In che
modo la sua esperienza di padre ha contribuito a farle interpretare
il personaggio della commedia Il padre della sposa che è in
scena al teatro San Babila. C'è qualcosa di autobiografico?
Non
c'è qualcosa di autobiografico, anche se ho vissuto un po' la
stessa vicenda della commedia: un giorno mia figlia è venuta
da me, mi ricordo era durante l'estate, a luglio, e mi ha detto
"Papà mi sposo" e io sono rimasto così, "D'accordo,
come? Quando?" "Fra un mese e mezzo". E' successa un po' la
stessa cosa come nella commedia. Questa esperienza non è che
mi ha aiutato a interpretare il ruolo di padre della commedia,
perché io come padre, nella vita, sono un pochino diverso, più
permissivo, più aperto, sono stato molto amico delle mie figlie,
ne ho due, tutte e due sposate. Il padre della commedia non
è un personaggio che non esiste nella vita, esistono dei padri
possessivi ed anche un po' gelosi che non accettano sempre bene
la decisione della figlia quando dice la fatidica frase "Mi
sposo".
L'alternanza
fra tono patetico e comico è un dosaggio studiato da lei o è
già insito nel testo?
Qualcosa nel testo c'era, c'erano dei momenti un po' ironici
e un po' sentimentali, l'interpretazione della commedia è dovuta
un po' anche all'adattamento fatto da Mario Scaletta
e un po' l'abbiamo deciso insieme: la commedia è chiaramente
leggera, si scherza, si ride; il pubblico si diverte. Il padre
inventa mille ostacoli affinché il matrimonio non avvenga e
cerca di dissuadere la figlia in ogni modo, in maniera verbale,
ma poi arriva a quello che dovrebbe sempre prevalere nella vita,
una soluzione basata sul buon senso e l'amore che un genitore
deve avere per i figli; i giovani, infatti, devono fare la loro
strada, devono avere le loro libertà di scelta.
Quando
si trova a recitare con attori giovani, come in questo caso,
come si pone? Dà loro consigli?
Cerco di consigliarli; io ho molta esperienza, faccio teatro
da molti anni, alternato al piccolo schermo, ma già facevo teatro
prima di cominciare la televisione e amo molto lavorare con
i giovani, sia in televisione che in teatro, e chiaramente se
posso li consiglio, li aiuto. L'esperienza, a parte la tecnica,
è una cosa che ognuno di noi dovrebbe avere, che si conquista
con il tempo e serve molto il fatto di stare tutte le sere davanti
al pubblico, affrontare pubblici diversi. Questo insegna qualcosa
e io cerco di far capire ai giovani che ci sono delle espressioni
ben precise che vanno dette in un certo modo e bisogna farle
arrivare in un certo modo.
Un regista
come Japino come si è posto di fronte a un testo drammaturgico?
E come è stato il rapporto con voi attori?
Io con Sergio ho un rapporto di amicizia, lo conosco da molti
anni; è amico anche del produttore così si è formata una specie
di équipe, io amo molto lavorare in équipe sia con gli attori
sia con gli autori e Sergio è una persona molto delicata, molto
sensibile; non aveva grande esperienza di regie teatrali, anche
se io avevo fatto qualche lavoro con lui in teatro; è un regista
abituato alla televisione, si sente responsabile, però non è
un regista che impone assolutamente le sue idee; è molto aperto
e anche molto attento. Questa è una commedia dal racconto molto
semplice, non ci sono intrecci, snodi particolari e lui ha cercato
di raccontarla come doveva essere raccontata, in maniera ironica.
Io mi sono trovato molto bene perché è una persona intelligente,
sensibile e di grande intuito.
Lei
ha creato un nuovo tipo di satira inaugurata con Drive in,
Striscia la notizia. La comicità è una vena innata in
lei o una conquista, una scelta?
E' innata: io sin da bambino osservavo le cose, le raccontavo
a modo mio, cercavo sempre la sintesi. La cosa che mi ha contraddistinto,
credo, nel corso di questi lunghi anni di carriera, sia teatrale
che televisiva, sono stati i ritmi, ho sempre amato la sintesi
e il grande ritmo. Forse il pubblico non era abituato ai ritmi
veloci, era abituato ai ritmi lenti, i programmi televisivi
di una certa epoca erano lentissimi e io ho sempre cercato in
televisione con La sberla, con Tilt e poi con Drive
in, Striscia la notizie, Odiens di cambiare
un po' la maniera di fare varietà televisivo, imponendo il ritmo
e la sintesi. Il pubblico mi ha dato ragione sia quello dei
giovani sia degli adulti. E' una cosa che ognuno ha dentro di
sé, io il ritmo l'ho sempre avuto, anche se non sembra perché
nella vita sono un tipo tranquillo, ma sul palcoscenico sono
più vivace.
Un ricordo
della sua partecipazione allo spettacolo Alleluja brava gente!
(1971) con Rascel e Proietti.
Sono passati circa 30 anni. Con quello spettacolo ho debuttato
a Milano al Lirico, un teatro molto grande per cui il mio impatto
è avvenuto con un grande pubblico teatrale. Ricordo la voglia
di far bene, di primeggiare; io facevo un personaggio importante
in questa commedia musicale, con due grandi del palcoscenico,
sia Renato che Gigi, uno maturo, l'altro giovane, e c'era questo
grande scontro sul palcoscenico: chiaramente Rascel doveva
tener testa a uno, Proietti, che aveva la dinamite, la
forza della giovinezza, cantava benissimo, era attivo, era fisicamente
forte; eppure Rascel riusciva a far fronte a questa stella
che stava per sorgere e io ero in mezzo a loro. Anch'io ero
giovane e infastidivo un po' con il mio ruolo che aveva successo,
quindi era una lotta tutte le sere. Però lo ricordo con grande
soddisfazione, come una delle mie prime rappresentazioni teatrali
grandi che mi hanno dato coraggio per continuare, infatti abbiamo
ottenuto belle critiche e grande successo di pubblico.
Com'è
Garinei regista con cui lei ha lavorato anche in Niente sesso
siamo inglesi, Chi fa per tre, Gli uomini sono
tutti bambini?
È
un grande dello spettacolo, un grandissimo uomo di teatro, partecipa
a tutto con entusiasmo. Garinei è una persona che non
dimenticherò mai, ho fatto alcune commedie con lui, è un grande
uomo di spettacolo, ha grande sensibilità, grande esperienza,
sa tutto, mette sù gli spettacoli con cura, con grande professionismo
e ama il suo lavoro; questa è una cosa molto importante. Ci
sono ancora persone come lui che amano il teatro come lo ama
lui che dedica la sua vita interamente al teatro, a costruire
gli spettacoli e, una volta che li fa, non li dimentica; questa
è una cosa che dovrebbero imparare anche i giovani produttori,
lui non dimentica mai quello che fa, lo segue giornalmente,
tutte le sere ti telefona per sapere come va, come è andata,
quali sono gli umori del pubblico, ti sta vicino continuamente,
ti fa sentire sempre molto importante e anche responsabile di
quello che stai facendo. Le compagnie nascono, vengono messe
insieme, c'è la prima e poi la compagnia comincia il suo lungo
pellegrinare, il suo lungo giro, si allontana dalla città dove
è nata, si allontana dal suo regista, dagli organizzatori che
ti stavano vicini prima e quindi comincia la sua navigazione,
ma con Garinei non si è mai soli, c'è sempre un comandante
lontano che segue la rotta.
Garinei
ripropone alcuni suoi spettacoli di successo con cast differenti,
per esempio Alleluja brava gente! con Massimo Ghini e
Rodolfo Laganà (1994). Cosa pensa di queste riprese e come valuta
il confronto con i precedenti interpreti che ne avevano decretato
il successo?
Alcune riprese sono indovinate, Garinei ha ragione a
riproporre spettacoli che non vanno dimenticati. Alcuni sono
riproponibili sempre, altri un po' meno, perché sono un po'
troppo datati; se devo esprimere il mio pensiero, Alleluja
brava gente! apparteneva agli anni '70 e aveva interpreti
completamente diversi da quelli della seconda edizione, era
uno spettacolo di fantasia, con un linguaggio inventato, non
è come Rugantino che è diventato un classico; io l'ho
rivisto e mi è sembrato uno spettacolo che appartenesse agli
anni in cui lo abbiamo fatto noi, con interpreti diversi. Non
è che un cast non può cambiare: in Inghilterra e in America
cambiano sempre anche i protagonisti nei grandi musicals, ma
qui da noi, nel nostro paese, gli spettacoli talvolta restano
più legati al loro tempo.
Anche
Lei si è posto a confronto con interpreti precedenti, per esempio
in Niente sesso siamo inglesi nel 1990, fatto da Dorelli nel
1972. Come si ricrea il personaggio in questo caso?
Non ho avuto alcuna preoccupazione; l'ho fatto a modo mio con
i suggerimenti di Pietro [Garinei] che erano giustissimi. Ebbe
molto successo, teatri esauriti all'inverosimile, tanto che
abbiamo vinto il Biglietto d'oro dell'Anicagis per i maggiori
incassi. Non ho nemmeno visto la precedente edizione, non so
se c'è una videocassetta di Dorelli, comunque Pietro
non me l'ha fatta vedere, e io non l'ho vista. Garinei mi ha
raccontato come voleva impostare la sua regia, io l'ho fatto
come sentivo di farlo con i suggerimenti della regia e senza
dover preoccuparmi dei confronti: ognuno di noi ha la sua personalità
artistica, può essere meglio uno o meglio l'altro e questo è
il pubblico che deve giudicarlo; d'altronde quando passano gli
anni, cambiano un po' i tempi, cambiano anche un po' i ritmi.
Come
concilia le attività di teatro, televisione, cinema? E quale
le dà più soddisfazione?
Sono sempre riuscito a fare molte cose, senza trascurare nulla;
credo che tutto vada fatto nel migliore dei modi ed è stato
forse questo il senso della mia vita. In questi lunghi anni
io sono sempre riuscito a fare anche televisione, ma non ho
mai trascurato né il teatro, né la televisione: quando facevo
televisione, andavo a fare spettacoli nei teatri, magari da
solo facevo un recital, però affrontavo sempre il pubblico e
mi preparavo per farlo; non arrivavo all'ultimo momento, alla
sera, dicendo " ormai ho successo in tv, quel che va bene, va
bene" Certo il tempo è quello che è, però, magari rubando qualche
ora al mio sonno, riesco a conciliare molto bene tutti gli impegni,
senza grossi affanni.