Su quell’autobus
sconquassato, che attraversa la Costa Rica per il Nicaragua, chilometri e
chilometri di piantagioni di banane sfilano dietro al finestrino, coperte
dai loro sacchi blu, per ore.
Una risorsa
immensa, divenuta una croce per chi su quella terra è nato. Non vanno ai
locali i proventi di quella ricchezza. Per loro solo da 1 a 2 dollari e
mezzo al giorno, per lavorare anche 14 ore, e malattie. Tumore ai reni, al
pancreas, alla milza; caduta dei capelli, delle unghie, della pelle; cecità
progressiva; alterazioni nervose; fragilità ossea; atrofia dei testicoli;
sterilità totale e parziale (nel 67 per cento delle persone visitate);
danneggiamento degli spermatozoi, con conseguente nascita di bambini
deformi.
Ecco il risultato
di decenni di sfruttamento del territorio nicaraguense e del lavoro della
sua gente da parte delle bananeras, le multinazionali delle banane. Il più
grande produttore di banane del mondo è l'Ecuador (34 per cento), seguono
Costa Rica (16 per cento) e Colombia (13 per cento). I salari più bassi
sono in Nicaragua e in Ecuador. I prodotti chimici utilizzati per
controllare i parassiti delle piantagioni (in particolare il Dbcp, ossia
il dibromo-cloro-propano, conosciuto come Nemagòn o Fumazone, insetticida
con un altissimo grado di tossicità, vietato negli Usa negli anni ’70,
ma poi esportato in America Centrale) sono responsabili della morte,
all’interno di una famiglia media di 6 persone, di almeno 4 componenti.
Nella regione di Chinandega, nel Nicaragua, dove sono concentrate ancora
oggi le grandi bananeras della Chiquita, della Dole e della Standard Fruit,
e dove sono passati da 8mila 400 a 8mila 600 lavoratori (di cui 2mila 500
donne), il Nemagòn ha reso inservibili le falde acquifere da cui attinge
l’acqua la popolazione contadina della zona e 7 municipi sono a contatto
con questi veleni. Il potere residuale del Nemagòn nel sottosuolo è di
almeno 120 anni.
La multinazionale
americana Chiquita, nota per gli attacchi all'ambiente, la repressione
sindacale, i maltrattamenti dei braccianti, ma soprattutto per la sua
aggressività in ambito politico (si pensi al colpo di stato del 1953, in
cui morì il presidente del Guatemala Jacobo Gurmar, fautore di una
riforma agraria economicamente sfavorevole alla Chiquita) è presente in
11 paesi, con un fatturato di 5mila miliardi di lire e 37mila persone
impiegate.
Un passo molto importante è stato fatto il 17 gennaio del 2001 con la
promulgazione, dopo anni di lotta, della Legge 364 (Legge speciale per
promuovere processi richiesti dalle persone colpite dall’uso di
pesticidi fabbricati a base di Dbcp), l’unica legge specifica che esiste
in tutto il continente per poter costringere le multinazionali a pagare i
danni provocati dai pesticidi ai lavoratori delle piantagioni di banano.
Fra i lavoratori aventi diritto l’85 per cento ricevette la misera
quantità di 100 dollari a testa, il 36 per cento più di 500 dollari, il
16 per cento tra i mille e i mille 500 dollari, e solo il 6 per cento tra
i 2 e i 3mila dollari.
Il resto dei milioni di dollari non si seppe mai che fine fecero. Intanto,
nella zona di Chinandega, la gente continua a morire. Nessuno ne parla,
nessuno se ne occupa e soprattutto nessuna istituzione interviene. Tranne
l’Associazione Italia Nicaragua, impegnata in una campagna di denuncia e
appoggio a favore dei lavoratori colpiti dagli effetti del pesticida Nemagòn,
e il Ctm Altromercato, con la sua campagna Banane scatenate.
di Flavia Marimpietri
Fonte :
http://www.ponteradio.rai.it/
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