pubblicità per la Benetton?
«In che senso, scusi...?»
Mezzi busti in primo piano. D’accordo che la firma di Toscani si riconosce
proprio da questo genere di immagini. Ma lo sfondo avrebbe anche potuto essere
un altro.
«Mah, da me dovete attendervi il mio lavoro. Prima di tutto, bisogna stabilire
che cosa è il Collio, perché mica tutti lo sanno. Lo sapete voi e avete la
presunzione di pensare che tutto il mondo lo sappia. Ora, finalmente, si è
stabilito che il Collio è una bottiglia di vino. Poi, naturalmente,
l’applicazione di una bottiglia del Collio a una ragazza così che mi guarda
in faccia e mi dice “Il bianco più buono del mondo non è un essere umano del
Friuli ma è un vino” mi sembra una cosa divertente. Forse non tanto a voi, ma
fuori del Friuli fa molto ridere».
Quindi, qualcosa di simpatico, piuttosto che di provocatorio.
«Penso di sì, perché sono riuscito ad abbinare la classica foto per la
pubblicità a un messaggio. Ho orchestrato tutto da me».
Chi è la ragazza che ha posato come modella?
«E’ una studentessa universitaria che parla cinque lingue e che ha passaporto
svedese: a dispetto del colore nero della sua pelle, dunque, non è una
extra-comunitaria. Ha scelto di posare perché è un’attivista
dell’integrazione e non perché le piaccia il vino. Quindi, quando dice “il
vino più bianco del mondo” lo fa con altre ragioni».
Di nuovo una ragazza immagine. Non sa un po’ di maschilista, soprattutto visto
l’abbinamento con il vino, una bevanda tipicamente maschile?
«Sicuro. Però penso che la mia immagine prenda il problema dall’angolazione
opposta. Normalmente, quando si propone una donna, questa risponde ai canoni
della bellezza media rappresentata dalla valletta televisiva, che ormai
imperversa e si impone dovunque. A mio parere, le italiane oggi assomigliano
tutte a vallette un po’ bruttine».
Ha dichiarato molte volte di amare il Friuli. Cosa la colpisce in particolare?
«Mi piace l’ignoranza della gente: il fatto di non sapere che state
producendo il vino più buono del mondo. Non vi rendete conto di questa come di
tante altre cose. Questa è ignoranza contadina. O forse buon senso, chissà,
trasformato in ignoranza. Nessuna parte del mondo produce così tanto vino e di
così alta qualità come il Collio».
Allora, qual è il futuro dei bianchi del Collio?
«Spero che i friulani si sveglino e capiscano di possedere una tale capacità.
I mercati vanno conquistati e lo si può fare anche in modo intelligente».
Per esempio, investendo in una campagna pubblicitaria a nove zeri. Naturalmente
firmata da lui, Oliviero Toscani.
Luana de Francisco
IL CASO Produttori a confronto
dopo la presentazione della campagna pubblicitaria pensata dal grande
comunicatore per i vini bianchi del Collio
La venere nuda divide
e Toscani ha già vinto
C’è chi la vedrebbe
meglio su Playboy e chi è entusiasta dell’idea. Così l’obiettivo di
parlarne è stato raggiunto
25/11/2001 Il Piccolo
Oliviero Toscani ha colto ancora nel segno. Suscitando reazioni e discussioni
forti con la sua campagna pubblicitaria per i vini bianchi del Consorzio tutela
vini Collio: la foto di una ragazza di colore dal viso allegro con una bottiglia
etichettata Collio fra i seni e un calice di bianco nella mano destra. I
produttori sono, in larghissima misura, entusiasti. Ma ci sono i critici: troppi
i soldi investiti (si favoleggia di 3 miliardi), non azzeccata la fotografia,
scarso il ritorno pubblicitario.
Bruno Augusto Pinat, presidente dell’Ersa: «Ho sentito critiche da parte di
altre zone vitivinicole. Rammento che per quest’iniziativa la Regione non ha
sborsato una lira. La campagna è stata finanziata direttamente dai produttori
del Consorzio tutela vini del Collio e questa è la prima volta che gli
imprenditori mettono mano ai portafogli per farsi pubblicità, tutti insieme.
Tale iniziativa dovrebbe essere presa da esempio da parte di altre aree
produttive: non si può sempre aspettare l’aiuto della Regione».
Opposto il pensiero di Gianluigi Vescovo, produttore di Farra: «La Regione, gli
enti dovrebbero dare di più. Qui si gioca una partita importantissima: far
conoscere una volta per tutte il Friuli nel mondo. Le foto di Toscani vanno
nella giusta direzione ma non bastano. Bisogna puntare tutto sulla stampa
specializzata e per far ciò serve maggior attivismo da parte di tutti, Regione
compresa. Dopo il terremoto abbiamo vissuto un periodo fortunato, adesso la
sfida è durissima e le idee sono poche. E i soldi anche».
Provocatoria è l’aggettivo che utilizza sino allo sfinitamento Silvestro
Primosic di Oslavia. «Affidandosi a Toscani si sapeva che le foto avrebbero
scatenato reazioni. Certi hanno trovato la campagna di cattivo gusto ma non è
il mio caso. Anzi, peccato che non potremo continuare su questa strada.
Purtroppo non abbiamo i miliardi di Benetton. Sarebbe bello assoldare Toscani e
sfornare foto a getto continuo».
Durissimo il commento di Giovanni Puiatti, dell’omonima azienda agricola di
Capriva. «Non faccio parte del Consorzio e, in questo momento, sono
contentissimo di esserne estraneo. L’operazione Toscani è di pura facciata:
ciò che manca è la forza d’urto sul mercato. Pensiamo di essere già
arrivati ma lo sapete che a New York ignorano totalmente il Collio? Per spiegare
dove siamo devo parlare di... Venezia». Fa eco Silvio Jermann che avrebbe visto
più consona la fotografia su «Playboy». «Mi pare pretenzioso dire che
facciamo il vino più buono del mondo. Dovrebbe essere il mercato a
sentenziarlo. Ma non servono donne nude per pubblicizzarlo. Sin dall’inizio ho
avuto forti dubbi sulla scelta di Toscani, non ho mai condiviso i suoi messaggi.
Confermo oggi pienamente il mio giudizio».
All’insegna della concretezza l’opinione di Paolo Caccese di Cormòns: «In
realtà, l’obiettivo l’abbiamo già colto: quello di far parlare. A
beneficiare sarà il nostro vino. Ritengo molto fine e elegante la scelta di
Toscani. Non è per niente scandalosa».
Francesco Fain
Il fotografo dedica
l’immagine al sindaco di Treviso e scuote i produttori: «Svegliatevi: il
mondo non vi conosce!»
Schiaffo alla virilità
del maschio padano
25/11/2001 Il Piccolo
È proprio possibile che «l’unico Bianco» che una splendida venere nera
possa amare è un calice di vino? Diavolo di un Toscani. Spergiura di non voler
essere provocatorio, ma sfida il Nordest terra fertile leghista con un messaggio
che è uno schiaffo alla virilità e all’orgoglio maschile padano. Giura di
aver ideato una campagna promozionale semplice e diretta, ma poi - in corso di
conferenza stampa - si lascia catturare da un’idea: «Perché non pubblichiamo
un’intera pagina sulla Tribuna di Treviso? - suggerisce ai suoi collaboratori
- La voglio dedicare io in persona a quel sindaco... Come si chiama? Ah, sì
Gentilini... Guardate che intanto, prima o poi, anche lui avrà un nipotino di
colore..».
Diavolo di un Toscani. È come un gatto. Prima seduce, poi graffia. Anche la
mano di chi lo sta accarezzando. Così, dopo aver lodato il Collio e i suoi vini
bianchi («Una terra eccezionale che produce vini eccezionali»), ecco la
zampata inattesa. «Cari miei friulani, dovete proprio svegliarvi - tuona
spiazzando i produttori riuniti a Cormòns all’incontro improvvisato dopo
l’assenza causa nebbia alla presentazione ufficiale di venerdì sera - Mentre
spendete i vostri soldi per cantine perfette o super-trattori da 600 cavalli
inutilizzabili nei vostri piccoli campi, fuori dal vostro Nordest nessuno vi
conosce. Svegliatevi! Non avete capito nulla: mentre litigate se è più
ignorante il vicino di Capriva o di Trieste, il mondo va avanti. Avete un ottimo
prodotto. Bene. Ora apritevi al mercato mondiale».
È un fiume in piena. Tra gli sguardi incuriositi, imbarazzati e stupiti, il
maestro della comunicazione va oltre e punta dritto alla Regione. «È
incredibile che non voglia sfruttare la capacità imprenditoriale e creativa dei
suoi abitanti. Dal vino alle sedie, ai prosciutti: nessuno vi conosce. E basta
cartoline stereotipate di spiagge e monti: sono belli ma non unici e pure
rovinati dalla mano dell’uomo (... mormorii in sala con il presidente del
Consorzio Collio, Felluga, che si lascia sfuggire un «Speriamo che non ci costi
altri soldi in cause penali...»). Perché i politici non dimostrano più
coraggio? Il Friuli-Venezia Giulia potrebbe essere la prima regione che
trasforma i propri abitanti in testimonial. Speriamo bene. Purtroppo è una vita
che speriamo nei politici».
Poi, come un gatto sornione, ritrae docilmente gli artigli. La zampata avrà il
suo effetto, così come l’illustrazione del Toscani-pensiero che è alla base
della campagna promozionale dei vini bianchi del Collio. «La scelta è
ultrabanale: una donna come testimonial. È nuda ma non vuole sedurre. Non è
una donna-oggetto: è solo l’espressione della gioventù, del futuro. Stringe
una bottiglia al seno e, forse, c’è chi vorrebbe sostituirsi a quel Bianco.
Ma non è questo il messaggio che vogliamo trasmettere».
Mente sapendo di mentire. Ma l’uditorio è tutto suo, complice di un Toscani
che interpreta Toscani.
Roberta Missio
Presentata la campagna
pubblicitaria a sostegno dei vini locali firmata dal celebre fotografo
Il Collio s’affida
ai contrasti di Toscani
Immagine forte con una
ragazza di colore nuda. Non tutti approvano
Il Piccolo 24/11/2001
SAN - FLORIANO Lo scrittore Paolo Maurensig sorride: «Sì, è un’immagine
blandamente provocatoria, ma che può essere accolta da tutti senza scandalo».
Di altro avviso Giulio Colomba, ovvero l’Arcigola regionale: «È
un’immagine in qualche modo choccante. Anche se poi è forse lo slogan ciò
che colpisce di più».
Eccola qua la campagna pubblicitaria firmata Oliviero Toscani per i vini bianchi
del Consorzio tutela vini del Collio. Una foto molto «benettoniana», con una
ragazza di colore dal sorriso allegro che tiene una bottiglia etichetta Collio
tra i seni e un calice di bianco nella mano destra. E due slogan: «Il Bianco più
buono del mondo» e «L’unico Bianco che amo». Ieri pomeriggio la
presentazione ufficiale a San Floriano del Collio, al Castello Formentini.
Assente però lui, Oliviero Toscani, tradito dalle coincidenze aeree.
«Perché abbiamo scelto Oliviero Toscani? Semplice: perché ci porti
direttamente al consumatore» ha spiegato il presidente del Consorzio, Marco
Felluga: «Un salto di qualità che consolida e rilancia l’immagine di questa
terra, simbolo dell’operosità, delle capacità delle nostre genti, della
peculiarità di questo territorio fortunato e di una cultura, di un modo di
essere, di un mondo di valori».
Una scelta forte, quella di Toscani. Una scelta che ha suscitato forti
discussioni tra queste colline, e non solo. «Ma promuovere l’immagine del
Collio - ha spiegato Felluga - significa portare un contributo significativo
all’immagine di tutta la regione. Riposizionare in alto l’informazione e
l’immagine del Collio, del suo bianco, significa portare valore aggiunto a
tutti i vini della regione. Forse non tutti hanno compreso o condividono questa
impostazione: io ne sono convinto e anche per questo abbiamo voluto osare
attraverso una nuova strategia di comunicazione che fa oggi un ulteriore passo
avanti, anzi un vero e proprio salto di qualità».
Un’altra iniziativa di forte impatto, dunque, così come ancora forte è
l’eco per le iniziative partite da San Floriano in difesa del nome Tocai: «Oggi
tutta Budapest è tapezzata di manifesti che dicono ’Gli italiani ci stanno
portando via il Tokaj’ e sono già scesi in campo il nostro ambasciatore e la
Farnesina: vuol dire che la nostra è stata una campagna di grande effetto, come
sarà di grande effetto questa firmata da Toscani» ha commentato il padrone di
casa Filippo Formentini.
Guido Barella
Un drappo coprirà due
immagini ispirate ai grandi “bianchi” fino al momento della cerimonia. Un
contratto miliardario
Il “marchio” di
Toscani sui vini del Collio
Oggi, al castello
Formentini di San Floriano, il fotografo presenterà la sua nuova campagna
pubblicitaria
Il Messaggero Veneto - 23/11/2001
Ci siamo, il grande giorno è arrivato. Oggi pomeriggio, al Castello Formentini
di San Floriano del Collio, il fotografo Oliviero Toscani presenterà al
pubblico la sua nuova campagna pubblicitaria.
Lo abbiamo atteso con trepidazione tutti quanti: gli organi di stampa, che a
Toscani e alle sue originali trovate pubblicitarie dedicano da anni fiumi di
inchiostro e ai quali lo stesso Toscani, guru mondiale della comunicazione, deve
praticamente tutta la fortuna del proprio successo; i produttori di vino del
Collio, con i quali Toscani ha firmato un contratto miliardario; i consumatori
di tutta Italia e, perché no, del mondo intero, vista la eco che le invenzioni
del pubblicitario milanese riescono ogni volta a suscitare.
Il velo sarà tolto attorno alle 17. Fino ad allora, il riserbo dovrà essere
assoluto. A deciderlo è stato il “maestro” stesso, geloso custode della sua
nuova provocazione planetaria. Poche, dunque, le indiscrezioni trapelate dagli
ambienti del Consorzio di tutela dei vini Doc Collio, i committenti di questa
nuova campagna pubblicitaria. «Non ha voluto anticipare niente neppure a noi»,
hanno confermato gli organizzatori dell’appuntamento di oggi. In perfetto
stile “toscaniano”.
Tanto è vero che non è ancora certa neppure la disposizione delle opere che il
fotografo presenterà. Due, a quanto pare, entrambe dedicate ai grandi vini
bianchi del Collio. Un drappo coprirà le immagini fino al momento in cui il
loro creatore non riterrà giunto il momento di scoprirle. «Porto tutto io»,
ha garantito il fotografo agli organizzatori, che nel frattempo hanno provveduto
a collocare nella sala una pedana e delle luci. La presentazione sarà aperta a
chiunque vorrà prendervi parte, anche se le dimensioni della sala del castello
consigliano di arrivare all’appuntamento con un certo anticipo rispetto
all’orario fissato dal programma.
La cerimonia comincerà alle 16 e sarà introdotta dal saluto del padrone di
casa, il conte Filippo Formentini. Seguirà l’intervento del presidente del
Consorzio, Marco Felluga, che accoglierà le autorità provinciali e regionali,
la stampa e i produttori vitivinicoli del Collio. Nella stessa occasione,
Felluga terrà a battesimo il nuovo “Circolo del Collio”, un’associazione
di vino e di idee nata per fare incontrare e conoscere i tanti appassionati dei
vini bianchi del territorio sparsi in tutto il mondo: personaggi del mondo
dell’industria, dello spettacolo, della cultura e dello sport.
Sarà poi la volta dell’ospite più atteso: Oliviero Toscani prenderà la
parola, per raccontare le fasi che lo hanno portato alla collaborazione con il
Consorzio (l’idea ha preso forma nei mesi scorsi, con la sottoscrizione di un
accordo tra il fotografo e il presidente Felluga, appoggiata da centinaia di
produttori del Collio che, con grande sforzo, hanno finanziato l’intera
iniziativa), per descrivere il proprio rapporto con le terre friulane e,
finalmente, per illustrare le sue ultime creazioni. Le fotografie
rappresenteranno l’immagine dei vini bianchi del Collio nel mondo, attraverso
una campagna promozionale che sarà proposta a partire dai prossimi giorni sui
quotidiani regionali, sui due più importanti quotidiani nazionali, su
settimanali e riviste specializzate italiane e internazionali, con particolare
attenzione al mercato inglese, americano e di lingua tedesca, bacino
privilegiato dell’export di vini friulani. Toscani ha lavorato in gran
segreto, spostandosi fra i suoi due studi di Milano e Parigi, e servendosi di un
testimonial la cui identità sarà finalmente rivelata oggi pomeriggio.
Dopo la presentazione delle fotografie, gli ospiti saranno invitati a un
brindisi e al rinfresco organizzato nello stesso castello dei conti Formentini:
vini e piatti tipici della cucina locale, naturalmente, con trota salmonata di
San Daniele, frittatina di erbe alla friulana e frico in foglia nel menù. Sarà
riservata a pochi intimi - amici produttori e rappresentanti delle istituzioni
locali e regionali -, invece, la cena in programma alle 20 al Castello Spessa di
Capriva.
Luana de Francisco
SAN FLORIANO Al Golf hotel dei
Formentini si rinnova un rito che rende omaggio al “re dei prodotti
autoctoni”
“Aurora” fa
zampillare il tocai dall’antica fontana
San Floriano 21/10/2001 Il Messaggero V.
«Cara, ho visto il tocai zampillare da una fontana!». Chissà quanti mariti,
rincasando ieri sera, hanno avuto il loro bel da fare per convincere mogli e
figli della sincerità dei loro racconti. Ma per quanto prodigioso possa
sembrare, quello avvenuto al Golf
hotel di San Floriano non è altro che l’ennesima trovata di una famiglia che
da mesi, ormai, lega fortemente il proprio nome a quello del più
rappresentativo dei vini friulani.
Alle 14.45, sotto un cielo plumbeo e al suono delle campane, dal rubinetto
applicato a una fontana del Settecento ha cominciato a scendere tocai, nel suo
caratteristico color giallo paglierino. A una nobildonna, bella ed elegante
discendente dell’ormai celebre Aurora, le vesti della madrina: circondata
dagli sguardi curiosi della gente raccolta attorno alla fontana, Isabella
Formentini ha svitato la spinetta, liberato il vino e inaugurato la serie di
brindisi ai quali sono stati invitati tutti gli amici presenti.
Un omaggio alla storia, alle tradizioni e alla comunità di San Floriano. Ma
anche una nuova occasione per discutere di tocai e della battaglia che il
Friuli-Venezia Giulia sta conducendo in campo europeo per non farsi strappare
dall’Ungheria il diritto esclusivo all’uso del nome del proprio vino. «Il
tocai è il re dei prodotti autoctoni - ha ribadito con energia Bruno Augusto
Pinat, presidente
dell’Ersa e strenuo sostenitore delle specialità enogastronomiche e
turistiche della propria regione -. Non possiamo permettere che venga portato
via un bene tanto caro alle nostre terre, nè lasciare che, per l’indifferenza
dimostrata in passato da buona parte dei produttori, il problema finisca per
scaricarsi sulle spalle dei nostri figli. La settimana prossima il Governo
italiano disconoscerà l’accordo che nel ’92 aveva lasciato il campo libero
alle pretese ungheresi. A questo risultato si è giunti soprattutto grazie alla
famiglia Formentini e al documento del 1632 conservato nel loro archivio,
all’attenta ricerca storica e giuridica condotta dal dottor Bevilacqua,
avvocato della Regione, dalla dottoressa Anna Toro, responsabile del contenzioso
dell’Ersa, e agli autori del libro sul tocai, Stefano Cosma e Cristina
Burcheri».
Tra gli ospiti, presentati dal conte Filippo Formentini, anche Mario Castellari,
governatore nazionale di Slow Food, il vicesindaco di San Floriano, Dominik
Humar, e, naturalmente, Giorgio Marega, presidente dell’associazione Vinoteka
Colli di San Floriano - Steverjanski Grici, che ha curato l’organizzazione
dell’evento.
Luana de Francisco
Il ministro delle Risorse
agricole ha garantito il suo intervento a Bruxelles per la tutela del vino
friulano
Alemanno: «Difenderemo
il Tocai»
Regione Il Piccolo 19/09/2001
Il Ministro delle Risorse agricole Gianni Alemanno ha assicurato il sostegno del
Governo nella difesa e tutela del nome Tocai. Lo ha fattto a Udine a amrgine
dell’incontro sul tema «Allargamento a Est, prospettive e problemi per
l'agricoltura» tenutosi a palazzo Kechler. Fra gli argomenti toccati al
convegno, organizzato di An, anche quello del Tocai friulano oggetto della
disputa fra Italia e Ungheria, in merito al quale il ministro ha affermato che
l’Italia deve conservare le proprie tradizioni e valorizzare i propri prodotti
agro-alimentari proprio in previsione dell’ingresso nell’Ue di altri stati
europei. Le prove storiche sulla antica origine del nostro vino giocano a favore
dell’Italia in questa diatriba con un Paese non ancora membro dell’Unione.
Alla fine del convegno Stefano Cosma, autore di un libro «Vitti di Toccai...
300», ha parlato con il ministro Alemanno, concordando prossimi contatti
attraverso l'on. Franz, membro della Commissione agricoltura della Camera. Il
ministro ha inoltre informato Cosma che per la difesa del Tocai si sta
coordinando con il suo collega Ruggiero, mentre della tutela dei prodotti
italiani se ne occuperà il Ministero delle risorse agricole e non più il
ministero alle attività produttive guidato dal forzista Marzano.
Intanto lunedì 24 settembre gli autori del libro sul Tocai Cristina Burcheri e
Stefano Cosma, assieme al conte Filippo Formentini, saranno a Rimini all’Hotel
des Londres invitati dalla sezione territoriale della Romagna
dell’Associazione Italiana Sommeliers per illustrare le vicende storiche del
nostro vino in occasione di un corso di degustazione per oltre 50 partecipanti.
Sarà infatti degustato proprio Tocai friulano prodotto da cinque aziende
nostrane: Muzic, Marega e Komjanc di San Floriano, Paolo Caccese di Pradis,
Conte d’Attimis-Maniago di Buttrio e Azienda agricola Conti Formentini (Gruppi
italiano vini).
SAN FLORIANO Arrivata la
conferma
Il caso tocai a
Bruxelles
Il ministro Marzano se
ne sta occupando
13/07/2001 Il Messaggero Veneto
Il fascicolo sul tocai friulano si trova già sui banchi dei diplomatici di
Bruxelles. La conferma arriva da Roma, altra tappa fondamentale nel cammino che
uno dei vini bianchi più rappresentativi delle nostre terre ha intrapreso per
non vedersi sottratti nome e etichtta. A riferircela è Stefano Cosma, lo
studioso che, assieme al conte Filippo Formentini, si è impegnato in una
battaglia di portata europea volta a garantire la salvaguardia di un diritto
alla denominazione che i produttori di vino Tokay ungheresi vorrebbero togliere
all’Italia. Cosma a Roma ha preso contatti con il nuovo ministro alle Risorse
produttive, Antonio Marzano, che già prima di assumere la guida del dicastero
si era detto disponibile a perorare la causa del tocai friulano. Grazie anche
all’interessamento della moglie nonché valida collaboratrice del ministro,
Beatrice Marzano, lo studioso goriziano si è incontrato con il nuovo
consigliere diplomatico, Gabriele Checchia, che ha assicurato di aver cominciato
ad occuparsi della questione sin dai primi giorni del suo insediamento.
Il piano di Checchia sembra non fare una grinza: durante le trattative per
l’ingresso dell’Ungheria nell’Unione europea, previsto per il 2004,
l’Italia si impegnerà a porre come questione determinante la contesa sul
tocai. Il ministro Marzano, inoltre, ha annunciato la volontà di creare una
commissione per la difesa dei prodotti tipici italiani a rischio: dal parmigiano
reggiano al tocai friulano. Garanzie in tal senso erano state fornite
all’avvocato della Regione, Enzo Bevilacqua, e al presidente dell’Ersa,
Bruno Augusto Pinat, dal capo di gabinetto del comitato europeo
dell’agricoltura, Corrado Pirzio-Biroli. A Roma, Cosma ha inoltre depositato
una copia del proprio libro, “Vitti di toccai ...300”, alla Pontificia
Accademia Tiberina.
L.de F.
SAN FLORIANO Continua l’impegno a difesa
del nome. Nuova serie di incontri a Lubiana, Trieste e Cividale
Caso
tocai, interviene il ministro Marzona
L’esponente del
governo Berlusconi inserirà il vino del Collio tra i prodotti da tutelare in
sede comunitaria
16/06/2001 Il
Messaggero V.
Continua il “pellegrinaggio” delle troupe televisive a San Floriano. Nei
giorni scorsi è stata la volta di Tele Capodistria, che ha registrato un
servizio che sarà mandato in onda nel prossimo autunno, nel corso del programma
intitolato “Istria e... dintorni”.
La conduttrice, la giornalista Rossana Vesnaver, ha intervistato il conte
Filippo Formentini sulla storia del castello di San Floriano e sulla sua attuale
destinazione e ha preso nota di alcuni aneddoti accaduti nel corso dei secoli.
Tra gli altri, l'assalto compiuto dalle truppe veneziane durante le guerre
gradiscane (1615-1617), che procurò loro un bottino di “300 botti di vino
esquisitissimo”, e l’ormai nota e sempre affascinante vicenda legata alle
nozze di Aurora Formentini, celebrate nel 1632, e delle “300 vitti di
toccai” che la nobildonna portò con sè in Ungheria.
Del tocai ha parlato anche Stefano Cosma, autore del libro scritto a quattro
mani con Cristina Burcheri, nel quale è narrata la storia del vino, dalla sua
prima comparsa, al contenzioso tra l’Italia e l’Ungheria. Cosma si è
soffermato in particolare sull'origine del nome tocai, che potrebbe essere fatta
risalire allo sloveno “od tukaj” ossia “di qua”, e sull'esistenza del
toponimo “Tokay” e “Tokayer” nella zona di Lokavec, vicino ad Aidussina.
Ma il “caso tocai”, tornato alla ribalta all'inizio dell'anno, finirà
presto anche all'attenzione del Governo Berlusconi. Circa un mese fa, infatti,
il forzista Antonio Marzano aveva contattato telefonicamente il conte Filippo
Formentini per avere maggiori ragguagli sulla questione del vino friulano, di
cui l'Ungheria vorrebbe arrogarsi la primogenitura.
Nominato Ministro delle Attività Produttive, l’onorevole si incontrerà
presto con Cosma per definire i termini del problema e, di conseguenza, inserire
anche il tocai tra i prodotti protetti e difenderne il nome in sede comunitaria.
Cosma ha inoltre sensibilizzato sull'argomento i parlamentari regionali di An
Roberto Menia e Manlio Contento, oltre che il deputato Maurizio Gasparri.
L’impegno è anche rivolto a fare conoscere a quante più persone possibile le
novità emerse negli ultimi mesi. In calendario, dopo il recente incontro a
Lubiana tra Cosma e il sottosegretario alla Cultura Gabersek che sarà seguito,
in autunno, dalla presentazione del libro all'Istituto Italiano di Cultura,
figurano già altre date. Il 21 giugno, gli autori saranno ospiti del Caffè
Illy di Trieste, mentre il 22 giugno, a Cividale, si svolgerà un convegno che
sarà moderato dal goriziano Claudio Fabbro, appassionato difensore del vino
friulano, e al quale interverranno dirigenti ministeriali e comunitari, giuristi
e studiosi. Il 27 si tornerà a Gorizia per degustare, al ristorante “Tre
amici”, tocai friulano e tokaji ungherese, tokay d'Alsazia e tocai rosso dei
Colli Berici. A metà luglio toccherà alla provincia di Pordenone: appuntamento
nella suggestiva cornice di Castel Cosa, a San Giorgio della Richinvelda.
Luana de Francisco
La
Metro-Goldwyn-Mayer si sta interessando alla storia di Aurora Formentini per
farne un film
Il tocai conquista
Hollywood
Messaggero Veneto 07/06/2001
Dall’indifferenza più sconfortante alla fama più travolgente. La vicenda del
tocai friulano, per anni nel dimenticatoio dal Governo italiano a tutto
vantaggio delle mire di affermazione ungheresi, potrebbe finire sui maxischermi
di tutto il mondo. Alcuni produttori cinematografici americani si sono
dichiarati pronti a fare della storia legata alle origini del vino la trama per
un film. L’idea è maturata in un recente incontro nel castello di San
Floriano tra il conte Filippo Formentini e alcuni ospiti hollywoodiani:
rappresentanti della Metro-Goldwyn-Mayer, della Paramount Pictures, della Warner
Bross e della Touchestone in cerca di ispirazione per un nuovo film e instradati
dall’Ufficio cinematografico regionale all’indirizzo di San Floriano. E
sarebbe proprio Hudson Hikman, il vicepresidente alla produzione della
Metro-Goldwyn-Mayer, ad avere colto nel racconto del conte Formentini lo spunto
per un nuovo grande film da ambientare in epoche remote. Quelle seicentesche che
videro la nobile Aurora Formentini seguire il promesso sposo, Adam Batthyany, in
Ungheria per unirsi con lui in matrimonio, portando con sè in dote anche le
famose “300 vitti di tocai” che provano senza più alcuna ombra di dubbio
l’origine friulana del vino. L’idea si è presto tramutata in una possibilità
concreta: nei prossimi giorni Stefano Cosma, autore del libro dedicato al caso
tocai, scriverà una prima sceneggiatura del film.
L. de F.
Tanto c’è ancora da
scoprire negli archivi delle antiche famiglie nobiliari
E’ una storia
goriziana
Curiosità e interesse
per il romanzo di Adam e Aurora Batthyany
13/05/2001 Il Messaggero
Veneto
Qui a sinistra potete vedere il ritratto austero del conte ungherese Adam
Batthyany (1609-1659), conservato nel castello Batthyany a Gussing, nel
Burgenland, in Austria. Qui a destra invece c’è il quadro a olio che, secondo
la tradizione familiare, ritrarrebbe l’antenata Aurora Formentini.
Sono loro i due protagonisti di questa incredibile e bellissima vicenda
d’amore che arriva fino ai giorni scorsi e che è rispuntata, improvvisamente,
come per incanto, per dare sostegno alla causa del Tocai friulano.
Il fatto curioso è che la gente, e dunque non solo gli addetti ai lavori, si è
appassionata a questo romanzo che ha come teatro soprattutto Gorizia e il
Collio. «Non posso nascondere - ha scritto a tale riguardo l’assessore
comunale alla cultura, Antonio Devetag - che in questa vicenda la svolta venga
proprio da Gorizia. Sostengo da tempo, e non sono il solo, che la storia di
Gorizia (e quindi della nostra regione) è ancora tutta da scoprire e riposa non
solo negli archivi di Vienna o di Venezia, ma anche in quelli di quelle famiglie
nobiliari che della storia friulana furono protagoniste».
Ecco la presentazione scritta
dall’assessore regionale all’agricoltura Aldo Ariis. «In questi mesi
abbiamo trovato carte fondamentali»
Difendere il nome
originale, piuttosto che cercarne uno alternativo
13/05/2001 Il Messaggero
Veneto
Come produttore di Tocai friulano – prima ancora che come assessore
all’agricoltura – ho condiviso le ansie del mondo agricolo che, dagli inizi
degli anni 90, è in crescente fibrillazione per la ben nota vicenda riguardante
il nostro grande vino bianco, cui si imputerebbe una non meglio definita
turbativa avverso un prodotto quasi omonimo, ma di caratteristiche radicalmente
dissimili, tanto caro agli ungheresi. La materia del contendere, seppur girata e
rigirata – probabilmente ad arte – al fine di renderla ancora più confusa,
non sembra essere granché diversa da quella sviscerata in un processo
internazionale ben noto agli addetti ai lavori, conclusosi con una netta
vittoria italiana; anzi friulana, poiché la Corte di Cassazione riconobbe
all’Azienda Baroni Economo di Aquileia il diritto all’uso del nome Tocai,
checché ne dicesse la Ditta importatrice Monimpex di Budapest, che la pensava
diversamente. Una sentenza di tale portata, passata in giudicato il 30 aprile
1962, poteva ritenersi atto sufficientemente “forte” per porre una pietra
sul contenzioso; non fu purtroppo così, se l’Unione europea, con decisione
del 23 novembre 1993, ritenne di rinunciare – sulla spinta di forze e
interessi mai sufficientemente chiariti – a un sacrosanto diritto.
Indubbiamente la caduta dei muri, il desiderio comunitario d’accelerare
l’accoglimento, nella “casa comune”, di un paese importante quale
l’Ungheria, suggerimenti probabilmente non disinteressati da parte di qualche
partner (qualche maligno fa il nome della Francia...) attento alle fortune del
Tokaj, possono avere stimolato tale ripensamento. La decisione del ’93,
maliziosamente maturata sulla pelle della viticoltura friulana, disinformata e
apatica alquanto, è stata inoltre corredata di uno “scambio di lettere” su
cui il legisaltore potrebbe sbizzarirsi non poco per inficiarne la validità.
Tuttavia, per motivi ancora oscuri ai più, chi allora contava ai massimi
livelli amministrativi nazionali e regionali ritenne di dover supinamente
accogliere una sconfitta di tale portata senza un minimo cenno di reazione,
preferendo adagiarsi in comode giustificazioni piuttosto che tirar fuori le
unghie. «Rinunciare al Tocai, punto e basta, senza neanche chiedere contro
partite o chiarimenti». Fu questa, in sintesi, la posizione ufficiale del
“Vigneto Friuli”, che dal 1993 al 1999 – fatte salve sporadiche iniziative
di enti e associazioni – preferì spendere tutte le proprie energie a
ricercare un nome alternativo a quello “storico” piuttosto che difenderlo a
oltranza. Tutti ricorderanno la proliferazione di nomi curiosi, spesso ridicoli,
di norma scontati, che per sei anni riempirono le pagine dei giornali. Non
risparmiando virtuali linciaggi a chiunque osasse proporre un nome diverso da
quello ritenuto l’unico buono. Cioè il proprio! Fu solo sul finire del ’99
che l’assessorato all’agricoltura, seppur non cestinando un buon nome
“sostitutivo” (“friulano”), ebbe un’impennata d’orgoglio e, con
nuove argomentazioni giuridiche e più approfondite ricerche storiche e
tecniche, convinse vari ministri (capofila della cordata nazionale fu, onore del
merito, Lamberto Dini) a sposare la causa del Tocai friulano e del
Friuli-Venezia Giulia. Fu un anno di buon lavoro, alla ricerca di una dignità,
prima ancora che di un nome. Sembrava tutto risolto; poi arrivò la doccia
fredda, costituita da una curiosa nota del 7 dicembre ’99 con cui il ministero
per le politiche agricole ancora una volta virava inspiegabilmente e bruscamente
la rotta, rimettendo il Tocai friulano in svendita. Ma ormai il nuovo corso era
avviato e l’interlocutore regionale – affatto rinunciatario – tirò fuori
le unghie senza i timori riverenziali di un tempo. E, con le unghie, tirò fuori
le carte. Carte nuove, atti inediti, importanti, probatori, da gettare sul
tavolo di nuove trattative e discussioni in cui – par di capire – contano più
i documenti che i buoni sentimenti. Fra questi si riconosce al Patto dotale del
1632 (nozze Formentini - Batthyany), cui Stefano Cosma e Cristina Burcheri
dedicano ampio spazio nel libro, una notevole importanza, sia perché collocato
in un periodo così lontano sia in quanto fa riferimento al nome “Tocai” e
non, come in altri atti, a Tokay, Tokaj e similari. Tutto ciò torna utile,
anche perché tale grafia trova corrispondenza in nome di torrenti e località
ben distinte in mappe e carte catastali varie. Il rigore storico con cui i
giovani autori trattano l’argomento in questione costituisce un prezioso
elemento in più per continuare nell’azione intrapresa supportandola con
maggior forza. Tale ricerca, infine, contribuirà sicuramente a stimolare
analoghe iniziative e a sensibilizzare sia gli addetti ai lavori che
l’opinione pubblica sull’importanza di un problema che non è agricolo e
viticolo, ma emblematico in un corretto rapporto fra istituzioni e coinvolga, a
vari livelli, chiunque voglia riconoscere alla propria storia e tradizioni un
ruolo nuovo e vincente.
Aldo Ariis
assessore regionale
all’agricoltura
Pinat
accusa: «Nel 1993 si rinunciò a combattere»
Il presidente
dell’Ersa ripercorre la vertenza internazionale. «La questione con
l’Ungheria è stata riaperta»
13/05/2001 Il
Messaggero Veneto
Miopia e rassegnazione: sono le accuse che Bruno Augusto Pinat, presidente
dell’Ersa, ospite l’altra sera alla presentazione del libro, muove senza
esitazione all’indirizzo di quanti, nel 1993, scelsero di rinunciare alla
difesa dell’origine friulana del vino Tocai. Oggi la partita si riapre e le
carte sono tutte a favore dell’Italia: improponibile, secondo Pinat, ripetere
l’errore compiuto e ammesso una decina di anni fa.
Responsabilità, quelle rievocate dal presidente dell’Ersa, da distribuire
equamente tra politici, amministratori e gli stessi produttori di vino: «Quando
si aprì la vertenza con la Francia, o meglio con le multinazionali francesi
interessate a investire in Ungheria, presentai un dossier che avevo realizzato
in qualità di presidente regionale dei vivaisti assieme al direttore
dell’Istituto sperimentale per la viticoltura di Conegliano Veneto, professor
Calò. Ebbene, ci risero in faccia: chi allora governava ritenne ininfluenti
quei risultati, che invece distinguevano bene le due tipologie di vino. Ci fu
detto di lasciare perdere, perché erano in corso i trattati di preadesione
dell’Ungheria all’Europa unita».
Fu così che nel ’94 giunse la sentenza che imponeva all’Italia la rinuncia
della denominazione del Tocai e che dava ai viticoltori 13 anni di tempo per
cambiare nome alla propria produzione. «Nessuno aprì bocca. Anzi, - ha
sbottato Pinat - la maggior parte dei produttori si mise a cercare un nome
alternativo. Fecero eccezione soltanto la Cantina produttori di Cormons e la
Cantina di Casarsa».
Il problema riemerse alla fine del ’97 quando, tra le priorità del proprio
mandato, Pinat, nominato presidente dell’Ersa, pose anche il “caso Tocai”.
«Grazie anche alla sensibilità dell’avvocato Bevilacqua e degli assessori
Venier Romano prima e Ariis poi, si riuscì a portare la questione
all’attenzione di ben cinque ministeri e il governo diventò il tramite tra
noi e Bruxelles. Ma all’improvviso, nel dicembre del 2000, ci giunse voce da
fonti comunitarie che il ministero e la direzione generale delle Politiche
agricole stavano predisponendo un documento, atto a ritirare la richiesta di
riapertura delle trattative. Volevano seppellire il nostro Tocai. Ci mobilitammo
e con noi si schierò anche Luigi Veronelli. Finalmente ricevuti dal direttore
generale Ambrosio, ci fu spiegato che l’Italia stava conducendo una battaglia
analoga contro tedeschi e austriaci per la salvaguardia del Parmigiano reggiano
e che, pur di vincerla, si era disposti a svendere il Tocai».
Una situazione che Pinat non ha esistato a definire «inaudita e oscena». Non
rimase che intraprendere anche la via legale: «La giunta regionale ha affidato
all’Ersa la gestione del problema, che è passato nelle mani del professor
Cappelli, il massimo esperto in materia di diritto internazionale e comunitario.
La nostra proposta è quella di riportare il caso al tavolo delle trattative in
atto per l’adesione dell’Ungheria: il Parlamento italiano dovrà porre quale
pregiudiziale la salvaguardia della denominazione del tocai».
In caso contrario, ha annunciato Pinat, presenteremo ricorsi su ricorsi.
L. de F.
La
ricerca di Cristina Burcheri e Stefano Cosma ricostruisce la vicenda tornata
clamorosamente d’attualità in questi mesi
Tocai, vino benedetto
dall’imperatore
Presentato al castello
Formentini il libro che racconta le baruffe tra Stati sul nome del vino
13/05/2001 Il
Messaggero Veneto
«E’ difficile credere che oggi l’Europa ammetta all’interno dei propri
confini un solo Paese produttore di vino Tocai quando, fino a un secolo fa,
l’imperatore permetteva senza remora alcuna la convivenza di due vini omonimi,
per quanto diversi nell’origine, nel sapore e nel metodo di vinificazione».
E’ l’amara considerazione con cui Stefano Cosma, autore insieme a Cristina
Burcheri del libro “rivelazione” (per la dovizia di testimonianze storiche e
cartografiche in esso raccolte) intitolato “Vitti di Toccai...300”, ha
commentato l’altra sera l’assurda vicenda nella quale da anni è stato
trascinato il Tocai, uno dei vini bianchi più conosciuti e diffusi delle
colline friulane.
«Il problema non esisteva in età imperiale e non si pose nemmeno più tardi -
ha spiegato Cosma - quando il Tocai friulano e quello ungherese continuarono a
conservare due denominazioni identiche, Tokay appunto. Fu soltanto negli anni
Trenta che si decise di distinguerli anche nel nome, adottando “Tocai
friulano” per il vitigno prodotto nelle nostre terre».
Dettagli? Niente affatto, visto che la battaglia per la difesa dell’origine
friulana del Tocai si combatte sul filo della più solida delle tradizioni.
Lunga e pregevole anche quella degli amici ungheresi, nessun dubbio, ma purché
si riconosca ad Aurora Formentini il merito di avere introdotto in terra magiara
le prime “300 vitti di toccai”, come recita il patto dotale del 1632
rinvenuto pochi mesi fa nell’archivio della famiglia dei conti Formentini.
Questo e numerosi altri episodi sono stati raccolti e raccontati nel libro che i
due ricercatori hanno presentato l’altra sera di fronte al folto pubblico
accorso al castello di San Floriano.
Un volumetto pratico, pubblicato a cura delle Edizioni della Laguna, interamente
dedicato alla storia del Tocai, dalle origini ai giorni nostri: un autentico
“trattatello” corredato da fotografie, stampe e mappe e da una sezione più
“scherzosa” dedicata a ricette ed abbinamenti eno-gastronomici.
Tra le curiosità, ricavate dalla lettura di testi di studiosi del passato (dal
conte Francesco Coronini allo storico Giuseppe Domenico Della Bona), anche
quella vissuta in presa diretta da Stefano Cosma e dal conte Filippo, ospiti nei
mesi scorsi del conte ungherese Sigmud Batthyàny (imparentato con i Formentini
proprio a seguito del matrimonio del 1632), a Gussing, nel Burgenland (Austria).
«Una sera entrammo in un rinomato ristorante del luogo e scambiammo quattro
chiacchiere con la proprietaria del locale - ha raccontato Cosma -. Quando ci
chiese da dove venivamo, associò da sola, senza che glielo dicessimo, il nome
di Gorizia a quelli di San Floriano e dei conti Formentini e, di conseguenza,
alla storia del matrimonio tra Aurora e Adam e dell’introduzione, a quella
data, del vino Tocai in Ungheria. E’ incredibile, pensammo: per dirimere la
querelle con l’Ungheria sarebbe bastato raccogliere notizie tra la gente del
paese dove riposano le spoglie dei due nobili coniugi!».
Eppure, l’“avventura” continua: non resta che documentarsi, divorando il
libro e sorseggiando l’ottimo vino Tocai.
Luana de Francisco
Torna d’attualità la
vicenda del documento trovato dai Formentini che dimostra l’origine goriziana
del vitigno
Il “caso Tocai” arriva in
Parlamento
Intervento dell’onorevole
Antonio Marzano che si batte per la valorizzazione dei prodotti tipici
Il Messaggero V. 06/05/2001
Il caso “Tocai” approda finalmente in Parlamento. Dopo mesi di lavoro
finalizzato alla raccolta di testimonianze utili a riaprire il contenzioso con
l’Ungheria e, successivamente, alla ricerca dell’autorevole appoggio di
esperti e politici motivati a dare corso alla battaglia, il problema esce dai
confini regionali e punta dritto ai palazzi romani.
Merito dei media. La notizia relativa alla concreta possibilità di riaprire una
partita che la Comunità europea pareva avere già assegnato all’Ungheria è
infatti rimbalzata all’orecchio di un deputato di Forza Italia, grazie al
racconto di una giornalista Rai. Si tratta di Francesca Grimaldi, la conduttrice
del programma televisivo “Si gira” che sarà trasmesso dalla Rai in
occasione della prossima edizione del Giro d’Italia, a fine maggio. Reduce da
una trasferta a San Floriano, dove è stato registrato uno “stacco” che sarà
trasmesso dallo studio il giorno in cui il giro farà tappa a Gorizia, la
giornalista ha parlato a un’amica dell’importante documento del 1632 trovato
alcuni mesi fa dal conte Filippo Formentini tra le carte dell’archivio di
famiglia.
La storia del patto dotale e delle nozze tra Aurora Formentini e il conte
ungherese Adam Batthyany, raccontata anche durante il collegamento televisivo,
è stata così riferita all’onorevole Antonio Marzano, deputato di Forza
Italia, responsabile economico del partito, e probabile ministro delle attività
produttive (ex ministero dell’industria), qualora la Casa delle Libertà
dovesse vincere le prossime elezioni politiche. Un caso fortunato, insomma,
visto che lo stesso Marzano si batte da tempo per la difesa dei prodotti tipici
della gastronomia italiana, Parmigiano reggiano e mozzarelle in testa, sempre più
minacciati dalla concorrenza di altri Paesi dell’Unione europea.
Ebbene, l’onorevole Marzano non ha perso tempo e, sollevata la cornetta del
telefono, ha contattato il conte Formentini per conoscere i dettagli della
vicenda. I prossimi giorni saranno dedicati alla raccolta di tutte le
informazioni necessarie ad avere una visione completa del problema, in attesa di
procedere, a consultazioni elettorali terminate, con una precisa azione
finalizzata alla difesa del Tocai italiano. Un passo in questa direzione era
stato già compiuto, nei mesi scorsi, anche dalla Regione Friuli-Venezia Giulia,
che aveva inviato al Ministero delle Risorse Agricole un dossier contenente le
prove (il patto dotale e altri documenti, comprese le mappe catastali del 1763,
1812 e 1875 trovate dall’avvocato della Regione, Enzo Bevilacqua) utili a
sostenere la tesi dell’origine friulana del vino tocai. «Ho davvero piacere
di apprendere che la questione sia finita all’attenzione del Parlamento - ha
commentato l’assessore regionale Aldo Ariis, informato della notizia -. Dal
canto mio, non posso che confermare la decisa intenzione di portare avanti con
ogni mezzo la nostra tesi. Il caso è stato affidato a un avvocato, uno dei
maggiori esperti del settore, che, dopo avere studiato la documentazione
relativa, ha ammesso come ci siano buone probabilità che la Comunità europea
riveda le proprie decisioni».
Luana de Francisco
Autori Cristina Burcheri
e Stefano Cosma. Sarà presentato venerdì da Veronelli
La storia raccontata in un libro
Il Messaggero V. 06/05/2001
(l.d.f.) Dal giorno in cui è stata data notizia del fortunato ritrovamento del
documento comprovante l’origine friulana del vino Tocai, una grande quantità
di ulteriori elementi si è venuta ad aggiungere al “puzzle” di
testimonianze con il quale l’Italia è stata finalmente posta nelle condizioni
di obiettare all’Europa la decisione di assegnare all’Ungheria il diritto
esclusivo di conservare tale denominazione. Ecco, allora, la necessità di
raccogliere in un libro tutti i particolari della vicenda, in modo da consegnare
alla popolazione, ma soprattutto agli addetti ai lavori e al mondo politico il
racconto sistematico e organico delle tappe di questa sofferta battaglia.
“Vitti di Toccai... 300. Una dote seicentesca come documento probatorio nel
terzo Millennio” è il titolo del volume che gli studiosi goriziani Cristina
Burcheri e Stefano Cosma hanno realizzato in un paio di mesi appena, dopo
approfondite ricerche condotte nelle biblioteche e negli archivi di Gorizia,
Trieste e Udine e nel Catasto fondiario di Gorizia e Cormòns. Il libro, delle
Edizioni della Laguna, sarà presentato al pubblico venerdì 11 maggio, alle
17.30, al Castello Formentini di San Floriano del Collio. La presentazione sarà
affidata a un ospite d’eccezione: il giornalista Luigi Veronelli, firma del
Corriere della Sera, una vita dedicata al settore vinicolo e, non a caso,
fondatore a Bergamo di una casa editrice specializzata e di un Seminario
permanente sui vini.
Alla battaglia per la difesa del Tocai friulano non hanno esitato ad associarsi
anche l’assessore regionale all’agricoltura, Aldo Ariis, e l’assessore
comunale alla cultura, Antonio Devetag, che, nelle rispettive introduzioni al
libro, si sono dichiarati solidali con le istanze di chi chiede la revoca della
decisione europea di privare l’Italia dell’etichetta Tocai a partire
dall’aprile del 2007. A spazzare via qualsiasi dubbio basterebbe quanto
scritto nel libro: il racconto del viaggio che Aurora Formentini intraprese nel
1632 per congiungersi allo sposo, il conte Adam Batthyany, portandosi in dote
anche “300 vitti di toccai”, le testimonianze dell’esistenza, tra il
’700 e il ’900, di appezzamenti di terreno e di un rio denominati Toccai
nelle campagne di Mossa e San Lorenzo, l’epilogo della causa intentata da una
ditta ungherese ai baroni Economo, proprietari di un’azienda agricola di
Aquileia, e da questi vinta nel ’62. E molte, moltissime altre notizie ancora,
frutto delle ricerche dei due studiosi e corredate di immagini, stampe, ritratti
e, naturalmente, della riproduzione del famoso documento.
La serata si concluderà con un rinfresco a base di Tocai friulano offerto dai
viticoltori di San Floriano e di specialità gastronomiche sapientemente
abbinate al vino.
Tocai,
un’inchiesta
della tv ungherese
sul vitigno friulano
Il Messaggero Veneto 03/05/2001
SAN FLORIANO I produttori di
vino del paese difendono l’origine goriziana dopo la scoperta di un
manoscritto del 1632
"Sul Tocai non ci
si può arrendere"
Il presidente Marega: gli incontri con i
politici sono stati deludenti. Mancano certezze per il futuro
Messaggero Veneto 03/03 2001
Arrendevolezza: ecco la parola che sale sulle labbra dei produttori di vino di
San Floriano riuniti nella cooperativa Vinoteka, nel commentare l’atteggiamento
assunto in queste settimane da chi, dicono loro, dovrebbe garantire e difendere
i loro diritti.
Troppo importante, secondo il loro presidente, Giorgio Marega, la clamorosa
scoperta di un manoscritto avvenuta qualche tempo grazie agli studi del conte
Filippo Formentini, per non essere giustificati a credere in una definitiva
soluzione del contenzioso aperto con l’Ungheria per il diritto alla paternità
del vino Tocai. Per la cronaca, stiamo parlando dell’ormai famoso patto dotale
conservato tra le carte dell’archivio della nobile famiglia e risalente al
1632: una data davvero significativa, la più remota che si conosca, alla quale
si potrebbe fare risalire la prima comparsa del vitigno in Ungheria. In quel
manoscritto compare l’indicazione di "300 vitti di toccai" nell’elenco
dei beni che Aurora Formentini portò via con sé quando seguì lo sposo, il
conte ungherese Adam Batthyany, nella nuova residenza in terra magiara.
"Non si può rinunciare a giocare con decisione un asso del genere – ha
dichiarato Marega –. L’impressione che abbiamo ricavato dalla serie di
incontri e iniziative promossi dagli amministratori e dai politici regionali
dopo questo ritrovamento è piuttosto sconfortante. Li abbiamo sentiti affermare
che l’Italia potrà evitare l’ostacolo chiamando "toccai" quello
che fino a oggi era il "tocai". Loro sperano nell’indennizzo che l’Europa
dovrà distribuire fra tutti i produttori italiani dopo che il caso sarà stato
chiuso a favore degli ungheresi. Noi – ha insistito Marega – speriamo invece
in un giusto riconoscimento dell’origine tutta friulana, se non addirittura
goriziana, di questo vino".
Mancano certezze e garanzie per il futuro e questo pesa tanto quanto il danno
economico che ne deriverà. "Si è calcolato un indennizzo pari a 700
miliardi di lire – ha spiegato Marega – che servirà a compensare le perdite
derivanti dall’eliminazione della produzione di Tocai e dalla sua sostituzione
con nuovi impianti. Ma questo richiede un lungo periodo di inattività, quattro
anni almeno tra il tempo necessario alla vite per dare i primi frutti e quello
necessario per la vinificazione e la commercializzazione". Senza contare
poi l’aspetto culturale: "La nostra è una cooperativa di promozione del
territorio, fondata nel lontano 1482, e il Tocai rappresenta sicuramente una
delle bandiere del patrimonio di tradizioni di questa zona". Una ricchezza
che i padri vorrebbero poter continuare a tramandare ai figli.
Luana de Francisco
La vicenda
continua a suscitare attenzione e scoperte. Trovato un documento del XII secolo
Tocai, sentenza della Cassazione
In una causa del 1962, la corte prese le
difese della denominazione friulana
Il
Messaggero Veneto 27/02/2001
Il dibattito sul Tocai continua. Stimolato dalle rivelazioni diffuse in queste
settimane dal "Messaggero Veneto", prima tra tutte quella relativa al
ritrovamento del patto dotale redatto nel 1632, in occasione delle nozze tra la
baronessa Aurora Formentini e il conte ungherese Adam Batthyany, nel quale si
indicavano anche "300 vitti di toccai" tra i beni che la nobildonna
portò con sè nella nuova residenza magiara, il discorso ha ripreso vita,
animando discussioni sia a livello regionale, sia nazionale. L’obiettivo, s’intende,
resta il tavolo europeo, dove si deciderà a chi, tra l’Italia e l’Ungheria,
attribuire la paternità del vino.
La vicenda ha indotto anche una lettrice, Annamaria Grossi Zolia, a intervenire,
segnalando l’esistenza di un documento risalente agli ultimi decenni del XII
secolo e conservato nella Biblioteca civica di Udine (Chartarium Monasterii
Aquileiensis - 1041-1789 del Monastero di santa Maria di Aquileia), in cui si
parla di contratti di compravendite di vigneti nel Collio. "Si trattava
già allora delle viti del toccai?", si è chiesta la signora Grossi Zolia.
Interrogativi come questo stanno facendo il giro della Penisola, soprattutto
dopo che anche alcune reti televisive nazionali hanno dedicato dei servizi al
problema. Venerdì una troupe di Rai 3 ha parcheggiato i propri camper nel
cortile del castello di San Floriano, per consentire al giornalista Giovanni
Marzini di effettuare due collegamenti in diretta con lo studio di Milano, da
dove Giovanna Mirella conduceva una puntata della trasmissione "Italie".
Microfono alla mano, i conti Leonardo e Filippo Formentini, lo studioso Stefano
Cosma, il produttore vinicolo Primozic e il sindaco Adriano Corsi hanno così
illustrato al pubblico i vari aspetti della querelle sul tocai. Domenica sera è
stata la volta di "Mille & una Italie", un settimanale in onda su
Rai 3 che ha riproposto il problema attraverso un servizio curato da Marina
Zanolli. Tra gli intervistati, anche l’assessore regionale Aldo Ariis, il
produttore Muzic e un collega sloveno, che non ha esitato a manifestare la
propria preoccupazione, qualora l’Europa dovesse dare ragione all’Ungheria.
Una decisione del genere costringerebbe anche i produttori sloveni a cambiare la
denominazione dei propri vini.
Ma prima di esprimersi, i "giudici" del braccio di ferro farebbero
bene a dare un’occhiata alla mole di documenti che, anche in un passato più
recente rispetto a quello del patto di Aurora, hanno già più volte dato
ragione all’Italia. Tra gli altri, spicca la sentenza della Corte di
Cassazione del 30 aprile 1962, che esaurì un contenzioso aperto dalla società
per il commercio con l’estero "Monimpex" (con sede a Budapest)
contro i baroni Economo di Aquileia, citati in giudizio per avere posto in
commercio bottiglie di vino con la denominazione Tokai. Se, in un primo momento,
il Tribunale dichiarò illegittimo l’uso fatto dal barone, condannandolo al
pagamento delle spese, in seguito la Corte d’Appello contraddisse la sentenza
e assegnò il "palmo della vittoria" ai produttori friulani. Dalla
loro c’era, infatti, l’esistenza di alcuni toponimi collegabili al vino sia
nella zona di San Lorenzo e Mossa (un rio), sia nel comune di Lokovec, Valli del
Vipacco (un gruppo di casolari denominato Tokaj), sia a Corno di Rosazzo (un
altro rio).
Questa (segnalata dallo studioso Claudio Fabbro) e moltissime altre prove
saranno presto raccolte in un "istant book" che Stefano Cosma sta
compilando con la collaborazione della giovane ricercatrice Cristina Burcheri e
che sarà pubblicato dalle Edizioni della Laguna.
Luana de Francisco
CORMONS Le
azioni per difendere il nome di un vino che si identifica con il territorio
Tocai? A Roma interessa poco
Il Piccolo 27/02/2001
Il convegno di Cormòns è stata l’occasione anche per toccare il problema
Tocai, che un giorno forse lo dovremo chiamare Toccai, con due "c",
che è poi la denominazione che si trova in documenti antichi come le mappe
catastali di Mossa e di Aidussina, dove una collina veniva chiamata Toccai. Poi,
c’è il documento dei Formentini del 1682 dove si trova pure scritta la parola
Toccai. Ma, forse, come ha sostenuto Ariis, il nome potrebbe essere ancora più
antico, risalire al 12.o secolo, conservato negli antichi codici appartenenti al
Monastero di Aquileia e oggi conservati alla Biblioteca civica di Udine.
Basteranno questa documentazione storica per vincere la battaglia che il Friuli
Venezia Giulia sta portando avanti per tutelare il Tocai? Bisogna convincere
Bruxelles, ma prima ancora il nostro Governo della bontà dell’iniziativa. E
da queste orecchie Roma non sente bene, tesa a difendere in primis altri
prodotti italiani come il parmigiano. E senza l’appoggio politico del Governo,
la Regione può fare ben poco.
L'avvocato della Regione Enzo Bevilacqua, forte anche delle sue esperienze
passate alla direzione dell'Agricoltura e di presidente della Camera di
Commercio, ha sostenuto che dal punto di vista giuridico ci sono mille ragioni,
di diritto privato, diritto internazionale, di diritto comunitario a comprovare
che potremmo tenerci il nome Tocai. Ora ci sono anche i riscontri storici.
Romoli e Ariis hanno assicurato una difesa ad oltranza, ma se perderemo aggiunge
Bevilacqua potremmo usare il marchio Toccai, con due "c".
Ressa
di tv a San Floriano
Si moltiplicano i programmi sulla storia del
Tocai
Messaggero Veneto del 23 02 2001
Dal giorno in cui
il "Messaggero Veneto" ne ha dato notizia per la prima volta, si è
scatenata una vera e propria corsa al castello Formentini, dove fino a qualche
giorno fa il conte Filippo Formentini (nella foto) teneva la copia originale
dell’ormai famoso patto dotale del 1632 (di cui riferiamo nell’articolo a
fianco). Il colle di San
Floriano è diventato così meta di numerosi giornalisti, da un lato affascinati
dalla storia d’amore che sarebbe all’origine dell’introduzione del tocai
friulano in Ungheria e dall’altro lato curiosi di toccare con mano il
documento capace di rimettere in discussione (almeno questa è la speranza di
tutti, produttori in testa) la decisione europea.
Oggi sarà la volta della Rai. Una troupe giungerà in mattinata da Roma, per
prepararsi ai due collegamenti in diretta con lo studio di "Italie",
la trasmissione di Rai3 in onda tutti i giorni, sabato e domenica esclusi, dalle
11.30 alle 13. La cornice? Quella del castello di San Floriano, naturalmente:
nel cortile, se il tempo sarà bello, nel salone interno, in caso di maltempo.
Per l’occasione, sarà imbandita una lunga tavola sulla quale saranno
disposti, oltre alle bottiglie di Tocai, i piatti della cucina tipica locale.
Tra le specialità che lo chef Mimmo Febbo presenterà ai telespettatori, non
mancheranno succulenti piatti a base di selvaggina. All’appuntamento sono
stati invitati anche una quindicina di produttori di vino e una rappresentanza
dei cacciatori di San Floriano, il sindaco del Comune, Adriano Corsi, e lo
studioso Stefano Cosma, che sarà intervistato insieme al conte Filippo. Nella
trasmissione sarà coinvolta anche la gente del paese, che indosserà gli abiti
tradizionali sloveni, mentre il castello sarà reso ancora più suggestivo dalla
presenza di personale in costume medievale, con alabardiere, musico e
"servitori".
Domenica, San Floriano tornerà sul piccolo schermo. Di nuovo su Rai3, ma in
serata: alle 20, il settimanale di attualità "Mille & una Italia"
dedicherà al vino tocai un ampio servizio curato dalla giornalista Marina
Zanolli, che nei giorni scorsi aveva fatto visita al conte Formentini.
L.de.F (Messaggero Veneto del 23 02 2001)
Altre prove a sostegno dell’origine
friulana. Presto uscirà un "istant book" sulla vicenda
Tocai goriziano, nuove
rivelazioni
Un parente di
Aurora Formentini piantò il vitigno nel 1639 in Ungheria
Messaggero Veneto del 23 02 2001
Il Tocai goriziano segna un altro punto a proprio favore. Le ricerche
condotte nelle ultime settimane hanno infatti portato alla luce elementi nuovi,
che contribuiscono senz’altro ad avvalorare la tesi favorevole a una origine
tutta italiana, o meglio friulana, del vino Tocai.
A scoprire collegamenti fino a oggi avvolti nel buio della dimenticanza è stato
ancora una volta lo studioso Stefano Cosma, già autore del libro "Dotato d’eccellentissimi
vini, è il contado di Gorizia...", che nel 1992 anticipava la storia di un
matrimonio, quello contratto nel 1632 tra Aurora Formentini e il conte ungherese
Adam Batthyany, che qualche settimana fa ha permesso di riaprire il dibattito
sulla paternità del tocai.
Per la cronaca, quel matrimonio era stato preceduto dalla sottoscrizione di un
patto dotale che il conte Filippo Formentini ha di recente rinvenuto negli
archivi della propria famiglia e nel quale si fa esplicito riferimento a
"300 vitti di toccai" che la sposa portò con sè quando, nel 1632,
raggiunse il marito nella residenza ungherese. Una prova schiacciante, dunque,
dell’origine goriziana di quello stesso vino, sulla cui denominazione gli
ungheresi pretenderebbero oggi di avere l’esclusiva.
Ebbene, sono ancora i vincoli di parentela ad arricchire la vicenda di nuovi
spunti. Protagonista, questa volta, tal conte Istvan Csaky che, secondo quanto
riportato su una rivista di agricoltura del 1971 dallo studioso ungherese Kiss,
intorno al 1639 piantò viti italiane a Tarcal (nella zona ungherse del Tokaj),
allo scopo di migliorare la qualità del proprio vino. Il bello è che questo
conte altri non era che il cognato del succitato conte Adam Batthyany, in quanto
fratello di quel Laszlo Csaky che nel 1629 aveva sposato Magdalena, sorella di
Adam. Come non immaginare contatti e scambi tra parenti tanto vicini?
Ma le sorprese genealogiche non finiscono qui. Furono i principi Rakoczi, tra il
1650 e il 1750, a cominciare a produrre e diffondere in Europa il Tokaj e ad
emanare nel 1700 la legge su quel vino. Ebbene, Cosma ha scoperto come i Rakoczi
fossero cugini sia dei Csaky, sia dei Batthyany, attraverso i bisavoli Zriny e
Bathory. Niente di più facile, allora, che alcune delle 300 viti introdotte da
Aurora Formentini siano state poi piantate nei possedimenti di Tokaj.
Il contenzioso con l’Ungheria, che in un primo momento sembrava essersi chiuso
con la "vittoria" magiara, può considerarsi a una svolta. Un dossier
contenente le recenti scoperte compiute in casa Formentini e quelle realizzate
dall’avvocato della Regione, Enzo Bevilacqua, è stato consegnato al ministero
per le Politiche agricole. La storia del Tocai e i recenti sviluppi saranno
presto raccolti da Cosma e dalla ricercatrice goriziana Cristina Burcheri in un
"istant book" che sarà pubblicato dalle Edizioni della Laguna. Un
libro da divorare pasteggiando un buon tocai italiano!
Luana de Francisco
Da San Floriano
Il Museo del vino trasferito ad
Aiello
Il Piccolo di Gorizia 22/02/2001
Il Museo del vino di San Floriano è stato trasferito ad Aiello e inglobato nel
grande Museo della civiltà contadina del Friuli imperiale. Ne dà notizia il
presidente dell’Associazione Musei Formentini della vita rurale Michele
Formentini. «Nel Museo di Aiello - afferma Formentini - ha trovato spazio anche
il settore del vino, arricchito da nuovi, interessanti reperti, che sostituirà
quello di San Floriano». L’orario di apertura - dalle 12 alle 20 - consente
ai visitatori di frequentare anche il nuovo ristorante.
La lunga battaglia tra due
vini molto diversi
Messaggero Veneto del 04 02 2001
(l.d.f)
Fiumi di inchiostro sono stati adoperati in questi anni per chiarire l’origine
del Tocai e per ribadire la distinzione che esiste tra i due vini più famosi e
diffusi nel mondo, quello di produzione italiana e quello di derivazione
ungherse.
Il Tocai friulano è un vino secco, di colore giallo paglierino con riflessi
verdognoli e sapore secco e corposo, ideale come aperitivo e adatto anche ad
accompagnare antipasti saporiti, pesce azzurro e di lago arrosto o in umido,
minestre e primi piatti con pasta e risotto, pietanze a base di uova. A
contraddistinguerlo è un profumo fruttato, con sentori di mandorla amara e
ortica. Il Tocai, che ha una gradazione alcolica pari al 12,8%, va servito alla
temperatura di 10-12 gradi centigradi. Vitigno a frutto bianco, il tocai è
diffuso soprattutto in Friuli-Venezia Giulia, in Veneto e nella Lombardia
orientale.
Tutt’altre le caratteristiche che hanno reso amabile ai palati il Tokaj
ungherese. Un vino passito liquoroso molto alcolico e riconoscibile dal colore
ambra. Invecchiato in legno per cinque o più anni, il Tokaj raggiunge i 15
gradi, mantenendo oltre il 5% di zuccheri residui. Non si tratta di un vitigno,
ma di un uvaggio ottenuto da diverse uve. Di queste, il Furmint e l’Harslevelu,
entrambi molto corposi, sono le principali. La versione più delicata e
conosciuta è quella denomiata Tokaj Aszu.
(Messaggero Veneto del 04 02 2001)
Una straordinaria
scoperta può dare una svolta alla controversia sull’origine del nome del vino
Il Tocai è goriziano, ecco la prova
Nel 1632 Aurora Formentini lo portò
in dote sposando un conte ungherese
Messaggero Veneto del 04 02 2001
Una prova inoppugnabile, in grado di riaprire un capitolo che l’Unione europea
vorrebbe già chiuso e archiviato. A fornirla è un semplice foglio, sbiadito
dai secoli, ma ancora perfettamente leggibile, dal quale emerge a chiare lettere
la paternità italiana, per la precisione goriziana, del vino Tocai. Il
capoluogo isontino entra così nel vivo di una battaglia, un autentico braccio
di ferro, che ha visto per mesi fronteggiarsi l’Italia, la Francia e la
Slovenia da una parte e l’Ungheria dall’altra. In palio c’è un diritto
che l’Europa ha decretato di assegnare soltanto a quella, tra le pretendenti,
che riuscirà a dimostrare l’esistenza di un legame di tipo toponomastico tra
quel vino e una precisa area geografica del proprio territorio.
Posto questo parametro, la partita pareva ormai vinta dall’Ungheria, nella cui
parte nord-orientale sorge la città denominata appunto Tokaj, centro di
un’intera regione vinicola. Ma l’eccezionale scoperta di questi giorni
rimette tutto in discussione. Esce dall’archivio della famiglia Formentini il
documento che convalida quella che fino a oggi era stata soltanto una tradizione
tramandata per via orale. La storia di un matrimonio tra una Formentini, Aurora,
e il conte ungherese Adam Batthyany, celebrato nel 1632. Come si usava allora,
prima delle nozze venne redatto un patto dotale, lo stesso preziosissimo atto
che oggi potrebbe rappresentare la chiave di svolta nel contenzioso con i
magiari.
Nel manoscritto sono infatti riportati i beni con i quali Aurora partì per
l’Ungheria. Tra gli altri, figurano anche “300 vitti di toccai”. Il che
significa, una volta per tutte, che l’origine del Tokaj ungherese è
rigorosamente friulana, o meglio goriziana. Ma vediamo cosa dice l’intero
documento: «Inventario di robbe quali seco l’ill.ma sig.ra Aurora Formentini
del qm colonello Carlo Formentino in occasione che marittata con l’ill.mo co:
Battiano portossi in Hongaria li 3 febraro 1632. In contanti, Fiorini Alemani
10.000. Mobbili, et (...), Pezzi 22. Tendagi, Damaschi et Sette, Bracci 38.
Gioie, et piccioli ogetti, 14. Abbiti, et Robbe, Pezzi in seta 38. Fromento,
Stare 82. Ribolla, 35. Vitti di Toccai, 300. Bottisele, Atrezzi et Robbe, Pezzi
29. Un Servidore et due Contadini. Carte, et Pati dottali».
Dal testo si evince anche come la nobildonna lasciò la terra natia accompagnata
da alcuni contadini sloveni (benché non specificata, la “nazionalità” dei
contadini risulta dagli antichi Urbari, ossia dai libri delle rendite della
famiglia Formentini), che verosimilmente impiantarono nel 1632, dando
probabilmente origine alle uve Furmint (da Formentini), che sono la base della
produzione del Tokaj ungherese, un uvaggio ottenuto da uve diverse.
L’episodio era già stato raccontato nel 1992 da Stefano Cosma nel suo libro
“Dotato d’eccellentissimi vini, è il contado di Goritia...”, che peraltro
faceva risalire allo sloveno “tukaj” (che tradotto significa “qui, di
qui”), l’origine del nome ungherese del vino. In effetti, il documento
stesso suggerisce una correlazione tra il nome e l’avverbio. Precisato dunque
l’anno di “arrivo” del “toccai” in Ungheria, la cronologia fila poi
liscia con gli altri dati in nostro possesso. Come quello che fissa nel 1650
l’inizio della storia del Tokaj, quando l’abate Mate Sepsy Laczko inventò e
poi descrisse il metodo di vinificazione. Bisognerà però attendere il 1737 per
vedere l’area vinicola attorno alla città di Tokaj finalmente delimitata con
decreto reale.
Luana de Francisco (Messaggero Veneto del 04 02 2001)
Il documento era
nell’archivio salvato a Graz
Le
ricerche di Filippo Formentini rivelano la storia d’amore tra la baronessa e
Adam Batthyany
Messaggero
Veneto del 04 02 2001
Il merito della scoperta va completamente attribuito al conte Filippo Formentini
che con appassionata e certosina pazienza ha studiato e catalogato una
voluminosa quantità di documenti, appartenenti a un lontano parente e
recuperati soltanto un paio di anni fa. Il patto dotale, infatti, fa parte di
quella sezione dell’archivio di famiglia che il prozio Paolo Emilio trasferì
dal palazzo di viale XX settembre alla propria residenza di Graz, nel 1899,
salvandolo così dai bombardamenti delle due guerre mondiali. Morto nei primi
mesi della Grande guerra, senza figli maschi, il suo archivio e la pinacoteca
passarono ad altre famiglie, fino a quando non furono rilevati dal ramo
goriziano dei Formentini.
Ecco così venire alla luce nuove notizie e, soprattutto, testimonianze scritte
sulla storia della nobile famiglia, originaria del Cividalese, ma già nel
Trecento legata al territorio isontino, per la concessione di alcuni feudi da
parte del conte di Gorizia. La saga continua tra l’acquisizione di nuove
proprietà e il conferimento di altri titoli, come quello prestigioso di
cavalieri dell’ordine teutonico assegnato a due prozi della linea di Gorizia.
La stessa a cui appartiene la baronessa Aurora, nata a Gorizia il 26 ottobre
1609 e figlia del generale Carlo e di Anna Marie Von Rohrbach. Il matrimonio la
unì al conte ungherese Adam Batthyany, più giovane di un anno, e appartenente
a una famiglia che ebbe forse il proprio capostipite nel gastaldo Miska
(1207-1227). La coppia mise al mondo sei figli, dai quali discendono anche i
principi Batthyany-Strattmann. Aurora morì a soli 43 anni, nel 1653, a
Nemet-Ujvar, nella contea di Vas. I suoi resti sono oggi custoditi in un
sarcofago conservato in una residenza della Stiria. Il marito si risposò con
Barbara Corbelli, ma dal matrimonio non nacquero figli.
Lo stemma della famiglia Batthyany, che ottenne il titolo baronale nel 1628,
quello di conte nel 1630 e quello di principe nel 1769 (concesso
dall’imperatore Francesco I), rappresenta una triplice collina verde in campo
azzurro, dalla quale si alza una roccia dorata, sovrastata da un pellicano
bianco con le ali spiegate che dona il proprio sangue a due suoi nati. Sulla
collina di destra, un leone d’oro tiene in bocca a sghembo una spada curva con
l’elsa dorata.
L. de F.
Anche
i Levetzow Lantieri
prediligevano il Tocai
A servirsi del Tocai per arricchire il gusto di alcune pietanze furono anche i
conti Levetzow Lantieri di Gorizia. Ce ne dà testimonianza il libro sulla
selvaggina scritto da Lella Au Fiore, “La caccia nella cucina del
Friuli-Venezia Giulia”, che descrive la preparazione del “Fagiano al
tocai”, come riportato nel ricettario ottocentesco della nobile famiglia.
«Rosolato in burro e olio - si raccomanda - aggiungere il fegato e cuore e coprire con tocai».
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