Il Trovatore

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E il trovatore cantò la sua serenata alla Scala…

Nell’anno del centenario dalla morte di Verdi (1901) la Scala ha pensato bene di inaugurare la stagione con una delle opere più popolari del sommo compositore: "Il Trovatore", che fa parte insieme alla "Traviata" e al "Rigoletto", della famosa trilogia popolare. L’opera suddetta è una fosca vicenda di amore e morte, con qualche anticipazione psicanalitica alla Freud. La trama è assurda. Una zingara per vendicare la morte della madre, condannata al rogo con l’accusa di aver ammaliato, o più precisamente, di aver fatto una maledizione su un figlio di un conte, rapisce uno dei figli del conte stesso per ucciderlo su un rogo (della serie occhio per occhio…); ma, nella foga della vendetta, uccide il proprio figlio e decide di prendere il figlio del conte ed allevarlo come suo. Naturalmente dopo vari anni il figlio della zingara e il figlio superstite del conte di Luna, diventano rivali perché si innamorano della stessa donna, Leonora. Ovviamente, dopo varie peripezie e colpi di scena, muoiono quasi tutti i protagonisti, come in qualsiasi grande opera che si rispetti.

Come vedete, quando due uomini litigano e si sfidano a duello, c’è sempre di mezzo una donna, soprattutto nel melodramma. Naturalmente accadono tante belle cose prima dell’inevitabile conclusione, e rimango del parere che, se c’è ancora qualcuno che non ha mai visto né sentito questo immortale capolavoro, è giusto che lo conosca del tutto andando a teatro con la stessa leggerezza di spirito che abbiamo tutti noi quando andiamo al cinema. Vorrei ricordarvi che per ascoltare e vedere un’opera, non è necessaria alcuna preparazione: basta sedersi sulla poltrona con il cuore aperto.

Com’è stata questa prima? Credo che ci siano tanti aspetti da considerare. Inizierò dalla direzione di Riccardo Muti che, vi dirò, è stata molto funzionale allo svolgersi della trama, anche se, ha fatto sembrare il Trovatore, più che battagliero, un po’ troppo mesto e rinunciatario; e questa atmosfera dolente è presente fin dall’inizio. Inoltre, ha scelto, come faceva quel vegliardo di Toscanini, dei tempi decisamente veloci e di grande presa emotiva sul pubblico, ma solo al primo ascolto. Purtroppo, quando si approfondisce l’ascolto di questa, pur pregevole direzione, si ha come l’impressione che le sfumature dinamiche di questa lussureggiante partitura, non siano state del tutto colte e messe in risalto, e che si sia preferito la correttezza di una semibiscroma piuttosto che la carica drammatica o il clima da cappa e spada che la stessa partitura richiederebbe, e che il Maestro Muti ha dimostrato in passato di avere.

Per quanto riguarda la stucchevole polemica di aver "ripulito" la Pira dal do di petto, posso solo dire che è stata una scelta interpretativa del maestro, che non può essere messa in discussione, anche se può non essere condivisa, soprattutto da me e da quelli a cui piace sentire in teatro un do di petto. Tantopiù che, nel contesto della Pira, esso non contamina né lo svolgersi dello spartito né la bellezza del singolo pezzo. Non è certo uno stupro artistico, come quando vedi la gioconda di Leonardo che si fuma una canna!!

In definitiva questa direzione, più chela genialità di Toscanini, ha ricordato la funzionalità di Sabajno, ed il sottoscritto continua a preferire la direzione del 1977, che aveva dalla sua una maggiore presa drammatica ed una giovanile spensieratezza: in Manrico c’era ancora la speranza di vincere; qui muore prima di aver intonato Deserto sulla terra e questo mi sembra un po’ troppo!!

E i cantanti? Bé, se la sono cavata: Barbara Frittoli, a parte qualche lacuna tecnica, ha dipinto Leonora con grande veridicità drammatica, anche se ha incominciato Tacea la notte placida in maniera non esaltante e con qualche durezza di troppo. Nella seconda aria importante L’amor sull’ali rosee, il soprano ha interrotto il flusso d’aria per un'attimo facendo un calo d’intonazione non vistosissimo ed il pubblico ha fatto finta di non accorgersene. I brani di coloratura cantati dalla Frittoli, hanno perso quel senso di appiccicaticcio che avevano qualche anno fa (finalmente!!). In definitiva, il soprano torna a casa a testa alta, avendo sostenuto l’ingrato compito con dignitosa professionalità e adeguata preparazione: dopo l’orribile Desdemona cantata qualche anno fa non potevo aspettarmi di più. BRAVA.

L’Azucena è stata interpretata da Violetta Urmana che ha cantato bene, ma ha dato l’impressione di non aver studiato in modo approfondito una parte impervia come questa e il fiato soprattutto negli acuti non era ben sostenuto. ACCETTABILE.

Tiziana Tramonti nella parte di Ines ha talmente poco da fare che la sua vocalità non è valutabile. Direi che ha cantato le sue battute in maniera FUNZIONALE.

Del Manrico di Salvatore Licitra valgono le stessa parole di elogio che avevo fatto per la Frittoli: ha una voce discreta, di buona timbrica, non proprio inconfondibile, ma del tutto adatta a Manrico, anche se in alcune scene manca lo stato febbrile necessario (nella Pira per intenderci). BRAVO.

Da Leo Nucci che interpretava il conte di Luna, mi sarei aspettato di più: purtroppo è stato tradito dall’emozione, soprattutto all’inizio. La frase "ah l’amorosa fiamma", era molto vacillante e di dubbia intonazione. Nel corso dell’opera, però, è riuscito a ritrovare sé stesso e la sua interpretazione si è fatta soddisfacente. BRAVO.

Il Fernando di Giorgio Giuseppini passa e non si vede, canta e non si sente; un’interpretazione al limite dell’ascoltabile. SUFFICIENTE.

Ernesto Gavazzi, Francesco Biasi ed Ernesto Panariello sono stati tutti dei buoni comprimari.

In definitiva una serata scaligera che non ti fa tornare a casa con l’amaro in bocca, ma non vale certo la pena di spendere 70.000 lire circa per averla come documento per la propria collezione di dischi o video.

Un caro saluto a tutti e buone feste.

A. L.

 

IL TROVATORE - DISCOGRAFIA ESSENZIALE

Su 78 giri:

Scala di Milano 1930
Pertile, Granforte e Carena (Ottimo Pertile, pessima Carena)
Direttore Sabayno
Edizione Arkadia 78
Giudizio SUFFICIENTE

Scala di Milano 1930 – con Merli, Molinari, Scacciati
Molayoli, Arkadia 78
Giudizio SUFFICIENTE

Mono:

Covent Garden 12 maggio 1939
Biorling e Cigna
Direttore Vittorio Gui
Edizione GOP 801 2 cd
Giudizio BUONO

Teatro alla Scala 1956
Di Stefano, Callas e Barbieri
Direttore Von Karajan
Edizione EMI (Columbia)
Giudizio OTTIMO (sarebbe stata eccezionale se a fare Manrico ci fosse stato un altro tenore)

Staatsoper Live 31 luglio 1962
Corelli, Price, Simionato e Bastianini
Direttore Von Karajan
Edizione DG
Giudizio ECCEZIONALE

Stereo:

Del Monaco, Tebaldi e Savarese
Coro del maggio musicale fiorentino e orchestra del grande teatro di Genova
Direttore Erede
Edizione DECCA 411874-2
Giudizio BUONO

Scala di Milano 1962
Cossotto, Bergonzi, Stella e Bastianini
Direttore Serafin
Edizione DG
Giudizio BUONO (una grande Cossotto)

Teatro comunale di Firenze 1968
Tucker, Caballé e Zanasi
Direttore Schippers
Edizione Nuova Era oppure Legato Classics
Giudizio BUONO

Philadelphia 1970
Domingo e Caballé
Direttore Anton Guadagno
Edizione MRF 134
Giudizio SUFFICIENTE

Bonynge Live 1975
Pavarotti, Sutherland
Direttore Wixell Obraztcova
Edizione HRE o Bella Voce 2 cd
Giudizio SUFFICIENTE

Teatro Comunale Live 1977
Cossutta, Cruz-Romo, Cossotto, Manguerra
Direttore Muti
Edizione HRE 817-3
Giudizio BUONO

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