Interventi

Il corpo delle parole - Note sulle donne che scrivono

Riuscire a individuare alcune caratteristiche, o persistenze  (tematiche, stilistiche, o persino ontologiche?...) nella  scrittura  delle  donne,  è opera  ardua,  eppure  affascinante  in  quanto sfida: cogliere alcune  "aperture  problematiche"- vie  percorribili e non già percorsi prestabiliti - in quanto non serve  ripetere  tesi ideologiche del pensiero femminista,  ancor più se lo spazio dato risulta breve (per necessità!).Mi attrae invece questa sfida:   é  possibile segnalare" punti di avvistamento" entro la varietà e il  mutamento?  Forse  sì?  Si  possono  trovare "punti"  (di  partenza...)  per  una  ricerca  nell'esistente delle  diverse  scritture  delle  donne; metaforicamente: si possono trovare "scogli" su cui  sedersi  e  guardare,  sbirciare  curiosi  nel "mare"  delle  scritture  delle  donne;  da  questi "punti" sporgersi (e anche lasciare che chi legge si sporga avanti) per scoprire altri "punti" , altri passaggi... nel mutare continuo del reale.Oggi sono molte, e sempre di più,  le donne che scrivono: nessuno potrebbe teorizzare un" tipo femmina", né "quell'eterno femminino" di ottocentesca memoria, ci sono donne che scrivono saggi, altre  romanzi  oppure  testi  poetici,  altre ancora  diari  del  loro  vissuto,  inoltre  scrivono donne di età differenti , anche di origine etnica e culturale  diverse  e  lo  sguardo  (così  pure  la capacità  di  "dire",  di  trovare....  le  parole  per dire)  delle  donne  sul  mondo  si  é  ampliato  e diversificato. Si sono forse superate (in parte!) le rivalità/recriminazione con...il "sesso forte" e quasi nessuna si pone, nella relazione con l'altro, come "sesso debole". Non più da una "mancanza" si parte per trovare parola, ma da alcuni "punti" divenuti acquisiti o quasi - apro una parentesi  per suggerire che tale tesi si muove entro il quadro dei Paesi industrializzati,  europei  e del Nord America, mentre in altre aree geografiche  la  questione  delle  donne  (e  dei  diritti sociali,  prima  ancora  che  ...artistici!)    resta aperta, anche se si ascoltano sempre di più voci importanti  di  donne  di Paesi  dove  l'emancipazione resta, per la gran parte, una conquista e dove non é stato affatto  superata/acquisita  la "differenza di genere". Detto questo, torno alla mia sfida:  porre attenzione su alcune  intuizioni  che  sono "punti d'avvistamento" per cogliere elementi "trasversali" o  "ricorrenti"  pur  nelle  differenze  (e  varietà)  entro  la "differenza  di  genere"  (del  genere femminile).Ricordo l'ipotesi di Luce Irigaray che afferma: "parlare  non  è  mai  neutro",  infatti  secondo  la filosofa  francese, ogni  lingua  nella  sua  strutturazione, in ciò che viene espresso nella forma e nei temi (e in ciò che non viene detto, che è rimosso o taciuto, la cui assenza ha una precisa significanza) porta in sé "qualcosa" del soggetto che  la  esprime.  Nel  linguaggio di fatto si nega la differenza di genere:  la grammatica, la struttura sintattica e ogni enunciato si costruiscono "come se".....esistesse un soggetto, un IO neutro, assoluto e sovra-umano (quell'Ego che fonda  il  Cogito  cartesiano!)  e  non  solo  il  linguaggio  comune,  ma  tutta  la  filosofia  e  la scienza si sono costituite su questa negazione. La lingua astrae e fonda la nostra conoscenza sulla negazione della dualità dei soggetti (uomo e  donna)  esistenti    e  aggiungo  che  in  essa  si trovano cristallizzati non solo concetti e regole, ma anche immagini e simboli, valori e utopie, ombre e  paure (individuali  e  collettive):  in  tal senso ogni lingua mostra la visione del mondo di  una  certa  situazione  storico-sociale  e, inoltre, parafrasando Klausewitz: la cultura e la letteratura  non sono che... altri modi per proseguire la politica con tutto ciò che consegue sui  rapporti  di  potere tra  classi  sociali,  etnie  e civiltà e - non lo scordiamo- tra sessi!Il  linguaggio ,  quindi, é meno che mai neutro, ma  resta  da  chiedersi  il  ruolo  della  scrittura artistica e fu la Scuola di Francoforte che pose come fondamentale proprio il" valore utopico" e  di  svelamento delle  ideologie  che l'arte  reca come  potenziale  e  quest'ipotesi  é  importante tanto più se a scrivere sono soggettività private di  ruolo  pubblico  e  di  parola,  poste  “a  latere” rispetto  al  sistema  dominante,  come  nel  caso delle donne nei secoli; molte scrittrici, ricordo Emily Dickinson  o  anche  Silvia Plath  tra  le altre,    mostrarono nelle  loro  scelte  di  vite  una sofferenza,  unita  alla  forte  capacità  di  esistere nel linguaggio come soggettività, pur fuori dal sistema  letterario-sociale  (....a  modo  loro!)  e penso  anche  a  Gaspara  Stampa  o  prima  alle trovatrici della Provenza medioevale, alle loro canzoni  d'amore  doloroso. Persino  Anne Sexton che ebbe successo si sentiva non abbastanza amata....dal padre!Altri "punti d'avvistamento" di una verità sempre "oltre",  li  trovo  nell'esperienza  che  ho acquisito nei laboratori/seminari di ricerca con donne,  svolta  da  più  di  dieci  anni all'Associazione  Culturale  "MELUSINE"  -  di cui  sono con Luisella Veroli  e  altre  socia fondatrice - osservo  che  la  lingua  reca- mostra    il soggetto  scrivente/parlante,  ma  anche  la memoria  storica  del  suo  genere,  così  come  la memoria simbolica   e  che ogni donna, quindi, usando la lingua ne accoglie (e subisce) ciò che essa  esprime,  sente  ciò  che  manca  anche  in senso  simbolico.  Volendo  cogliere  una  "ricorrenza"  nella scrittura delle donne noto come sia costante di fronte all'uso del linguaggio, il non sentirsi  "rappresentate", l'avvertire  l'assenza di una dimensione simbolica che non rimuova la memoria della sapienza  delle  donne  nella  storia,  forse con Luisa Muraro si potrebbe dire che manca "l'ordine simbolico della madre". Inoltre c'è nel vissuto  delle  donne spesso  il  timore  di "non  valere",  anzi  di  non  "essere  in  grado"  di stare alle regole del mondo! Talvolta é arduo il percorso (...il passaggio) dalla scrittura diaristica  (intimistica e di confessione)  alla  scrittura per  il  pubblico,  ciò  accade soprattutto  tra  le giovani,  ma  anche  per  le  donne  della  generazione prima  della  "rivoluzione"  culturale  e sociale che fu il femminismo.  Ho sentito infatti raccontarmi  da corsiste nei Laboratori di "Melusine" una dualità del sentire:  la voglia di "dirsi"  e  farsi  conoscere ed insieme (inseparabile!) il  timore  di  farlo,  la  reticenza,  quel pudore  che  é  anche  paura  di  "separarsi"  dai testi, soprattutto dalla poesia avvertita come ciò che  é  intimamente  "proprio"  e  "segreto", prossimo alla sfera interiore. E si avverte inoltre che solo in piccola parte le donne riescono a trovare le  parole per esprimere l'ironia, per trovare quella "distanza" dal vissuto che permette la leggerezza del dire; sovente  questa "distanza" (o vicinanza?) viene espressa  attraverso  la  letteratura  d'infanzia  o con  le  fiabe;    questo  é  un  "patrimonio  di genere", un accumulo di memoria storica che è una ricchezza d'immaginario,  coltivato  dentro la relazione con la madre, nella sfera della casa e degli affetti (le mamme raccontano le  fiabe anche le nonne, da sempre e così le figlie). Torno ora a suggerire altri "scogli  nel  mare" (della  scrittura  delle  donne)  e  ripenso  all'intuizione di soggetto considerato nella sua "materialità di  vivente",  "corpo  che  esperisce  il mondo", "corpo che abita il mondo" - secondo il filosofo Umberto Galimberti - e quindi anche il  linguaggio (la  cultura  intera!)  si  costituisce entro  la  relazione  complessa  tra  soggetto  e mondo,  in  tal  senso  il  corpo  e  il  mondo  sono "aperti". Il "nostro corpo é un essere a due fogli, da una parte cosa fra cose e dall'altra ciò che le vede e le tocca....diciamo che esso riunisce in sé queste due proprietà, la sua doppia appartenenza di oggetto e di soggetto ci rivela relazioni inaspettate tra i due" ovvero una relazione  "chiasmatica"  afferma  Merleau-Ponty.  Questo  rapporto  concreto, materiale, "aperto" e mutevole, fonda  sia  la soggettività  che  la  cultura  e  nelle  donne  é  da sempre fondamentale nella vita (e nell'immaginario)  il corpo, cioè le esperienze legate alla corporeità  (dall'età  del  primo  mestruo,  alla gravidanza  e  non  solo!).  E'  data  alle  donne storicamente la cura dei corpi altrui, dei malati e dei bambini, dei vecchi, poi in guerra:  la cura dei feriti e , in morte, quella delle spoglie prima del grande passo.... Ancora una volta é la sfera della vita privata, degli affetti che fonda l'esperienza  storica delle donne, ma é quella anche del mistero, la loro prossimità alla nascita e alla morte segna l'esperienza e la parola delle donne: penso alle tante poesie  d'amore  scritte da donne, ma anche alle tante scrittrici mistiche, da Ildegarda di Binghen a Teresa D'Avila ,  per le  quali la  divinità  era  sentita  come un amante sublime cui offrirsi intere. Per indicare questa percezione  diversa  di  corpo,  cito  la  frase  di Marina Cvetaeva :" l'anima per l'uomo comune é culmine della vita spirituale, per l'uomo spirituale  é  quasi carne". Quindi una nuova intuizione sul corpo é  un "punto" importante per interrogare i prodotti della la cultura e non s'intende  certo  il  corpo  inerte,  oggetto  di  ricerca bio-medico, non il corpo passivo - così come lo pone e  lo pensa la scienza stessa!- ma il  corpo che agisce,  si  muove e  fa  nel  mondo "non é  il corpo  che  dispone  di  gesti,  sono  i  gesti  che fanno  nascere  il  corpo  dall'immobilità  della carne" dice Galimberti e ricordo qui l'intuizione del  poeta  e  filosofo  Giancarlo  Majorino  che afferma "ciascuno di noi é corpo di corpi":  é la relazione, la vita vissuta nel mondo che costituisce l'identità, non la ricerca solitaria o astratta e l'arte che pure si spinge sempre a quell'oltre va forse colta a partire da questa vita e infatti : "il mistero  cui  tendere  é  qua,  non  di  là...."  suggerisce Majorino. Mi rendo conto - giunta al termine- di non avere spiegato  lo  "specifico  della  scrittura  delle donne", ma credo di aver voluto evitare di farlo: il "mare" si agita e l'ignoto supera il noto, il codificabile,  spero  però  di  aver  indicato  alcuni "scogli"  su  cui  ancor  oggi  può  essere profiquo..."sedersi"  per  guardare  i  molti  che scrivono:  gli    scriventi  e  coloro  che  forse giungeranno...ad  essere scrittori. Un  ultimo "punto  d'avvistamento" é  l'intuizione  del  grandissimo T.S.Eliot che sosteneva che lo scrittore é colui che é...." libero dal self" e aggiungerei: libero, pur vivendolo nel corpo.E' ancora aperta la domanda di partenza e la riflessione possibile sulla scrittura artistica delle donne (e degli  uomini)  in  questi  anni  così  in corsa verso il mutamento.

(Gabriela Fantato)