duomo di Urbino

STORIA

 

Preistoria

Non si sa chi furono i primi abitatori delle Marche,anche se i ritrovamenti del paleolitico e del neolitico sono copiosi e diffusi e così quelli dell'età  del  bronzo. Non si può dire che le Marche abbiano avuto, fino all’età moderna, una vicenda storica unitaria. Il loro stesso nome cominciò ad apparire solo nel X° secolo, col costituirsi cioè, in età ottoniana delle Marche (marchesati) di Camerino, Fano e Ancona. Da queste, per estensione, il termine si applicò poi a tutta la regione. Gli abbondanti e importanti ritrovamenti archeologici fanno delle Marche una delle zone più interessanti della penisola per lo studio delle antiche civiltà italiche. Resti del paleolitico inferiore e medio sono stati rinvenuti sul monte Conero, mentre il paleolitico superiore è documentato, nella fase detta “epigravettiana”, a Ponte di Pietra presso Arcevia. Alla prima metà del bronzo si trovano resti di Acquaviva Picena e Ripatransone mentre alla media e recente età spettano numerosi giacimenti riferibili alla civiltà appenninica e sub-appenninica; una civiltà di tipo pastorale. Con l’età del ferro, la consistenza etnica della regione si precisa: si stanziano i Piceni; popolazione staccatasi dal ceppo. I Piceni erano un popolo proveniente dalla Sabina che si spostò verso est guidati da un uccello sacro a Marte, il Picchio, dal quale prese anche il nome. Più tardi i Piceni vennero sopraffatti dai Galli Senoni, che occuparono il territorio a nord del fiume Esino. La cultura picena è documentata a partire dal IX° secolo a.C. Abbonanti reperti indicano i rapporti del Piceno con la civiltà greca e con quella etrusca. Lo sviluppo della cultura picena fu interrotta nel IV° secolo a.C. dall’invasione gallica che occupò tutto il territorio settentrionale dal fiume Esino fino al confine settentrionale. Nello stesso secolo i siracusani fondavano Ancona. L’invasione dei galli Senoni, fondatori dell’attuale Senigallia, delineò una suddivisione delle Marche che resistette per secoli: a nord del fiume Esino dominarono i galli, a sud i piceni; una ristretta  fascia a sud-ovest era inoltre sotto il dominio degli umbri.

Cesare Borgia duomo di Fermo guerriero Piceno

Contatti con roma

Nella prima metà del III secolo a.C. la regione venne in contatto con Roma. L’alleanza tra romani e Piceni fu utile ad entrambi i popoli:ai romani in lotta con etruschi, galli Senoni e umbri e ai Piceni per contrastare l’offensiva dei galli. Nel 295 a.C. l’alleanza sconfisse i Senoni sul fiume Sentino, nei pressi dell’attuale Sassoferrato. Ma ben presto le mire espansionistiche romane misero fine all’alleanza con i Piceni, il cui territorio fu quasi interamente circondato dai Romani che nel 268 a.C. imposero il loro dominio. Arrivarono fino al mare Adriatico e fondarono “Sena Gallica”, l’attuale Senigallia e più a sud “Firmum”, l’attuale Fermo. Roma si collegò all’Adriatico con due grandi strade consolari: la “salaria” e la “Flaminia”: la prima attraverso Ascoli e la seconda che arriva al mare a Fano. L’arco di Traiano ad Ancona, le grandi cisterne depuratorie di Fermo, la porta Gemina di Ascoli Piceno, sono solo alcune tracce della presenza romana nelle Marche.

 

Capitano di ventura al soldo di Filippo Maria Visconti, Francesco Sforza (qui ritratto da anonimo in un disegno conservato alla Galleria degli Uffizi, Firenze) nel 1441 ne sposò la figlia naturale, Bianca Maria. Dopo la morte di Filippo Maria (1447), fu chiamato a difendere la neonata Repubblica Ambrosiana; il 27 febbraio 1450 entrò a Milano e si fece proclamare duca. Gli Sforza tennero la signoria di Milano fino al 1535, quando la città passò all’imperatore Carlo V d’Asburgo.

 

 

Francesco Sforza
Federico da Montefeltro

DAL MEDIOEVO AD OGGI…….

Nel medioevo le invasioni barbariche travolsero le Marche, soprattutto nel periodo delle guerre gotiche con conseguente allontanamento della popolazione dalle zone costiere e dai fondovalle. Nascono in quel periodo molti dei centri situati sulle alture, più facili da difendere. I bizantini si insediarono verso nord con capitale Ravenna, mentre nel sud della regione, i Longobardi  organizzarono il Piceno in due dipendenze del ducato di Spoleto, la “marca fermana” e la “marca di Camerino”; nacque allora il termine “Marche”. A Bizantini e Longobardi successero i Franchi che donarono al Papa le terre da essi conquistate: ebbe così inizio il dominio della Chiesa sulle Marche; è in questo periodo che si eressero, soprattutto verso le strade che portano a Roma, numerose abbazie. Fra queste le più famose e potenti furono quelle di Santa Croce di Fonte Avellana in provincia di Pesaro e quella di Santa Vittoria in Matenano in provincia di Ascoli. In questa età di crisi l’autorità statale trovò un naturale sostituto nella gerarchia eclesiastica, affidando a monasteri, vescovi ed abati, la tutela e la difesa dei diritti civili. Tuttavia la debolezza della Chiesa e la politica dei papi non consentirono il consolidamento del potere effettivo, proprio mentre il feudalesimo da un lato e la nascente autonomia comunale dall’altra, miravano a scalzare il potere dei Vescovi e delle organizzazioni religiose: l’autorità laici si sostituì, quindi, a quella religiosa.

Infatti a partire dal XII° secolo, il fenomeno di maggior rilievo fu però il ripopolarsi di città e pianure; soprattutto delle terre costiere; si costituirono i liberi comuni. Nonostante il tentativo del cardinale Albornoz di ricondurre le Marche sotto il controllo della Chiesa, la fine del medioevo vide il formarsi di consistenti signorie. Le Marche si vennero così spezzando in numerosi stati autonomi, con l’affermarsi dei Malatesta a Pesaro e a Fano, dei Montefeltro poi dai Della Rovere ad Urbino, Fossombrone e Pesaro, dei Varano a Camerino e dei Chiavelli a Fabriano. In quest’ottica si inserì Francesco Sforza, che, nel giro di un decennio (1433-1444), riuscì a conquistare e a dominare tutta la regione, però come rapidamente si costituì la nuova signoria, altrettanto rapidamente il suo potere si dissolse ed ad esso si sostituì il dominio del Papato. A tentare di unificare le Marche in maniera ancora più effimera, fu Cesare Borgia. Spesso era solo l’estinzione di una famiglia a permettere il ritorno della Chiesa in una città. All’inizio del 1500, restavano solo due ampie aree non direttamente dipendenti da Roma. Erano: la signoria dei Varano che allargarono il loro dominio da Camerino fino all’Adriatico (governarono Camerino per circa tre secoli) e dei Montefeltro, che governarono Urbino, che sotto il duca Federico II°, divenne una delle capitali del Rinascimento italiano. All’estinzione dei Montefeltro, il ducato passò ai Della Rovere, signori di Pesaro e Senigallia. Non è da trascurare il contributo umano delle Marche alla Chiesa, cui, tra il 1500 ed il 1700, la regione diede quattro papi fra i quali il memorabile Sisto V°.  

 

rocca di San Leo Il tempo però delle signorie era giunto al suo termine e la Chiesa trovò il paese sgombro da tutti gli impedimenti e le remore che avevano limitato la sua espansione e nel 1631 la Santa Sede riusciva, dopo quasi tre secoli di lotte, ad unire l’intera regione sotto il suo dominio. Ma in realtà, la Chiesa non modificò molto lo status preesistente e non cercò di migliorare le condizioni dei nuovi sudditi. La volontà delle città marchigiane di avere una vita autonoma si espresse anche in significative attività culturali. Un aspetto di queste fu la nascita delle Università; fra il 1700 ed il 1800 nelle Marche nacquero le sedi universitarie di Urbino, Macerata, Camerino, Fano e Fermo. Non va dimenticato che nel 1846 venne eletto l’ultimo pontefice marchigiano, il senigalliese Mastai Ferretti, Papa con il nome di Pio IX°. Nel 1861 proprio nelle Marche si svolse una delle battaglie decisive del Risorgimento, che vide le truppe piemontesi, condotte dal generale Cialdini, sconfiggere l’esercito pontificio, guidato dal generale a Castelfidardo. Questa battaglia (II° guerra d’indipendenza), aprì la strada alle Marche, all’annessione al Regno d’Italia. La legislazione piemontese si estese rapidamente dando alla regione l’attuale ripartizione amministrativa.

Prima del primo conflitto mondiale, le Marche fu ’epicentro di quella che poi venne definita, la “settimana rossa”. Questa fu un’ondata di scioperi ed agitazioni preinsurrezionali, iniziati il 7 giugno 1914 in risposta ad un decreto del governo, che vietava le manifestazioni antimilitariste previste per quella settimana, e all’uccisione da parte dei carabinieri di tre manifestanti, avvenuta ad Ancona nel corso di un comizio pacifista. In altre città l’insurrezione si manifestò sotto forma di cortei e comizi, mentre nelle Marche, la protesta assunse i caratteri di un’insurrezione popolare con occupazione di edifici pubblici, saccheggi e abbattimento di linee telegrafiche. Il governo, presieduto da Antonio Salandra, inviò l’esercito a sedare il moto, che si spense dopo una settimana di scontri, che costò 14 vittime e centinaia di feriti. Di ampie proporzioni fu il contributo fornito dalle Marche ai due grandi conflitti di questo secolo; soprattutto alla Prima Guerra Mondiale, quando fu bombardata Ancona. Tutte la popolazione marchigiana partecipò attivamente alla Resistenza partigiana. Nel periodo della ricostruzione, i marchigiani gettarono le basi per la nascita e lo sviluppo economico di questa regione.