RECICANTO: TRA SACRO E PROFANO

Versione Profana: da "Immagini di Vita Quotidiana"

 

La Perdita

Risalivo lentamente un limpido ed impetuoso fiume alpino quando m'imbattei in un giovane che, seduto sul ciglio, lanciava, ad intervalli regolari, dei delicati petali di rosa davanti a sè. Questi, dopo essere stati cullati dal vento, adagiatisi sulla superficie dell'acqua formavano una lunga processione. Colpito da quella insolita scena, mi avvicinai e chiesi al ragazzo che cosa rappresentasse quello che stava facendo. Egli, lentamente, volse il capo verso di me, alzò gli occhi tristi, velati di lacrime, mi fissò lungamente, e poi abbassò il capo. Io stetti lì, accanto a lui, in piedi, un poco imbarazzato, quando egli mi invitò a sedere sul prato. Ci fu un breve silenzio, poi, dopo aver fissato l'acqua e sospirando profondamente, mi raccontò una storia ...

 

"La Canzone di Marinella" di Fabrizio De Andrè

Questa di Marinella è la storia vera
che scivolò nel fiume a Primavera
ma il vento, che la vide così bella,
dal fiume la portò sopra una stella.
Solo, senza il sogno di un amore,
ma un re senza corona e senza scorta
bussò tre volte, un giorno, alla tua porta
Bianco come la luna il suo cappello
come l'amore rosso il suo mantello
tu lo seguisti senza una ragione
come un ragazzo segue un aquilone.
E c'era il sole e avevi gli occhi belli,
lui ti baciò le labbra ed i capelli
c'era la luna e aveva gli occhi stanchi,
lui pose le mani sui tuoi fianchi.
Furono baci e furono sorrisi,
poi furono soltanto i fiordalisi
che videro con gli occhi delle stelle
fremere al vento e ai baci la tua pelle.
Dicono che poi mentre ritornavi
nel fiume, chissà come, scivolavi
e lui, che non ti volle creder morta,
bussò cent'anni ancora alla tua porta.
Questa è la tua canzone Marinella
che sei volata in cielo su una stella
e come tutte le più belle cose,
vivesti un giorno, come le rose
e come tutte le più belle cose,
vivesti un giorno, come le rose.


 

L'Oppressione

Camminavo lentamente lungo le strade del mio paese ... qua e là crocchi di uomini con vestiti dello stesso colore e con strani cappelli d'acciaio seguivano guardinghi il mio passo. Di tanto in tanto tendevo il mio orecchio per ascoltare la loro conversazione, ma la loro lingua mi era incomprensibile. Le persone che incontravo lungo la strada mi davano occhiate sinistre e piene di timore e, furtivamente, ritraevano i loro sguardi straniti. Era un'atmosfera irreale quella che mi circondava, io piccino, non capivo cosa stesse succedendo ... Poi strane macchine d'acciaio, come mostruosi draghi antichi, si muovevano su e giù per i viali, facendo un rumore assordante ... io non capivo ... In casa regnava un silenzio pieno di tensione, la conversazione diventava un bisbigliare sommesso ... Un giorno passando per una piazza vidi un bagliore di fuoco, tante persone accalcate ed un vociare impazzito ... ma io non capivo ... io, nella mia infantile innocenza non capivo ...

 

"Primavera di Praga" di Francesco Guccini

Di antichi fasti la piazza vestita
grigia guardava la nuova sua vita.
Come ogni giorno la notte arrivava,
frasi consuete sui muri di Praga
ma poi la piazza fermò la sua vita
quando la fiamma violenta ed atroce
spezzò gridando ogni suono di voce.
Son come falchi quei carri appostati
corron parole sui visi arrossati
corre il dolore briciando ogni strada
e lancia grida ogni muro di Praga.
Quando la piazza fermò la sua vita,
sudava sangue la folla ferita
quando la fiamma col suo fumo nero
lasciò la terra e si alzò verso il cielo.
Quando ciascuno ebbe tinta la mano,
quando quel fumo si sparse lontano
jan Hus di nuovo sul rogo bruciava
all'orizzonte del cielo di Praga.
Dimmi chi sono quegli uomini lenti,
coi pugni stretti e con l'odio fra i denti.
Dimmi chi sono quegli uomini stanchi
di chinar la testa e di tirare avanti
Dimmi chi era che il corpo portava
la città intera che lo accompagnava
la città intera che muta lanciava
una speranza nel cielo di Praga.


 
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