CINICI

 

I seguaci della scuola filosofica fondata da Antistene, dopo la morte del maestro Socrate, in un ginnasio fuori da Atene, detto Cinosarge, luogo sacro ad Eracle, trovano nel primo successore, Diogene di Sinope, l’esponente principale e quasi il simbolo dell’intera corrente. Quest’ultimo vede nella vita semplice ed errabonda, indifferente ai bisogni del corpo, e nell’attento mantenimento dei valori morali, l’ideale cui il saggio deve aspirare. La rifondazione del cinismo da parte di Diogene spinge poi il movimento a posizioni sempre più estreme, preservando una spiccata e coerente integrità ed unitarietà.

La ricerca dell’uomo che vive mantenendo intatta la sua più autentica essenza, che al di là delle convenzioni esteriori della società, delle vicissitudini della sorte, riesce a vivere in armonia con la propria natura e a trovare la felicità, diventa allora preponderante.

Diogene imprime indubbiamente alla propria filosofia una forte vena di anticulturalismo, annullando completamente la speculazione filosofica astratta e teorica, sostituendola con la ricerca pratica della felicità, che si fonda sull’esempio e l’azione. I bisogni della vita sono ridotti all’essenzialità animale e l’esistenza si discosta dalle convenzioni della società, a vantaggio di un ideale autarchico. L’uomo, dunque, bastevole a se stesso, proclama la propria indipendenza dagli altri, seguendo una condotta libera e svincolata dai tradizionali valori di riferimento, definita soltanto dal diritto di parola (παρρησία) e di azione (ανάιδεια). Il disprezzo del piacere deve allora essere totale e liberatorio, mentre l’esercizio e la fatica trovano una significativa rivalutazione, al fine di temprare lo spirito e distaccarlo dal superfluo.

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