Quello che segue è lo scarno resoconto dell’escursione del 17/02/2002

 la Via dell’acqua

La prima parte del percorso (Fonte Paradiso-casello 12) è stata una camminata lunga e dura, servita, alla fine, a comprendere quanto inadeguato si stato il nostro approccio e modo di procedere. Comunque suggestivo certo, ma inadeguato, approssimativo e sommariamente poco attento. Tuttavia i limiti riscontrati hanno prodotto una certa consapevolezza di ciò che è mancato.  

Qui trascriviamo gli appunti presi durante la seconda parte del percorso (dal casello 12 fino a Lentini), che serviranno ad integrare le rilevazioni G.P.S. quindi alla produzione della nostra mappa della Via dell’acqua “Fonte Paradiso-Lentini”.

Come si vedrà sono ancora parecchie le cose che mancano: i nomi della vegetazione incontrata e delle tipologie geologiche del terreno. Manca l’indicazione della maggior parte dei possibili punti di orientamento. Mancano i nomi di tutte le vallate, dei promontori, delle contrade attraversate. E mancano le sensazioni suscitate dall’attraversamento. Dal contatto con il cielo, la terra rossa e nera, il mare di pietre e di colline, le nuvole, le foglie, le erbe ed i fiori ed anche, qua e la, i ruderi di case, le discariche di immondizie, le numerose carcasse di macchine e di animali.

Ciò che in testa a tutto infatti manca è la sapienza del territorio, la complessa articolazione delle relazioni territoriali.

Non si tratta, solamente, della mancanza di dati per una lettura orientativa. Non è l’analiticità della descrizione a svelare l’arcano delle situazioni, dei contesti. Chi ha letto l’Uomo senza qualità di Musil ricorderà la decina di righe dell’inizio, quel lungo ed “oggettivo” modo di dire “era una bella giornata d’agosto dell’anno 1913”.

Non si tratta di raccogliere sguardi “oggettivi”, ma di imparare ad orientare gli sguardi in modo congeniale. E scoprire cosa sia per ognuno di noi congeniale è il punto di arrivo alla partenza. Per dove? Per qui.

C’è, quindi, dell’altro che dobbiamo ancora imparare a sentire, a fare ed a riportare. Dobbiamo imparare ad interrogare il territorio, ma anche a rispondere alle sue domande. Sappiamo che il territorio è sempre, anche, un’esperienza che non esclude né include, bensì comprende ogni esperienza interiore. Il territorio è il sentimento tessuto tra comunità e la “parte” entro la quale ed attraverso la quale la comunità in/e-siste.

È relazione tra abitanti in una determinata “parte” e una determinata “parte” che abita negli abitanti. Solo un gioco di parole? Eppure il territorio è qualcosa, una “parte” che, appena riscoperto prende a riappartenerti.

  

Resoconto giornata 17.02.02  Seconda tappa de "la Via dell’acqua"

Casello 12 - Serbatoio - P.zza Oberdan (Lentini)

 

Punto di partenza con le auto: Contrada Cannellazza.

Da C.da Cannellazza si passa in Contrada Cillepi , poi via si prosegue verso Stallone.

Oltre Stallone la strada è ancora asfaltata, ma piena di grosse buche. Si noti che nella carta dell’IGM del 1968 è segnata come un sentiero. Strano, perché la costruzione della strada dovrebbe essere degli anni ’30-‘40.

Giunti alla sommità di Cillepi termina la strada asfaltata e da un largo pianoro si partono due sentieri: quello di sinistra si arrampica nella direzione di Pancali, l’altro prosegue dritto e ridiscende su Contrada S. Paolo.

Si prende quindi a piedi direzione Pancali e seguendo per circa 500 m. il sentiero in lieve salita, praticabile anche con un buon fuoristrada, si giunge ad un secondo pianoro in cui crescono alcuni alberi di eucalipto.

In questa zona la macchia ad alto fusto è ovviamente rara e questo luogo invita a sostare, in quanto gli alberi di eucalipto offrono dell’ombra e le pietre intorno sedili naturali.

Qui si è proprio vicini al casello 12. Guradando in direzione del casello dell’acquedotto, sulla sinistra s’intende iniziare una zona pietrosa e più ostile al passo.

Ora sono le ore 10,35 e qui avevamo interrotto la prima escursione provenendo dalla sorgente Paradiso il 27-01-2002. Si riprende, quindi, la via dell’acqua.

Il sentiero che porta ai caselli sebbene non frequentato è ancora riconoscibile e segnato da un muricciolo di pietre sul lato. Seguendo la via dell’acqua, la sinistra del sentiero rimane sul ciglio di una discesa a valle più o meno ripida. Dopo poche centinaia di metri è visibile la masseria di Pancalello.

Il sentiero tocca i caselli 13,14,15 e 16 senza intoppi.

Dopo il casello 16, ad un centinaio di metri, il sentiero è sbarrato da un filo spinato disposto su una massicciata rompi acque lungo un canalone che scende da Pancali. Con un po’ d’attenzione si scavalca sulla destra in alto e si prosegue sul solito sentiero che guarda su diverse avvallature e, in lontananza, sulla Piana di Catania dominata dall’Etna.

Proseguendo si trovano i caselli 17 e 18.

Quest’ultimo casello lascia il sentiero perchè inizia una strada battuta, più larga e buona per fuori strada o auto a trazione integrale, e che attraversa un boschetto di rovere e querce. La vegetazione è decisamente più presente e vitale. Dove si diradano le fronde e sempre su una quota che supera di qualche decina di metri i 300 m. s.l.m., lo sgurado, prima di arrivare alla Piana di Catania, incontra delle alture minori, spesso presenziate da resti o ruderi di masserie. Tra queste vi è la tenuta dei Beneventano e poco più avanti sarà visibile la grande casa diroccata di Vuturo, tenuta nascosta dalle alture sottostanti fino ad un certo punto del percorso.

Il casello 19 è ancora nel boschetto e dopo una curva, proprio in mezzo alla strada, ecco il casello 20.

Si prosegue verso il casello 21 alla cui sinistra si  trova una vasca/abbeveratoio per le bestie, in cemento armato.

La strada battuta prosegue verso le alture di Pancali, ma per seguire la via dell’acqua e dei caselli occorre deviare  e scendere di qualche metro sulla sinistra superando uno sbarramento di filo spinato.

Superato lo sbarramento la strada, non più battuta e quindi ripresa dalle erbe, porta al casello 22. Questo è poco visibile in quanto avvolto quasi per intero da fitti rovi, resta alla luce del sole solo il tetto ed il trinagolo frontale dello spiovente.

Tra il 22 ed il casello 23 si incontra  e si attraversa il letto di un torrente, sulla destra del sentiero si gode l’ombra di alcune querce.

Qui ci fermiamo per il pranzo al sacco.

Riprendiamo la marcia alle ore 13.00.

Dal  casello 24 si vede il casello 25 e sullo sfondo ecco il Serbatoio di Ciricò. Cugno Carruba rimane sulla sinistra lievemente più in basso.

Tra il casello 24 e 25 passa una strada che scende da Pancali e va giù nella valle tra Cugno Carrubba e Vuturo. Subito dopo il casello 25 ancora filo spinato, ma con apertura di varco.

Si apre, si passa, si chiude.

Il casello 26 è avvolto in un rovereto poderoso, che consente uno stentatissimo passaggio o costringe ad una impervia deviazione lungo il costone di arenaria sulla destra. Subito dopo questo casello, dal medesimo costone affiora, seminterrato, un grosso tubo di plastica nera: siamo ormai in prossimità del Serbatoio.

Il casello 27 è subito dietro il Serbatoio e reca la data 1903. Sono le 14.00.

Tempo di percorrenza ore 3,25 … passo di marcia comodo ed una pausa caffè oltre al  pranzo.

Si continua verso la strada asfaltata che ci aspetta a qualche centinaio di metri. Iniziano anche le prime costruzioni abitate.

Evidentemente l’acquedotto passa sotto la strada e attraversandola, sceglie naturalmente la via in discesa immettendosi nella valle S.Eligio costeggiando il lato sinistro della gola.

Noi proseguiamo per la strada asfaltata passando davanti a diverse piccole costruzioni e alla casa di riposo  Villa Grazia, poi dinanzi casa Bonfiglio-Moncada fino a  giungere all’incrocio con: sulla sinistra, la strada asfaltata che porta giù verso il Mercadante, ed a Lentini. Proseguendo dritto, il sentiero che porta verso S. Giusto e, a destra, un piccolo sentiero che scende ripido, ma senza uscita.

Per riprendere la via dell’acqua si va dritto sul sentiero pietroso, ma praticabile anche sulle quattro ruote, basta non essere troppo bassi e un po’ d’attenzione.

Dopo pochi metri, prima di percorrere la curva che sbocca sull’altopiano in cui campeggiano i resti del monastero, riadattato abusivamente da un rigattiere pensionato, a suo uso e consumo privato! Sulla destra si stacca un altro sentiero bloccato da una sbarra. Si pensa che da questo sentiero si possa scendere anche  per la vallata di S. Eligio.

Ma noi si prosegue per il sentiero senza sbarramenti e che porta al rudere del monastero.

Dopo un centinaio di metri decidiamo di lasciare il sentiero e di provare a scendere lungo il costone sinistro della valle di S. Eligio. Subito a destra ci lasciamo dietro delle arnie.

Intraprendendo la discesa si incontrano dei terrazzamenti con tombe sicule a grotticella.

Si prosegue alla ricerca di un passaggio praticabile che ci porti a valle. Tra un’intricata macchia di arbusti di cui non conosciamo il nome, si trova un quasi invisibile viottolo che porta ad una carrareccia, probabilmente la continuazione del sentiero con la sbarra detto sopra.

La strada, scendendo lungo il costone sinistro della valle, porta ad una costruzione non numerata ma recintata, chiaramente di costruzione recente con una singolare copertura a forma di cupola. A questa costruzione confluiscono le acque dell’acquedotto, ma non ne conosciamo la funzione.

Questa costruzione è compresa tra due tornanti della strada. Dal primo è visibile la costruzione dall’alto, mentre, qualche metro dopo il secondo tornante, c’è il cancello d’accesso all’edificio.

Da qui in avanti la strada è presa da erbe ed arbusti, visibilmente non frequentata.

La conduttura dell’acqua procede incementata lungo il costone di arenaria sulla sinistra. Sulla destra fino a fondo valle ci sono aranceti.

Il sentiero conduce ad un piccolo slargo dove termina la conduttura con una vistosa intubazione a gomito che si immette in una costruzione presa dall’edera rampicante e parzialmente nascosta da radici aeree sulla facciata. Il resto è incassato nel costone di arenaria. Sul frontale e sulla porta d’ingresso si legge la data di costruzione, 1903. Si tratta della vecchia centrale idro-elettrica di Lentini.

Il sentiero riprende, ma è visibilmente abbandonato, si fa sempre più stretto e franoso sino a essere del tutto interrotto da una recentissima recinzione in rete metallica (pare per difendere l’agrumeto dal pascolo).

Si è allora costretti a costeggiare lo sbarramento scendendo, attraverso alcuni terrazzamenti del giardino di arance, sino a fondo valle.

Al termine del giardino siamo su una stradella di cui non conosciamo l’origine o il termine, ma che percorsa verso sinistra, intuiamo, porta a P.zza Oberdan. La stradella fiancheggia a sinistra gli alti muri di contenimento dei terrazzi agricoli, mentre sulla destra dà sul letto del fiume Lisso (o il letto del torrente S. Eligio?) con arginature di pietra lavica.

Ad un centinaio di metri la stradella sbocca in Via S.Eligio e quindi in prossimità di P.zza Oberdan. Siamo a Lentini. Ore 16.00.  

Vedi alcune Immagini della II escursione

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