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 Stefano  Cosma

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Scritti di Stefano Cosma

“Soltanto l’amore è capace di volgere l’uomo verso il futuro,

lo libera dal pesante fardello del passato

e si rivela come la fonte d’una vita nuova e migliore.”

Nikolaj Berdjaev  

Stefano Cosma

“LA VENDEMMIA SPAGIRICA”

Il sole filtrava attraverso le imposte socchiuse illuminando una scena alquanto buffa: Asia era distesa sul letto e per cuscino c’era Picky, il gatto nero che le teneva compagnia da quattordici anni. La sua chioma, non più lunga come una volta, ma sempre folta e piena di capelli morbidi, faceva da copertina al micio. Non che ne avesse particolare bisogno, visto che era agosto inoltrato, ma l’affetto reciproco fra le due bestioline era più caldo del clima.

A Sven piaceva guardarla così, ancora addormentata, e ammirare le sue belle gambe, i suoi piedi e le sue mani, così armoniosi e sensuali. Avrebbe voluto darle un tenero bacio sull’angolo delle labbra o carezzarle la pelle vellutata, ma l’avrebbe svegliata sicuramente. Perciò, in silenzio e con movimenti quasi impercettibili da felino, si vestì e uscì per andare al lavoro.

Così profondamente impegnato ad essere leggero come una piuma, si dimenticò sul tavolo una rivista di Alchimia e Spagirìa, nonché un plico di fotocopie che gli servivano per una prossima pubblicazione. Un paio d’ore più tardi le bestioline si svegliarono, quella più pelosa andò a nutrirsi dalla ciotola, quella meno pelosa si preparò il latte con fette di pinza spalmate di burro e marmellata di fichi, più qualche  regalino prelibato. Asia si era da poco dimessa dal lavoro, così per cambiare aria e dedicarsi allo studio, e incuriosita dalla rivista che notò fra un barattolo di nutella e uno di miele, ebbe tutta la mattina per leggerla.

Conteneva vari articoli, alcuni di carattere storico, su Ermete Trismegisto e Paracelso, altri ancora più empirici, pratici. Uno di questi era intitolato “La vendemmia spagirica”. Consisteva in una raccolta commentata e ragionata di vecchie regole e indicazioni e poi in una parte narrativa di un esperimento fatto da un socio l’anno precedente. Già la curiosità è donna, figuriamoci su un argomento così singolare e appetitoso. Asia possedeva una qualità particolare, anzi una vera e propria vocazione a vivere in simbiosi con la Natura. Era di un’attrazione particolare: chiunque, vedendola nuotare come un pesce, osservandola giocare con i bambini camminando a saltelli come loro, oppure mettersi a quattro zampe per comunicare con i cani, chiunque ripeto, si stupirebbe per la sua genuina comunione con il regno animale, un po’ meno con quello vegetale, considerata la prematura scomparsa delle sue piante...  

(Foto di Renato Elia x concessione Az. Ag. Simon Komjanc)

Ma in questa occasione si sarebbe verificata la famosa eccezione alla regola! La Spagirìa è una scienza che, nell’ambito dell’alchimia, si pone l’obiettivo di ricavare l’essenza degli elementi; siano essi vegetali che minerali. Per essa un prodotto della natura ha la stessa signatura o caratterizzazione simbolica delle parti vitali umane. Per chi ha letto “Il profumo” di Suskind il concetto e il procedimento possono essere più comprensibili. 

Sarà stato per il caldo torrido o per la sua ricerca di equilibrio interiore, fatto sta che cominciò ad accarezzare l’idea di tentare l’esperimento. I nonni, infatti, avevano lasciato a lei e al fratello un terreno nella zona di Aquileia fra cui alcuni vecchi filari di Refosco. Quell’estate, però, né i genitori né il fratello – dal pollice verde – avrebbero avuto il tempo di dedicarsi a vinificare. Che occasione per Asia!

La sera al telefono lui la sentii alquanto euforica, ma non ci fece molto caso, lunatica com’era, lo rallegrava sentirla così e andò a dormire, contento della loro inaspettata complicità.

Alcuni giorni dopo tornò a trovarla e fu lei a ricordargli della rivista e delle fotocopie che aveva dimenticato e gli chiese di poterle tenere per finire di leggerle. Lo stupì un po’ questo nuovo interesse, anche perché, nel modo di chiederglielo, aveva quell’aria birichina di chi vuole nascondere qualcosa. Ma siccome il sorrisetto malizioso e accattivante gli piaceva e gli riscaldava il cuore, le disse che se le interessava aveva altre riviste da imprestarle: voleva proprio vedere cosa stesse macchinando!

Cominciò ad essere evasiva, nei giorni seguenti, assorta nei suoi pensieri magici, e si dimenticava spesso di nutrire il povero Picky che era costretto a miagolare un bel po’ per riuscire a ottenere i suoi bocconcini e persino l’acqua.

Andò pure a procurarsi diversi libri in biblioteca: edizioni del Seicento sulla vinificazione, manuali di enologia pratica editi dalla Società Agraria ed un Lunario in friulano. La Luna piena sarebbe caduta il 10 settembre e bisognava preparare la vendemmia spagirica. I filari non erano molti, ma da sola non ci sarebbe riuscita in una notte soltanto, perciò coinvolse, o meglio iniziò, altre due amiche. Le istruì per bene, fece promettere loro con formula solenne il silenzio e così – in numero perfetto - le tre pastorelle si riunivano quasi ogni sera a casa di Asia per definire il rito. Sven si accorse di essere un po’ trascurato, ma, con abilità, fece finta di nulla, inventando anche impegni fasulli per consentire all’amica di avere più tempo per chi sa quale diavoleria. Anzi, la sensazione di essere stato l’involontario artefice di qualche esperimento lo stuzzicava ancor di più, aumentando il suo legame con quell’adorabile creatura.

Gli alchimisti dei secoli scorsi furono matematici, chimici, medici, psicologi, filologi e quindi filosofi. Furono chiamati i Filosofi della Natura, seguaci della Chimica filosofale della Sostanza, e in questi termini è racchiusa tutta l’essenza dell’alchimia e la sua vera portata filosofica: cogliere la realtà simbolica, o funzionale, che può legare i fenomeni tra loro.

Anche Asia e le sue amiche stavano per compiere un percorso conoscitivo che le avrebbe condotte a scoprire legami apparentemente occulti, tra fenomeni a prima vista estranei fra di loro, come l’uomo e la Natura. Con la Spagiria in generale si cerca di ricavare da un elemento, da una pianta per esempio, la sua essenza per curare una parte del corpo umano. Il procedimento per ottenerla è lungo ed elaborato, richiede anche il rispetto di tempi e momenti della maturazione del frutto o del fiore in oggetto, nonché di fasi atmosferiche, lunari e di determinate ore della giornata in cui effettuarlo. Con la vendemmia, in particolare, si cerca di ottenere un vino capace di curare l’apatia, la svogliatezza, facendo trovare (o ri-trovare) l’equilibrio interiore.

Dopo quasi tre settimane di studio e di preparativi Asia e le altre due ragazze erano pronte, il momento era propizio, quella notte ci sarebbe stata Luna piena. Avevano inventato una cena fra amiche per allontanare Sven e gli altri, ma soprattutto per allontanare ogni sospetto, anche se lui aveva intuito qualcosa, decidendo però di rispettare la loro scelta. Se le avesse seguite, recandosi nel vigneto, avrebbe spezzato l’incantesimo, alterato l’energia, rovinato il magico rapporto con la quella specie di ninfa della laguna che così a lungo aveva desiderato.

Dopo il tramonto si recarono a San Zili, lasciarono la macchina nel cortile del vecchio casolare, e si diressero verso il vigneto costeggiando il muro di cinta. Era antico, fatto di pietre, ciottoli e qualche mattone, coperto qua e là dall’edera. Ricordando un gesto che faceva da bambina, quando stava lì dai nonni, passò la mano fra le foglie cercando un antico frammento romano di pietra su cui era scolpito un grappolo d’uva, che era stato inserito nella costruzione, come avveniva da secoli in quella zona ricca di reperti archeologici. Tastando con le dita lo riconobbe e proseguì sorridendo, quasi questa prova simbolica facesse parte del rito spagirico.

Scalze, nude, con addosso solo un vestito largo e lungo, entrarono fra i filari pronte a raccogliere i grappoli di Refosco nell’ampia gonna tirata su a mo’ di sacco. Asia era splendida, con la pelle abbronzata, i capelli sciolti. Il vestito di lino chiaro, tenuto su, metteva in risalto le sue gambe slanciate. I raggi di Luna rischiaravano i suoi piedi nudi e le caviglie affusolate, su cui si erano fermate le gocce di rugiada raccolte camminando nell’erba. Era così sensuale che se Sven fosse stato lì la vendemmia sarebbe stata sicuramente interrotta da un impeto di comprensibile voluttà. Ma fortunatamente erano da sole, nessuno le avrebbe disturbate, e continuarono così la raccolta. Due di loro toglievano i grappoli dal filare e li gettavano nel vestito che la terza teneva rialzato per il lembo, fino a riempirlo. Poi toccava ad un’altra e via, alternandosi così, fino all’alba.

Avevano riempito un tino di bei grappoli rubini e, sfinite dalla fatica, si buttarono a dormire qualche ora nel fienile. A mezzogiorno, con il sole allo zenith, dopo una doccia rinfrescante, si misero addosso una maglietta e un paio di pantaloncini corti ed entrarono nel tino. Cominciarono a pigiare con i piedi i chicchi turgidi di succo, ridendo come pazze, divertite e quasi eccitate da questa esperienza bucolica e magica. Il mosto scendeva in un altro tino posto più in basso dove già arrivavano decine di moscerini attirati dal liquido dolciastro. Finito questo lavoro, che assomigliava di più ad un gioco, chiusero le porte della piccola cantina e andarono ognuna a casa propria, complici più di prima e vincolate al loro nuovo segreto.

Verso cena suonò il campanello, era Sven. Lei lo fece salire e, malcelando la stanchezza accumulata, gli offrì da bere e inventò un racconto sulla serata passata con le amiche, finita ballando fino alle quattro del mattino; abbastanza verosimile. Si distese sul divano e, come spesso accadeva, lui cominciò a farle dei massaggi rilassanti sulla schiena e sulle spalle, sul collo e fra i capelli. Così Asia cadeva sempre in un piacevole dormiveglia e, mentre le sue mani scendevano ad accarezzarle i polpacci, le caviglie e i piedi, Sven notò un odore indefinito, addirittura un profumo insolito, salire dalle gambe di lei. Mosto! Sì era proprio il profumo del succo di-vino, quello che sentiva durante le vendemmie nelle cantine degli amici. Tutto gli fu chiaro allora. Ricollegò l’articolo apparso sulla rivista al comportamento strano di lei, ai vigneti che possedeva, ai rituali che lui ben conosceva. Prese allora un calendario che teneva nel portafoglio, cercò settembre: sì, era appena trascorsa una notte di Luna piena!

Il mistero era svelato, ma da bravo apprendista esoterico seppe mantenere un rispettoso silenzio.

Nelle due settimane successive Asia andava ogni mattina a controllare la fermentazione fino a quando giunse il momento di filtrare il vino per poi travasarlo. Si era documentata a sufficienza, insieme alla rivista, infatti, c’era anche quel plico di fotocopie: erano una dozzina di pagine dello Zanon che parlavano dei vini di Aquileia romana e delle proprietà terapeutiche di quelli prodotti in laguna. Vi erano citati vini antichi come il Pucino, forse identificabile con l’odierno Terrano del Carso, e un vino afrodisiaco che si produceva nel Settecento a Vipacco, il Kindermacher o Fà-figliuoli. Tutti provenienti da varietà di uva refosca come quella dei nonni a San Zili. Ma nel frattempo Sven, senza dirle nulla, aveva abilmente aggiunto alcune fotocopie del “Dioscoride” di Pier Andrea Mattioli, per guidarla verso la meta con ulteriori elementi di medicina e farmacologia cinquecentesche.

Unite quindi le nozioni alchemiche a quelle storico-leggendarie e a quelle botaniche, Asia decise che quel vino sarebbe invecchiato nelle tre anfore trovate dal nonno arando i campi, che giacevano lì nel magazzino, inusate da secoli.

Chiamò le altre due “ancelle”, si fece aiutare a lavarle con l’acqua, tirò fuori dal deposito una vecchia pompa da travaso degli anni ’30 e, fissate le anfore in buche scavate nella terra battuta della cantina, le riempì col suo vino spagirico, al tramonto del 23 settembre, Equinozio d’autunno. Chiuse l’imboccatura con grossi tappi di sughero e li sigillò con la cera, sprangò le vecchie porte del casolare e tornò a casa soddisfatta e ansiosa.

Quell’ansia l’avrebbe accompagnata per alcuni mesi. La laguna si era intristita, i colori malinconici della stagione preludevano al freddo inverno, le giornate sempre più corte invitavano a solitarie serate  fra le mura domestiche. Ogni tanto le trascorreva con Sven, lui le piaceva molto, ma confusa com’era dall’incertezza e frastornata dall’averlo rivisto dopo anni, il loro rapporto era rimasto nel limbo.

Poi, venne la notte del 21 dicembre.

Riunito il trio rituale, dopo cena si recarono al casolare, entrarono in cantina e accesero tre grosse candele, di quelle che lei collezionava. Quindi si spogliarono completamente e indossarono una specie di saio di lana, che scendeva fino alle caviglie. Quando il campanile della basilica suonò mezzanotte, segnando il termine del segno zodiacale di Asia e l’inizio dell’Inverno, lei liberò il tappo dalla cera e aprì una delle anfore. Un aroma dionisiaco si sparse nella stanza e, già un po’ inebriata, infilò nell’imboccatura un mestolo, lo riempì di vino spagirico e lo versò prima nelle conchiglie delle due amiche e poi, per sé, in una altrettanto capiente.

L’effetto dei primi sorsi fu straordinario, il calore le pervase cancellando ogni brivido invernale, la sensazione di abbandono fisico unita a quella del ritrovato equilibrio spirituale fu quasi un orgasmo. Come se ci fosse un amplesso fra il corpo e la mente, fra il mondo esterno e quello interno, fra loro tre e la Natura. Si spogliarono di quell’indumento ascetico e in un attimo i loro corpi, illuminati dalle piccole fiammelle tremolanti, si avvicinarono e quasi si unirono in un armonica danza tribale. Potevano sembrare baccanti in un orgia saffica, ma non era così, non c’era malizia alcuna in quelle carezze. Erano come cuccioli che giocavano, farfalle che danzavano, fronde di un salice che garrivano al vento. Era la rappresentazione simbolica della spiritualità della materia e, insieme, la sua realizzazione.

Asia tornò a casa con l’aurora, come reduce da un viaggio. Aveva scoperto chi fosse, da dove venisse e, ora, sapeva anche dove volesse andare. Perciò chiamò Sven e tutto il resto della giornata fu un aromatico uvaggio di dolcezza e di voluttà. L’inizio, per entrambi, di una nuova stagione.

vedi anche:

DONNA SOMMELIER (EUROPA) - Periodico di Tecniche Enogastronomiche - Anno 3 N°2 ott. nov. 2003 - Direttore Responsabile:  Maria Luisa Alberico