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L'ombra e il respiro

“Imparentati a tutto ciò che esiste, convincendosi e  frequentando il  futuro nella vita  d’ogni giorno non si può in correre alla fine, come in un’eresia, in un’incredibile semplicità. Ma noi non saremo risparmiati, se non sapremo tenerla  segreta. Più  d’ogni cosa  è  necessaria agli uomini, ma essi intendono meglio ciò che è complesso...” (Boris Pasternak)(1)

Spesso il luogo della risposta non coincide con quello della domanda, intenzionalità ed ombre diverse  intervengono  in  una  multiaccentuatività  ed  etorogeneità  che  scompare  alla  “vista”: piani  diversi,  ordini  diversi,  luoghi  diversi appunto. Così  di  fronte  alla  possibilità  logica  che  contiene  i  due  termini  vi  sono  ampiamenti  ed amplificazioni,  voragini  di  senso  e  risonanze, echi, confronto con  l’ombra,  che  prefigurano una eterogeneità ed una molteplicità, una scissione di statuti e di prospettive che il  linguaggio, la  successione  temporale,  la  struttura metonimica camuffano e sciolgono nell’assoluta evidenza: l’ombra del discorso. Un’ombra  carica  di  luce  e  fecondità  che  sottraendosi  porta ad altro, ad altro nel paradosso della presenza, rispetto ad un’etica del linguaggio in cui “i limiti del linguaggio (del linguaggio che io  comprendo) significano  i  limiti  del mio mondo” (L. Wittgenstein).(2)
In questo modo i luoghi si rincorrono nella loro inconciliabilità,  nel  loro  abbaglio,  nella  loro evidenza,  nell’esser  perturbanti  e  quotidiani, banali  e  scontati,  paradossalità  di  evidenza  e sottrazione: l’esserne dentro come forme attive e nel contempo essere un portato. Dimensione  tragica  e  inconciliabilità  nella prossimità, luoghi come interrogazioni, spostamenti  di accenti, che troviamo anche nei versi finali  di  due  poesie  interconnesse  di  Serghej Esenin e Vladimir Majakovskij:

Non è nuovo morire, in questa vita,
Ma più nuovo non è certo vivere”

Serghej Esenin (3)

“In questa vita
non è difficile morire
Vivere
è di gran lunga più difficile”

Vladimir Majakovskij (4)

a seguito di eguale scioglimento. Anche  le  arti  a  fronte  di  domande,  cifre epocali,  intenzionalità,  problematiche  simili, rispondono  in  proprio,  declinano,  macinano interrogazioni,  un  proprio  statuto,  un  proprio campo  di  possibilità,  di  aperture  di  senso,  di enigmi e stupori. Ogni arte porta in sé “le arti”, la loro eterodossia,  i sensi del mondo; in sé come compossibilità,  problematicità,  interrogazione,  coralità, molteplicità, come positivo o come calco, come metafora  o  come  sensibilità,  come  carnalità del  mondo (Merleau-Ponty),  come  visione  e riflessione.  L’ombra  e  il  respiro  si  pongono quindi come limite, orizzonte, ordine e misura, ritmo. Poesia e scultura, la luce e l’intonazione, plasticità, geometria e ritmo che ogni arte declina in sé, fa sé. L’ombra del senso, il  suo distendersi come  forma  anticipante,  l’inabissarsi del  significato,  la  molteplicità  dei  sensi  e  del senso, la sua multiaccentuatività, strutture metriche, canoni come strutture intonative, unicità e molteplicità polifonica.

Il respiro della scultura come “vocazione figurale”, intonazione  stilistica,  ritmo  della  forma come cifra;  dominanti  ritmiche  fra  pieno  e vuoto,  fra  materialità  e  immaterialità,  fra  luce ed ombra, fra luce e non luce, fra movimento e stasi, superfici, patine, “pelli” del mondo, della sua plasticità.
L’ombra  del  silenzio,  eloquenza  della  pausa, eloquenza  come  pausa,  respiro  del  tempo  nel tempo.
Geometria, numero, linearità della luce, fisicità e  immaterialità,  visione  prospettica/visione simbolica,  fisicità e dinamismo delle sorgenti, della complicazione delle materie, degli adombramenti della  percezione,  delle  apparenze fenomeniche.  “Macchine  simboliche”:  simbolismo e  allegoria  nella  scultura,  luce  ed ombra di ciò che si dà nel nascondimento, al di là di ogni letterizzazione e letteratura  come referto. Ritmo e  grazia:  la  semplicità  come grazia  alla  fine,  un  alla  fine che  riporta  alla fonte, ad un portato, all’incedere, al portamento, ad una qualità dell’arte e della vita.

(Amedeo Anelli)

Note:

1. Boris  asternak, Poesie
versione A. M. Ripellino, Torino Einaudi, 1959
2. L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus - Torino Einaudi, 1964
3 Serghej Esenin,Poesie -versione G. Salmonà, Milano Garzanti, 1981
4 V. Majakovskij, Poesie
a  cura  di  Ignazio Ambrogio, Milano  Garzanti, 1970

Amedeo Anelli  è  nato  a S. Stefano Lodigiano nel 1956  ma  dallo  stesso anno  è  residente  a Codogno.  Si  occupa  di poesia e critica d’arte. Ha  collaborato  con  la Galleria  Il  Gelso  di Lodi,  ha  pubblicato numerosi cataloghi, libri d’arte,  libri  d’artista  e opere  di  divulgazione. E’ stato  redattore  della collana  di  poesia  e traduzioni “Polena”. In  campo  letterario  ha numerose  pubblicazioni in  vari  periodici.  Ha pubblicato  le  raccolte Quaderno  per  Marynka (Mi, Polena -1997) e 12 poesie  da  Apolouthia nell’Annuario  di  Poesia 1997 di  Crocetti (a  cura di G. Oldani). Ha inoltre curato la raccolta  Poesie  diverse del poeta lodigiano del ‘600 Francesco  eLemene(Mi, Polena  -1987)  e  con  Stefania Sini  La  Steppa  e  altre poesie di  Arsenij Tarkovskij  (Pistoia,  Via del Vento, 1998). Dirige  la  rivista  di  poesia  e filosofia ‘Kamen’.