Interventi |
Frammenti di vita, percorso di un lavoro Ho cominciato giovanissimo a lavorare come operaio a Porto Marghera. I giorni in fabbrica erano difficilissimi. Percepivo, nei primi anni ‘50, un salario di 7.000 lire la settimana; il lavoro in turno era massacrante, la salute era ogni giorno in forte pericolo, era impossibile vivere... Cominciai così ad impegnarmi col movimento sindacale di fabbrica su tutti i problemi e a battermi contro uno sfruttamento intollerabile. Iniziai a scrivere anche le mie prime poesie che definisco ancora oggi “spezzoni sanguinanti di vita”, “strumenti di lotta”.Verso la metà degli anni ‘60 alcuni miei compagni di lavoro mi suggerirono di ciclostilare le mie poesie come i volantini sindacali. Ebbi allora paura che la cosa potesse essere fraintesa perché io ero un organizzatore, un protagonista, che elaborava obiettivi e lotte. Temevo di essere considerato uno che approfittava del proprio ruolo di dirigente del movimento per far passare le proprie cose. Ma un giorno, una mia compagna di lavoro, mi disse che il mio timore non aveva senso in quanto non vedeva alcuna separazione tra la mia scrittura e le azioni concrete che portavamo avanti in quei giorni. Mi disse con forza che le mie poesie erano parte integrante del mio comportamento quotidiano, erano parte delle nostre ansie, delle nostre tensioni ideali, delle rivendicazioni di uguaglianza, di giustizia sociale, di libertà. “Le tue poesie sono tutto il nostro sogno” mi gridò con fermezza.Nacque così, a Porto Marghera nel 1963, la poesia al ciclostile, il volantino di poesia. La prima, contro la guerra nel Vietnam, venne affissa a tutte le bacheche dei reparti, nelle mense, a tutti gli ingressi della fabbrica. Ci fu meraviglia, ci furono accese discussioni, fu un’accoglienza favorevole generale. Ricordo il primo volantinaggio davanti alle fabbriche di Porto Marghera, e quello con Mario e Sergio,due compagni di fabbrica, della poesia ironico-sarcastica “La crisi, c’è la crisi” distribuita in 30 mila copie nelle maggiori fabbriche italiane tra cui la Fiat Mirafiori, il Petrolchimico di Brindisi, L’Alfa di Arese.Mi é impossibile dire oggi la gioia immensa che provavo... Ho molto vivi nella memoria i numerosissimi perché, le tante domande sul significato che io davo al mio fare poesia. E io a dire loro che dovevamo prendere anche la parola, che la parola é un’arma forte, che dovevamo scrivere noi quello che sentiamo dentro, che saremmo stati più forti se fossimo stati capaci di dire, di raccontare noi la nostra vita e la nostra storia. A metà degli anni ‘70 ci fu tutto un crescendo di scritture, un movimento dal basso straordinario.Non ero più isolato, la mia voce non era più sola. Vincenzo Guerrazzi da Genova, Tommaso di Ciaula da Bari, Sandro Sardella da Milano, Luigi di Ruscio dalla Norvegia, Franco Cardinale da Napoli, un fermento di riviste, fogli, fascicoli ciclostilati che rivelavano finalmente una forte determinazione di impossessarsi della parola.Agli inizi degli anni ‘80, su iniziativa di Sardella, Garancini e altri, tra cui il sottoscritto, nascono a Milano i quaderni di scrittura operaia “abiti-lavoro” che diventano subito un riferimento concreto per chi, dalle aree più marginali ed emarginate della società, tenta di far sentire la propria voce anche con la scrittura.Vedo ora con grande interesse per un verso i Centri Sociali e per un altro verso Internet, che mi sembra possa rappresentare una grande opportunità universale di diffusione libera del sentire umano. Sento queste due cose, diversissime fra loro, ma potenzialmente in grado di sfuggire all’omologazione generale, innestarsi, crescere, proseguire molto da vicino e dentro al lavoro di scrittura, di nuova cultura che abbiamo portato avanti in questi ultimi decenni. Credo poi che Internet possa essere uno strumento formidabile di incontri e avvicinamenti impensabili di immagini, di pensieri e di corpi. Credo insomma che se Internet riuscirà a sfuggire al pericolo di diventare mezzo di speculazione, di sfruttamento, di profitto, potrà diventare senz’altro uno dei canali di risalita di quella immensa voce umana inchiodata ai margini e nel fondo senza tempo e senza storia. (Ferruccio Brugnaro) Note: |