MOSTRA FOTOGRAFICA A LECCO: DOCUMENTI

Nelle frontiere del prendersi cura

Una trentina di progetti di cooperazione sanitaria, in 7 Paesi tra i più poveri dell’Africa: Angola, Etiopia, Kenya, Mozambico, Rwanda, Tanzania, Uganda; 35 medici (su 55 operatori complessivi) impiegati nei vari progetti di cui una parte significativa con funzioni manageriali alte e specifiche (coordinatori, medical superintendent, technical assistant); ogni anno un ricambio in media di 15 medici; una pluralità di proposte formative e di coinvolgimento diretto: questo è il Cuamm Medici con l’Africa, organizzazione non governativa con oltre 50 anni di servizio al suo attivo.
Ma perché ogni anno, per periodi significativamente ampi della loro vita, dei professionisti, magari con la propria famiglia, partono per l’Africa? Soprattutto: cosa intendono realizzare? Per chi si battono? Parlare di sfide è ormai all’ordine del giorno in tutti i campi e non solo nel linguaggio sportivo. Ma se il significato del termine "sfida" vuol dire impresa difficile, missione ardua, stimolo forte, provocazione motivata, messa o chiamata alla prova, molto impegno, le ragioni per parlare di sfide non mancano al Cuamm. Ci sono ragioni storiche e ragioni di attualità. I medici con l’Africa si misurano con la realtà così com’è: tifano per chi corre più veloce, incoraggiano chi cammina più adagio e non abbandonano chi stenta a stare appena in piedi o riesce soltanto a fare i primi passi. Desiderano tentare di rendere solido ciò che è debole. Anche questo significa "euntes, curate infirmos", andate curate i malati, espressione evangelica a cui si ispirano sin dalla fondazione.

  Le sfide "storiche"

Alle origini il Cuamm stesso è nato e si è presentato come una sfida, una grande sfida.
Non è stata un’impresa facile, far passare l’idea del laico missionario, cioè del professionista non legato da voti religiosi, anche sposato e con famiglia, che va a prestare la sua opera in missione, spinto da "vocazione missionaria", come laico.
È sembrata una provocazione rischiosa, piena di incognite, l’apertura del Cuamm negli anni cinquanta agli studenti universitari non italiani, provenienti dai paesi dell’Asia e dell’Africa, che erano ancora sotto il dominio coloniale, per favorire la formazione della classe dirigente e accelerare i processi dell’autonomia e dell’indipendenza delle nuove nazioni.
Fu missione ardua l’opera di convincimento delle controparti religiose locali, istituzioni missionarie e diocesi, responsabili dei centri di salute e degli ospedali missionari, a darsi degli statuti e dei regolamenti, a integrare le loro strutture private non profit con quelle pubbliche, a inserirsi nei sistemi e nei piani sanitari nazionali, a dedicarsi anche alle attività di prevenzione e di medicina sul territorio, a non escludere i più poveri dall’assistenza e quindi a tenere basse le rette dei pazienti e a ridurre i costi di gestione per rendere i servizi accessibili a tutti, privilegiando anzi i meno abbienti, in modo che le opere della Chiesa fossero veramente, come dovrebbero essere, il segno della carità evangelica, della solidarietà e della giustizia sociale.
Divenne una sfida, nel senso di forte stimolo per il Cuamm, anche l’avvio, dal ’76 in poi, di forme di collaborazione e di programmi concordati direttamente con le strutture sanitarie del governo, in Tanzania, Mozambico, Uganda.
Ebbe il carattere di una vera chiamata alla prova la scelta di andare in Mozambico nel momento in cui, proclamata l’indipendenza del Paese (1975), il Governo si mostrò ideologicamente avverso e totalmente chiuso alla Chiesa missionaria, tacciata di simpatie e di collusione con il potere coloniale. Come fu una messa alla prova non piccola l’andata in Rwanda nel periodo dei tragici eventi del maggio-giugno ’94 e la decisione di "entrare" in Angola nel giugno del ’97, mentre i segni del conflitto erano diffusi ovunque e assai evidenti e gli spiragli della pace solo illusione o una tenue speranza.
Se la parola sfida vuol dire anche coraggio e molto impegno, la storia del Cuamm testimonia che questa sfida è sempre stata presente nel Cuamm.

  Senza paura, verso nuovi scenari

Dall’Angola, che ora finalmente vede il giorno della pace, i medici del Cuamm hanno accolto due anni fa l’invito a non avere paura delle sfide. "Sono le sfide che generano le risorse umane; il futuro bisogna avere il coraggio di stimolarlo". Nel documento politico che hanno presentato al Convegno internazionale per i 50 anni dalla fondazione, il 25 novembre 2000 su "Africa nel 2000: salute per tutti?" il Cuamm ha indicato chiaramente quali sono le sfide attuali che intende affrontare. Si possono riassumere in alcune frasi.
- C’è posto per l’Africa nel 21° secolo? Tutti i dati che riguardano le condizioni di povertà e lo stato di salute del continente dell’Africa sub-Sahariana sembrano escludere l’Africa dal 21° secolo!
- Ci domandiamo: può il mondo guardare all’inizio di un nuovo millennio e tollerare una simile situazione? Può il processo di globalizzazione riguardare tutti gli aspetti della vita sociale degli esseri umani, ma non la solidarietà?
La povertà, con i suoi corollari di ignoranza e patologie prevenibili, ma mai prevenute, è la vera malattia dell’Africa. Le cifre più recenti della Organizzazione mondiale della sanità sono spaventose.
L’equità nel finanziamento del sistema sanitario e l’accessibilità ai servizi sono fra le principali sfide per chi ha a cuore la sanità pubblica, lo sviluppo, i diritti umani.
Accessibilità dei servizi e equo finanziamento del sistema sanitario sono il nuovo terreno (le nuove sfide) in cui il Cuamm intende impegnarsi, con due linee di azione principali:
- garantire un supporto a lungo termine a ospedali e servizi territoriali, contribuendo a coprire i costi ricorrenti e favorendo lo sviluppo delle risorse umane locali;
- stimolare e sostenere forme eque di finanziamento del sistema sanitario, costruite sulla solidarietà e sulla condivisione del rischio (mutue locali, schemi di finanziamento comunitario, ecc.).

  Una missione ancora più faticosa

L’azione del Cuamm fatta in passato sulle strutture private non profit delle Chiese locali non è finita. Forse rimane l’aspetto della missione del Cuamm più faticoso, ma non trascurabile; oggi è più che mai ancora necessario.
Per il Cuamm, il lavoro di missionari professionisti della salute in Africa assume sempre di più il senso di testimoni coraggiosi e difensori convinti del diritto alla salute per tutti, senza esclusioni o disuguaglianze scandalose e inaccettabili.
Nel Documento del cinquantesimo si legge che "la salute non è un bene di consumo, ma un diritto umano fondamentale. Come tale, non può essere venduta o comprata. Se la salute è un diritto, l’accesso ai servizi sanitari non può essere un privilegio. Se la salute è un diritto, battersi per il suo rispetto universale è un dovere".
Oggi la sfida che il Cuamm ha davanti e si pone come obiettivo di fondo, adeguando le sue scelte e le sue strategie, è questa. È questa la grande sfida che il Cuamm è chiamato a essere nel 21° secolo.

  Insieme

Per raggiungere questo obiettivo, il coinvolgimento di tutti è indispensabile.
Gli strumenti della comunicazione si stanno moltiplicando. Ci sono le varie pubblicazioni, gli incontri nelle scuole, le opportunità che si offrono (radio, spot televisivi, ecc.) per trasmettere e far conoscere un volto diverso dell’Africa.
Crescono i Gruppi di appoggio e acquisiscono sempre di più capacità di far cultura e valore di impegno concreto a livello comunitario.
In questo contesto si colloca la realizzazione della
Mostra fotografica "Invisibile Africa: Un privilegio difficile" che fa tappa a Lecco dal 18 ottobre al 10 novembre 2002, grazie al coinvolgimento del locale gruppo di appoggio.
Tutto ciò può contribuire in modo efficace e finora impensabile "a far rinascere - nelle istituzioni e nell’opinione pubblica - interesse e speranza nel futuro dell’Africa". È una sfida da non perdere.

Don Luigi Mazzucato
Direttore del Cuamm


Torna alla
pagina MOSTRA

Torna alla pagina MOSTRA

Torna alla Home-Page

Torna a inizio pagina